Codice di Procedura Civile art. 419 - Intervento volontario 1 2 .

Vito Amendolagine

Intervento volontario 12.

[I]. Salvo che sia effettuato per l'integrazione necessaria del contraddittorio [102 2], l'intervento del terzo ai sensi dell'articolo 105 non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili.

 

[1]  Articolo sostituito dall'art. 1, comma 1, l. 11 agosto 1973, n. 533.

[2] La Corte cost., con sentenza 29 giugno 1983, n. 193, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare - con il rispetto del termine di cui all'art. 4155 (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcune delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all'estero) - una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie depositare memorie, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell'interveniente, e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.

Inquadramento

L'art. 419 c.p.c. disciplina l'intervento volontario del terzo, e prevede che salvo il caso dell'integrazione necessaria del contraddittorio, l'ingresso nel processo a norma dell'art. 105 c.p.c. non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione della parte convenuta, secondo le modalità di cui agli artt. 414 e 416 c.p.c. in quanto applicabili.

In particolare, il terzo che lamenti la lesione di una situazione soggettiva derivante da un titolo giudiziale, che ha accertato un diritto incompatibile con quello da lui vantato, e risulti quindi violato l'art. 102 c.p.c. ove ricorra una situazione di litisconsorzio necessario fra l'opponente e tutte le parti del titolo giudiziale opposto, deve proporre opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., atteso che in tale ipotesi, ove risulti integrata la suddetta violazione delle norme sul litisconsorzio necessario resta viziato l'intero processo la cui nullità è rilevabile anche d'ufficio (Cass. III, n. 4665/2021; conf. Cass. II, n. 23315/2020; Cass. VI, n. 6644/2018; Cass. I, n. 18127/2013).

I giudice della Consulta, con un intervento di tipo additivo (Corte cost., n. 193/1983), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 419 c.p.c. nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare nel rispetto del termine di cui all'art. 415, comma 5, c.p.c. elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcuna delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all'estero – una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale, le parti originarie potranno depositare una memoria difensiva, e, di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione dell'udienza e la memoria dell'interveniente, e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.

Il termine di cinque giorni previsto dall'art. 419 c.p.c., nel testo risultante dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 193/1983, per la notifica, in seguito all'intervento volontario del terzo, del provvedimento di fissazione di udienza e della memoria dell'interveniente, ha natura ordinatoria e non perentoria (Cass. lav., n. 26272/2024).

In dottrina, si è osservato che la notifica dell'atto di costituzione del terzo e del nuovo decreto di fissazione dell'udienza di discussione alle parti, e, del solo decreto all'interventore, è a carico della cancelleria del giudice adito (Verde, Olivieri, 230).

Tuttavia, secondo l'interpretazione emersa nella giurisprudenza di legittimità, è evidente che la disposizione pubblicistica, sottratta alla disponibilità delle parti, è quella espressa dal testo originario dell'art. 419 c.p.c., e non quella risultante dall'intervento additivo del giudice delle leggi, dichiarativo dell'illegittimità costituzionale dell'art. 419 c.p.c. nella parte in cui non prevede, in caso di intervento volontario, la fissazione di una nuova udienza e la notifica della memoria dell'interveniente e del nuovo provvedimento di fissazione alle parti originarie.

A sostegno della suddetta tesi, secondo cui tale ultima disposizione non avrebbe carattere pubblicistico e non richiede indifettibilmente lo svolgimento delle suddette attività, è stato ritenuto dallo stesso giudice di legittimità che la parte contro la quale il terzo interveniente non abbia proposto domande di sorta, non è legittimata a dolersi della violazione dell'art. 419 c.p.c. – nel testo risultante dalla sopra citata pronuncia dichiarativa di illegittimità costituzionale dell'anzidetta norma – per la mancata fissazione di una nuova udienza di discussione (Cass., sez. lav., n. 19834/2004).

In dottrina, si è a suo tempo rilevato come la norma qui considerata – così come strutturata per effetto della pronuncia additiva della Consulta – ha il chiaro scopo di assicurare un'idonea difesa alle controparti dell'interventore (Luiso 1992, 123).

Al riguardo, si è affermato che la parte contro la quale il terzo interveniente non abbia proposto alcuna domanda, avendo spiegato soltanto un intervento adesivo–dipendente alle ragioni od eccezioni della medesima parte, non è legittimata a dolersi della violazione dell'art. 419 c.p.c. – nel testo risultante dalla dichiarazione d'illegittimità costituzionale – per la mancata fissazione di una nuova udienza, non sussistendo, in ordine alla suddetta parte, alcuna esigenza difensiva giustificativa di tale adempimento (Cass., sez. lav., n. 3021/1990).

Inoltre, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, l'intervento c.d. adesivo-dipendente presuppone che tale interesse sia giuridicamente rilevante e qualificato, determinato quindi dalla sussistenza di un rapporto giuridico sostanziale tra adiuvante ed adiuvato, e, dalla necessità di impedire che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi conseguenze derivanti da effetti riflessi od indiretti del giudicato (Cass. I, n. 21472/2013).

La giurisprudenza ritiene che il provvedimento che neghi la sussistenza delle condizioni necessarie per l'ammissibilità dell'intervento volontario del terzo ha contenuto decisorio, ma non definitivo, e, dunque, non è impugnabile ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass., sez. lav., n.5689/1991).

La dottrina (Luiso 1992, 81) ha osservato che risulterebbe così interdetta ogni possibilità di riesame della decisione inerente la tutela della posizione della parte in causa che dimostri di avere interesse ad evocare nello stesso giudizio il terzo chiamato.

Modalità di costituzione del terzo interventore

Ai procedimenti in materia di locazione è applicabile, ai sensi dell'art 447-bis c.p.c., il rito del lavoro, sicchè l'intervento volontario, effettuato oltre il termine stabilito per la costituzione ex art. 419 c.p.c. è inammissibile perchè tardivo.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, nelle controversie soggette al rito del lavoro l'intervento del terzo ex art. 105 c.p.c. non può avvenire oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto e, qualora esso sia tardivo e non effettuato ai fini dell'integrazione del contraddittorio, la tardività non può essere sanata dall'accettazione del contraddittorio da parte del soggetto contro il quale il terzo abbia proposto le sue domande, data la rilevanza pubblica degli interessi in vista dei quali è posto il divieto di domande nuove (Cass. III, n. 11442/2003; Cass. III, n. 9374/2003; Cass., sez. lav., n. 12021/1998).

Ne consegue che il terzo che intende intervenire deve depositare una memoria difensiva costituendosi nel giudizio almeno dieci giorni prima dell'udienza di discussione.

In dottrina (Tarzia 1999, 119; Consolo, 301; Tarzia, Dittrich, 137; Montesano, Vaccarella, 154; Luiso, 157; contra, Federico, Foglia 1973, 123, per il quale, dovrebbe sempre essere utilizzata la forma del ricorso), si è evidenziata la circostanza che la costituzione del terzo interventore non può che avvenire con memoria difensiva ex art. 416 c.p.c. anziché con ricorso, in quanto, trattasi di costituzione in un processo già in essere, per effetto del ricorso ex art. 414 c.p.c. già depositato dalla parte principale.

Ciò non toglie che, l'intervento del terzo potrebbe assumere la forma della memoria difensiva ex art. 416 c.p.c. a seconda se trattasi di intervento adesivo-dipendente ovvero del ricorso ex art. 414 c.p.c. se trattasi di intervento autonomo (Vocino, Verde, 57), e, quindi, facendola variare a seconda dell'esigenza dovuta al contesto in cui avviene la costituzione del terzo (Luiso, 157; Pezzano, 536).

Infatti, al riguardo, si è precisato che il richiamo agli artt. 414 e 416 c.p.c. contenuto nell'art. 419 c.p.c. va correttamente inteso con specifico riferimento al contenuto degli atti indicati nelle suddette norme, trovando ingresso la disposizione che richiama il ricorso, quando l'intervento è diretto nei confronti della parte principale della causa, ovvero la memoria difensiva, qualora trattasi di intervento di tipo puramente adesivo-dipendente (Consolo, 301; Tarzia, Dittrich, 138).

Nel rito del lavoro, l'intervento volontario del terzo non può avvenire oltre il termine per la costituzione del convenuto e, pertanto, deve effettuarsi almeno dieci giorni prima dell'udienza di discussione fissata dal giudice a norma dell'art. 415 c.p.c., mentre resta irrilevante, trattandosi di termine di decadenza, che detta udienza prosegua in un altro giorno o che il giudice fissi una nuova udienza ai sensi dell'art. 420, comma 9, c.p.c. per la chiamata in causa del terzo (Cass., sez. lav., n. 6260/1985; Cass., sez. lav., n. 1898/1984; conforme la giurisprudenza di merito, Trib. Bari 14 marzo 2014; Trib. Ivrea 7 luglio 2003, in cui si precisa che l'interventore può spiegare domande solo entro il termine di costituzione del convenuto, posto che dopo tale momento si verificherebbero le preclusioni di cui all'art. 167, comma 2, c.p.c., e si violerebbero quindi le prerogative difensive delle parti costituite; Pret. Parma 26 aprile 1978).

La successione a titolo particolare nel diritto controverso

La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che l'intervento ex art. 111 c.p.c., non è riconducibile alla figura dell'intervento volontario del terzo di cui all'art. 105 c.p.c., al quale si riferisce la disciplina di cui all'art. 419 c.p.c., nel testo risultante dopo l'intervento additiva della Corte Costituzionale.

Infatti, il successore a titolo particolare nel diritto controverso, che interviene nel processo a norma dell'art. 111, comma 3, c.p.c., non è un “terzo” in senso proprio e sostanziale, ma è l'effettivo titolare del diritto in contestazione, tale divenuto nel corso del processo, ed assume la stessa posizione del suo dante causa, in modo che, mentre quest'ultimo, sia pure sull'accordo delle parti, può anche essere estromesso dal giudizio, il successore gode di tutte le facoltà proprie della parte.

Così come la sentenza spiega direttamente effetto nei suoi confronti, egli è anche direttamente legittimato ad impugnarla, rimanendo di conseguenza esclusa l'esperibilità del rimedio straordinario dell'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.

Il predetto intervento non è riconducibile, pertanto, alla figura dell'intervento volontario del “terzo” di cui all'art. 105 c.p.c. cui si riferisce l'art. 419 c.p.c., in quanto è un intervento di parte avente sue peculiari caratteristiche, ed è quindi consentito senza alcun limite (Cass. III, n. 8700/2009, riguardante una fattispecie in cui ad essere chiamato in causa in una controversia avente ad oggetto la risoluzione del contratto di locazione era l'acquirente dell'immobile precedentemente concesso in locazione; Cass. II, n. 2459/1990).

Inoltre, è un principio ormai consolidato in giurisprudenza che si ha litisconsorzio necessario per ragioni sostanziali, a norma dell'art. 102 c.p.c., quando vi è un unico rapporto giuridico inscindibilmente comune a più persone, per modo che la situazione plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere necessariamente decisa in modo unitario, ad evitare che la sentenza pronunciata nei confronti di alcune soltanto di queste sia inutiliter data (Cass. III, n. 5575/1997; Cass. II, n. 11612/1997; Cass. II, n. 1093/1995).

La natura perentoria del termine di costituzione del terzo interventore

In forza della disposizione di cui all'art. 419 c.p.c., se viene esclusa la sussistenza di un'ipotesi di litisconsorzio necessario, non può trovare applicazione la deroga prevista dall'art. 419 c.p.c., riprendendo vigore il regime ordinario, in virtù del quale, l'intervento del terzo non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto.

A ciò consegue che dall'inequivoca formulazione dell'art. 419 c.p.c. emerge chiaramente che il legislatore, per lo scopo che quel termine persegue, e per la funzione che è destinato ad assolvere, ha inteso attribuirgli un carattere perentorio.

La giurisprudenza considera perentorio il rispetto del termine di costituzione del terzo interventore stabilito dall'art. 419 c.p.c. anche nel caso della domanda riconvenzionale, atteso che l'anzidetta norma non richiama l'art. 418 c.p.c. il quale, predispone un meccanismo ad hoc per la costituzione e la difesa dell'attore quando quest'ultimo è convenuto in riconvenzionale, prevedendo la pronuncia di un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza di discussione (Cass., sez. lav., n. 1898/1984).

In tale senso, sembra militare tutto il sistema di preclusioni e decadenze, cui danno vita gli artt. 414 e 416 c.p.c. al fine di consentire l'immediata individuazione del thema decidendum e di assicurare così l'attuazione dei principi di oralità e concentrazione che notoriamente caratterizzano il rito del lavoro, che altrimenti verrebbe eluso ove si attribuisse ad un soggetto la facoltà di intervenire nel giudizio, ampliando inevitabilmente l'oggetto della controversia, in un momento successivo a quello indicato dall'art. 419 c.p.c.

La stessa rilevanza pubblica degli interessi in vista dei quali il divieto di nuove domande è posto e che ha indotto in più occasioni i giudici di legittimità ad escludere che tale divieto possa essere superato per effetto dell'accettazione del contraddittorio ad opera della controparte (così Cass., sez. lav., n. 7007/1988) induce ad accogliere un'analoga conclusione ove l'estensione dell'oggetto della controversia sia ricollegabile ad un soggetto diverso dalle parti originarie del procedimento.

Bibliografia

Consolo, Codice di procedura civile commentario, diretto da Consolo, tomo III, Milano, 2018; Fazzalari, Appunti sul diritto del lavoro, in Giur. it., 1974, IV; Federico, Foglia, La disciplina del nuovo processo del lavoro, Milano, 1973; Luiso, Il processo del lavoro, Torino, 1992; Masoni, Le locazioni, II, Il processo, a cura di Grasselli e Masoni, Padova, 2013; Montesano, Vaccarella, Manuale di diritto processuale del lavoro, Napoli, 1996; Montesano, Arieta, Diritto processuale del lavoro, Napoli, 1996; Montesano, Arieta, Trattato di diritto processuale civile, II, 1, Padova, 2002; Perone, Il nuovo processo del lavoro, Padova, 1975; Pezzano, in Andrioli, Barone, Pezzano, Proto Pisani, Le controversie in materia di lavoro, Bologna, 1987; Tarzia, Manuale del processo del lavoro, Milano, 1999; Tarzia, Dittrich, Manuale del processo del lavoro, Milano, 2015; Verde, Olivieri, Processo del lavoro, in Enc. dir., Milano, 1987; Vocino, Verde, Appunti sul processo del lavoro, Napoli, 1986.

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