Circolazione stradale e danno: la causalità giuridica nelle obbligazioni solidali e il risarcimento del danno patrimoniale a carico solo del FGVS

Filippo Rosada
23 Aprile 2020

É lecito, in tema di danno da circolazione stradale, in presenza del riconoscimento, in capo al FGVS (Fondo di Garanzia Vittime della Strada), di una quota di responsabilità dell'80% e in capo al manutentore della strada di una quota del 20%, porre a carico di quest'ultimo l'integrale risarcimento dei danni materiali patiti dal veicolo?
Massima

Nel giudizio per responsabilità da fatto illecito, l'indagine da svolgersi al fine di individuare il nesso causale tra l'azione del danneggiante e l'evento di danno deve essere scomposta in due autonomi e consequenziali momenti: il primo (cd. causalità materiale o di fatto) volto alla ricostruzione del fatto idoneo a fondare la responsabilità e il conseguente evento lesivo secondo le regole dettate dagli artt. 40 e 41 c.p.; il secondo (cd. causalità giuridica) volto ad identificare le singole conseguenze dannose secondo la regola dell' art. 1223 c.c. (richiamato dall'art. 2056 c.c.).

Il caso

Un veicolo esce di strada a causa di una chiazza oleosa sul manto stradale lasciata da altro veicolo rimasto sconosciuto. I congiunti di un trasportato deceduto in conseguenza di detto incidente stradale, convengono in giudizio il Fondo di Garanzia Vittime della Strada (FGVS) e la società custode del tratto autostradale interessato. La causa del sinistro, infatti, viene identificata sia nella presenza della chiazza d'olio, sia nella condizione usurata del manto stradale. Il Tribunale condanna il FGVS nella misura del 50% in quanto riconosce il paritario concorso di colpa del conducente del mezzo unitamente a quello del manutentore della strada. Entrambi i condannati propongono gravame e la Corte d'Appello riforma la sentenza, rimodulando le quote di responsabilità nella misura del 80% in capo al conducente del veicolo sconosciuto - e quindi al FGVS - e del 20% in capo al custode della strada; quest'ultimo viene comunque condannato a pagare il 100% del danno materiale.

Avverso detta sentenza, propone ricorso la società responsabile della gestione del tratto stradale interessato.

La questione

É lecito, in tema di danno da circolazione stradale, in presenza del riconoscimento, in capo al FGVS (Fondo di Garanzia Vittime della Strada), di una quota di responsabilità dell'80% e in capo al manutentore della strada di una quota del 20%, porre a carico di quest'ultimo l'integrale risarcimento dei danni materiali patiti dal veicolo?

Le soluzioni giuridiche

I Supremi Giudici affrontano la problematica loro sottoposta - ovvero la possibilità di porre a carico del condebitore al quale è stata riconosciuta un'inferiore quota di responsabilità, l'integrale risarcimento di talune poste di danno – identificando due ordini di ragioni che confermano la correttezza della decisione impugnata: la prima concerne l'applicazione dei principi in materia di obbligazione solidale; la seconda è conseguenza del fatto che in talune circostanze, il FGVS non risponde ex lege di tale tipologia di danno.

Ciò chiarito, l'estensore della sentenza coglie l'occasione per illustrare quale sia il percorso logico che il giudice deve seguire per affrontare la problematica del nesso causale nell'ambito della responsabilità civile.

Viene, quindi, precisato come, da un lato, sia necessario ricostruire il fatto storico, così da individuare la responsabilità e il conseguente evento lesivo, utilizzando, per analogia, gli articoli 40 e 41 c.p. (cd. causalità materiale o di fatto), e dall'altro ci si debba concentrare sulla determinazione dell'intero danno. Viene, quindi, osservato come in questa seconda indagine debba essere applicata la regola dell'art. 1223 c.c. (norma richiamata dall'art. 2056 c.c.) in conseguenza della quale si devono individuare i soli danni che sono conseguenza diretta ed immediata del fatto lesivo (cd. causalità giuridica).

La Corte, quindi, tiene ad evidenziare l'importanza di distinguere nettamente il nesso causale necessario ad identificare, a monte, la responsabilità e quindi il collegamento tra un comportamento e l'evento, da quello necessario ad individuare, a valle, le singole categorie di danno, così da espungere quelle conseguenze che non sono direttamente collegate con il fatto illecito.

Sul punto i Supremi Giudici richiamano un precedente (

Cass. civ., Sez. III, sent. 19 febbraio 2013, n. 4043

(e non n. 4003 come erroneamente indicato), ove si statuisce che nell'ambito della responsabilità civile, perché sorga l'obbligazione risarcitoria, oltre alla causalità materiale per la dimostrazione del fatto lesivo, occorre anche il danno conseguenza retto dalla causalità giuridica, la cui imputazione presuppone il riscontro di alcuna delle fattispecie normative ex artt. 2043 e segg. cod. civ., consistenti tutte nella descrizione di un nesso, che leghi storicamente un evento ad una condotta, a cose o ad accadimenti di altra natura, collegati con una particolare relazione al soggetto chiamato a rispondere.

La Corte si è espressa negli stessi termini nella recente sentenza 11 novembre 2019 n. 28986, facente parte di quel nucleo di dieci decisioni che hanno rideterminato il perimetro del danno nell'ambito del risarcimento da colpa medica.

Osservazioni

La sentenza qui commentata appare interessante sia per la singolarità della fattispecie, sia per quanto concerne il chiarimento in ordine alla prova del nesso causale nell'ambito della responsabilità civile da fatto illecito.

Iniziando dal primo punto, il caso trattato riguarda un incidente stradale in cui è stata riconosciuta sia la responsabilità di un veicolo rimasto sconosciuto – e per esso il FGVS – sia quella del custode della strada per omessa manutenzione della carreggiata: nello specifico, rispettivamente, l'80% il primo e il 20% il secondo.

Ciò malgrado il giudice del gravame ha condannato il manutentore della strada a risarcire il 100% del danno materiale.

La pronuncia è corretta per due ordini di ragioni.

In primo luogo per il principio di solidarietà ex art. 2055 c.c.; la norma prevede che se il fatto dannoso è imputabile a più soggetti, tutti sono obbligati in solido a risarcire l'integrale risarcimento del danno. In un secondo momento, attraverso l'azione di regresso ex art. 2055 comma 2 c.c., il coobbligato in solido che avesse dovuto corrispondere anche l'importo di spettanza dell'altro debitore, potrebbe ripetere da quest'ultimo la somma pagata in eccesso.

Nella fattispecie, però, ciò non sarà possibile (ed è per detta ragione che la Corte d'Appello ha condannato il solo manutentore a risarcire il danno a cose) in quanto ai sensi dell'art. 283, comma 1-a) e comma 2 c.a.p., il FGVS, nel caso in cui il sinistro sia stato causato da un veicolo non identificato, risarcisce unicamente i danni alla persona, salvo che questi siano ritenuti gravi. In quest'ultimo caso viene riconosciuto anche il risarcimento per i danni alle cose il cui ammontare sia superiore ad euro 500, per la parte eccedente detto importo

Una nota di rilievo merita anche il richiamo che l'estensore del presente provvedimento ha ritenuto di eseguire in merito al criterio logico da adottare al fine di dare la prova del nesso causale nell'ambito della responsabilità aquiliana.

Giova, in proposito, richiamare alcuni passaggi argomentativi di Cass. civ., n. 4043/2013, provvedimento citato dall'estensore della sentenza qui commentata. In particolare, si evidenzia come nella responsabilità civile sia sempre necessario individuare il nesso che lega l'evento di danno ad una condotta colposa attiva o omissiva.

Infatti, in tema di nesso causale, «esistono due momenti diversi del giudizio aquiliano: la costruzione del fatto idoneo a fondare la responsabilità (per la quale la problematica causale, detta causalità materiale o di fatto, presenta rilevanti analogie con quella penale, artt. 40 e 41 c.p., ed il danno rileva solo come evento lesivo) e la determinazione dell'intero danno cagionato, che costituisce l'oggetto dell'obbligazione risarcitoria. A questo secondo momento va riferita la regola dell'art. 1223 c.c. (richiamato dall'art. 2056 c.c. ), per il quale il risarcimento deve comprendere le perdite "che siano conseguenza immediata e diretta" del fatto lesivo (cd. causalità giuridica), per cui esattamente si è dubitato che la norma attenga al nesso causale e non piuttosto alla determinazione del quantum del risarcimento, selezionando le conseguenze dannose risarcibili» (in questi termini la citata sent. Cass. civ., n. 4043/2013).

Possiamo, quindi, considerare come non sia sufficiente raggiungere la prova del collegamento tra colpa ed evento per poter ritenere che il danno sia conseguenza diretta ed immediata del fatto. Quest'ultimavalutazione, deve essere eseguita verificando, per differenza, se la situazione peggiorativa - rispetto all'illecito antecedente - in cui si trova il danneggiato, vi sarebbe comunque stata in assenza di quel fatto. La predetta verifica, sotto il profilo pratico, consente l'individuazione dei soli danni che sono conseguenza dell'azione colposa, evitando di includere anche quelli che comunque si sarebbero verificati e che quindi non possono essere posti a carico del debitore responsabile.

Nel caso in cui si raggiunga la prova del danno e del suo collegamento causale con il fatto colposo, il risarcimento potrà essere calmierato con l'applicazione dell'art. 1227 comma 1 c.c.: «se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate».

Il sovresposto indirizzo è stato confermato in una delle dieci sentenze del cd. decalogo di San Martino del novembre 2019 (sent. n. 28986/2019). Nella parte motiva del richiamato provvedimento, si chiarisce come «l'accertamento del primo dei due nessi suddetti è necessario per stabilire se vi sia responsabilità ed a chi vada imputata; l'accertamento del secondo nesso serve a stabilire la misura del risarcimento.

Il nesso di causalità materiale è dunque un criterio oggettivo di imputazione della responsabilità; il nesso di causalità giuridica consente di individuare e selezionare le conseguenze dannose risarcibili dell'evento».

L'approdo giurisprudenziale suggellato anche dalla sentenza di San Martino è certamente condivisibile e d'aiuto anche sotto il profilo pratico all'individuazione del giusto risarcimento; ciò malgrado, non può non rilevarsi come il problema dell'individuazione del giusto risarcimento resti un'attività, in concreto, sempre di difficile attuazione, che richiede al giudice un attento e prudente apprezzamento delle prove acquisite nel processo.

Guida all'approfondimento

FRANCESCO AGNINO, Condotta omissiva e nesso di causalità: la regola del "più probabile che non" investe anche la causalità giuridica, RI.DA.RE.IT, 20 novembre 2017;

MARCO BONA, Nesso di causa ed oneri probatori: recenti deragliamenti della Cassazione?, RI.DA.RE., 2 ottobre 2018;

FRANCESCA PICARDI, Onere di allegazione e prova del danno patrimoniale e non patrimoniale, RI.DA.RE. 11 settembre 2014;

GIAMPAOLO MIOTTO, Il "difficile" concorso di cause naturali e cause umane del danno, Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.2, 2010, pag. 382 (Nota a: Cass. civ., 16 gennaio 2009, n.975, sez. III);

FILIPPO ROSADA, Lesione biologica preesistente aggravata da un secondo infortunio: criteri per l'accertamento e la liquidazione del danno, RI.DA.RE.IT, 25 novembre 2019.

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