Finanziamenti per acquisti di azioni proprie: l'applicazione del divieto dell'art. 2358 c.c. anche alle cooperative (il caso delle c.d. “baciate”)
18 Giugno 2020
Massima
In tema di azioni proprie, se una banca eroga un finanziamento destinato all'acquisto di azioni emesse dalla banca stessa, si configura una violazione dell'art. 2358 c.c., regola applicabile anche alle banche costituite in forma di società cooperative, con l'effetto che tanto il finanziamento quanto l'acquisto di azioni sono nulli. Il caso
Una banca eroga un mutuo fondiario di € 200.000 a una persona fisica. Detta persona, usando la provvista così messa a disposizione dall'istituto di credito, acquista n. 4.172 azioni della banca per un importo di € 170.009. Le azioni acquistate vengono date in pegno alla banca a garanzia della restituzione del mutuo. Nelle more della restituzione del finanziamento, la banca viene messa in liquidazione coatta amministrativa, con l'effetto che il valore delle azioni si azzera (sulle conseguenze processuali della messa in liquidazione delle banche popolari venete cfr. P. Cecchinato, Quale destino per le cause proposte contro le due popolari venete?, in Società, 2017, 1132 ss.). Nell'ambito della complessa operazione di messa in liquidazione della vecchia banca, una serie di attività e di passività vengono cedute a una nuova banca. La persona fisica acquirente delle azioni si preoccupa, perché la sua situazione è gravemente peggiorata dopo la messa in liquidazione della banca. Originariamente, a fronte del finanziamento, era titolare delle azioni e - vendendo le medesime - avrebbe potuto rimborsare il mutuo. Successivamente, con l'azzeramento del valore delle azioni, dalla vendita delle stesse non è possibile ricavare alcunché e dunque non è possibile ricavare una somma idonea a estinguere il mutuo. Per questa ragione l'acquirente delle azioni agisce in giudizio sia contro la vecchia banca che ha venduto le azioni sia contro la nuova banca cessionaria della prima banca per far dichiarare la nullità del contratto di finanziamento per violazione dell'art. 2358 c.c. (divieto di finanziamenti finalizzati all'acquisto di azioni proprie). Il Tribunale di Treviso accoglie la domanda dell'attore e, affermando il collegamento negoziale fra il finanziamento e l'acquisto della azioni, dichiara la nullità del finanziamento erogato per l'acquisto delle azioni. Dal momento che il finanziamento e l'acquisto delle azioni sono due atti (o meglio “contratti”) separati, non è sempre facile dimostrare il collegamento negoziale fra le due operazioni. Nel caso deciso dal Tribunale di Treviso, il giudice giunge peraltro alla conclusione che sia certo che vi sia detto collegamento negoziale, valorizzando diverse circostanze:
Dal punto di vista processuale, il Tribunale di Treviso ritiene sussistente la legittimazione passiva solo della prima banca (la vecchia banca popolare), mentre nega la legittimazione passiva della nuova banca cessionaria. La condanna viene dunque pronunciata nei confronti della sola vecchia banca.
La questione
La questione giuridica principale trattata nella sentenza in commento è se l'art. 2358 c.c., che vieta i finanziamenti per l'acquisto di azioni proprie nel contesto delle società per azioni, si applichi anche nei confronti di una società bancaria, che riveste la forma di società cooperativa per azioni (per un approfondimento della tematica cfr. i contributi di V. Antonini, Assistenza finanziaria nelle banche popolari e posizione soggettiva del socio, in Banca borsa tit. cred., 2017, II, 606 ss. e di A. Paolini, L'assistenza finanziaria prestata da banche popolari per l'acquisto di proprie azioni, in Riv. dir. comm., 2019, III, 661 ss.). La soluzione che dà al quesito la sentenza in commento è positiva: una volta ritenuto il collegamento negoziale fra il finanziamento e l'acquisto delle azioni, trova applicazione l'art. 2358 c.c. Non rileva il fatto che questa disposizione riguardi solo la società per azioni, essendo invece espressione di un principio più generale di intangibilità del patrimonio sociale. La tematica delle operazioni “baciate” (ossia del collegamento negoziale fra un finanziamento e l'acquisto di azioni proprie della società finanziatrice) ha interessato decine di migliaia di investitori in Italia. Ciò nonostante, i precedenti giurisprudenziali sono pochi. Il motivo principale è che, con la messa in liquidazione coatta amministrativa delle due banche popolari venete nel 2017, i processi che erano stati avviati si sono interrotti. Merita tuttavia di essere segnalato un precedente simile a quello del Tribunale di Treviso pronunciato prima della messa in liquidazione. Il Tribunale di Venezia (15 giugno 2016, in Nuova giur. civ. comm., 2016, I, 1650 ss., con nota di V. Cusumano) ha statuito che, poiché alle società cooperative si applica l'art. 2358 c.c., relativo alla società per azioni, in ragione del richiamo operato dall'art. 2519 c.c., il finanziamento, diretto o indiretto, per acquistare le azioni della società cooperativa stessa è nullo per violazione di norma imperativa se non rispetta i requisiti previsti dall'art. 2358 c.c.
Osservazioni
Il precedente del Tribunale di Treviso, che qui si annota brevemente, concerne operazioni che si sono verificate con grande frequenza nella prassi, soprattutto con riferimento alle due banche popolari venete: Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Le operazioni che, nel gergo giornalistico, vengono definite “baciate” consistono in un collegamento negoziale fra un finanziamento e un acquisto di azioni. Il soggetto interessato a comprare le azioni non dispone della provvista necessaria e, così, il danaro gli viene messo a disposizione dalla banca medesima. Il punto è che l'art. 2358 c.c. vieta espressamente codeste operazioni, stabilendo che “la società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste dal presente articolo” (art. 2358, comma 1, c.c.). In casi eccezionali (sui quali però non è opportuno soffermarsi in questa sede, per non uscire fuori tema) è consentito alla società finanziare l'acquisto di azioni proprie. In tutti gli altri casi, l'operazione è vietata dalla legge.
La ratio dell'art. 2358 c.c. e le conseguenze della sua violazione Qual è la ratio dell'art. 2358 c.c.? La disposizione serve ad assicurare la consistenza patrimoniale della società che potrebbe essere messa a repentaglio se la società finanziasse l'acquisto di azioni proprie. Per comprendere meglio il senso della norma è opportuno distinguere fra conferimenti iniziali e aumenti di capitale I conferimenti iniziali non possono essere restituiti ai soci. Addirittura l'art. 2626 c.c. prevede che “gli amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscono, anche simulatamente, i conferimenti ai soci … sono puniti con la reclusione fino a un anno”. Se, durante la vita della società, vi fossero esigenze finanziarie, potrà essere deliberato un aumento di capitale. I soci che partecipano all'aumento di capitale devono conferire in società risorse vere. Se la società prestasse danaro ai soci per pagare gli aumenti di capitale, il danaro non aumenterebbe la consistenza patrimoniale della società, poiché il danaro vi è uscito poco prima sotto forma di finanziamento. Si immagini il seguente esempio. Una società bancaria fa un aumento di capitale di un milione di euro, che viene sottoscritto da due soci (ciascuno per 500.000 euro). Se la banca presta un milione di euro ai due soci per pagare l'aumento di capitale, non vi è alcun rafforzamento patrimoniale della banca, perché vero è che entra un milione di euro, ma detto milione è uscito poco prima dalla società per finanziare i soci. Dopo un'operazione del genere, la banca vanta un mero credito alla restituzione del prestito. Solo se i due soci pagheranno integralmente il loro debito con la società, questa disporrà della consistenza patrimoniale che l'aumento di capitale voleva garantire. Cosa brevemente illustrata la ratio della disposizione, bisogna poi comprendere quali siano le conseguenze della violazione dell'art. 2358 c.c. Al riguardo si può osservare che la norma è imperativa: essa difatti mira a tutelare gli interessi terzi e “superiori” dei creditori della società, che potrebbero essere danneggiati da aumenti di capitale fittizi, senza reale accrescimento delle risorse di cui dispone la società. Se l'art. 2358 c.c. configura disposizione imperativa, gli atti con i quali si viola detta disposizione sono nulli. E gli atti che violano l'art. 2358 c.c. sono due:
Più precisamente, l'art. 2358 c.c. prevede che la società “non può … accordare prestiti … per l'acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni”. Si tratta di un divieto di legge. Considerando l'imperatività della disposizione, il finanziamento in violazione della norma è nullo. Così come lo è il successivo acquisto delle azioni. La Corte di cassazione ha già avuto modo di occuparsi di operazioni poste in essere in violazione dell'art. 2358 c.c., stabilendo che il divieto di assistenza finanziaria per l'acquisto di azioni proprie, in quanto diretto alla tutela dell'effettività del patrimonio sociale, ha carattere assoluto e va inteso in senso ampio (Cass., 19 giugno 2013, n. 15398). Ne consegue – sempre secondo la Cassazione – che è vietata qualsiasi forma di agevolazione finanziaria (avvenga essa prima o dopo l'acquisto), atteso che assume rilevanza il nesso strumentale fra il prestito e l'acquisto di azioni proprie, funzionale al raggiungimento da parte della società dello scopo vietato. Con riferimento al caso affrontato nella sentenza in commento, il Tribunale di Treviso constata poi che non tutta la provvista messa a disposizione dalla banca (200.000 euro) è stata usata per acquistare le azioni, ma solo una parte - seppur consistente - di essa (170.009 euro). Per questa ragione il tribunale trevigiano dichiara la nullità dell'operazione nei limiti dell'importo usato per l'acquisto delle azioni (170.009 euro). Per questo importo il giudice ritiene provato un vincolo di destinazione del finanziamento (= acquisto delle azioni). Per la restante parte (poco meno di 30.000 euro) non sussiste alcun vincolo di destinazione e l'operazione non può considerarsi nulla. Si tratta dunque di una baciata che si potrebbe definire “parziale”. Con la nullità dell'operazione potrebbe concorrere la fattispecie della responsabilità degli amministratori della banca che hanno dato origine a un'operazione nulla. Tuttavia la possibile responsabilità degli amministratori non vale a escludere la nullità dell'operazione. In questo senso si è espresso il già menzionato provvedimento del Tribunale di Venezia, 15 giugno 2016.
L'aplicabilità dell'art. 2358 c.c. alle società cooperative Si deve poi comprendere se il divieto di finanziamenti per gli acquisti di azioni proprie si possa applicare anche al di fuori del contesto delle società per azioni. L'art. 2358 c.c. è dettato per la società per azioni. La Corte di cassazione, in un precedente datato (Cass., 4 ottobre 1984, n. 4916), ha affermato che il principio enunciato dall'art. 2358 c.c. con riferimento alla società per azioni è espressione di un principio generale applicabile anche alla società a responsabilità limitata. Non si rinvengono però precedenti di legittimità che hanno trattato la questione dell'applicabilità dell'art. 2358 c.c. alle società cooperative. Nella disciplina delle società cooperative non si trova difatti una disposizione espressa che regoli i finanziamenti per gli acquisti di azioni proprie. Vi è solo l'art. 2529 c.c., che regola però “l'acquisto delle proprie azioni”, e non il loro finanziamento. In difetto di una norma espressa, opera l'art. 2519, comma 1, c.c., secondo cui “alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni”. L'art. 2358 c.c. è compatibile con le società cooperative? La risposta che dà il Tribunale di Treviso, nella sua sentenza, è positiva. Un ostacolo all'applicabilità alle società cooperative del divieto di finanziamenti effettuati dalla società per gli acquisti di azioni della società medesima parrebbe essere dato dal fatto che per la costituzione delle cooperative non è previsto un patrimonio minimo. L'art. 2524, comma 1, c.c. prevede che il capitale sociale non è determinato in un ammontare prestabilito. Tuttavia il Tribunale di Treviso non reputa questo argomento decisivo. Difatti l'art. 2358 c.c. non tutela la consistenza minima del capitale, ma la consistenza in sé del capitale. Come si è visto sopra, se le azioni vengono acquistate con la provvista creata con i finanziamenti della società, il capitale non è effettivo, in quanto esso sarà incassato solo quando i soci avranno provveduto a restituire integralmente alla società i finanziamenti ricevuti. Per tutto il periodo in cui il finanziamento non è stato restituito, la società non ha un patrimonio reale, ma solo un credito nei confronti dei soci. Questa situazione è potenzialmente pericolosa per i creditori della società, che potrebbero avere difficoltà ad essere soddisfatti. Per sottolineare l'importanza della tutela dei creditori anche nelle società cooperative, il Tribunale di Treviso evoca l'art. 2545 terdecies c.c. Si tratta della disposizione che prevede l'assoggettabilità a liquidazione coatta amministrativa delle cooperative La norma stabilisce altresì che le cooperative che svolgono attività commerciale sono soggette anche al fallimento. La par condicio creditorum che caratterizza le procedure concorsuali è espressione della tutela dei creditori, che vi deve essere già prima dell'assoggettamento a procedure concorsuali, e di cui l'art. 2358 c.c. è espressione. Il Tribunale di Treviso continua la propria argomentazione ricordando che sarebbe contraddittorio ridurre la tutela dei creditori proprio nell'ambito dell'attività bancaria. Come è noto, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca erano società cooperative per azioni, esercenti l'attività bancaria. Il tribunale trevigiano correttamente osserva che sarebbe contraddittorio escludere la tutela dei creditori proprio nell'ambito di società bancarie, per il solo fatto che esse rivestissero la qualità di società cooperative per azioni (e non di società per azioni).
Conclusioni
La vicenda delle operazioni c.d. “baciate” ha toccato profondamente un alto numero di investitori, soprattutto in Veneto. La sentenza del Tribunale di Treviso costituisce uno dei primi precedenti che dichiara la nullità sia del finanziamento sia del correlato acquisto delle azioni. Solo pochi investitori hanno fatto causa alla banca che è succeduta alle due popolari venete. La maggior parte degli investitori si è limitata a domandare l'ammissione allo stato passivo della liquidazione coatta della vecchia banca del proprio credito restitutorio o risarcitorio. A oggi non risulta che i commissari delle due liquidazioni coatte si siano espressi sul punto. In caso di mancata ammissione del credito, il precedente del Tribunale di Treviso potrebbe tornare utile agli investitori nell'ambito del giudizio di opposizione allo stato passivo.
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