Codice di Procedura Civile art. 605 - Precetto per consegna o rilascio 1 .

Vito Amendolagine

Precetto per consegna o rilascio 1.

[I]. Il precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui all'articolo 480, anche la descrizione sommaria dei beni stessi [4742 n. 1 e 3, 2930 c.c.].

[II]. Se il titolo esecutivo [474] dispone circa il termine della consegna o del rilascio, l'intimazione va fatta con riferimento a tale termine [482].

[1] In riferimento alle misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, per la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall'art. 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27,  v., da ultimo, l'art. 40-quater  d.l. 22 marzo 2021, n. 41, conv. con modif. in l.  21 maggio 2021, n. 69.

Inquadramento

L'art. 2930 c.c. dispone che se non è adempiuto l'obbligo di consegnare una cosa determinata, mobile o immobile, l'avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati, a norma delle disposizioni del codice di procedura civile.

La pretesa del creditore della prestazione è dunque rivolta a conseguire il trasferimento in proprio favore della materiale disponibilità della res precedentemente detenuta dal debitore.

I titoli III e IV, libro III del c.p.c. recano la disciplina dell'esecuzione forzata in forma specifica, comprendente l'esecuzione per consegna o per rilascio di cui agli artt. 605-611 c.p.c.

In dottrina, si è evidenziato che ad essere tutelabili attraverso l'esecuzione forzata per consegna o rilascio sono i diritti reali e di natura obbligatoria o personale, perché sul piano squisitamente esecutivo, conta non la tipologia del diritto da tutelare ma il tipo di obbligo rimasto inadempiuto da surrogare, restando così irrilevante la correlazione di quest'obbligo rispetto alla natura reale o personale del diritto (Luiso 1989, 2).

In dottrina, si è evidenziata la circostanza che l'esecuzione per consegna o rilascio di un bene non costituisce in favore del creditore un rapporto sostanziale diverso da quello accertato nel titolo esecutivo – a differenza dell'espropriazione forzata, che invece trasforma il creditore in proprietario del denaro ricavato dalla vendita o del bene assegnatogli – ma si limita a soddisfare materialmente il diritto del creditore procedente, al quale trasferisce non la proprietà, ma il possesso o la detenzione del bene, modificando la situazione di fatto, non quella di diritto (Luiso 1989, 4; Mandrioli 1991, 617; Montesano, 543).

La norma in esame torna utile anche nell'ipotesi contemplata dall'art. 56, comma 4, della l. n. 392/1978, nel testo vigente, sostituito dall'art. 7-bis della l. n. 240/2004, laddove enuncia che trascorsa inutilmente la data fissata nel provvedimento che dispone il rilascio, il locatore promuove l'esecuzione ai sensi dell'art. 605 c.p.c.

Nell'esecuzione per rilascio ex art. 605 c.p.c., non è prevista la formazione d'un fascicolo di esecuzione in cui debbano essere inseriti il titolo esecutivo ed il precetto, così come all'ufficiale giudiziario procedente compete esclusivamente di verificare l'esistenza del titolo enunciato nel precetto, non anche l'esistenza della sua previa notificazione (Cass. III, n. 2005/1993).

 Soltanto dopo che le operazioni siano state ultimate l'ufficiale giudiziario deposita nella cancelleria il titolo esecutivo, il precetto, il preavviso di rilascio ed il verbale degli atti compiuti. In questo tipo di esecuzione il giudice dell'esecuzione interviene solo in due casi: necessariamente, dopo il deposito in cancelleria dei suddetti atti, ed eventualmente, prima di tale momento, se sorge la necessità di superare eventuali difficoltà ex art. 610 c.p.c. (Cass. III, n. 6892/2024).

A differenza del rilascio di bene immobile, in relazione al quale, trova applicazione l'avviso di cui all'art. 608 c.p.c., quest'ultimo non è richiesto dall'art. 605 c.p.c. nell'esecuzione per consegna di bene mobile, in quanto il debitore, preventivamente avvertito, potrebbe sottrarlo alla procedura esecutiva.

Nell'esecuzione per rilascio il fascicolo viene formato dopo il compimento delle operazioni, ma ciò non toglie che l'esecuzione penda comunque. Da ciò consegue che l'opposizione in questi casi va pur sempre proposta con ricorso, ad instare di quanto previsto dall'art. 610 c.p.c., ragione per cui sarà poi la cancelleria dell'Ufficio giudiziario adito con l'opposizione a trasmettere al giudice dell'esecuzione tutti gli atti ad esso diretti, indipendentemente dalla loro forma, anche se eventualmente iscritti erroneamente nel ruolo contenzioso, così come deve fare il giudice – diverso da quello dell'esecuzione – al quale pervenga l'atto di opposizione, giacché, ove esso non provveda alla trasmissione dell'atto stesso al giudice dell'esecuzione, il giudizio di merito prosegue irregolarmente e si determina una nullità del relativo procedimento censurabile in via di impugnazione e rilevabile di ufficio, salvo il giudicato interno (Cass. III, n. 6892/2024).

Il giudice competente è il tribunale in composizione monocratica del luogo in cui le cose si trovano ex art. 26 c.p.c. – essendo applicabile il criterio generale del forum rei sitae – sia per l'esecuzione forzata consistente nella consegna di beni mobili sia per l'esecuzione forzata riguardante il rilascio di beni immobili.

Le eventuali difficoltà che possano insorgere nel corso dell'esecuzione – e che, a norma dell'art. 610 c.p.c., abilitano ciascuna parte e lo stesso ufficiale giudiziario a sollecitare, anche verbalmente, al giudice i provvedimenti temporanei occorrenti alla loro soluzione – vanno intese come difficoltà materiali, le quali, ancorché involgenti la portata soggettiva del titolo esecutivo o la stessa identificazione dei beni, devono essere affrontate e risolte dall'ufficio giudiziario adito nell'ambito dei poteri di autodeterminazione allo stesso conferiti dalla legge, e quindi esclusivamente in vista dell'attuazione della tutela esecutiva (Cass. III, n. 10865/2012).

In dottrina, si è quindi rilevato come alla figura del giudice dell'esecuzione – chiamato a risolvere determinate problematiche, come quelle sottese all'applicazione dell'art. 610 c.p.c. riguardante le difficoltà sorte durante l'esecuzione che non ammettono dilazione, in relazione alle quali, lo stesso giudice dell'esecuzione emana i provvedimenti temporanei che si rendono necessari su richiesta delle parti – si affianca, nel corso delle operazioni esecutive, il ruolo dell'ufficiale giudiziario, al quale, compete svolgere in autonomia, le attività materiali nell'esecuzione della consegna o del rilascio dei beni (Luiso 1989, 6).

Il titolo esecutivo

Il precetto per consegna o rilascio postula l'esistenza di un titolo esecutivo azionabile, per la cui nozione occorre rinviare all'art. 474 c.p.c., il quale, dispone che sono titoli esecutivi le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva, le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli.

  La contestazione della legittimità dell'azione esecutiva annunciata con la notifica del precetto di rilascio di un'immobile deve essere svolta con le forme e le modalità previste dalla disciplina di rito, atteso che in mancanza, si verifica una decadenza dalla possibilità di fare valere le relative ragioni ed ogni ulteriore questione sulla sussistenza di eventuali vizi, anche formali, propri del titolo esecutivo azionato dinanzi al g.e. (Cass. III, n. 25546/2024).

L'art. 474, comma 3, c.p.c. precisa che l'esecuzione forzata per consegna o rilascio non può avere luogo che in virtù dei titoli esecutivi indicati nello stesso art. 474, comma 2, nn. 1) e 3), c.p.c. e, quindi, le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva, gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli.

In dottrina, si è evidenziato che consentire al locatore di agire in via esecutiva per ottenere il rilascio di un bene immobile precedentemente locato, sulla scorta di un contratto concluso con l'intervento di un notaio o di altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli significherebbe consentire l'abrogazione dell'art. 56 della l. n. 392/1978, novellato dall'art. 7-bis del d.l. n. 240/2004, e, non certo da ultimo, alla cancellazione dei procedimenti speciali in tema di convalida di sfratto (Cuffaro, 750), privando di sostanziale utilità la suddetta disposizione normativa che tutela la posizione dei conduttori particolarmente disagiati, consentendo al giudice che ha pronunciato il provvedimento di rilascio di differirne l'esecuzione entro un determinato periodo di tempo indicato dalla stessa norma citata.

Il precetto è nullo in caso di omessa indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, della sua omessa notifica o dell'omessa indicazione del provvedimento che dichiara l'esecutorietà del titolo, restando però sanata ai sensi dell'art. 156 c.p.c. dall'eventuale opposizione proposta, perché la nullità non può essere pronunciata se l'atto ha comunque raggiunto lo scopo cui era destinato (Trib . Avellino 26 luglio 2021).

La descrizione sommaria del bene nell'atto di precetto per consegna o rilascio

L'art. 605, comma 1, c.p.c. dispone che il precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui all'art. 480 c.p.c., anche la descrizione sommaria dei beni stessi, e, dunque, nel caso dell'espropriazione immobiliare, la consistenza del cespite, ovvero il numero dei vani di cui lo stesso immobile si compone, corredato dei necessari riferimenti catastali, e la sua esatta ubicazione sul territorio, specificando il piano, la strada, ed il numero civico.

Nell'esecuzione per rilascio di bene immobile, la descrizione sommaria del bene di cui si chiede il rilascio, unitamente all'ubicazione dello stesso cespite, che ex art. 605 c.p.c., deve essere contenuta nell'atto di precetto, consente di identificare, sin dal momento della sua intimazione, il forum executionis, incardinando nel giudice del luogo di ubicazione dello stesso bene, la competenza territoriale per l'eventuale opposizione all'esecuzione, senza che trovi applicazione lo speciale criterio sussidiario del luogo di notificazione del precetto di cui all'art. 480 c.p.c. (Cass. III, n. 5782/1982).

A norma dell'art. 605, comma 1, c.p.c., nella procedura di esecuzione per il rilascio di beni immobili, il precetto deve contenere, oltre le indicazioni di cui all'art. 480 c.p.c. anche la descrizione sommaria dei beni stessi, mentre, se nel precetto sia omessa la descrizione del bene, per essere contenuta nel titolo esecutivo, è sufficiente che sia ben identificato il bene in ordine al quale si deve procedere all'esecuzione (Cass. III, n. 2579/1982).

In tema di esecuzione per rilascio, la descrizione del bene immobile riportata nell'atto di precetto ex art. 605 c.p.c. può, non solo, essere posta in relazione ed integrata con quella contenuta nel titolo esecutivo, ma anche essere del tutto omessa qualora il medesimo bene immobile sia già indicato nel titolo esecutivo, non essendo necessario che la descrizione dell'immobile sia ripetuta due volte (Trib. Nocera Inferiore 29 ottobre 2012).

La funzione assolta dall'art. 605, comma 1, c.p.c., laddove si occupa della descrizione sommaria dei beni, è quella di fornire le informazioni all'ufficiale giudiziario utili per la ricerca del bene da sottoporre successivamente, ad esecuzione forzata (Arieta, De Santis, 1444).

Intimazione e termine ad adempiere l'obbligo di consegna o rilascio della res

L'art. 605, comma 2, c.p.c. enuncia che se il titolo esecutivo dispone circa il termine della consegna o del rilascio, l'intimazione va fatta con riferimento a tale termine – non a quello indicato dall'art. 480, comma 1, c.p.c. – come nel caso di bene immobile in presenza di un'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione o sfratto per morosità.

In dottrina, si è osservato che il termine per adempiere indicato nell'atto di precetto va coordinato con il termine eventualmente previsto dal titolo esecutivo in relazione ai provvedimenti di rilascio di beni immobili concessi in locazione per uso abitativo, poiché l'art. 56 della l. n. 392/1978, impone al giudice di fissare un determinato termine per il rilascio, in considerazione delle contrapposte esigenze delle parti (Giordano, 2019, 5).

In particolare, se l'esecuzione è fondata su un titolo giudiziale, l'intimazione contenuta nel precetto deve essere fatta con riferimento alla data indicata dal giudice per il rilascio ex art. 56 l. n. 392/1978, trattandosi di data prima della quale non può essere promossa l'esecuzione forzata (Trisorio Liuzzi, 2005, 160).

In tale ottica, va infatti ricordato come il procedimento esecutivo inizia con l'atto di accesso dell'ufficiale giudiziario non con l'atto di precetto che ne costituisce soltanto il necessario presupposto, configurandosi quest'ultimo come un atto preliminare ed estrinseco il cui scopo è di porre in mora il debitore ai fini esecutivi con la fissazione di un termine entro il quale è consentito il volontario adempimento dell'obbligazione indicata nel titolo.

Ciò significa che l'intimazione contenuta nell'atto di precetto ex art. 605 c.p.c. può essere validamente compiuta anche se l'esecuzione per rilascio non può ancora essere utilmente eseguita dal creditore della prestazione (Trisorio Liuzzi, 2003, 437).

Il titolo esecutivo può dunque essere notificato anche prima dello spirare del termine in esso indicato per l'attuazione in concreto dell'esecuzione, come prima ancora che tale termine sia scaduto possono anche espletarsi tutte le altre formalità prodromiche all'esecuzione, dovendo considerarsi che l'interesse dell'esecutato può ritenersi danneggiato soltanto nel caso in cui l'esecutante intenda portare a compimento l'esecuzione prima del termine per essa stabilito, mentre, di nessun pregiudizio può dolersi lo stesso esecutato ove l'esecutante prima della scadenza dell'anzidetto termine dia corso alle formalità preliminari dell'esecuzione affinché questa possa attuarsi alla scadenza di tale termine, ovvero, ne derivi anche prima di tale termine il volontario adempimento da parte dello stesso esecutato all'obbligo comportato dal titolo esecutivo.

Infatti nessuna norma vieta la notificazione del titolo esecutivo e del precetto prima della scadenza del termine fissato nello stesso titolo esecutivo per l'esecuzione forzata, dovendosi, di contro, rilevare come tali atti preparatori e preliminari all'esecuzione, a norma dell'art. 479, comma 1, c.p.c. devono precedere l'esecuzione, e così lo stesso momento in cui questa può essere utilmente attuata in ragione del termine fissato nel titolo esecutivo da azionare, avendo in tale ipotesi, unicamente la funzione di preannunciare al debitore esecutando il proposito del creditore di voler esercitare l'azione esecutiva che trova fondamento nel titolo per il conseguimento del diritto in quest'ultimo indicato, al fine di dare al debitore intimato la possibilità di una spontanea esecuzione del suo obbligo, evitandogli l'assoggettamento all'esecuzione ed al carico ulteriore delle relative spese.

Nell'esecuzione per rilascio a seguito di convalida di licenza per finita locazione, non occorre per la notificazione del precetto la scadenza del termine stabilito nel provvedimento giudiziale, ben potendo l'intimazione essere preventiva (Cass. III, n. 6052/1991).

L'esecuzione per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili richiede dunque come presupposto per l'esercizio della relativa azione, l'esistenza di un valido titolo munito di efficacia esecutiva ex art. 474 c.p.c.

Nell'esecuzione per rilascio promossa ex art. 605 c.p.c., l'oggetto della procedura non è più il rapporto obbligatorio o locatizio in sé considerato, bensì l'attuazione di un titolo, costituito dal provvedimento giudiziale che ha pronunciato sul rapporto negoziale.

Infatti la stessa espressione “controversie in materia di locazione” contenuta nell'art. 447-bis, comma 1, c.p.c., pur nella sua genericità, non può che rivolgersi alle controversie che riguardano direttamente un rapporto di locazione, il suo accertamento ed i suoi effetti, nella fase di cognizione e non nella successiva fase di esecuzione, ove l'oggetto non è più il rapporto locatizio in sé considerato, ma l'attuazione di un titolo che nella locazione trova la sua origine remota, ma che vive di una sua autonomia sostanziale e processuale, la quale, spiega la non operatività del rito locatizio (Cass. III, n. 16377/2005; in senso conforme, Trib. Napoli 16 marzo 2009).

La delibazione della legittimità del precetto va condotta con riferimento alla situazione esistente al momento dell'intimazione dello stesso, mentre l'indagine sull'attuale esistenza del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata va effettuata attraverso la ricostruzione dei rispettivi rapporti fino al momento della decisione (Cass. III, n. 27688/2021).

L'efficacia dell'ordine giudiziale di consegna o rilascio del bene

L'esecuzione per consegna o rilascio mira al trasferimento, dall'esecutato all'esecutante, del potere di fatto sul bene indicato nel titolo, potere inteso come detenzione corpore dello stesso, di talchè il suo effetto consiste in una modificazione della realtà materiale: prima dell'esecuzione il bene è nel dominio dell'obbligato, dopo l'esecuzione sarà in quello dell'avente diritto.

L'esecuzione per consegna di un bene mobile può avvenire anche nei luoghi appartenenti ad un terzo, se quest'ultimo lo detiene senza titolo, e può essere curata dall'ufficiale giudiziario, avvalendosi dei poteri ex art. 513 c.p.c. (Satta, 434).

L'esecuzione per consegna o rilascio diverge dall'espropriazione forzata, in quanto, mentre quest'ultima è diretta nei confronti di una determinata parte, nei cui confronti si procede in via esecutiva, la prima riguarda il recupero del bene indicato nel titolo esecutivo, nei confronti di chiunque si trovi in relazione diretta ed immediata con la res mobile od immobile al momento dell'esecuzione (Luiso 1989, 5).

L'orientamento seguito da buona parte della giurisprudenza di legittimità, ritiene che l'ordine giudiziale di consegna o rilascio vale nei confronti di chiunque abbia la materiale disponibilità del bene mobile od immobile se vi è coincidenza con i beni indicati nel titolo esecutivo.

Infatti, ciò che rileva, ai fini della legittimazione passiva nell'esecuzione per rilascio, è l'occupazione del bene che ne è oggetto, e non già la contemplazione dell'occupante nel titolo che si intende eseguire o la riconducibilità della propria posizione al destinatario dello stesso ordine di rilascio, dal momento che l'occupante può sempre reagire in sede giudiziaria a tutela della vantata situazione.

La dottrina è divisa tra coloro che ritengono l'efficacia del titolo esecutivo operi soltanto nei confronti dell'erede del debitore risultante dal titolo stesso, del successore nel diritto controverso ex art. 111, comma 4, c.p.c., e del subconduttore di chi è indicato come debitore nel titolo esecutivo (Trisorio Liuzzi, 2005, 489) e chi invece aderisce all'orientamento giurisprudenziale maggioritario dell'efficacia erga omnes del titolo esecutivo (Montesano 1965, 160; Satta, 434).

La posizione del “terzo” detentore del bene nell'esecuzione forzata

In tema di opponibilità del titolo esecutivo nei confronti del terzo occupante, non contemplato nel titolo, l'ordine di rilascio contenuto in un provvedimento di condanna al rilascio di un'immobile spiega efficacia nei confronti non solo del destinatario della relativa statuizione, ma anche di chiunque si trovi a detenere il bene nel momento in cui la pronuncia stessa venga coattivamente eseguita, in quanto, ciò che rileva, ai fini della legittimazione passiva nell'esecuzione per rilascio, è l'occupazione del bene che ne è oggetto, e non già la contemplazione dell'occupante nel titolo che si intende eseguire o la riconducibilità della propria posizione al destinatario dello stesso ordine di rilascio, dal momento che l'occupante può sempre reagire in sede giudiziaria a tutela della vantata situazione (Cass. III, n. 24367/2016; Cass. III, n. 2855/2015; Cass. III, n. 10865/2012, in cui si è affermato che il titolo esecutivo che dà ingresso all'esecuzione per consegna o rilascio, consente all'avente diritto di essere immesso forzatamente nel possesso del bene, anche se al momento dell'esecuzione, questo non sia posseduto o detenuto da chi è indicato come obbligato alla consegna od al rilascio, e, senza che occorra notificare titolo e precetto al reale possessore o detentore, il quale si trova pertanto a subire l'esecuzione, pur non avendo partecipato al processo formativo del titolo; Cass. II, n. 3087/2007; Cass. III, n. 9964/2006; Cass. III, n. 9024/2005, secondo cui è irrilevante che la parte istante non abbia notificato il titolo di sfratto al terzo detentore e che costui si trovi a conoscere dell'intrapresa esecuzione solo nel momento dell'accesso dell'ufficiale giudiziario, potendo comunque il terzo contro il quale l'esecuzione di fatto si svolge proporre opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., provando di detenere l'immobile in forza di un titolo autonomo e prevalente rispetto a quello in virtù del quale è stata pronunciata la sentenza di rilascio posta in esecuzione; Cass. II, n. 3183/2003; Cass. III, n. 16566/2002; Cass. III, n. 15083/2000).

L'ordine del giudice di rilasciare il bene immobile spiega efficacia erga omnes, e, quindi, non soltanto nei confronti del destinatario della relativa statuizione, ma anche nei confronti di chiunque si trovi a detenere il medesimo cespite nel momento in cui l'anzidetto comando giudiziale viene fatto valere coattivamente, non potendo il suddetto ordine essere contrastato in forza di un differente titolo giustificativo della disponibilità dello stesso bene (Cass. II, n. 3183/2003, relativo ad una fattispecie in cui la persistenza dell'occupazione del fondo da parte del detentore, dopo essere stato edotto dall'ufficiale giudiziario in sede di accesso esecutivo dell'ordine di rilascio rivolto ad un soggetto diverso, è stata giudicata un comportamento idoneo ad integrare gli estremi dello spoglio, essendo sufficiente al trasferimento del possesso in capo all'esecutante anche la sola intimazione ad allontanarsi dalla res rivolta all'attuale occupante).

Infatti, il soggetto passivo dell'esecuzione per rilascio è il destinatario dell'ordine contenuto nella pronuncia giudiziale se si trovi, attualmente, nel possesso della cosa da rilasciare ed a lui vanno notificati titolo esecutivo, precetto e preavviso di rilascio, invece, se il bene è detenuto da un terzo, senza titolo opponibile al creditore, legittimato passivo dell'azione esecutiva per rilascio sarà quest'ultimo, e, nei suoi confronti dovranno dunque essere compiuti gli atti prodromici all'esecuzione, sempreché tale detenzione sia precedente l'esecuzione e sia nota al creditore procedente.

Nel caso in cui, invece, il creditore ignori l'occupazione senza titolo dell'immobile da parte del terzo, ovvero questa sopravvenga durante la pendenza del processo esecutivo, si è affermato che la situazione di fatto non può andare a scapito dell'avente diritto, ponendo nel nulla gli atti esecutivi o prodromici all'esecuzione già compiuti nei confronti del destinatario della condanna, atteso che nel processo esecutivo non è configurabile un formale contraddittorio con le caratteristiche proprie del processo di cognizione, e, quindi, dovendosi concludere che il processo esecutivo prosegue, e, gli atti esecutivi già compiuti mantengono validità ed efficacia nei confronti dell'attuale occupante dell'immobile (Cass. III, n. 20053/2013).

In tema di esecuzione forzata per rilascio, legittimato passivo dell'azione esecutiva è colui che si trova ad occupare il bene oggetto dell'esecuzione, pertanto, qualora sia stato disposto il rilascio dell'immobile detenuto dal convenuto, il titolo esecutivo può essere eseguito dall'attore anche nei confronti del terzo occupante abusivo, il quale potrà fare valere eventualmente le proprie ragioni ai sensi dell'art. 615 c.p.c. se sostiene di detenere l'immobile in virtù di un titolo autonomo, opponibile al creditore procedente, in quanto prevalente rispetto a quello sulla cui base è stata pronunciata la condanna al rilascio, e, perciò, non pregiudicato dal titolo esecutivo azionato, oppure ai sensi dell'art. 404, comma 2, c.p.c., se invece sostiene la derivazione del suo titolo da quello del convenuto, ed essere il titolo esecutivo azionato dal creditore della prestazione nei suoi confronti frutto di collusione tra le parti (Cass. III, n. 20053/2013).

I rimedi esperibili dal detentore del cespite immobiliare a tutela dei propri diritti

L'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. è un mezzo d'impugnazione straordinario, tendente a rendere inopponibile una statuizione resa tra altri di per sè inidonea a pregiudicare il terzo, stante la portata del giudicato sostanziale, ai sensi dell'art. 2909 c.c., tra le sole parti del giudizio, i loro eredi e aventi causa quanto al diritto controverso, mentre l'opposizione all'esecuzione, diretta o di terzo, è un rimedio contro gli errori concernenti l'esecuzione, e non contro quelli inerenti al titolo, sicchè l'opponente non potrà servirsene per contestare il contenuto del titolo giudiziale.

La legittimazione a proporre l'opposizione ex art. 615 c.p.c. è legata alla qualità di parte nel processo esecutivo e non a quella di parte nel titolo giudiziale, ragione per cui, nell'esecuzione per consegna o rilascio è legittimato ad opporsi il possessore del bene che subisce materialmente l'esecuzione, anche se egli non sia contemplato nel titolo esecutivo, quale soggetto passivo dell'esecuzione stessa (Cass. III, n. 1103/1995; Cass. III, n. 6330/1985; Cass. I, n.6104/1981; Cass. III, n. 4867/1978).

In particolare, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto e la condanna al rilascio del bene nei confronti del conduttore anche nel caso in cui al momento della proposizione della domanda, il suddetto bene immobile risulti essere detenuto da un terzo immessovi dal conduttore, perché la condanna al rilascio ha effetto anche nei confronti del terzo, il cui titolo presuppone quello del conduttore (Cass. III, n. 9964/2006).

In questo caso, infatti, la sentenza pronunciata fra il locatore ed il conduttore non può ritenersi inutiliter data dal momento che il terzo detentore dell'immobile per il quale il locatore ha ottenuto, nei confronti del conduttore, la condanna al rilascio, può opporsi o all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., se sostiene di detenere l'immobile in virtù di un titolo autonomo, ed in quanto tale, non pregiudicato da detta pronuncia giudiziale, oppure ai sensi dell'art. 404, comma 2, c.p.c., se invece sostiene la derivazione del suo titolo da quello del conduttore, ed essere la sentenza frutto di collusione tra questi ed il locatore, in suo danno.

La qualità di terzo rispetto all'esecuzione diretta, è assunta non soltanto da colui che non risulti contemplato nel titolo esecutivo azionato, ma anche da chi non si trovi nel possesso o detenzione del bene e non subisca quindi direttamente gli effetti della condanna, in quanto, solo colui che possegga o detenga il bene è in grado di restituirlo all'avente diritto, così realizzando la sua pretesa (Cass. III, n. 7041/2017).

L'opposizione di terzo all'esecuzione ex art. 619 c.p.c., invece, ha come funzione tipica quella di sottrarre il bene all'azione esecutiva in quanto di proprietà dell'opponente (Cass. III, n. 24637/2016), ovvero in quanto comunque oggetto di un diritto di godimento del terzo, autonomo e prevalente rispetto a quello dell'esecutante.

Lo scopo dell'esecuzione in forma specifica è quello di adeguare la situazione di fatto a quella giuridica consacrata nel titolo, ossia di intervenire coattivamente, con l'autorità statale, per spossessare l'obbligato ed immettere l'avente diritto nel possesso o nella detenzione a seconda che agisca a tutela di un diritto reale o personale di godimento della res.

I rimedi concessi nell'esecuzione per rilascio a chi possiede nomine proprio l'immobile

Nell'esecuzione diretta, oltre al soggetto indicato nel titolo esecutivo, sono certamente legittimati a proporre opposizione anche il successore di questi ex art. 475, comma 2, c.p.c., l'erede del debitore ai sensi dell'art. 477 c.p.c., il sub-conduttore ex art. 1595, comma 3, c.c. ed il subaffittuario nel rapporto agrario ai sensi dell'art. 21, commi 2 e 3 della l. n. 203/1982.

In questi casi, si tratta di soggetti che subiscono gli effetti esecutivi del titolo nel ruolo di debitori, e, pertanto, sono legittimati ad esercitare le relative opposizioni, indipendentemente dalle modalità rispettate dal creditore nell'azione esecutiva di rilascio del bene.

La giurisprudenza di legittimità, in passato si era orientata per la soluzione che il terzo non può sperimentare il rimedio dell'opposizione di cui all'art. 619 c.p.c. la quale è limitata alla sola espropriazione forzata, ma quello dell'opposizione di terzo ordinaria ex art. 404 c.p.c. od un'azione di accertamento negativo, in quanto il pregiudizio che il terzo subisce risale direttamente al giudizio di cognizione nel quale si è formato il titolo del rilascio (Cass. III, n. 339/1978).

Successivamente è stato, invece, affermato che, accanto al rimedio dell'opposizione di cui all'art. 404 c.p.c. riconosciuta dalla Consulta (Corte cost., n. 23/1985) per i casi di titolo costituito da ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione, è stato ritenuto che nell'esecuzione per consegna o rilascio l'esecutato è il detentore reale del bene, perché solo lui può restituire il bene richiesto e soddisfare la pretesa esecutiva della parte istante (Cass. III, n. 6330/1985).

Il principio è stato ritenuto condivisibile perché la sua giustificazione non sta solo nell'autonomia del danno derivante dall'esecuzione forzata, ma anche nel fatto che nel vigente sistema, l'opposizione all'esecuzione è strutturata innanzi tutto come un rimedio in favore di chi subisce l'esecuzione, si tratti del debitore o del terzo, il quale contesti sul piano sostanziale il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata nei suoi confronti.

Casistica

Il terzo legittimato all'opposizione ordinaria ai sensi dell'art. 404, comma 1, c.p.c., non può proporre opposizione all'esecuzione promossa sulla base di un titolo giudiziale formatosi inter alios, salvo che sostenga che quanto stabilito dal predetto titolo giudiziale sia stato soddisfatto oppure sia stato modificato da vicende successive sicché non vi è più nulla da eseguire, nel quale caso, deve ritenersi legittimato ai sensi dell'art. 615 c.p.c., giacché, solo qualora l'esecuzione del titolo formatosi inter alios si estenda al di fuori dell'oggetto previsto nella statuizione giudiziale, sicché l'esecuzione non risulti in realtà sorretta dal titolo, il terzo stesso può opporsi, nelle forme dell'art. 619 c.p.c., quale soggetto la cui posizione è effettivamente incisa dall'esecuzione, ancorchè formalmente terzo rispetto ad essa (Cass., S.U., n. 1238/2015).

In precedenza, era stato affermato il principio che nell'esecuzione per rilascio, il terzo che si trova nel godimento dell'immobile è legittimato a proporre l'opposizione all'esecuzione a norma dell'art. 615 c.p.c., con la quale gli è consentito mettere in discussione il diritto del creditore di esperire tale azione in pregiudizio del suo autonomo diritto al godimento del bene, ma non a contestare la legittimità di quel titolo (Cass. III, n. 3860/1992).

In altra successiva e più recente pronuncia, si è invece affermato che l'ordine contenuto in una statuizione di condanna al rilascio dell'immobile spiega efficacia nei confronti non solo del destinatario della relativa pronuncia, ma anche di chiunque si trovi a disporre del bene nel momento in cui la pronuncia stessa venga coattivamente eseguita, mentre il terzo che – come il proprietario possessore del bene – deduca un'incompatibilità fattuale giuridicamente rilevante con la stessa statuizione contenuta nel provvedimento di rilascio, può richiedere la correlativa tutela non proponendo opposizione all'esecuzione, bensì mediante la specifica opposizione ex art. 404, comma 1, c.p.c. (Cass. III, n. 29850/2018).

In altra fattispecie, si è affermato che al conduttore non può essere negato il diritto di fare valere la sua posizione nei confronti di chi chiede il rilascio dell'immobile, e, pertanto, quando il locatore propone azione esecutiva di rilascio, nella specie fondata su decreto di trasferimento dell'immobile emesso in suo favore dal giudice delegato in sede fallimentare, il conduttore può proporre opposizione esecutiva e dedurre l'anteriorità della locazione al decreto di trasferimento, perché in questo modo egli fa valere che il titolo esecutivo non è azionabile nei suoi confronti (Cass. III, n. 2869/1997).

In un interessante caso, si è affermato che il provvedimento di rilascio della casa familiare emanato nei confronti del coniuge proprietario esclusivo dell'immobile non può essere fatto utilmente valere nei confronti del terzo che si trovi nel godimento dell'immobile in forza di un titolo che gli assicura un possesso autonomo incompatibile con la pretesa fatta valere in via esecutiva, sin quando il creditore procedente non si sia munito di un titolo esecutivo valido nei confronti del terzo, che cessi così di essere tale (Cass. I, n. 13664/2003).

L'inizio dell'esecuzione forzata per la consegna della res

  Una volta iniziata l'esecuzione – momento che, nel caso della procedura per rilascio, va identificato in quello della notifica dell'avviso di cui all'art. 608 c.p.c. – tutte le opposizioni esecutive debbano rispettare due princìpi inderogabili. Il primo principio è che l'opposizione sia introdotta con ricorso rivolto al giudice dell'esecuzione, da depositarsi agli atti del fascicolo dell'esecuzione, al quale è riservato dalla legge il preliminare esame della stessa, anche per consentirgli l'eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi di verifica e controllo della regolarità di svolgimento dell'azione esecutiva, nonché dei suoi poteri di direzione del procedimento, che potrebbero determinare l'emissione anche di ufficio di provvedimenti tali da rendere superfluo lo svolgimento del merito dell'opposizione. Il secondo principio è che l'opposizione debba svolgersi necessariamente in due fasi: l'una, sommaria, dinanzi al giudice dell'esecuzione e l'altra, a cognizione piena, dinanzi al giudice del merito. Potrebbe mancare la seconda, se nessuna delle parti decidesse di introdurla, ma non potrebbe invece mancare la prima, propedeutica ed inderogabile anche per l'ipotesi in cui l'opponente non intenda domandare l'adozione di provvedimenti urgenti. Su tali basi, dunque, si è affermato che l'atto introduttivo dell'opposizione non rispetta il modello legale se non si tratti di ricorso al giudice dell'esecuzione, e dunque se non sia rivolta direttamente al giudice dell'esecuzione, ma genericamente all'ufficio giudiziario, o addirittura espressamente al giudice competente a decidere la fase di merito della opposizione stessa. La conseguenza di tale inosservanza del modello legale è la nullità dell'atto, che determina – se non sanata – l'improponibilità della domanda di merito delle opposizioni esecutive, ovvero l'improcedibilità del relativo giudizio a cognizione piena (Cass. III, n. 6892/2024).

A differenza di quanto enunciato nel novellato art. 608, comma 1, c.p.c., il quale, individua l'inizio dell'esecuzione forzata per il rilascio dell'immobile – “l'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà” – l'art. 605 c.p.c. non fornisce alcuna indicazione in tale senso, per consentire una chiara ed inequivoca individuazione dell'inizio dell'esecuzione per consegna, vale a dire il momento esatto in cui ha inizio il relativo processo, per tale ragione dovendo ritenersi valida la tesi che individua tale momento nell'accesso in loco dell'ufficiale giudiziario (Sassani, Miccolis, Perago, 135; Tatangelo, 521; contra, Monteleone 2012, 248, Tommaseo, 241, che individua il momento iniziale dell'esecuzione per consegna nell'istanza che il creditore procedente consegna all'ufficiale giudiziario per la ricerca dei beni da sottoporre ad esecuzione forzata).

Con riferimento alla recente proroga della sospensione  ex lege  dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili ad uso abitativo e diverso da abitazione, di cui all'art. 103, comma 6  d.l.  n.18/2020, prorogata fino al 31 dicembre 2020 dall'art.  17  bis inserito dall'art.1, comma 1, della l. 17 luglio 2020, n.77 in sede di conve rsione del d.l.  19 maggio 2020, n.34, in dottrina si è evidenziato che “la sospensione disposta dalla norma in esame non impedirà la notificazione dell'atto di precetto di rilascio: questo infatti è un atto estraneo all'esecuzione, ancorché prodromico a questa”. La stessa dottrina citata, ritiene che “che il termine di efficacia dell'atto di precetto di rilascioche sia stato notifi­cato prima della data di inizio del periodo di sospensione resti sospeso durante tale periodo e ri­prenda il suo decorso al termine di questo” , sulla scorta  del fatto che “… durante il pe­riodo in questione all'interes­sato non sia consentito proce­dere all'esecuzione con­duce infatti necessaria­mente a questa con­clu­sione ”.  Rimane quindi aperta la  quaestio  juris  concernente l'efficacia dell'atto di precetto di rilascio notificato nel periodo in cui opera la proroga della sospensione dei provvedimenti di rilascio. Tuttavia, sembrerebbe che possa estendersi la soluzione innanzi prospettata anche a quest'ultima ipotesi. In senso conforme quanto alla possibilità di notificare l'atto di precetto di rilascio nel periodo di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio (GINESI, 2) si è rilevato che  sotto il profilo processuale - per coloro che hanno conseguito il titolo - deve ritenersi che sia consentito notificare il precetto atto prodromico all'esecuzione del provvedimento di rilascio. Ciò in quanto, l'atto di precetto ex art. 605 c.p.c. ha la funzione di preannunciare l'avvio dell'azione esecutiva  a differenza dell'avviso di rilascio cui si riferisce l'art. 608 c.p.c. la cui funzione è invece di avvisare il debitore della prestazione della data in cui avverrà il  primo atto di esecuzione  per il rilascio dell'immobile.

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