Codice di Procedura Civile art. 430 - Deposito della sentenza 1

Vito Amendolagine

Deposito della sentenza1

[I]. Quando la sentenza è depositata fuori udienza, il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti.

[1] Articolo sostituito dall'art. 1, comma 1, l. 11 agosto 1973, n. 533 e successivamente  dall'art. 3, comma 30, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come  sostituito dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".  Si riporta il testo anteriore alla suddetta sostituzione«[I]. La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti [1332].».

Inquadramento

L'art. 430 c.p.c., dispone che la sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti.

Quest'ultima precisazione contenuta nella parte finale della norma in commento è importante nel senso di ritenere non necessaria la notificazione della sentenza, essendo sufficiente la sua mera comunicazione alle parti, null'altro risultando specificato, sebbene, l'ampio riferimento alla qualità di “parte”, lascerebbe intendere che la suddetta comunicazione debba eseguirsi non soltanto in favore delle parti costituite ma anche di quella rimasta contumace nel processo.

In dottrina, si è evidenziato l'anacronismo – ovvero il superamento – della norma in commento a seguito dell'intervenuta modifica dell'art. 429, comma 1, c.p.c. per effetto del d.l. n. 112/2008 che ha riformato la fase decisoria nel rito del lavoro.

Infatti, l'art. 429, comma 1, c.p.c. dispone che nell'udienza fissata per la discussione, terminata quest'ultima ed udite le conclusioni delle parti, il giudice pronuncia sentenza, dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. Soltanto in caso di particolare complessità della controversia, il giudice fissa nello stesso dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza.

La nuova modalità di definizione del processo del lavoro, ha indotto la dottrina a considerare una parziale implicita abrogazione dell'art. 430 c.p.c. con riguardo al giudizio di primo grado (Di Marzio, 1), evitabile soltanto laddove si ritenga che trovi applicazione oltre che in appello esclusivamente nel caso in cui il giudice, considerando la causa di particolare complessità, legga il dispositivo ed ometta di fissare un termine per il deposito della sentenza, giacché in tale ipotesi, il termine per compiere detto adempimento sarà quello indicato dall'art. 430 c.p.c. (De Angelis, 1798; Vullo, 318).

L'art. 430 c.p.c. è indubbiamente applicabile sia nella parte in cui impone al cancelliere di dare immediata comunicazione alle parti del deposito della sentenza, sia con riguardo al giudizio di appello, essendo rimaste ferme tanto l'art. 437 c.p.c. secondo cui il collegio pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo, quanto l'art. 428 c.p.c. secondo cui il deposito della sentenza è effettuato con l'osservanza delle norme di cui all'art. 430 c.p.c.

  A riguardo si è infatti affermato che nei giudizi regolati dal rito lavoro, la lettura del dispositivo in udienza costituisce adempimento imposto a pena di nullità insanabile della sentenza per mancanza del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto, correlato alle esigenze di concentrazione del giudizio e di immutabilità della decisione (Cass., sez. lav., n. 17587/2024).

La giurisprudenza di legittimità è fermissima – da sempre – nel ritenere che l'inosservanza dei termini di cui all'art. 430 c.p.c., sebbene possano essere fonte di responsabilità disciplinare per il magistrato incaricato della redazione del provvedimento, non è causa di nullità della sentenza tardivamente depositata (Cass. S.U., n. 5912/2008).

In caso di assoluto impedimento del giudice intervenuto dopo la lettura del dispositivo in udienza, trova invece applicazione il principio per cui al dispositivo pronunciato dal giudice, che sia stato poi colpito dal suddetto impedimento, va riconosciuto il carattere di sentenza, esistente ed efficace, ma affetta da nullità per mancanza di motivazione, da farsi valere secondo le regole proprie del mezzo di impugnazione esperibile, in base al principio generale sancito dall'art. 161, comma 1, c.p.c., senza che il giudice di secondo grado, che abbia rilevato tale nullità, ove dedotta con l'appello, possa né rimettere la causa al primo giudice, né limitare la pronuncia alla mera declaratoria di tale nullità, dovendo decidere la causa nel merito (Cass., sez. lav., n. 5277/2012).

Natura ed effetti del termine per il deposito della sentenza

Il termine per il deposito della sentenza nel rito del lavoro è di quindici giorni dalla pronuncia nel rispetto delle esigenze di celerità e immediatezza del rito lavoristico, pur trattandosi comunque di un termine ordinatorio, per cui la sua eventuale inosservanza non produce alcuna conseguenza in termini di invalidità.

Il termine previsto dall'art. 430 c.p.c. per il deposito della sentenza non è perentorio ma ordinatorio (Cass. I, n. 14194/2002; Cass., sez. lav., n. 7000/1986).

In dottrina si conviene con l'orientamento della giurisprudenza sulla natura non perentoria del termine ex art. 430 c.p.c. (Montesano, Vaccarella, 274).

La giurisprudenza di legittimità in passato ha affermato il principio che l'unica data avente valore legale ai fini della decorrenza del termine lungo per l'impugnazione stabilito dall'art. 327 c.p.c. è quella apposta in calce alla sentenza recante la firma del cancelliere che ne attestato il deposito e, quindi, la pubblicazione, senza che rilevino le altre date od annotazioni eventualmente apposte dal cancelliere sulla sentenza, ad altri fini (Cass. III, n. 10059/1993).

In buona sostanza, in base al suddetto orientamento, al procedimento della pubblicazione della sentenza mediante deposito di essa nella cancelleria certificato dal cancelliere, resta estranea l'attività informativa espletata da quest'ultimo exartt. 133 comma 2, c.p.c., non costituendo elemento sostitutivo, né requisito dell'efficacia della pubblicazione della sentenza.

Più recentemente, la giurisprudenza di legittimità, ha invece precisato che nelle controversie in cui trova applicazione il rito del lavoro, dunque, anche quelle locatizie per effetto del richiamo contenuto nell'art. 447-bis c.p.c., in seguito alla modifica dell'art. 429, comma 1, c.p.c. disposta dall'art. 53, comma 2, del d.l. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla l. n. 133/2008, il dies a quo di decorrenza del termine cd. lungo di decadenza per la proposizione dell'impugnazione, previsto dall'art. 327 c.p.c., deve essere individuato alla stessa data della udienza in cui è stata data lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, atteso che tale lettura in udienza equivale a pubblicazione, analogamente a quanto previsto dall'art. 281 sexies, comma 2, c.p.c., essendo identica la funzione acceleratoria cui entrambe le norme risultano preordinate, a ciò non ostando la diposizione dell'art. 430 c.p.c. la quale opera in via meramente sussidiaria nel caso in cui venga omessa l'indicazione del termine di differimento previsto dall'art. 429, comma 1, c.p.c., che serve a mantenere la struttura bifasica della pubblicazione della sentenza nel caso di controversie di particolare complessità (Cass. III, n. 14724/2018).

L'orientamento giurisprudenziale trae origine dalla regola dettata dall'art. 429, comma 1, c.p.c. secondo cui il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

Come possibilità residuale, in caso di particolare complessità della controversia, il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza.

Solo in tale secondo caso, a norma dell'art. 430 c.p.c., la sentenza deve essere depositata in cancelleria ed il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti.

Al riguardo, secondo quanto statuito dalla stessa giurisprudenza in relazione all'art. 281-sexies c.p.c. la lettura della sentenza in udienza e la sottoscrizione, da parte del giudice, del verbale che la contiene, non solo equivalgono alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall'art. 133 c.p.c., ma esonerano il cancelliere dall'onere della comunicazione, in quanto la lettura del provvedimento in udienza deve ritenersi conosciuta, con presunzione assoluta di legge, dalle parti presenti o che avrebbero dovuto essere presenti all'udienza.

Tale soluzione è applicabile anche all'analoga disciplinaintrodotta per il rito del lavoro dall'art. 429, comma 1, c.p.c., in mancanza di una diversa previsione ed atteso che l'art. 430 c.p.c. si riferisce ormai ai soli casi in cui il giudice non dia contestuale lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza, con la conseguenza che a tale momento occorre avere riguardo per la decorrenza del termine lungo per impugnare previsto dall'art. 327 c.p.c. (Cass., sez. lav., n. 13617/2017; Cass. III, n. 17311/2015).

Tale soluzione è stata confermata anche dalla più recente giurisprudenza (Cass. Vi, n. 3394/2021), posto che il giudice all'udienza di discussione decide la causa e procede alla lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione, sicchè, in analogia con lo schema dell'art. 281 sexies c.p.c., il termine cd. “lungo” per proporre l'impugnazione decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall'art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza, eccetto nella residuale ipotesi di particolare complessità della controversia, in cui il giudice fissi un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito della sentenza, ai sensi dell'art. 430 c.p.c., in cui, il termine decorrerà in questo caso dall'avvenuta comunicazione del deposito come attestata dal cancelliere.

Bibliografia

Carrato, Le locazioni e il processo, in Carrato, Scarpa (a cura di), Milano, 2005; Consolo, Codice di procedura civile commentario, diretto da Consolo, tomo III, Milano, 2018; De Angelis, in Carpi, Taruffo (a cura di) Commentario breve al codice di procedura civile, Milano, Padova, 2018; Di Marzio, Codice di procedura civile commentato, Milano, 2020; Luiso, Il processo del lavoro, Torino, 1992; Masoni, Le locazioni, II, Il processo (a cura di) Grasselli, Masoni, Padova, 2007; Monteleone, Diritto processuale civile, Padova, 2000; Montesano, Vaccarella, Manuale di diritto processuale del lavoro, Napoli, 1996; Montesano, Arieta, Diritto processuale del lavoro, Napoli, 1996; Montesano, Arieta, Trattato di diritto processuale civile, II, 1, Padova, 2002; Picardi, Codice di procedura civile (a cura di), tomo I, artt. 1-473, Milano, 2008; Sinisi, Troncone, Diritto processuale delle locazioni, Napoli, 2006; Satta, Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 2000; Tarzia, Manuale del processo del lavoro, Milano, 1987; Tarzia, Dittrich, Manuale del processo del lavoro, Milano, 2015; Tesoriere, Diritto processuale del lavoro, Padova, 2004; Verde, Diritto processuale civile, Bologna, 2017; Vullo, Il nuovo processo del lavoro, Bologna, 2015.

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