Codice di Procedura Civile art. 668 - Opposizione dopo la convalida.

Vito Amendolagine

Opposizione dopo la convalida.

[I]. Se l'intimazione di licenza o di sfratto è stata convalidata in assenza dell'intimato [663], questi può farvi opposizione provando di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (1).

[II]. Se sono decorsi dieci giorni dall'esecuzione [6081], l'opposizione non è più ammessa, e la cauzione, prestata a norma dell'articolo 663, secondo comma (2), è liberata.

[III]. L'opposizione si propone davanti al tribunale (3) nelle forme prescritte per l'opposizione al decreto di ingiunzione in quanto applicabili (4).

[IV]. L'opposizione non sospende il processo esecutivo [623 ss.], ma il giudice, con ordinanza non impugnabile [1773 n. 2], può disporne la sospensione per gravi motivi, imponendo, quando lo ritiene opportuno, una cauzione all'opponente [119; 86 att.].

(1) La Corte cost., con sentenza 18 maggio 1972, n. 89, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non consente la tardiva opposizione all'intimato che, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non sia potuto comparire all'udienza per caso fortuito o forza maggiore.

(2) Comma terzo a seguito dell'inserimento del comma 2 ex art. 5 l. 22 dicembre 1973, n. 841.

(3) La parola « tribunale » è stata sostituita alla parola « pretore » dall'art. 106 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999.

(4) Comma già sostituito dall'art. 10 l. 18 ottobre 1977, n. 793 e poi di nuovo così sostituito dall'art. 6 l. 30 luglio 1984, n. 399

Inquadramento

L'art. 668, comma 1, c.p.c. dispone che se l'intimazione di licenza o di sfratto è stata convalidata in assenza dell'intimato, quest'ultimo può farvi opposizione provando di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.

Il caso fortuito e la forza maggiore sono eventi imprevedibili od irresistibili che impediscono la conoscenza dell'intimazione (Bucci, Crescenzi, 155).

L'opposizione dopo la convalida di cui all'art. 668 c.p.c. è dunque un rimedio di carattere ibrido (così lo definisce Cass. III, n. 12880/2009) dato a tutela di chi per irregolarità della notifica, caso fortuito o forza maggiore non abbia avuto conoscenza dell'intimazione, ovvero, di chi, per gli ultimi due motivi, non sia potuto comparire all'udienza di convalida pur avendo avuto conoscenza dell'intimazione stessa.

La prima parte della disposizione in commento, consente allora di identificare la ratio dell'opposizione dopo la convalida, nel consentire all'intimato di opporsi tardivamente quando l'assenza all'udienza fissata nell'atto di citazione sia stata determinata da un evento o circostanza straordinaria fra quelle predeterminate dalla stessa norma in commento, integrata dalla pronuncia additiva della corte costituzionale, indipendente dalla volontà del medesimo conduttore (a confermare la legittimità dell'impianto normativo di cui all'art. 668 c.p.c. in ordine alla limitata possibilità di introdurre l'opposizione tardiva alla convalida v. Cass. III, 8582/2002).

La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 668, comma 1, c.p.c. nella parte in cui non consentiva la tardiva opposizione all'intimato che, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non sia potuto comparire all'udienza per caso fortuito o forza maggiore (Corte cost., n. 89/1972).

In dottrina, si è quindi osservato che si tratta di superare la ficta confessio in cui si risolve l'ammissione legale dei fatti dedotti dall'intimante nell'atto introduttivo quando tale ammissione non dipenda da una condotta volontaria del conduttore (di marzio, 1998, 347).

In base ad una prima tesi, incentrata sul parallelismo tra opposizione tempestiva ex art. 665 c.p.c. e l'opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., la proposizione di quest'ultima determinerebbe l'insorgere di una situazione processuale analoga a quella conseguente alla proposizione dell'opposizione tempestiva nel corso del procedimento per convalida (Cass. III, n. 4641/1983).

Infatti, l'opposizione ex art. 668 c.p.c. sarebbe rivolta non contro la convalida, bensì contro l'intimazione, come consente di affermare il tenore letterale della stessa norma in commento, ed avrebbe la portata di una rimessione in termini dell'intimato, poiché porrebbe il giudice, nell'esercizio del potere di sospensione dell'ordinanza di convalida per gravi motivi, nelle stesse condizioni previste dall'art. 665 c.p.c., equivalendo la concessione della sospensione ad un diniego dell'ordinanza di rilascio, e determinando il rigetto dell'istanza di sospensione la conversione della convalida in un provvedimento provvisorio, analogo all'ordinanza di rilascio, sul quale dovrà incidere la sentenza con la quale sarà definito il giudizio.

Alla suindicata ricostruzione si contrappone la tesi secondo la quale l'opposizione tardiva alla convalida non può ritenersi equipollente all'opposizione tempestiva che l'intimato, avrebbe potuto proporre in sede di procedimento di convalida, se ritualmente citato, ed esente da impedimenti a comparire, ma ha natura di mezzo di impugnazione speciale, articolato in una duplice fase rescindente e rescissoria (Celeste, 454; Proto Pisani 1988, 1379).

Nella fase rescindente, se il giudice dell'opposizione ravvisa i vizi in procedendo denunciati dall'opponente, deve dichiarare la nullità dell'ordinanza di convalida e revocarla.

Tale pronuncia non esaurisce tuttavia il giudizio, ma apre la fase rescissoria, nella quale oggetto del giudizio di merito è il diritto azionato dal locatore con l'originaria intimazione di licenza o sfratto, dunque, l'oggetto del contendere risolve nella fondatezza o meno della pretesa azionata con il procedimento speciale dal locatore (Cass. III, n. 13419/2001).

La facoltà di proporre l'opposizione tardiva alla convalida di sfratto è subordinata al concorso di una serie di circostanze: l'esistenza di una irregolarità di notificazione, o di un caso fortuito o di una forza maggiore, ed un nesso di causalità fra questi eventi e la mancata, tempestività, conoscenza dell'intimazione (Trib. Modena 18 gennaio 2003).

La valutazione del legittimo impedimento della parte a comparire, il quale, la legittimerebbe a proporre l'opposizione ex art. 668 c.p.c. deve essere supportata con idonea motivazione dal giudice del merito (Celeste, 454).

L'irregolarità della notifica

L'opposizione tardiva all'ordinanza di convalida, deve ritenersi accordata per qualsiasi irregolarità della notificazione dell'atto di intimazione, ancorché comportante una nullità dell'atto stesso in relazione alla sua notifica e la sua giustificata ammissibilità di ingresso al giudizio di merito, come se l'opposizione stessa fosse tempestiva, imponendo al giudice di giudicare sull'eccezione del conduttore (Cass. III, n. 1327/1995).

Agli effetti dell' art. 668 c.p.c., si può avere irregolarità della notifica solo allorché sussista un qualsiasi vizio della notifica, pure diverso dalla nullità, al quale possa ragionevolmente ricollegarsi la mancata conoscenza dell'atto da notificare. Conseguentemente, l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. I, n. 20625/2017). Nella specie, l'esito positivo della ricevuta di avvenuta consegna (Rac), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata della destinataria costituisce in ogni caso un documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, pur senza assurgere alla “certezza pubblica” propria degli atti facenti fede fino a querela di falso (Cass. VI, n. 30159/2021).

Ciò significa che, agli effetti dell' art. 668 c.p.c., non è sufficiente dedurre e dimostrare l'irregolarità della notificazione della convalida o la sussistenza di un'ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore, occorrendo, altresì, la prova, a carico dell'opponente, che esista un collegamento causale tra i presupposti testé riferiti, caratterizzati da oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità, e la mancata conoscenza dell'intimazione e/o la mancata comparizione dell'intimato.

Al riguardo,  la notifica eseguita ai sensi dell'art. 143 c.p.c., è incompatibile con la struttura del procedimento per convalida, atteso che tale modalità preclude l'osservanza dell'adempimento previsto dall'art. 660 comma 7 c.p.c. e che, conseguentemente, l'adozione della suddetta modalità di notifica consente di ritenere probabile che l' intimato non abbia avuto conoscenza dell'intimazione mentre la decisiva importanza attribuita alla mancata comparizione dell'intimato in udienza od alla sua mancata opposizione impongono cautela al fine di assicurare il maggiore grado possibile di certezza sull'effettiva conoscenza da parte del conduttore del contenuto dell'intimazione, sulla cui scorta consegue che, in tale caso, il giudice non può convalidare e deve trasformare il rito, dando ingresso alla fase ordinaria e provvedere con sentenza sulla domanda spiegata (Trib . Roma 10 gennaio 2019).

Occorre rammentare che, a norma dell'art. 668 comma 1 c.p.c., se l'intimazione di licenza o di sfratto è stata convalidata in assenza dell'intimato, questi può farvi opposizione provando di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Pertanto, ai fini dell'ammissibilità dell'opposizione tardiva - fase c.d. rescindente - occorre che l'opponente dia prova che la sua mancata comparizione all'udienza di convalida sia dovuta ad una non tempestiva conoscenza dell'intimazione per irregolarità della notifica o per caso fortuito o forza maggiore, ovvero che, nonostante l'effettiva conoscenza della citazione, la mancata comparizione all'udienza di convalida sia direttamente riconducibile al caso fortuito o alla forza maggiore.  Com'è noto, il caso fortuito va individuato in quelle circostanze obiettive, imprevedibili ed eccezionali, che escludono l'imputabilità all'intimato, a titolo di colpa o dolo, della mancata comparizione, mentre la forza maggiore ricorre in presenza della cosiddetta  vis  maior  cui resisti non  potest, cioè di quella forza esterna cui la persona non può opporsi e che, nella specie, le impedisce ineluttabilmente la comparizione all'udienza di convalida  (Trib . Trapani 11 novembre 2018).

Tra le irregolarità soggette all'opposizione tardiva previsto dall'art. 668 c.p.c. rientra anche il mancato avviso ex art. 660, comma 7, c.p.c. (Celeste, 455).

L'art. 660, comma 7, c.p.c., che disciplina la forma della intimazione di licenza e di sfratto, stabilisce che se l'intimazione non è stata notificata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario deve spedire avviso all'intimato della effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata e allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione.

Tale disposizione si giustifica con l'esigenza di acquisire una maggiore sicurezza della effettiva conoscenza, da parte del conduttore, della intimazione rivoltagli e ciò in considerazione della gravità degli effetti che tale procedimento speciale ricollega alla mancata comparizione o alla mancata opposizione dell'intimato: convalida della licenza o dello sfratto con apposizione della formula esecutiva.

Il suddetto adempimento che ammette una sola deroga nell'ipotesi di notifica in mani proprie, in cui la conoscenza, da parte dell'intimato, dell'intimazione è in re ipsa, rende evidente che in ogni altra ipotesi e cioè anche in quella di notificazione pienamente regolare secondo le norme generali del codice di rito, ad esempio in caso di notifica ad un familiare convivente, tale ulteriore adempimento deve essere compiuto.

L'avviso immesso nella cassetta della corrispondenza ai sensi dell'art. 8, comma 2, della l. n. 890/1982 che disciplina la notificazione di atti giudiziari a mezzo del servizio postale, non equivale nè ha la funzione vera e propria dell'ulteriore invio della raccomandata prescritta dall'art. 660, comma 7, c.p.c. dopo che la notificazione sia stata effettuata nelle forme di cui all'art. 137 c.p.c.

Infatti, tale lettera raccomandata rappresenta in subjecta materia un adempimento supplementare ad ogni notifica effettuata non in mani proprie dell'intimato, la cui omissione di tale ulteriore adempimento, costituisce valido motivo di opposizione tardivaex art. 668 c.p.c. (Cass. III, n. 11289/2004; Cass. III, n. 2618/1995).

L'opposizione è ammissibile quando sussista il dubbio sulla regolare instaurazione del contraddittorio, come nel caso di irregolarità della notifica a mezzo del servizio postale (Pret. Udine 29 novembre 1989).

L'art. 668, comma 1, c.p.c. non si appaga però della semplice “irregolarità” della notifica dell'intimazione – concetto più ampio di quello di “nullità”, giacché comprende, in generale, tutte le violazioni delle norme disciplinanti la notificazione degli atti processuali, anche se non produttive di nullità – ma esige un elemento ulteriore, come requisito di ammissibilità dell'opposizione dopo la convalida, e cioè che l'intimato opponente provi anche il nesso di causalità tra il vizio della notificazione e la mancata conoscenza dell'intimazione che ne era oggetto.

L'onere di provare tale collegamento causale tra la mancata, tempestiva conoscenza dell'intimazione di sfratto e il vizio della sua notificazione, al fine dell'esperibilità dell'opposizione tardiva alla convalida, sussiste tuttavia solo quando il vizio concerna la persona alla quale dev'essere consegnata la copia dell'atto, mentre, nelle ipotesi di nullità della notificazione, per inosservanza delle disposizioni sui luoghi in cui dev'essere effettuata, il fatto stesso della consegna della copia in un luogo diverso da quello in cui si sa che il destinatario si trova, implica, di per sè solo, la dimostrazione del collegamento in parola (Cass. III, n. 13755/2002).

n. 13755/2002).

L'ammissibilità dell'opposizione tardiva alla convalida di licenza o di sfratto per irregolarità della notificazione dell'intimazione è subordinata dall'art. 668, comma 1, c.p.c. alla prova, a carico dell'opponente, del collegamento causale tra la mancata, tempestiva conoscenza dell'intimazione ed il vizio della sua notificazione, ma solo quando quest'ultimo concerna la persona alla quale deve essere consegnata la copia dell'atto. Nell'ipotesi, invece, di nullità della notificazione per inosservanza delle disposizioni sui luoghi in cui deve essere eseguita, il fatto stesso della consegna della copia in luogo diverso da quello in cui si sa che il destinatario si trova implica, di per sè solo, la dimostrazione di detto collegamento. Ciò premesso, nel solco delle linee ermeneutiche tracciate dal suddetto orientamento, l'opposizione tardiva, dopo la fase rescindente, che deve acclarare il suo presupposto, cioè la mancata conoscenza, dà comunque luogo allo svolgimento del giudizio. Ne consegue che, in presenza di una notificazione inesistente, l'intimato che abbia conoscenza dell'intimazione, se intende sottrarsi all'efficacia del provvedimento di convalida, deve proporre l'opposizione nel termine di cui al comma 2 dell'art. 668 c.p.c., atteso che la previsione della irregolarità della notificazione, come causa della mancata tempestiva conoscenza della stessa, comprende certamente e comunque anche le ipotesi di inesistenza o mancanza assoluta della notificazione (Cass. III, n. 13879/2023).

L'ordinanza di convalida di licenza o di sfratto, laddove risulti preclusa l'opposizione tardiva, acquista efficacia di cosa giudicata sostanziale non solo sull'esistenza della locazione, ma anche sulla qualità di locatore dell'intimante e di conduttore dell'intimato e, quindi, sulla loro legittimazione sostanziale (Cass. I, n. 9307/2024).

Le ipotesi idonee ad integrare una situazione di forza maggiore o caso fortuito: casistica

La forza maggiore ricorre in presenza della vis maior cui resisti non potest, cioè di quella forza esterna cui la persona non può opporsi e che, nella specie, le impedisce ineluttabilmente la comparizione all'udienza di convalida, circostanza quest'ultima certamente non ricorrente nell'ipotesi della mancata conoscenza del calendario delle udienze feriali ovvero nell'eventualità in cui la convalida venga pronunciata senza il rispetto dell'ora contumacialeex art. 59 disp. att. c.p.c. (Cass. III, n. 4788/1989).

Com'è noto, infatti, il giudizio ex art. 668 c.p.c. non è limitato alla sola statuizione sull'allegato ostacolo alla conoscenza della procedura di intimazione di sfratto (per fortuito forza maggiore o vizio di notifica), ma investe, sul presupposto di aver ritenuto ammissibile l'opposizione dopo la convalida, il merito della pretesa azionata con l'originaria intimazione di licenza o di sfratto dal locatore, il quale assume la veste sostanziale di attore, nel giudizio di merito, soggetto al rito di cui all'art. 447 bis c.p.c.

In tal senso, è stato sostenuto che l'opposizione tardiva alla convalida ha natura di mezzo di impugnazione speciale, articolato in una duplice fase rescindente e rescissoria.

L'art. 668 c.p.c. delinea, pertanto, uno strumento tramite il quale, dimostrato uno tra gli eventi tipici ostativi della conoscenza del procedimento di convalida, l'intimato ottiene una "rimessione in termini" per spiegare opposizione all'ordinanza, e quindi per dedurre, ora per allora, fatti impeditivi, modificativi ed estintivi della pretesa azionata con il procedimento monitorio ex artt. 658 ss. c.p.c.

Ciò chiarito, deve ritenersi ammissibile l'opposizione, se basata su un evidente – e non contestato nel suo accadimento fattuale – equivoco sulla data dell'udienza ingenerato dalla cancelleria civile (Trib. Pisa 21 novembre 2019).

In dottrina, il caso fortuito e la forza maggiore sono considerati alla stregua di eventi imprevedibili che di fatto impediscono la conoscenza dell'intimazione (Bucci, Crescenzi, 155).

In tema di opposizione tardiva a convalida di sfratto, è ravvisabile una causa di forza maggiore quando l'opponente si trovi in una situazione di temporanea incapacità di intendere e volere e, quindi, nell'impossibilità di svolgere le proprie difese comparendo personalmente in udienza (Pret. Roma 24 aprile 1985).

Il caso fortuito di cui all'art. 668 c.p.c. ricorre quando può essere escluso il dolo o la colpa negligente dell'intimato e quindi la riconducibilità causale ad esso della mancata conoscenza dell'atto, elidendo così le conseguenze dannose che da tale mancata conoscenza possono essere al soggetto derivate per non avere potuto comparire all'udienza di convalida, incombendo all'opponente l'onere della prova in ordine alla non imputabilità dell'evento che di fatto ha impedito la sua partecipazione all'udienza di convalida.

In tale ottica, si è stabilito che un'assenza di circa un mese dalla propria residenza, senza la cautela di avere predisposto idonee modalità per essere informati dell'eventuale notificazione di atti giudiziari, non può essere qualificata, come una situazione idonea ad integrare il caso fortuito (Trib. Salerno 3 dicembre 2007; Cass. III, n. 3357/1997), salva la diversa ipotesi in cui è invece stata ravvisata la ricorrenza del fortuito, della chiusura del locale locato per le ferie di ferragosto, nell'assenza del conduttore perché in viaggio di nozze e nella mancanza di qualsiasi elemento oggettivo atto a fare prevedere l'intimazione e la citazione per la convalida (Cass. III, n. 4794/1983).

Il differimento d'ufficio dell'udienza indicata nell'intimazione per la convalida di sfratto, di per sè non integra, né un'ipotesi di caso fortuito né tantomeno di forza maggiore, laddove non sia intervenuta e provata dalla parte alcuna circostanza imprevedibile, quale, ad esempio, l'indicazione di una data errata ricevuta dalla cancelleria ovvero un'omessa o tardiva iscrizione a ruolo, od ancora lo spostamento dell'udienza di comparizione, rispetto a quella indicata nell'intimazione, avvenuta d'ufficio, che non possa non avere determinato un'incertezza a carico dell'intimato (Trib. Roma 22 novembre 1991) che la parte, pur personalmente, era tenuta a conoscere, o quantomeno ad informarsi, secondo le regole della normale diligenza, della data in cui si sarebbe effettivamente tenuta l'udienza (Trib. Trapani 9 novembre 2018).

Non è ammissibile l'opposizione tardiva a convalida di sfratto nel caso in cui l'opponente deduca di non avere rinvenuto nel ruolo generale e nelle apposite rubriche di sezione l'iscrizione della causa a ruolo, trattandosi di un mero errore di ricerca della stessa parte opponente, come tale non scusabile (Pret. Roma 15 maggio 1985).

L'avvocato della parte intimata giunto in ritardo alla prima udienza nella quale doveva costituirsi e che trovi al suo arrivo già convalidata l'intimazione di licenza per finita locazione, non può invocare il caso fortuito o la forza maggiore in sede di opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., in quanto l'occasionale ritardo con cui il professionista è giunto in udienza, non è idoneo a configurare un pregiudizio non imputabile a chi lo invoca e non altrimenti evitabile con la normale diligenza (Pret Taranto 14 maggio 1986).

L'opposizione ex art. 668 c.p.c., è altresì inammissibile qualora l'intimato, pur avendo avuto conoscenza dell'atto di intimazione, non sia comparso all'udienza del procedimento di sfratto, fidandosi delle assicurazioni ricevute circa il comportamento processuale che l'intimante avrebbe tenuto in prima udienza, giacché siffatte assicurazioni di controparte non possono esimere l'intimato dal comparire o costituirsi nel giudizio per fare valere le proprie ragioni (Pret. Milano 12 febbraio 1991).

È invece stata ritenuta ammissibile l'opposizione tardiva alla convalida di sfratto ex art. 668 c.p.c., allorché l'intimato rilevi dal ruolo d'udienza, redatto in modo da indurre obiettivamente in errore, che la propria causa sarà chiamata in un orario successivo a quello effettivo, e di conseguenza si allontani dal tribunale (Trib. Roma 23 agosto 2000).

Non integra un'ipotesi di caso fortuito, ai fini dell'ammissibilità dell'opposizione tardiva alla convalida di sfratto, il rinvio dell'udienza a causa di uno sciopero degli avvocati, essendo onere della parte, in caso di rinvio d'ufficio dell'udienza, individuare l'udienza immediatamente successiva in cui sarà chiamata la causa (Trib. Torre Annunziata 13 febbraio1995), né l'impedimento dell'intimato a ritirare il plico raccomandato giacente presso l'ufficio postale nel caso di notifica avvenuta a mezzo del servizio postale (Pret. Catania 13 aprile 1992).

In caso di notifica dell'intimazione di sfratto a mezzo di posta elettronica certificata ad una società, l'omissione della spedizione dell'avviso di cui all'art. 660, comma 7, c.p.c. non configura un'irregolarità legittimante il ricorso all'opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c. quando sussiste l'evidenza, anche mediante il ricorso a presunzioni, che l'accesso alla casella di posta elettronica del destinatario era prerogativa esclusiva del rappresentante legale o di un soggetto delegato ad hoc (Trib. Palermo 28 maggio 2018).

Nell'ipotesi in cui il giudice investito di una convalida di licenza o sfratto notificata ai sensi dell'art. 140 c.p.c., nella mancata comparizione dell'intimato, pronunci l'ordinanza di convalida in difetto di prova dell'avvenuta ricezione da parte dell'intimato, del successivo avviso di ricevimento della raccomandata ex art. 140 c.p.c., non è assolutamente un'ipotesi che di per sè può considerarsi come un caso di ammissibilità dell'opposizione tardiva di cui all'art. 668 c.p.c., occorrendo, ai fini della sua ammissibilità, o la prova che il procedimento notificatorio si sia svolto senza il rispetto di alcuna delle regole fissate nell'art 140 c.p.c. e, dunque, in modo nullo o che il procedimento si sia perfezionato con il ricevimento dell'avviso di cui all'art. 140 c.p.c., oppure con il decorso dei dieci giorni dalla spedizione, in un momento tale da non consentire il rispetto del termine libero di cui all'art. 668, comma 4, c.p.c. (Cass. III, n. 122/2016).

La forza maggiore od il caso fortuito possono essere ravvisati anche in una situazione che di fatto per cause indipendenti dalla volontà dell'intimato, gli impediscano a comparire all'udienza di convalida, come nell'ipotesi di un malore improvviso dell'intimato comprovato da certificati medici con la data coincidente con quella prevista per l'udienza di convalida (Trib. Palermo 13 marzo 2013).

Infatti, con riguardo all'opposizione proposta dopo la convalida di licenza o di sfratto ai sensi dell'art. 668 c.p.c., l'impossibilità a comparire dell'intimato – o, se questo si sia costituito, del suo difensore – per forza maggiore può anche dipendere da un malore laddove il giudice di merito abbia accertato, anche avvalendosi delle nozioni di comune esperienza, adeguate per valutare la gravità e gli effetti delle malattie comuni, che tale malore sia stato improvviso ed imprevedibile e che sussista un effettivo nesso di causalità tra lo stato di malattia e la mancata comparizione della parte (Cass. VI, n. 3629/2018; Cass. III, n. 10594/2008; Cass. III, n. 16252/2005; Cass. III, n. 451/1992).

Il dies a quo nell'esecuzione forzata per il calcolo del termine utile per proporre l'opposizione

L'art. 668, comma 2, c.p.c. prevede che decorsi dieci giorni dall'esecuzione, l'opposizione non è più ammessa, e la cauzione, prestata a norma dell'art. 663, comma 2, c.p.c. è liberata.

La ratio dell'art. 668, comma 2, c.p.c., consiste nel permettere all'intimato di usufruire di un termine di dieci giorni dal momento in cui viene ad effettiva conoscenza del provvedimento pregiudizievole, e tale momento va individuato nel momento dell'accesso dell'ufficiale giudiziario sul luogo dell'esecuzione, munito del titolo esecutivo e, cioè, del provvedimento di rilascio.

Il termine di dieci giorni dall'esecuzione, stabilito dall'art. 668, comma 2, c.p.c., per la proposizione dell'opposizione tardiva alla convalida dell'intimazione di licenza o di sfratto, decorre dall'accesso dell'ufficiale giudiziario, che costituisce il primo atto dell'esecuzione in forma specifica per rilascio, senza che rilevi l'eventuale differimento dell'immissione dell'esecutante nella disponibilità materiale del bene (Cass. S.U., n. 1610/1989).

Tuttavia, a seguito dell'intervento del legislatore, attualmente il testo dell' art. 608 c.p.c., così come modificato dalla l. n. 80/2005, chiarisce che l'esecuzione forzata per rilascio inizia con la notifica all'esecutato dell'avviso di rilascio.

Pertanto, è dalla notifica del preavviso di sloggio, ad opera dell'ufficiale giudiziario, che deve ritenersi decorrere il termine di ammissibilità di dieci giorni, avendosi da tale momento piena contezza della pendenza dell'esecuzione (lombardi, 2019).

In tema di opposizione tardiva alla convalida, il termine di dieci giorni per la sua proposizione previsto dal secondo comma dell'art. 668 c.p.c. decorre dalla notifica del preavviso di rilascio (Trib. Modena 22 maggio 2015).

Il giudice ed il rito applicabile per l'opposizione tardiva alla convalida

L'art. 668, comma 3, c.p.c. enuncia che l'opposizione si propone davanti al Tribunale nelle forme prescritte per l'opposizione al decreto d'ingiunzione, in quanto applicabili.

A norma dell'art. 668 c.p.c. l'opposizione dopo la convalida dell'intimazione di licenza o di sfratto appartiene alla competenza funzionale del giudice che ha pronunciato la convalida (Di Marzio, Di Mauro, 943; trisorio liuzzi 2005, 759).

La precisazione “in quanto applicabili” riferita alle norme disciplinanti l'opposizione al decreto ingiuntivo ha fatto discutere in dottrina se i termini per l'opposizione tardiva debbano essere ridotti alla metà secondo quanto dispone l'art. 645, comma 2, c.p.c. (Bucci, Crescenzi, 157; Di Marzio 1998, 361; Lazzaro, Preden, Varrone, 312;) o se invece tale disposizione debba ritenersi inapplicabile all'ipotesi disciplinata dall'art. 668 c.p.c. (Frasca 2001, 496, il quale osserva che l'introduzione dell'opposizione ex art. 668 c.p.c. con ricorso, contrasta con la fissazione di termini di comparizione, atteso che quest'ultimi sono indicati dalla parte opponente solo attraverso la modalità di avvio del giudizio nelle forme dell'atto di citazione in opposizione, laddove nel ricorso, è il giudice che fissa l'udienza di discussione e, dunque, i relativi termini di comparizione; Garbagnati, 344; Di Marzio 1998, 360; Masoni 2007, 542).

Al riguardo va precisato che trattandosi di una controversia rientrante nella materia locatizia (Cass. III, n. 8014/2009; Cass. III, n. 10070/2001, secondo cui le cause relative a rapporti di locazione di immobili urbani riguardano le controversie comunque riferibili ad un contratto di locazione, che attengano, cioè, non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia, ma, altresì, a tutte le altre possibili sue vicende, segnatamente a quelle che involgano l'adempimento o l'inadempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto, in base alla disciplina del codice civile o di quella di settore della vigente legislazione speciale).

Pertanto, al procedimento di opposizione è applicabile, stante l'art. 447-bis c.p.c., e, dunque, il rito locatizio, modellato sul processo del lavoro, con la conseguenza che l'opposizione va proposta con ricorso (Di Marzio 1998, 360; Frasca 2001, 495; Lombardi 2013, 467; Trifone, Carrato, 357; Trisorio Liuzzi 1996, 505), e che laddove proposta con atto di citazione per effetto del richiamo alle forme di cui all'art. 645 c.p.c. (Bucci, Crescenzi, 157), al fine di valutarne la tempestività, l'atto di opposizione deve non solo essere notificato nel rispetto del termine stabilito ex lege ma anche depositato nella cancelleria del giudice (Di Marzio, 1998, 361).

L'opposizione si svolge in due fasi, una rescindente ed una rescissoria attinenti rispettivamente all'ammissibilità dell'opposizione tardiva alla convalida ed al merito delle questioni dedotte dall'opponente.

La decisione sull'ammissibilità dell'opposizione assume quindi carattere pregiudiziale rispetto a quella relativa al merito della controversia (Garbagnati, 345).

Nel giudizio di merito rescissorio, avente ad oggetto la fondatezza della pretesa svolta dal locatore (opposto) nei confronti del conduttore (opponente) con l'originaria intimazione, la posizione sostanziale delle parti non coincide con quella formale.

L'opponente conserva la veste sostanziale di convenuto, e le sue deduzioni, ancorché contenute in un atto di citazione, in quanto volte a contestare la fondatezza dell'avversa pretesa, hanno natura di eccezioni.

A sua volta l'opposto, ancorché sia stato formalmente convenuto in giudizio, assume la veste sostanziale di attore.

Conseguentemente, la nullità della notificazione non può costituire l'unico oggetto dell'opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c. in quanto l'opponente dopo avere provato i requisiti di ammissibilità dell'opposizione tardiva, deve dedurre quegli stessi motivi che avrebbe potuto fare valere con l'opposizione ordinaria alla convalida.

L'opposizione dopo la convalida, prevista dall'art. 668 c.p.c. in caso di irregolarità della notificazione o di caso fortuito o forza maggiore, non può esaurirsi in una denuncia di tale irregolarità, perché siffatta denuncia, ove non sia accompagnata da contestazioni sulla pretesa creditoria del locatore, e non sia quindi indirizzata all'apertura del giudizio di merito rescissorio, avente ad oggetto la fondatezza della domanda di risoluzione svolta dal medesimo locatore nei confronti del conduttore con l'originaria intimazione, non è atta ad alcun risultato utile per l'opponente (Trib. Salerno 19 marzo 2010).

La sanatoria della morosità nel procedimento di opposizione alla convalida

La procedura di sanatoria della morosità, di cui all'art. 55 della l. n. 392/1978, è stata ritenuta compatibile con l'opposizione dopo la convalida, di cui all'art. 668 c.p.c. (v. Corte cost., n. 572/1987, nel dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 668 c.p.c., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.).

La ritenuta compatibilità dei due istituti comporta però la necessità di stabilire come l'uno si inserisca nell'altro, poiché l'art. 55 della citata l. n. 392/1978 è stato scritto in previsione dell'ordinario procedimento di convalida e non del procedimento di opposizione dopo la convalida, il quale si presenta con diverse caratteristiche rispetto al primo.

Infatti, il procedimento di sanatoria di cui all'art. 55 della l. n. 392/1978, nel procedimento di convalida, può avere due possibili modalità di attuazione.

La prima si realizza mediante il pagamento da parte del conduttore, alla prima udienza, dell'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tal sede dal giudice.

La seconda si realizza, invece, allorquando, in mancanza del pagamento in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, assegni a quest'ultimo un termine per provvedervi, e, in detto termine, il conduttore adempia.

In entrambi i casi, l'avvenuto pagamento esclude la risoluzione del contratto, e, quindi, il procedimento di convalida si conclude.

Nel procedimento di opposizione dopo la convalida, invece, l'avvenuto pagamento alla prima udienza, da parte del conduttore, delle somme dovute, non può automaticamente comportare la chiusura del procedimento, perché, dovrà, comunque, essere accertata l'ammissibilità dell'opposizione e solo dopo tale accertamento, se positivo, potranno verificarsi gli effetti sananti del pagamento.

Nell'ipotesi in cui, invece, il pagamento non avvenga alla prima udienza potrà essere concesso il termine di grazia, la cui concessione, non presuppone che venga preventivamente accertata l'ammissibilità dell'opposizione, perché, come dimostra l'ipotesi di pagamento alla prima udienza, i fatti idonei ad escludere la risoluzione del contratto, e cioè il pagamento corrispettivo dovuto, degli interessi e delle spese, possono verificarsi, senza che sia pregiudicato il giudizio sull'inammissibilità dell'opposizione (Cass. III, n. 11923/1993).

Infatti, in caso di opposizione tardiva a convalida di sfratto per morosità ex art. 668 c.p.c., l'istanza di concessione di un termine per sanare la morosità ai sensi dell'art. 55 l. n. 392/1978 deve essere proposta dal conduttore entro la prima udienza, essendo inaccoglibile se proposta successivamente, per la prima volta in sede di appello avverso la sentenza che abbia ritenuto inammissibile l'opposizione (Trib. Milano 31 maggio 1999).

La sospensione ed i “gravi motivi” nell'opposizione tardiva alla convalida

Ai sensi dell'art. 668, comma 4, c.p.c. l'opposizione non sospende il processo esecutivo, ma il giudice, con ordinanza non impugnabile, può disporne la sospensione per gravi motivi (Di Marzio, Di Mauro, 1001), imponendo, quando lo ritiene opportuno, una cauzione all'opponente, che adempie ad una funziona analoga a quella prevista dall'art. 663 c.p.c. per garantire il risarcimento del danno eventualmente subito dal locatore che risulti vittorioso nel processo (Di Marzio 1998, 363).

In dottrina, si è osservato che il potere del giudice deve intendersi riferito alla possibilità di sospendere l'efficacia esecutiva del provvedimento di convalida e non già il processo esecutivo ove già instaurato (Garbagnati, 339).

I gravi motivi che consentono, ai sensi dell'art. 668, comma 2, c.p.c., di sospendere l'esecutorietà dell'ordinanza di convalida di sfratto ricorrono qualora sia necessario un approfondimento istruttorio in ordine alla sussistenza di un impedimento dell'intimato a comparire all'udienza costituito dall'insorgenza di un malore improvviso (Trib. Patti 22 febbraio 2007).

I "gravi motivi", alla cui ricorrenza il codice di rito subordina la sospendibilità del provvedimento di convalida vanno identificati nell'esito positivo, ancorché fondato su una delibazione sommaria, di una valutazione complessiva delle ragioni addotte da entrambe le parti, intesa, prima, a verificare l'ammissibilità dell'opposizione e, poi, a scrutinare la verosimile fondatezza delle doglianze di merito formulate dall'opponente in rapporto alla domanda introdotta con l'intimazione (Carrato 2005, 667; Di Marzio 1998, 363; Frasca 2001, 503; Trifone, Carrato, 358).

La valutazione dell'istanza di sospensione dell'esecutività dell'ordinanza di sfratto postula dunque la preventiva verifica dell'essere l'opposizione, quanto al merito, assistita da prova scritta e/o corredata da gravi motivi.

In dottrina (Porreca, 233), è stato osservato che i gravi motivi che possono legittimare la sospensione ex art. 668, comma 4, c.p.c. sono gli stessi che avrebbero condotto al rigetto dell'ordinanza provvisoria di rilascio ex art. 665 c.p.c.

Il giudice, al fine di decidere sull'istanza di sospensione dell'esecuzione, deve effettuare una delibazione sommaria sull'ammissibilità oltre che sulla fondatezza dell'opposizione (Pret. Torre Annunziata 13 febbraio 1995).

Il provvedimento di sospensione del processo esecutivo emesso ai sensi dell'art. 668, comma 4, c.p.c., nel corso del procedimento di opposizione a convalida di sfratto ha forma e contenuto di ordinanza, essendo inteso a regolare provvisoriamente l'andamento del processo esecutivo ed è destinato ad essere assorbito dalla sentenza conclusiva del giudizio di opposizione.

Esso, pertanto, non avendo natura decisoria e carattere di definitività, non è impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della costituzione (Cass. III, n. 6294/1980).

In dottrina, anche il parere concorde della dottrina (Bucci, Crescenzi, 162; Carrato 2005, 668; Di Marzio 1998, 363; Frasca 2001, 497; Porreca, 232).

Il giudizio di opposizione si conclude con una sentenza impugnabile nei modi ordinari, anche nell'ipotesi in cui la decisione riguardi esclusivamente il profilo dell'ammissibilità dell'opposizione (Carrato 2005, 671; garbagnati, 348; Di Marzio, Di Mauro 958; Lazzaro, Preden, Varrone, 317).

In particolare, la pronuncia potrà essere di merito in caso di accoglimento o rigetto delle doglianze proposte dall'opponente, od anche solo in rito, qualora il giudice adito dichiari l'opposizione proposta inammissibile.

In dottrina, si è evidenziato che il passaggio in giudicato dell'ordinanza di convalida – per rigetto divenuto definitivo quando esauriti i mezzi di impugnazione o dichiarazione d'inammissibilità dell'opposizione tardiva – all'applicazione analogica delle disposizioni in tema di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c. (Luiso, 134), ovvero anche senza necessità di ricorrere all'applicazione analogica delle anzidette disposizioni laddove si consideri l'effetto conseguente all'esito finale del rigetto dell'opposizione costituito dalla salvezza del provvedimento impugnato (Masoni 2007, 552).

L'opposizione tardiva alla convalida e sospensione feriale dei termini processuali

L'ampiezza dei poteri riconosciuti al giudice dell'opposizione risulta evidente, ove si consideri che essi non sono limitati alla verifica della rituale instaurazione del contraddittorio in sede di convalida, risultando estesi, una volta superata tale fase, al merito dell'intimazione.

Infatti, emerge dallo stesso tenore letterale della disposizione, come integrato dall'intervento additivo della Consulta (Corte cost., n. 89/1972), che l'oggetto dell'opposizione è costituito dall'intimazione, sulla quale il giudice del merito dovrà pronunciarsi, ove il giudizio superi la fase rescindente, accogliendo o rigettando l'opposizione.

La mancata comparizione dell'intimato determina allora che i fatti dedotti a fondamento dell'intimazione si ritengano legalmente ammessi, sul presupposto che l'assenza sia dovuta alla volontà dell'intimato che non ha potuto o voluto contestare tali fatti, atteso che la funzione dell'istituto, è quella di costituire un rimedio, consentendo all'intimato di essere rimesso in termini nell'opposizione, dimostrando l'insussistenza del presupposto su cui si fonda la convalida dell'intimazione.

L'opposizione tardiva alla convalida deve essere inclusa a pieno titolo nell'ambito dei procedimenti di sfratto, costituendo un'eccezione, al pari dell'opposizione tempestiva, al principio generale della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, sia pure solo con riguardo alla prima fase finalizzata alla sospensione dell'esecuzione della convalida e caratterizzata da peculiari ragioni di urgenza (Cass. III, n. 12880/2009).

Il suesposto orientamento giurisprudenziale è però contraddetto da altro di segno contrario, laddove si è affermato che muovendo sulla scorta del presupposto che anche nelle ordinarie cause di sfratto la sospensione è esclusa – in forza della deroga contenuta nell'art. 3 della l. n. 742/1969 in relazione all'art. 92 dell'ordinamento giudiziario ex r.d. n. 12/1941 – solo per la fase sommaria, la quale si conclude con la pronuncia dell'ordinanza di convalida o col diniego della stessa e presenta per sua natura carattere d'urgenza, mentre trova applicazione per la successiva fase a rito ordinario, salvo che l'urgenza venga dichiarata con apposito provvedimento (Cass. III, n. 4195/1997), a maggiore ragione, la sospensione deve valere nell'autonomo giudizio di opposizione tardiva instaurato con citazione avverso la convalida emessa in assenza dell'intimato ex art. 668 c.p.c. (Cass. III, n. 677/2000).

L'impugnazione della convalida: appello od opposizione tardiva?

L'ordinanza di convalida di licenza o sfratto emessa in applicazione dell'art. 663 c.p.c., pur essendo in linea di principio impugnabile soltanto con l'opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., è soggetta al normale rimedio dell'appello se emanata nel difetto dei presupposti prescritti dalla legge, costituiti dalla presenza del locatore all'udienza fissata in citazione e dalla mancanza di eccezioni o difese del conduttore ovvero dalla sua assenza, e, quindi, al di fuori dello schema processuale ad essa relativo, essendo, in tale caso, equiparabile, nella sostanza, ad una sentenza anche ai fini dell'impugnazione (Cass. III, n.15230/2014; Cass. III, n. 1222/2006; App. Reggio Calabria 4 marzo 2004).

Al fine di stabilire quando l'ordinanza sia impugnabile con l'appello, ci si deve dunque – interrogare sul contenuto dello schema processuale proprio del provvedimento di convalida scrutinando se detto schema preveda anche l'esame di questioni di merito rilevabili d'ufficio e se l'omesso rilievo di una causa di nullità comporti una violazione che giustifica il rimedio dell'impugnazione ordinaria.

A fronte del quadro normativo delineato dagli artt. 663 e 668 c.p.c. – che fondano la convalida sulla mancanza di opposizione da parte del conduttore, la quale, può a sua volta estrinsecarsi nella mancata comparizione o nella comparizione senza opposizione, a condizione che questi sia stato informato della domanda ed abbia avuto la possibilità di comparire all'udienza, e, in caso di sfratto ex art. 658 c.p.c., all'ulteriore condizione che l'intimante attesti la persistenza della morosità – l'accertamento demandato al giudice è circoscritto alla verifica dei presupposti generali dell'azione, attinenti cioè alla giurisdizione, competenza, capacità processuale dell'intimante ed alla sua corretta evocazione in giudizio, e dei presupposti specifici, indicati nell'art. 663, commi 1 e 3 c.p.c. (Cass. III, n. 17151/2002), consistenti – questi ultimi – nella mancata comparizione o nella mancata opposizione nonché, in caso di morosità, nella dichiarata persistenza della mora.

Ciò premesso in ordine alla natura ed alle caratteristiche del procedimento sommario di convalida, risulta dunque evidente che la deviazione dallo schema processuale tipico – cui fa riferimento la giurisprudenza di legittimità per individuare le ipotesi di appellabilità dell'ordinanza di convalida – ricorre quando il giudice abbia pronunciato l'ordinanza in difetto dei presupposti previsti dall'art. 663 c.p.c., ma non anche se non abbia esaminato questioni di merito, che non trovano spazio nell'ambito del procedimento sommario al di fuori del caso in cui l'intimato abbia dichiarato di opporsi alla convalida ed al limitato fine di emettere o negare l'ordinanza non impugnabile di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto.

Le questioni di merito sono estranee alla fase sommaria che si conclude con la rituale emissione dell'ordinanza di convalida, senza possibilità per l'intimato – che avrebbe potuto farle valere mediante l'opposizione alla licenza od allo sfratto e nell'ambito del procedimento ordinario instaurato a seguito di tale opposizione – di recuperarne l'esame a mezzo dell'appello avverso l'ordinanza di convalida.

Quando lo schema processuale è stato invece violato in tale ipotesi, deve ammettersi il rimedio dell'appello in quanto il provvedimento di convalida è equiparabile ad una sentenza che abbia definito la controversia introdotta dall'intimazione di licenza o di sfratto e, come tale, deve poter essere impugnata (Cass. III, n. 12979/2010; Cass. III, n. 14270/2001; Cass. III, n. 10146/2001; Cass. III, n. 332/2001; Cass. III, n. 11494/2000; Cass. I, n. 560/2000; Cass. III, n. 4366/1997; Cass. III, n. 9375/1995; Cass. III, n. 3977/1994).

Nell'ulteriore ipotesi in cui la violazione dello schema processuale abbia riguardato soltanto la conoscenza dell'intimazione e la possibilità del conduttore di esprimere la propria opposizione, in questo caso – contemplato dall'art. 668 c.p.c. e da Corte cost. n. 89/1972 – soccorre il rimedio dell'opposizione tardiva, che consente all'intimato – che provi di essere stato impedito ad opporsi – di recuperare la possibilità di proporre l'opposizione e di fare valere, per tale via, le proprie ragioni di merito (Cass. III, n. 11380/2006, fattispecie in cui premesso che l'appello è possibile soltanto per denunciare che il provvedimento di convalida è stato emesso in difetto dei presupposti di legge, restando altrimenti il medesimo provvedimento soggetto soltanto al rimedio dell'opposizione tardiva di cui all'art. 668 c.p.c., è stato dichiarato inammissibile il gravame proposto contro un'ordinanza di convalida pronunciata a seguito di mancata sanatoria nel termine della morosità, poiché l'ordinanza era stata pronunciata correttamente).

Inoltre, il giudice dell'appello il quale, contrariamente al giudice di primo grado, ed in riforma della relativa pronuncia, reputi ammissibile l'opposizione tardiva ad una convalida di sfratto, deve pronunciare nel merito e non rimettere la causa al primo giudice, non rientrando tale ipotesi nei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c. (Cass. III, n. 6517/2004; Cass. III n. 4658/1985; Cass. III, n. 1097/1980).

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