L'agilità del gatto e la dubbia natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia

Giuseppe Sileci
14 Maggio 2020

La presenza di un gatto, che repentinamente attraversa l'autostrada, determinando la collisione con un automezzo che procede sulla carreggiata, integra il caso fortuito idoneo a liberare il custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c. in considerazione della straordinarietà ed imprevedibilità dell'evento, ricavabili dalla natura repentina ed imprevedibile dei movimenti di un animale di siffatta taglia ed agilità.
Massima

La presenza di un gatto, che repentinamente attraversa l'autostrada, determinando la collisione con un automezzo che procede sulla carreggiata, integra il caso fortuito idoneo a liberare il custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c. in considerazione della straordinarietà ed imprevedibilità dell'evento, ricavabili dalla natura repentina ed imprevedibile dei movimenti di un animale di siffatta taglia ed agilità.

Il caso

L'auto di Tizio, mentre percorreva un tratto autostradale, investiva un gatto che attraversava la carreggiata nel momento in cui transitava il mezzo, che riportava danni. Adito il Giudice di pace per sentire condannare al risarcimento la società Alfa, alla quale era affidata la gestione di quel tratto autostradale, la domanda era accolta in primo grado ai sensi dell'art. 2051 c.c. Ha quindi impugnato la sentenza la società Alfa lamentando in prima battuta la violazione dell'art. 2967 c.c., poiché a suo dire non era stato provato il nesso di causalità, ed in secondo luogo la erronea applicazione dell'art. 2051 c.c. perché il giudice di prime cure aveva escluso la sussistenza del caso fortuito; si doleva infine del fatto che comunque non fosse stato affermato anche il concorso di colpa del medesimo danneggiato. Il Tribunale, rigettato il primo motivo d'appello, ha accolto il secondo – riformando integralmente la sentenza – ed ha ritenuto assorbito l'esame del terzo motivo di gravame.

La questione

L'evento, per essere fortuito, deve possedere i requisiti della imprevedibilità ed inevitabilità, può considerarsi oggettiva la responsabilità da cose in custodia?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Milano ha riformato integralmente la sentenza del giudice di pace ritenendo che la presenza di un gatto in autostrada costituisca una ipotesi di caso fortuito che, interrompendo il nesso di causalità tra l'evento ed il danno, libera da responsabilità la società che ha in gestione quel tratto autostradale.

Il Tribunale muove da una premessa che ormai può considerarsi pacifica, e cioè che l'art. 2051 c.c. configura una ipotesi di responsabilità oggettiva che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché grava sul danneggiato l'onere di provare il nesso di causalità tra la cosa e l'evento dannoso mentre sul custode incombe l'onere di dimostrare il caso fortuito.

Ed è considerato tale quell'evento che non poteva essere previsto o – se prevedibile – non poteva essere in alcun modo prevenuto.

Più esattamente, il caso fortuito cui fa riferimento l'art. 2051 c.c. riguarda la esistenza di un fatto estraneo avente impulso causale autonomo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale.

Dunque il fortuito attiene non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante) bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno che dal punto di vista oggettivo e della regolarità causale rappresenta una eccezione alla normale sequenza causale, nel senso che ha idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa ed elidendone l'efficacia condizionante.

Tradizionalmente il caso fortuito si identifica con il fatto naturale, il fatto del terzo e quello dello stesso danneggiato che siano talmente eccezionali, imprevedibili e straordinari da essere idonei ad elidere il nesso causale altrimenti esistente.

In tale ottica, non potrà considerarsi imprevedibile, ad esempio, la presenza di cera sulla strada a meno che non si dimostri che essa ha costituito una alterazione della cosa talmente repentina da non consentire neppure di essere tempestivamente eliminata o segnalata; ovvero, nel caso di macchia d'olio sull'asfalto, occorrerà, anche sulla base di presunzioni semplici, dimostrare che la macchia era tanto recente rispetto all'incidente da non potersi evitare che lo causasse.

Venendo al caso in cui la alterazione della cosa sia stata provocata dalla presenza di animali sulla carreggiata, il Giudice del Tribunale richiama due recenti arresti della Cassazione: la sentenza n. 11785/2017, in cui la Corte ha affermato che, nel caso di sinistro provocato da un capriolo all'interno di un tracciato autostradale, l'ente si libera dalla responsabilità solo se dimostra che la presenza dell'animale selvatico sia stata determinata da un fatto imprevedibile ed inevitabile, quale - ad esempio – la rottura della recinzione ad opera di vandali che non era stato possibile riparare tempestivamente ovvero l'abbandono dell'animale ad opera di terzi; la sentenza n. 2477/2018, con la quale la Corte ha riformato la sentenza impugnata perché il Giudice del merito aveva erroneamente escluso la responsabilità dell'ente sul presupposto che non fossero state violate specifiche disposizioni di legge – circostanza che attiene al profilo soggettivo della responsabilità e dunque del tutto ininfluente – ed aveva omesso di verificare se l'attraversamento della strada da parte di un animale di grossa taglia rappresentasse una ipotesi di fortuito, e cioè se fosse obiettivamente imprevedibile ex ante l'ingombro della carreggiata e se tale ingombro possedesse – al momento del sinistro – i connotati della eccezionalità ed imprevedibilità.

Applicando al caso concreto i principi enunciati dalla giurisprudenza e sopra richiamati, il Tribunale meneghino, dopo avere dato atto del fatto che non fosse stato neppure allegato e tanto meno provato il fatto del terzo, e cioè che il gatto si fosse immesso nell'autostrada attraverso un varco alla recinzione provocato da vandali oppure fosse stato abbandonato da qualche automobilista in transito, ha qualificato la presenza dell'animale come evento eccezionale ed imprevedibile.

Afferma il Decidente, infatti, che «la fattispecie in esame è inquadrabile nella categoria del fatto naturale, al quale può essere ricondotto il comportamento dell'animale di piccola taglia che, in un orario ancora privo della luce solare, attraversa la carreggiata di un'autostrada». E ciò perché «l'attraversamento … può essere reputato come un fatto imprevedibile ed inevitabile da parte del custode, dal momento che – diversamente da quello che potrebbe valere per un animale di grossa taglia – nessun tipo di ordinaria recinzione in un tratto pianeggiante potrebbe impedire il repentino attraversamento di un animale così snello ed agile, come il gatto».

E tanto più, conclude il Giudice, questa sembra essere la decisione più coerente al dato normativo se si considera che si è trattato di un evento isolato (né prima né dopo il sinistro si è registrata la presenza di altri animali vaganti) e che l'animale era vivo al momento dell'evento, mentre ben difficilmente si sarebbe potuto parlare di fortuito se si fosse trattato della carcassa di un gatto in evidente stato di decomposizione perché in tal caso si sarebbero dovuti escludere sia il requisito della inevitabilità sia quello della imprevedibilità.

Osservazioni

La sentenza in esame, pur riguardando il peculiare caso di un animale di piccola taglia e notevole agilità che, attraversando non una qualsivoglia strada pubblica bensì un'autostrada, innesca un incidente, offre una serie di spunti per una riflessione sulla natura della responsabilità stabilita dall'art. 2051 c.c.

Intanto la concreta fattispecie consente una brevissima digressione: la questione non è affrontata dal Tribunale perché non dedotta dall'attore e dunque non oggetto di gravame, ma il danneggiato avrebbe potuto anche – in via alternativa e/o subordinata – invocare la responsabilità contrattuale della società convenuta.

Sebbene la Cassazione – con alcune datate pronunce – abbia in passato escluso che il pagamento del pedaggio sia il corrispettivo contrattuale di un servizio e che dunque possa configurarsi una responsabilità contrattuale nel caso di sinistro causato da una anomalia del tracciato stradale (Cass. civ., Sez. III, 9 febbraio 1981 n. 800; Cass. civ., Sez. Un., 7 agosto 2001 n. 10893), la più recente giurisprudenza del Supremo Collegio è di contrario avviso poiché il pedaggio «configura un prezzo pubblico, costituendo il corrispettivo versato per l'utilizzazione di un'opera già compiutamente realizzata per fini di interesse generale» (Cass. civ., Sez. III, 13 gennaio 2003 n. 298); conseguentemente, se dedotta la responsabilità contrattuale del gestore dell'autostrada per i danni subiti da un automobilista a causa della presenza di un ostacolo sulla carreggiata, graverà sempre sul convenuto l'onere di provare che l'inadempimento (e cioè la omessa vigilanza) sia derivata da causa ad esso non imputabile ex art. 1218 c.c. mentre, se invocata la responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2051 c.c., occorrerà provare il caso fortuito (Cass. civ., Sez. III, 24 aprile 2008 n. 10689).

Il Tribunale però affronta in maniera approfondita uno degli aspetti più problematici della responsabilità da cose in custodia, e cioè quando possa dirsi sussistere il caso fortuito, e lo risolve positivamente ritenendo imprevedibile ed inevitabile l'attraversamento della strada da parte di un gatto.

Qui la fattispecie condiziona la decisione, nel senso che il fatto in sé doveva necessariamente contestualizzarsi tenendo conto del generale obbligo del gestore di una rete autostradale di garantire la sicurezza degli automobilisti approntando una efficiente recinzione dell'intero tratto stradale (Trib. Parma 4 aprile 2018 n. 489; Trib. Taranto 5 gennaio 2015 n. 8)

Il Giudice conclude per la imprevedibilità ed inevitabilità dell'evento in considerazione della particolare agilità del gatto e della sostanziale incapacità di qualsivoglia recinzione (anche se integra, come nella specie) di limitarne gli spostamenti e di impedire che invada la sede stradale (in senso contrario, però, cfr. Cass. civ., sez. III, 12 maggio 2017 n. 11785, la quale ha affermato la responsabilità ex art. 2051 c.c. della società che gestiva una autostrada per un sinistro provocato dalla presenza di un animale sulla carreggiata ed ha escluso che fosse idoneo ad interrompere il nesso di causalità la prova della esistenza di una recinzione, ancorché integra, «atteso che tale circostanza, non avendo in concreto impedito alla cosa di esplicare comunque la propria potenzialità dannosa, conferma l'inefficace esercizio dei poteri di sorveglianza su di essa»).

Tuttavia la definizione di caso fortuito è profilo ancora problematico perché si ha talvolta la sensazione – leggendo la giurisprudenza – che, ad onta della natura oggettiva della responsabilità predicata dall'art. 2051 c.c., la prova richiesta al custode finisca per ricadere sull'aspetto soggettivo della colpa tutte le volte in cui si pone l'accento sulla eccezionalità dell'evento e sulla prevedibilità ed evitabilità dello stesso da parte di chi ha la disponibilità immediata della cosa (Avanzini G., Nuovi sviluppi nella responsabilità delle amministrazioni per danni derivanti da attività pericolose e da cose in custodia” in Dir. amm., fasc.1, 2010, pag. 261, la quale ha osservato che la contrapposizione tra la teoria oggettiva e quella soggettiva «non è così assoluta, in quanto nel giudizio sull'imprevedibilità e inevitabilità dell'evento, sia esso estraneo o esterno alla struttura della responsabilità, riemergono elementi di valutazione inerenti agli obblighi di garanzia del custode e all'attività che deve porre in essere per evitare il danno. Non si può dunque affermare la totale irrilevanza della sua condotta anche all'interno di una ricostruzione della responsabilità in termini oggettivi»; esprime perplessità sulla natura oggettiva della responsabilità ex art. 2051 c.c. quando la norma è applicata alla P.A. anche Balucani E., “L'esigibilità della custodia nella responsabilità della p.a. ex art. 2051 c.c.” in Resp. Civ. e Prev., fasc.5, 2011, pag. 1045, secondo la quale l'evoluzione del pensiero giurisprudenziale in materia non è poi così netta perché analizzando a fondo tutte le pronunce succedutesi negli anni si evince che non c'è mai stato un vero passaggio dalla responsabilità per colpa aggravata alla responsabilità di tipo oggettivo).

Questa impressione trova conferma in quella recente giurisprudenza della Cassazione che – pur ribadendo la applicabilità dell'art. 2051 c.c. anche alla P.A. indipendentemente dalla sua estensione (ma in senso contrario Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2018 n. 1257) – ha mitigato gli effetti della norma stabilendo che si abbia riguardo «alla causa concreta del danno, rimanendo gli enti locali liberati dalla responsabilità suddetta ove dimostrino che l'evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esplicitato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode» (Cass. civ., sez. III, 18 giugno 2019 n. 16295; Cass. civ., sez. VI, 20 febbraio 2019 n. 4963; Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2012 n. 3253).

L'avere accentuato i concetti di “diligente attività di manutenzione” ovvero di esigibilità ragionevole di un intervento riparatore, sposta inevitabilmente l'attenzione sul piano della colpevolezza.

E la deriva colpevolista si coglie ancora di più nel momento in cui la giurisprudenza definisce la custodia.

Ancora recentemente la Cassazione ha chiarito che «la custodia si concretizza non solo nel compimento sulla cosa degli interventi riparatori successivi, volti a neutralizzare, in un tempo ragionevole, gli elementi pericolosi non prevedibili, che si sono comunque verificati, ma anche in una attività preventiva che, sulla base di un giudizio di prevedibilità ex ante, predisponga quanto necessario per prevenire danni eziologicamente attinenti alla cosa custodita. Ne consegue che il caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità, può rinvenirsi anche nella condotta del terzo, o dello stesso danneggiato, purché si traduca in una alterazione imprevista ed imprevedibile, oltre che non tempestivamente eliminabile o segnalabile, dello stato della cosa» (Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2019 n. 1725).

È stato correttamente osservato che la Corte di Cassazione, così definendo gli obblighi che discendono dalla custodia ed il caso fortuito, «si mostra tuttavia sensibile alla connotazione soggettiva dell'esimente, specificando che l'assunzione di un evento come caso fortuito impone di valutare i due attributi della imprevedibilità e inevitabilità alla stregua della diligenza dovuta, introducendo così una valutazione di mancanza di colpa» (Santarpia D., “La custodia responsabile della pubblica amministrazione” in Resp. Civ. e Prev., fasc. 5, 2019, pag. 1627).

In definitiva, per l'autore appena citato, «l'amministrazione fornisce la prova liberatoria non già in via diretta, cioè mediante la dimostrazione della causa esterna, bensì in via indiretta, ossia tramite la dimostrazione di non avere potuto inibire la propagazione del processo lesivo a partire dalla cosa, a causa della impossibilità di attuare un controllo effettivo, nei termini della vigilanza, ma anche della prevenzione» (Santarpia D., op. cit., pag. 1629).

Qualche ulteriore argomento critico alla teoria della natura oggettiva della responsabilità stabilita dall'art. 2051 c.c. si può desumere da quella giurisprudenza della Cassazione che, distinguendo tra cose intrinsecamente pericolose per il loro dinamismo e quelle inerti e prive di intrinseca pericolosità, in quest'ultimo caso richiede al danneggiato di provare non solo il nesso di causalità tra la cosa e l'evento di danno, ma anche che lo stato dei luoghi presentava una obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, l'evento ed altresì di avere tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con la ordinaria diligenza (Cass. civ., Sez. VI, 9 maggio 2018 n. 11023; Cass. civ., Sez. VI, 8 maggio 2018 n. 10938).

Ed è stato acutamente osservato che alla luce di questi principi «sia più logico configurare due distinte forme di responsabilità: una prima (di natura sostanzialmente oggettiva) riferita ai danni provocati da cose dotate di un dinamismo intrinseco; una seconda (di natura sostanzialmente semioggettiva o aggravata) riferita ai danni occorsi nell'utilizzazione di cose statiche o inerti» (Franchi A. – Argine S., “La pubblica amministrazione e l'art. 2051 c.c.: verso un terzium genus di responsabilità” in Resp. Civ. e Prev., fasc. 6, 2014, pag. 1958).

Pertanto, se «il criterio di imputazione della responsabilità fondato sul rapporto di custodia di cui all'art. 2051 c.c. opera in termini oggettivi» (Cass. civ., sez. VI, 20 febbraio 2019 n. 4963), diventa difficile fare convivere la natura oggettiva della responsabilità, che prescinde da ogni indagine circa la diligenza nella custodia, e la nozione di caso fortuito inteso come evento eccezionale, imprevedibile ed inevitabile neppure con la più diligente attività di manutenzione o riparatoria.

E ciò perché il custode, se volesse liberarsi dalla responsabilità, dovrebbe innanzitutto dimostrare di avere comunque vigilato sulla cosa con la necessaria diligenza e solo se avesse assolto questo obbligo potrebbe sperare di dimostrare che l'evento si è avverato perché – nonostante tutti gli sforzi compiuti – non è stato in grado prevederlo e di evitarlo, con la intuibile conseguenza che – difettando la prova della vigilanza diligente – non vi sarebbe modo di considerare imprevedibile ed inevitabile l'evento.

Invero, il parametro rispetto al quale misurare la prevedibilità e la evitabilità dell'evento sarebbe costituito dalla diligenza nella custodia, ossia da un giudizio sulla condotta del custode che, però, dovrebbe essere del tutto irrilevante quando è dedotta la responsabilità da cose in custodia.

La complessità della prova liberatoria quando viene in rilievo la responsabilità ex art. 2051 c.c. è messa in risalto da chi ha osservato «come l'oggetto della prova liberatoria non possa essere limitato al solo profilo della interruzione o della diversità del nesso causale, o solo al profilo della assenza di colpa nella condotta imputata ed alla quale il danno sia eziologicamente riconducibile. Vero è invece che tale assenza di colpa – se proprio di colpa si vuol parlare – va inteso in senso estremamente ampio: come non rimproverabilità della condotta, per essere quello specifico rischio di verificazione del danno estraneo alla sfera di controllo del soggetto» (Fazio A. – Castiglioni A, “La prova liberatoria” in Responsabilità Civile diretto da Cendon P., volume III, 2017, pag. 3918).

E l'indagine sul contenuto della prova, che deve dare il custode per andare esente da responsabilità quando il bene sul quale esercita il controllo appartiene al demanio stradale, manifesta tutta la sua problematicità – a mio avviso – proprio quando l'evento è causato non dalla cosa ma da un fattore ad essa del tutto estraneo che neppure ne altera la consistenza strutturale, quale è la invasione della strada da parte di un animale.

Invero, al di fuori dei casi in cui sull'ente incombe un preciso obbligo di vigilanza che gli impone – come nel caso di una autostrada – di adottare tutte quelle misure atte a prevenire e comunque ad evitare situazioni di pericolo – rimuovendo rapidamente quelle cause che, modificando lo stato della cosa, possano costituire pericolo alla veloce circolazione e per i quali non può prescindersi – al fine di ritenere avverato il caso fortuito – da una indagine sulla prevedibilità ed evitabilità dell'evento (dunque, venendo al caso deciso dal Tribunale di Milano, la invasione della strada da parte di un animale la cui agilità non consente alcuna precauzione), laddove un siffatto obbligo non sussista – e cioè per tutte le strade extraurbane diverse dall'autostrada – dovrebbe concludersi, se la responsabilità stabilita dall'art. 2051 c.c. è oggettiva e questa è esclusa dalla prova del caso fortuito, che la presenza di un animale costituisca sempre caso fortuito, dipendendo ciò da un fatto naturale (se l'animale è selvatico) ovvero da un fatto del terzo (se l'animale è domestico) che, indipendentemente da qualsivoglia indagine sulla prevedibilità ed evitabilità, è fatto sopravvenuto da solo sufficiente ad elidere il nesso causale.

D'altronde, in siffatte ipotesi potrebbe ugualmente configurarsi la responsabilità dell'ente cui è affidata la custodia della strada qualora il danneggiato alleghi e provi, ai sensi dell'art. 2043 c.c., che del sinistro debba comunque risponderne l'ente perché – ad esempio – si dimostri che in quel tratto di strada era nota la presenza di fauna selvatica ovvero di pascoli e che nonostante ciò non erano stati apposti appositi segnali di pericolo che avvisavano del rischio di attraversamento della carreggiata ovvero che imponevano una velocità particolarmente contenuta.

A tale ultimo riguardo, non sarebbe neppure irragionevole domandarsi se possa effettivamente invocarsi la responsabilità stabilita dall'art. 2051 c.c. quando la causa di un sinistro debba attribuirsi alla presenza sulla strada di un animale.

Più precisamente, non pare potersi dubitare del fatto che le strade sono cose inerti, astrattamente inoffensive a meno che non intervenga una alterazione dello stato dei luoghi, imputabile a difetto di manutenzione, di vigilanza ovvero al fatto del terzo che si traduca in una fonte di pericolo per la generalità degli utenti; è tale la buca, ovviamente, o la macchia d'olio ovvero la perdita del carico da parte di un veicolo in transito.

Ma la improvvisa invasione della sede stradale di un animale, selvatico o domestico che sia, può considerarsi alla stregua di una modifica dello stato dei luoghi?

O, più esattamente, può ritenersi che l'attraversamento o l'invasione della strada da parte di un animale sia in così stretta relazione con la cosa da potersene configurare la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c.?

Ed in effetti sono tutt'altro che isolate quelle decisioni che inquadrano la responsabilità della pubblica amministrazione nell'ambito dell'art. 2043 c.c. quando il danneggiato lamenti che a determinare la turbativa alla circolazione stradale sia stata la fauna selvatica o un animale randagio.

È consolidato orientamento della Cassazione che lo stato di libertà della selvaggina è incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia della P.A. e che pertanto il danno cagionato dalla fauna selvatica alla circolazione è risarcibile non tanto ai sensi dell'art. 2052 c.c., bensì in forza dell'art. 2043 c.c., con la conseguenza che grava sul danneggiato l'onere di provare una condotta colposa dell'ente pubblico (e che si può ravvisare nella inosservanza di specifiche norme che impongano la adozione di misure preventive a tutela dell'utente della strada) causalmente efficiente rispetto al danno (Cass. civ., Sez. III, 18 febbraio 2020 n. 4004 che ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso la responsabilità della Provincia regionale, ritenendo che il giudice del merito avesse trascurato di considerare la accertata inosservanza – da parte dell'ente – dell'obbligo di predisporre una segnaletica stradale adeguata in un'area frequentata dalla fauna selvatica avente l'attitudine ad attraversarla e dunque costituendo un concreto pericolo per gli utenti della strada, da valutarsi ai sensi dell'art. 84 Reg. Cod. Strada, comma 2, secondo il generale principio di precauzione che deve guidare l'attività della pubblica amministrazione).

Vero è che la giurisprudenza, tutte le volte che ha affermato il principio sopra richiamato, sembra non essersi mai occupata della questione anche nell'ottica dell'art. 2051 c.c.; tuttavia non può negarsi che, qualora si applicasse la responsabilità da cose in custodia alla pubblica amministrazione anche quando la situazione di pericolo per la circolazione stradale sia provocata da animali erranti, la imputazione su basi oggettive (che discenderebbe dall'art. 2052 c.c., a mente del quale dei danni cagionati dagli animali ne risponde il proprietario o chi lo ha in uso, salvo che provi il caso fortuito) uscirebbe dalla porta per rientrare dalla finestra: sarebbe sufficiente invocare la relazione tra l'ente proprietario o quello che ne ha gestione e la strada per reintrodurre una inversione dell'onere della prova che, costituendo una eccezione alla regola, dovrebbe valere solo nei casi tassativamente previsti dalla legge.

Guida all'approfondimento

AMENDOLAGINE V.,

“L

a responsabilità ex art. 2051 c.c. della p.a. fondata sul (mal)governo nella custodia della res publica” in Giur. Merito, fasc. 9, 2006, pag. 1920;

ASTONE A., “Responsabilità da cose in custodia: in tema di gita scolastica e danno da autolesione” in Giust. Civ., fasc. 9, 2012, pag. 2047B;

CHINDEMI D., La responsabilità della Pubblica Amministrazione per danni da cose in custodia e danni risarcibili con particolare riferimento al danno non patrimoniale” in Resp. civ. e prev., fasc.4-5, 2004, pag. 1200;

DE STROBEL D., “La responsabilità della P.A. in relazione alla custodia dei beni demaniali” in Diritto e Fiscalita' dell'assicurazione, fasc.3-4, 2007, pag. 929, secondo il quale il regime di responsabilità oggettiva, individuato dalla più recente giurisprudenza, varrebbe soltanto per i privati, mentre per la P.A. si sarebbero reintrodotti elementi soggettivi che riprenderebbero l'originario disegno legislativo del regime di presunzione di colpa;

GARRI F., La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, Torino, 2000; Leonardi A.,

(l'accidentato terreno del) danno da cose in custodia: la cassazione offre una ricognizione completa e puntuale dei principi di diritto operanti in tema di responsabilità degli enti proprietari/gestori delle strade”, in Resp. Civ. e Prev., fasc. 5, 2018, pag. 1558C;

MORANO CINQUE E., “La responsabilità per danni da cose in custodia ed il concorso di colpa del danneggiato: un dibattito non sopito” in Giur. Merito, fasc. 11, 2012, pag. 2294B; Negro A., Il danno da cose in custodia, Milano, 2009;

PEILA L.,

Il concetto di insidia (o trabocchetto) ha superato il vaglio della Corte costituzionale” in Resp. Civ. e Prev., fasc. 6, 1999, pag. 1270;

VIRGADAMO P., “La responsabilità civile oltre la colpa: passato e presente del danno da cose in custodia” in Dir. Fam. e Persone, fasc. 4, 2008, pag. 2013;

VITALE S.,

La responsabilità civile della P.A. per i danni derivanti da beni pubblici al vaglio della Corte costituzionale: un'occasione sfumata” in Giust. Civile, fasc. 3, 2000, pag. 649).

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