Codice di Procedura Civile art. 608 - Modo del rilascio.Modo del rilascio. [I]. L'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà (1). [II]. Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo [474] e del precetto [480, 605 1], si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. (1) Comma così sostituito, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e) n. 37 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476. Il testo recitava: «L'ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà ». InquadramentoL'art. 608, comma 1, c.p.c. enuncia che l'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà alle operazioni di rilascio. Con la novellazione del d.l. n. 35/2005, convertito con modificazione dalla l. n. 80/2005 della norma in commento, è stato elevato dal legislatore lo spatium temporale da tre a dieci giorni che necessariamente devono decorrere dalla notificazione – non più semplice “comunicazione” – dell'atto in parola, con cui l'ufficiale giudiziario, per conto della parte istante, “avvisa” il debitore dell'inizio delle operazioni di rilascio dell'immobile. La stessa dilatazione del termine ex art. 608, comma 1, c.p.c., in sede di sua novellazione nel 2005, è funzionale a consentire una maggiore “riflessione” del soggetto passivo dell'esecuzione, circa la possibilità di rilasciare spontaneamente l'immobile anche prima che si realizzi l'accesso dell'ufficiale giudiziario alla data indicata nell'avviso notificatogli. Il termine indicato dall'art. 608, comma 1, c.p.c. non è libero (Arieta, De Santis, 1453). Il preavviso di rilascio nella costruzione del legislatore costituisce un passaggio obbligato nell'esecuzione forzata in forma specifica per il rilascio del bene immobile (Carrato 2005, 705). Al fine di stabilire il tempo del rilascio in dottrina (Castoro 2006, 737) si è fatto rinvio all'art. 519 c.p.c. il quale, per il tempo del pignoramento prevede che non può essere eseguito nei giorni festivi, né fuori delle ore indicate nell'art. 147 c.p.c. – non prima delle ore 7 e non dopo le 21 – che si riferisce al tempo delle notificazioni, salvo che ne sia data autorizzazione dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. L'avviso di rilascio, se non contiene l'indicazione del giorno, non può ritenersi abbia raggiunto la sua finalità, mentre se non è indicato l'orario, l'atto in parola non è nullo, in quanto l'orario dell'esecuzione può comunque ricavarsi applicando analogicamente l'art. 147 c.p.c. (Castoro 2006, 734). L'accesso dell'ufficiale giudiziario, nel procedimento di rilascio di beni immobili, oltre l'orario stabilito dalla legge, costituisce un atto relativamente nullo, contro il quale è proponibile l'opposizione agli atti esecutivi entro il termine perentorio previsto dall'art. 617 c.p.c. (Cass. III, n. 2110/1972). La legittimazione passiva nell'esecuzione per rilascioCiò che rileva, ai fini della legittimazione passiva nell'esecuzione per rilascio, è l'occupazione del bene che ne è oggetto, e non già la contemplazione dell'occupante nel titolo che si intende eseguire o la riconducibilità della propria posizione al destinatario dello stesso ordine di rilascio. L'ordine di rilascio contenuto in una pronuncia di condanna al rilascio di un immobile, spiega efficacia nei confronti non solo del destinatario della relativa statuizione, ma anche di chiunque si trovi a detenere il bene nel momento in cui il provvedimento giudiziale viene coattivamente eseguito (Cass. III, n. 24637/2016). Nell'ipotesi in cui risulti alcuna prova dell'anteriorità del diritto di godimento del subconduttore sull'immobile, ossia di un titolo autonomo non riveniente dal conduttore, il rilascio può essere chiesto anche nei confronti del detentore in persona del subconduttore, il quale è legittimato passivo in base a titolo riveniente dal conduttore (Cass. III, n. 3517/2024). In sede di esecuzione per il rilascio di un bene immobile, il titolo esecutivo azionato è operante tanto contro il destinatario della relativa pronuncia, quanto contro chi si trovi nella detenzione materiale non titolata dello stesso bene immobile, ancorché non abbia ricevuto la preventiva notifica del titolo esecutivo (Carrato 1998, 368). L'atto iniziale del procedimento esecutivo per il rilascio di immobileL'art. 608, comma 1, c.p.c. dispone che l'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica alla parte che è tenuta a rilasciare l'immobile il giorno e l'ora in cui procederà. Il legislatore del 2005 ha quindi sostanzialmente recepito l'orientamento della dottrina dominante (Oriani 1993, 1243), secondo cui la soluzione preferibile era quella di individuare nell'avviso di rilascio il momento iniziale dell'esecuzione, in tale modo, superando la precedente tesi giurisprudenziale secondo cui l'avviso di rilascio costituiva semplicemente un atto preliminare ed estrinseco al procedimento esecutivo (Cass. III, n. 1961/1995; Cass. III, n. 13425/1992). Il procedimento di rilascio contemplato dall'art. 608 c.p.c. ha dunque inizio con la notifica dell'avviso di rilascio, e termina con l'immissione in possesso dell'avente diritto o persona da quest'ultimo delegata (Ventura, 493). Il rimedio esperibile per i vizi dell'atto di rilascio: l'opposizione agli atti esecutiviL'individuazione del momento nel quale ha inizio l'esecuzione forzata per rilascio è rilevante per distinguere tra quello determinante ai fini dell'opposizione a precetto e dell'opposizione all'esecuzione. Al riguardo, va precisato che da un lato, il decorso del termine per l'inefficacia del precetto ai sensi dell'art. 481 c.p.c. per il mancato inizio dell'esecuzione forzata nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione, va accertato con riferimento alla data di notifica dell'avviso di rilascio, e, dall'altro, che è a tale momento – notifica dell'avviso di rilascio – che va individuato il dies a quo utile per proporre l'opposizione all'esecuzioneex art. 615 c.p.c. e l'opposizione agli atti esecutiviex art. 617 c.p.c. concernente l'omessa notifica del titolo esecutivo o del precetto ovvero le contestazioni sulla loro validità (in dottrina, Giordano 2006, 1232). L'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. è diretta a fare valere l'inesistenza del diritto ad agire in executivis, mentre l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., è diretta a fare valere i vizi formali degli atti di esecuzione, ed in quest'ultimo ambito deve ritenersi compreso anche l'avviso di rilascio ex art. 608 c.p.c., come del resto già riteneva la giurisprudenza di legittimità (Cass. III, n. 9879/1996; Cass. III, n. 11806/1990, secondo cui le contestazioni circa la validità dell'avviso di rilascio, in quanto dirette a fare valere un vizio formale del procedimento esecutivo, concretano un'opposizione agli atti esecutivi e non un'opposizione all'esecuzione) formatasi nel periodo anteriore alla novellazione dell'art. 608 c.p.c. L'avviso di rilascio ex art. 608 c.p.c. è un atto dell'ufficiale giudiziario, ed il mancato rispetto del termine di dieci giorni decorrenti dalla sua notifica, che necessariamente devono precedere l'accesso per l'esecuzione del rilascio, trattandosi del primo atto di esecuzione per il rilascio, consente al destinatario dello stesso atto di sollevare la questione dinanzi al giudice dell'esecuzione proponendo l'opposizione agli atti esecutivi. Il vizio dell'avviso di rilascio ex art. 608 c.p.c. può essere fatto valere entro venti giorni dalla sua notificazione ai sensi dell'art. 617, comma 2, c.p.c. con l'opposizione agli atti esecutivi (Arieta, De Santis, 1454). In occasione delle operazioni indicate nell'art. 608, comma 2, c.p.c. avviene la consegna delle chiavi che può avvenire anche successivamente all'immissione dell'avente diritto nel possesso dell'immobile o mancare del tutto, laddove siano state smarrite dal debitore. Qualsiasi vizio della procedura di sgombero compiuta dall'Istituto Vendite Giudiziarie senza il rispetto delle formalità prescritte dall'art. 560 c.p.c. non riverbera effetti sulla legittimità dell'esecuzione, atteso che le attività materiali di liberazione dell'immobile non sono “atti del giudice” e, pertanto, la loro illegittimità non può essere fatta valere col rimedio di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. III, n. 20374/2024). L'avviso di rilascio al legittimato passivo è un atto dell'ufficiale giudiziarioCome si desume dall'art. 608 c.p.c., la fissazione della data di rilascio è un atto dell'ufficiale giudiziario, il quale, vi provvede secondo la richiesta del creditore e le esigenze del suo ufficio, atteso che la posizione del debitore, quale soggetto passivo del rilascio, di fronte a questo potere dell'ufficiale giudiziario, è di mera soggezione, e, l'unica condizione posta a tutela del medesimo debitore tenuto al rilascio, è che la notifica dell'avviso avvenga almeno dieci giorni prima dell'accesso. Al riguardo, l'indicazione del giorno e l'orario – la cui indicazione “e seguenti” si è ritenuto non contenga alcuna imprecisione od ambiguità (Cass. III, n. 1072/1981) – in forma chiara ed inequivocabile nell'avviso, è essenziale per consentire al debitore di adempiere spontaneamente l'obbligazione, ovvero, di presenziare personalmente od eventualmente a mezzo di persona delegata, come il proprio difensore, alle operazioni di rilascio dell'immobile, evitando, con la sua assenza, di rendere necessario per l'ufficiale giudiziario di avvalersi dei poteri previsti dall'art. 513 c.p.c. – per il cui esercizio, rientrando nella competenza del pubblico ufficiale procedente, non occorre alcuna preventiva autorizzazione del giudice dell'esecuzione (Denti, 184) – aggravando di costi e tempi l'esecuzione, e, l'eventuale difficoltà nella gestione di eventuali beni mobili di pertinenza dello stesso debitore che dovessero essere rinvenuti nell'immobile in occasione delle operazioni di rilascio del locale. A tale fine, l'avviso di rilascio pur essendo un atto che formalmente promana dall'ufficiale giudiziario, per prassi, è un atto alla cui formazione concorre di fatto anche la stessa parte istante, che solitamente attraverso il proprio difensore ne redige il testo, per poi consegnarlo all'ufficiale giudiziario incaricato presso l'ufficio esecuzione del tribunale territorialmente competente, il quale vi appone la data e l'ora di inizio delle operazioni di rilascio, sottoscrivendolo con apposizione del proprio timbro, e, riconsegnato l'atto alla stessa parte istante, quest'ultima lo presenta al pubblico ufficiale addetto per curarne la successiva notifica al debitore. Ciò premesso, poiché la redazione e scritturazione dell'atto di cui si discorre – avviso di rilascio ex art. 608 c.p.c. – è di esclusiva competenza dell'ufficiale giudiziario, deve ritenersi diversa rispetto all'attività del difensore della parte istante che si reca dall'ufficiale giudiziario per fare l'istanza ex art. 608 c.p.c. o per chiedere la notificazione dello stesso provvedimento adottato in relazione alla sua richiesta (Cass. III, n. 10129/2004). Ciò al fine di chiarire che le spese per la “predisposizione” dell'atto ex art. 608 c.p.c. da addebitare al destinatario passivo della notifica dell'avviso di rilascio sono soltanto quelle riferite all'attività svolta dall'ufficiale giudiziario non anche del difensore della parte istante. L'ufficiale giudiziario deve infatti consegnare al soggetto tenuto al rilascio una copia conforme all'originale dell'avviso di rilascio predisposto dal difensore dell'avente diritto, in osservanza di quanto disposto dall'art. 137 c.p.c. La funzione assolta dall'avviso di rilascioNell'esecuzione per rilascio di bene immobile – a differenza dell'esecuzione per consegna di bene mobile, in cui l'assenza dell'avviso è giustificata dal pericolo che il debitore possa sottrarre il bene mobile prima dell'accesso dell'ufficiale giudiziario – esiste la notifica di un atto di “avviso” al debitore, il quale, dopo la notifica del precetto, è quindi ulteriormente “avvisato” dell'imminente avvio dell'esecuzione forzata in suo danno per il rilascio dell'immobile all'avente diritto. Come rilevato in dottrina (Arieta, De Santis, 1452), all'avviso ex art. 608 c.p.c. deve allora riconoscersi anche una funzione di garanzia nei confronti del soggetto passivo di conoscenza del primo atto di inizio dell'esecuzione per il rilascio dell'immobile. In caso di pluralità di debitori, ossia di soggetti che detengono l'immobile di cui si deve procedere al rilascio, si ritiene che la notifica dell'avviso debba essere eseguita nei confronti di ciascuno di essi (Consolo, 1285; Carrato 2005, 711). L'art. 608 c.p.c. assolve alla finalità di rendere edotto l'esecutando circa la data del compimento coattivo dell'esecuzione, onde consentirgli di disporre un lasso di tempo per potere procedere all'adempimento spontaneo della prestazione da lui dovuta, e, comunque, per metterlo in condizione di essere presente all'immissione in possesso del creditore procedente (Cass. III, n. 10566/2007; Cass. III, n. 17636/2002). L'avviso prescritto dall'art 608 c.p.c. non ha dunque altra funzione che quella di avvertire la parte tenuta al rilascio dell'ora e del giorno stabilito per l'esecuzione, al fine di porla in condizione di assistere alle relative operazioni per la pronta tutela delle sue ragioni (Trib. Bari 4 gennaio 2012). L'avviso ex art. 608 c.p.c., una volta notificato all'esecutando con la concessione del termine libero di cui alla norma per l'eventuale adempimento spontaneo, ha assolto la sua funzione, e, anche se dopo un primo accesso ne sia disposto un altro, non deve essere più rinnovato, ovvero notificato al debitore. La rinnovazione dell'avviso di rilascioL'avviso di rilascio quale primo atto di esecuzione per il rilascio, si ritiene però debba invece essere rinnovato qualora a seguito della sospensione dell'esecuzione in corso disposta dal giudice, venga successivamente dichiarata l'illegittimità del suddetto atto esecutivo (Arieta, De Santis, 1454). Esiste anche un'altra ipotesi in cui la stessa dottrina (Arieta, De Santis, 1455) ritiene che il primo atto di esecuzione debba essere rinnovato, ed è quando in occasione del primo accesso per il rilascio dell'immobile, alla data indicata nell'avviso notificato al soggetto passivo dell'esecuzione l'ufficiale giudiziario non compare per eseguire l'accesso, in quanto, il mancato contatto tra l'esecutato e l'ufficiale giudiziario impedisce al primo di adempiere spontaneamente al rilascio ed al secondo di verificare detta disponibilità raccogliendo altresì informazioni utili per superare eventuali difficoltà o impedimenti temporanei per il rilascio, evitando così la sospensione della procedura ed il ricorso al giudice dell'esecuzione. La giurisprudenza ritiene di aderire a tale soluzione qualora la data di inizio dell'esecuzione, già comunicata al debitore, funzionale ad “avvisarlo” del primo accesso, venga modificata unilateralmente ad iniziativa dello stesso ufficiale giudiziario, perché la posizione di soggezione del debitore esclude l'esistenza di un suo diritto ad interloquire sulla fissazione della data di rilascio dell'immobile detenuto, sulla cui scorta, si è quindi affermato che l'unica condizione perché questa modifica abbia effetto, è che la stessa sia portata conoscenza del destinatario dell'atto, e, dunque, notificata al medesimo debitore, osservando il termine previsto ex lege rispetto alla nuova data fissata per l'esecuzione (Cass. III, n. 6449/1997). Le suesposte considerazioni si riferiscono soltanto al primo accesso dell'ufficiale giudiziario presso l'immobile da rilasciare, non anche a quelli successivi al primo, in quanto, la fissazione della nuova data di quest'ultimi è contenuta nello stesso verbale redatto dall'ufficiale giudiziario alla presenza delle parti interessate, per cui non occorre procedere ad una ulteriore notificazione dell'avviso riguardante i nuovi accessi in loco. Una volta comunicato l'avviso e iniziata ritualmente l'esecuzione, l'avviso stesso ha esaurito il suo scopo, e, siccome è da escludersi che la presenza dell'esecutato costituisca condizione necessaria per l'immissione dell'avente diritto nel possesso dell'immobile, non può ritenersi che debba essere rinnovato l'avviso stesso qualora l'intrapresa attività dell'ufficiale giudiziario comporti dei rinvii dell'attività esecutiva (Cass. III, n. 10882/1995). Non esiste un obbligo di eseguire un nuovo avviso ex art. 608 c.p.c., in caso di sospensione dell'esecuzione per rilascio già iniziata con un primo accesso dell'ufficiale giudiziario e successivamente ripresa (Cass. VI, n. 22441/2011). Le operazioni di rilascio dell'immobileL'art. 608, comma 2, c.p.c. dispone altresì che nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto di rilascio – in dottrina si è evidenziato a pena di nullità dell'atto compiuto, costituendo un presupposto del processo esecutivo (Castoro 2006, 734); contraria la posizione assunta dalla giurisprudenza, per la quale, detta mancanza costituirebbe una semplice irregolarità sanabile (Cass. III, n. 2807/1969) – si reca sul luogo dell'esecuzione e, senza che occorra alcuna autorizzazione del giudice dell'esecuzione facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'art. 513 c.p.c., anche nei confronti delle persone, immette la parte istante od una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. In tema di esecuzione per rilascio, qualora l'accesso non abbia avuto luogo nel giorno e nell'ora fissati, difetta del requisito dell'interesse ad agire l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal destinatario di un avviso di sloggio che, avendo ricevuto la sua notificazione successivamente a quel giorno, deduca la nullità della procedura esecutiva, restando, in particolare, escluso che un interesse all'opposizione possa configurarsi sotto il profilo della mancata conoscenza da parte dell'esecutato del mancato accesso, atteso che se egli è nel godimento materiale dell'immobile non può non conoscere che l'accesso non è avvenuto, mentre se non lo è, prima di proporre l'opposizione egli è tenuto previamente accertarsi se l'accesso abbia avuto luogo o meno, essendo, d'altronde, esclusa la possibilità che se l'accesso sia avvenuto, da esso decorra il termine per l'opposizione, stante la nullità della notifica dell'avviso, e, quindi, dello stesso accesso (Cass. III, n. 20667/2006). Nel caso in cui il soggetto passivo del rilascio sia assente, e la porta di accesso all'immobile sia chiusa, l'ufficiale giudiziario può chiedere alla stessa parte istante di assicurare l'assistenza del fabbro, ai sensi dell'art. 68, comma 1, c.p.c., il quale prevede che nei casi previsti dalla legge o quando ne sorge necessità, il giudice, il cancelliere o l'ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione, e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sé solo. La consegna delle chiavi non è un adempimento necessario, e, non solo può essere attuato materialmente ad operazioni esecutive già ultimate, ovvero ad avvenuta immissione in possesso dell'avente diritto (denti, 185), ma potrebbe anche mancare del tutto, al ricorrere di particolari fattispecie, come ad esempio, se l'immobile sottoposto ad esecuzione per rilascio è costituito da un box aperto o da un posto auto, o da un capannone od altro cespite privo di serrature od ancora, da ruderi o locali fatiscenti in stato di abbandono sebbene a suo tempo occupati o comunque concessi ugualmente in locazione. La mancata esibizione al debitore che si trova ancora nel possesso dell'immobile in occasione del primo accesso, del titolo esecutivo da parte dell'ufficiale giudiziario che ne sia sprovvisto, non è accompagnata nella norma che lo impone, da alcuna sanzione di nullità (Cass. III, n. 5533/1986) e, pertanto, determina soltanto un'irregolarità, sanabile con la successiva produzione del titolo in cancelleria. La presenza della parte istante o di persona da quest'ultima delegata – che solitamente, è lo stesso difensore che la rappresenta nella procedura esecutiva – è essenziale per consentire all'ufficiale giudiziario la relativa immissione nel possesso dell'immobile. L'Ufficiale giudiziario, recatosi in loco per l'esecuzione, compiute le attività descritte nell'art. 608 c.p.c., ai fini dell'esecuzione del rilascio – immissione dell'esecutante o di un suo rappresentante nel possesso dell'immobile, consegna al medesimo delle sue chiavi, ingiunzione all'ex detentore di riconoscere il nuovo possessore, dando atto del termine concesso per l'asporto degli arredi e di quant'altro contenuto nello stesso locale – chiude l'esecuzione, depositando il processo verbale in cancelleria, anche al fine della liquidazione delle spese ex art. 611 c.p.c.. Le operazioni di rilascio dell'immobile se non possono espletarsi in un'unica volta, dovendo proseguire in altro giorno per qualsiasi ragione o difficoltà, l'ufficiale giudiziario dovrà darne atto nel processo verbale di rilascio, nel quale devono essere riportate tutte le operazioni finalizzate all'immissione nel possesso dell'avente diritto (Castoro 2002, 705). La temporanea sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili introdotta dall’art. 103 d.l. n.18/2020 L'art. 103 del d.l. 17 marzo 2020, n.18 conv. con modificaz. dalla l. 24 aprile 2020, n.27, rubricato Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza, al comma 6, prevede che l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020. Inizialmente il periodo di sospensione era stato fissato al 30 giugno 2020 poi esteso al 1° settembre 2020 con la citata legge di conversione. La norma anzidetta - la cui estensione alquanto stringata non sembra lasciare molto spazio ad interpretazioni - è dunque concepita dal legislatore per operare automaticamente, trattandosi di una disposizione diretta ad introdurre la sospensione generalizzata dell'esecuzione dei suddetti provvedimenti di rilascio - in quanto non riguardante una mirata categoria di soggetti, come invece verificatosi in passato, ad esempio, con l'art. 8, comma 10 bis, della l. 27 febbraio 2015 n. 11, che aveva convertito con modificazioni il d.l. 31 dicembre 2014, n.192, noto come decreto “milleproroghe” - in assenza di qualsiasi riferimento alle procedure di sfratto e licenza per finita locazione o morosità già in corso dinanzi al giudice delle locazioni o successivamente instaurate nello stesso periodo considerato dal legislatore. La prima considerazione che si ricava dalla suddetta disposizione normativa - la cui formulazione in forma generica si riferisce ad ogni provvedimento, sia di natura abitativa sia di natura commerciale, ed anche transitoria - è dunque che la stessa non sospende l'esecutorietà dei provvedimenti di rilascio, atteso che in forma chiara ed univoca, afferma testualmente che ad essere sospesa è la sola esecuzione dei suddetti provvedimenti (di rilascio), indicando come termine finale il 1° settembre 2020. Successivamente, il legislatore è intervenuto nuovamente sulla materia qui considerata - cfr. l'art. 17 bis inserito dall'art.1, comma 1, della l. 17 luglio 2020, n.77 in sede di conversione del d.l. 19 maggio 2020, n.34, recante la proroga della sospensione dell'esecuzione degli sfratti di immobili ad uso abitativo e non abitativo - concedendo ulteriore proroga della sospensione dei provvedimenti di rilascio fino al 31 dicembre 2020, la quale - così come era già previsto ab origine dalla disciplina in esame - è destinata ad operare in via automatica , perché come evidenziato in dottrina (SCALETTARIS) la disposizione in esame non prevede che debba essere presentata alcuna istanza da parte dell'esecutato. A tale fine, occorre guardare dunque soltanto alla fase in executivis dei relativi procedimenti. Ciò significa che ad essere sospesi sono unicamente la successiva messa in esecuzione a mezzo dell'ufficiale giudiziario dei titoli esecutivi già formatisi medio tempore rispetto all'entrata in vigore della nuova disposizione normativa in commento, e che l'operatività del regime di sospensione dell'esecuzione deve intendersi come validamente efficace ope legis fino alla data sopra indicata, non occorrendo una particolare istanza rivolta al g.e. da parte del conduttore in sede di primo accesso. Al riguardo, ed al fine di sgomberare il campo da ogni possibile equivoco di sorta, nella materia qui considerata, occorre sempre tenere a mente quanto enunciato dall'art. 608 c.p.c., ai sensi del quale, l'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà, in quanto, nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'art. 513 c.p.c., immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. Conseguentemente, atteso il testo dell'art. 608 c.p.c. a cui implicitamente fa riferimento l'art. 103 del citato d.l. n.18/2020, quest'ultimo sospende soltanto la fase propriamente esecutiva dei suddetti provvedimenti (di rilascio), non anche la possibilità di ricorrere al giudice delle locazioni attivando la procedura di licenza o sfratto per finita locazione o morosità, salva ovviamente l'eventualità che la sospensione delle relative udienze venga adottata con ulteriore provvedimento del giudice, ai sensi dell'art. 83, comma 7, lett. g) dello stesso d.l. n.18/2020. Ciò premesso, l'attuale disposizione normativa, che rievoca risalenti precedenti normativi concernenti sostanzialmente periodi in cui era prassi sopperire all'emergenza casa disponendo il cd. blocco degli sfratti esecutivi, è già stata oggetto di interpretazione di alcuni uffici giudiziari, in cui è nota la sensibilità dell'emergenza abitativa in un foro come quello napoletano in cui è stato disposto il rinvio di tutte le udienze di convalida di sfratto e di licenza per finita locazione ad una data successiva al 30 agosto 2020 che sarà successivamente comunicata a mezzo pec ai difensori costituiti (Trib. Napoli decr. 23 marzo 2020, prot. n.1802/2020). In dottrina (SCALETTARIS) si è evidenziata l'ipotesi in cui prima del 17 marzo 2020 venga notificato all'esecutato l'atto di preavviso di sloggio ex art. 608 c.p.c. con indicazione di una data di accesso compresa nel periodo di sospensione. In questo caso, è chiaro che alla data fissata non potrà aversi l'accesso dell'ufficiale giudiziario che potrà avvenire soltanto una volta che sia cessato il periodo di sospensione attualmente fissato al 31 dicembre 2020. Peraltro, sempre secondo la citata dottrina (SCALETTARIS) deve ritenersi che in questo caso sarà necessaria - perché l'accesso dopo la scadenza del termine di sospensione possa avere luogo - la notificazione all'esecutando di un nuovo atto di preavviso ex art. 608 c.p.c. che potrà essere effettuata - ovviamente - soltanto dopo la scadenza dell'ultima proroga fissata al 31 dicembre 2020. La stessa dottrina (SCALETTARIS), evidenzia altresì che alla medesima conclusione deve pervenirsi anche nel diverso caso in cui la data di un nuovo accesso nell'immobile da rilasciare risulti essere compresa nel periodo di sospensione che era già stato fissato in sede di rinvio da un precedente accesso negli stessi locali. È chiaro che anche in questo caso l'esecuzione nella data fissata compresa nel periodo di sospensione, non potrà avere luogo. Dovrà pertanto essere fissata una nuova data per l'accesso, ed anche in questo caso dovrà essere notificato all'esecutato - attualmente dopo il 31 dicembre 2020 - un nuovo atto di preavviso che indichi la nuova data dell'accesso. Ciò premesso, l'attuale disposizione normativa, che rievoca risalenti precedenti normativi concernenti sostanzialmente periodi in cui era prassi sopperire all'emergenza casa disponendo il cd. blocco degli sfratti esecutivi, è già stata oggetto di interpretazione di alcuni uffici giudiziari, in cui è nota la sensibilità dell'emergenza abitativa in un foro come quello napoletano in cui è stato disposto il rinvio di tutte le udienze di convalida di sfratto e di licenza per finita locazione ad una data successiva al 30 agosto 2020 che sarà successivamente comunicata a mezzo pec ai difensori costituiti (Trib . Napoli decr. 23 marzo 2020, prot. n.1802/2020).
Nello stesso decreto presidenziale, si invita il Procuratore generale nel volere dare disposizioni ai posti di guardia del NPG affinchè sia inibito l'accesso a tutte le parti interessate alla partecipazione alle suddette udienze. In realtà, tenuto conto del succinto quadro normativo disegnato dal legislatore dell'emergenza Coronavirus, come sopra evidenziato, tale interpretazione giurisprudenziale dovrebbe poggiare sul citato art. 83, comma 7, lett. g) dello stesso d.l. n.18/2020, come da ultimo modificato dal d.l. n. 28/2020, conv. con modif., in l. n. 70/2020, ai sensi del quale, i capi degli uffici giudiziari possono adottare la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, al fine di contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020, adottando le relative misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone. L'ulteriore proroga della sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche a uso non abitativo, prevista dall'art. 40-quater d.l. n. 41/2021, convertito con modificazioni dalla l. n.69/2021 limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze, nonché ai provvedimenti di rilascio conseguenti all'adozione del decreto di trasferimento ex art. 586, comma 2, c.p.c., non contrasta con gli artt. 3, 24, 42, 47, 77 e 117 comma 1 della Costituzione né in relazione agli artt. 6 della Cedu e 1 del relativo Protocollo Addizionale, trattandosi di una misura graduata nell'ambito applicativo e dal carattere intrinsecamente temporaneo, siccome destinata a esaurirsi entro il 31 dicembre 2021, senza possibilità di ulteriore differimento, avendo la compressione del diritto di proprietà raggiunto il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale (Corte cost., n. 213/2021).
L'immissione nel possesso del difensore della parte istanteIl difensore del creditore procedente è abilitato, in difetto di esplicita limitazione, a rappresentare la parte fino alla realizzazione della pretesa esecutiva, dunque, anche ad accettare l'immissione in possesso dell'immobile oggetto dell'esecuzione per rilascio (Cass. III, n. 8459/1994). L'obbligazione di restituzione dell'immobile locato, è posta a carico del conduttore dall'art. 1590 c.c. e non si esaurisce in una qualsiasi messa a disposizione delle chiavi, ma richiede, per il suo esatto adempimento, un'attività consistente in un’incondizionata restituzione delle chiavi e, quindi, in un’effettiva immissione dell'immobile nella sfera di concreta disponibilità del locatore e, qualora venga a mancare la cooperazione di quest'ultimo, esige altresì, ai fini della liberazione dagli obblighi connessi alla mancata riconsegna, un'offerta fatta a norma dell'art. 1216 c.c. Grava, pertanto, sul conduttore, quale debitore della prestazione, la prova positiva di tale attività, e non sul locatore la prova del contrario (Cass. III, 17 giugno 2022, n. 19613). Il rimborso delle spese processuali sostenute dall'istante per il rilascio dell'immobileIn tema di esecuzione per rilascio, qualora questa sia avvenuta a seguito di intimazione di precetto e successiva comunicazione dell'ufficiale giudiziario ai sensi dell'art. 608, comma 1, c.p.c., ma senza che si sia poi reso necessario procedervi coattivamente, la parte istante ha diritto al rimborso delle spese processuali, ivi comprese le spese vive (Cass. III, n. 11197/2007; Cass. III, n. 16936/2003, in cui si è affermato che nell'esecuzione diretta, il diritto del creditore al rimborso delle spese della procedura esecutiva deriva dal fatto che la mancata osservanza dell'ordine, contenuto nel provvedimento giudiziale, impone al creditore di attivare lo speciale procedimento indicato negli artt. 605 e 608 c.p.c., con la conseguenza che la parte istante è tenuta all'anticipazione delle spese, precisando che la competenza a provvedere alla liquidazione di queste spese appartiene al giudice dell'esecuzione, sia quando deve provvedere con il decreto indicato dalle norme corrispondenti, sia quando deve provvedere sulla domanda proposta dalla parte interessata con le forme ordinarie). La richiesta dell'ufficiale giudiziario di concessione della forza pubblicaIl concorso della forza pubblica costituisce uno strumento per realizzare il fine specifico della procedura esecutiva che non si consegue con la semplice offerta di cooperazione da parte degli organi competenti, ma con l'effettiva attuazione del titolo esecutivo. Conseguentemente, l'autorità amministrativa allertata dall'ufficiale giudiziario della richiesta di concorrere con la forza pubblica all'esecuzione del comando contenuto nel titolo esecutivo, non è chiamata ad esercitare una potestà amministrativa, bensì a prestare i mezzi per l'attuazione in concreto del titolo giudiziale immediatamente esecutivo, trattandosi di un'attività materiale che prescinde da valutazioni di interessi o motivi di opportunità (Cass. S.U., n. 2478/1988). L'ufficiale giudiziario può richiedere l'assistenza della forza pubblica per l'esecuzione del titolo e la legittimità dell'eventuale rifiuto dell'autorità di polizia di prestare l'assistenza richiesta nel giorno e nell'ora indicata dall'ufficiale giudiziario va apprezzata alla luce della alternativa indicazione di un'ora diversa od al limite, di un prossimo giorno diverso, in una alla puntuale rappresentazione delle ragioni che manifestino l'impossibilità di concorrere all'esecuzione del titolo nel momento indicato dall'ufficiale giudiziario. Infatti, il titolo posto in esecuzione “deve” poter essere immediatamente eseguito, e la collaborazione necessaria “deve” essere rapidamente prestata, e che eventuali carenze strutturali degli uffici che “devono” concedere la forza pubblica, non valgono ad esimere la pubblica amministrazione da responsabilità, atteso che l'occasionale impossibilità di concederla in una data non preventivamente concordata con l'ufficiale giudiziario “deve” essere adeguatamente giustificata dalla stessa pubblica autorità, e, in sede di eventuale azione risarcitoria promossa nei confronti della pubblica amministrazione, dalla stessa provata, siccome costituente un fatto di possibile esenzione da responsabilità solo in quanto verificatasi per la sopravvenienza di esigenze straordinarie ed imprevedibili (Cass. III, n. 3873/2004). Casistica I provvedimenti richiesti ex art. 610 c.p.c. sono esplicazione dei poteri di direzione del giudice nel processo esecutivo per consegna o rilascio, e servono a risolvere non solo difficoltà materiali ma anche dubbi o divergenze di opinioni in relazione all'esecuzione, fermo restando che nell'esecuzione per consegna o rilascio, la quale, mira al trasferimento, dall'esecutato all'esecutante, del potere di fatto sul bene indicato nel titolo esecutivo, il giudice dell'esecuzione, non ha la potestà di risolvere questioni giuridiche in ordine al diritto di procedere ad esecuzione, stante la limitazione di ogni possibilità di intervento alla soluzione di problemi pratici relativi al modus procedendi in concreto necessario per adeguare la realtà fattuale al comando giudiziale da eseguire (Cass. III, n. 10865/2012; Cass. III, n. 20648/2006). La giurisprudenza ha chiarito che queste “difficoltà” non sono vere e proprie contestazioni di natura giuridica sulla legittimità del “se” e del “come” dell'esecuzione, poiché in questo caso sarebbe necessario ricorrere ad un vero e proprio giudizio di cognizione, trattandosi, piuttosto, di questioni che riguardano le modalità di svolgimento dell'esecuzione, senza incidere sul diritto di procedere all'esecuzione forzata (Cass. III, n. 8874/1992). Al fine della proponibilità dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. si è affermato che la conclusione del processo esecutivo a seguito del compimento delle operazioni di rilascio dell'immobile, culminate nell'immissione in possesso dell'esecutante, comporta che tali operazioni non siano più reversibili, restando così preclusa la denuncia con l'opposizione agli atti esecutivi di vizi, quale quello riguardante la nullità della notificazione relativa all'atto di preavviso (Cass. III, n. 7357/2009; Cass. III, n. 8651/1996; Contra, v. Cass. III, n. 15268/2006). Nell'esecuzione forzata per consegna o rilascio, la sospensione dell'esecuzione è esperibile fino a quando il procedimento non si chiuda, e ciò avviene con l'atto dell'ufficiale giudiziario di immissione in possesso dell'avente diritto ai sensi dell'art. 608 c.p.c. (Cass. III, n. 18535/2007; Cass. III, n. 4488/2003, in cui si è affermata l'inammissibilità dell'opposizione ex art. 615 c.p.c., proposta dopo che l'esecuzione è ultimata con l'immissione in possesso ex art. 608 c.p.c.). In realtà, come si è già avuto modo di precisare innanzi, a seguito della novellazione dell'art. 608 c.p.c. l'esecuzione inizia non con l'accesso in loco, ma con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica alla parte obbligata al rilascio l'inizio delle operazioni, le quali terminano con l'immissione in possesso dell'avente diritto, a tale fine essendo sufficiente ad integrare il trasferimento del possesso in capo all'esecutante anche la sola intimazione – rectius: ingiunzione – rivolta verbalmente dall'ufficiale giudiziario al precedente detentore dell'immobile ad allontanarsi dal cespite, atteso che l'eventuale rifiuto opposto deve qualificarsi spoglio (Cass. II, n. 3183/2003). Il consenso della parte procedente, anche dopo la sua immissione in possesso dell'immobile, affinchè l'esecutato possa restare nell'immobile per un limitato periodo di tempo, ed al solo fine di compiere od ultimare certe attività, non comporta affatto che sia rimessa in discussione l'ormai avvenuta esecuzione per rilascio, con il conseguente azzeramento degli effetti dell'immissione in possesso dell'avente diritto (Cass. III, n. 10310/2009). La parte tenuta al rilascio dell'immobile se non asporta immediatamente le cose mobili che vi abbia immesso e vi manteneva al momento della riconsegna, possono essere lasciate nel locale soltanto se l'esecutante lo consente, diversamente devono essere trasferite al fine di evitare che la parte istante subisca una non consentita limitazione del suo diritto di godimento. In materia di esecuzione per rilascio, il decreto di trasferimento che trasferisca all'aggiudicatario la quota di comproprietà del 50% dell'immobile espropriato, e, condanna il debitore esecutato al rilascio in favore dell'aggiudicatario della quota medesima, può essere eseguito coattivamente, in difetto di spontanea esecuzione, nelle forme dell'esecuzione forzata per rilascio anche nei confronti del terzo avente un legittimo titolo di detenzione, soltanto osservandosi il disposto dell'art. 608, comma 2, c.p.c., per cui l'ufficiale giudiziario deve ingiungere a tale ultimo co-detentore qualificato, di riconoscere il compossessore, mentre non può invece essere preteso coattivamente il rilascio dell'immobile legittimamente detenuto dal terzo, sicché va accolta l'eventuale opposizione proposta da quest'ultimo avverso l'esecuzione per rilascio, finalizzata all'immissione nel possesso dell'intero immobile in capo al creditore titolare del diritto di comproprietà (Cass. III, n. 5384/2013). Inoltre, anche al fine di indicare il termine utile per procedere all'accesso in modo legittimo, la parte esecutante munita del relativo titolo, non può in ambito locatizio, prescindere dall'osservanza dell'ulteriore termine dilatorio stabilito giudizialmente a monte ex art. 56 della l. n. 392/1978, e, salva l'aggiuntiva compressione temporale a causa dei provvedimenti di proroga coatta delle esecuzioni speciali dipendenti anche dall'assoggettamento di alcune tipologie di titoli alla c.d. procedura di graduazione degli sfratti (Carrato 2005, 706). In sede di esecuzione per rilascio di un immobile, qualora nello stesso vi siano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio, l'ufficiale giudiziario, ove l'esecutato non provveda all'asporto, può disporne, oltre che il trasporto in altro luogo, la custodia sul posto anche affidata ad un terzo, con la conseguenza che quest'ultimo è tenuto, nei confronti dell'esecutato, alla restituzione dei mobili affidatigli con la correlativa responsabilità in caso di inadempimento, salvo l'obbligo dell'esecutato stesso di apprestare la necessaria collaborazione anticipandone le spese (Cass. III, n. 4755/1985). In ogni caso, quando nell'immobile oggetto di rilascio, si rinvengono beni mobili che non devono essere consegnati, trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 609 c.p.c. I beni mobili pignorati o sequestrati rinvenuti in sede di rilascio dell'immobile, l'ufficiale giudiziario deve senza ritardo informarne il creditore ad istanza del quale venne eseguito il vincolo sugli stessi beni mobili ed il giudice dell'esecuzione al fine di valutare l'eventuale sostituzione del custode (Carrato 2005, 713), ovvero, il trasferimento degli stessi beni in altro luogo. 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