Lucro cessante da anticipata cessazione del rapporto di locazione commerciale: al locatore spetta il risarcimento dei canoni non percepiti

Vincenzo Liguori
30 Giugno 2020

In caso d'inadempimento contrattuale del conduttore che comporti la restituzione anticipata dell'immobile oggetto della locazione, il locatore adempiente ha diritto al pagamento dei canoni maturati successivamente alla restituzione e fino alla naturale scadenza del contratto di locazione?
Massima

Il locatore che abbia chiesto e ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per l'anticipata cessazione del rapporto di locazione detratto l'utile ricavato o che avrebbe potuto ricavare con la normale diligenza. Il giudice di merito, nella valutazione dell'ammontare del danno risarcibile, terrà conto di tutte le circostanze del caso concreto, parametrando il mancato guadagno all'interesse positivo alla percezione dei canoni di locazione concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore oppure, in mancanza di questa, fino alla scadenza naturale del contratto.

Il caso

La conduttrice citava in giudizio la locatrice e chiedeva la risoluzione del contratto di locazione ad uso commerciale per inadempimento di quest'ultima per l'omessa consegna della documentazione tecnica necessaria per l'adeguamento del certificato di prevenzione incendi. La locatrice si costituiva in giudizio e, a sua volta, eccepiva l'inadempimento contrattuale della conduttrice per il mancato pagamento dei canoni di locazione per i quali aveva già chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo, opposto dalla stessa conduttrice. Riuniti i due procedimenti il Tribunale rigettava le domande della conduttrice, revocava il decreto ingiuntivo per l'intervenuto pagamento dei canoni chiesti e condannava la conduttrice al pagamento dei canoni di locazione maturati fino alla data di riconsegna formale dell'immobile oggetto della locazione. La locatrice appellava la relativa sentenza in quanto il Tribunale non aveva accolto la sua domanda di condanna della conduttrice al pagamento anche dei canoni di locazione dovuti successivamente alla data di riconsegna dell'immobile e fino alla naturale scadenza del contratto. La Corte d'appello accoglieva parzialmente la domanda della locatrice e condannava la conduttrice al pagamento degli ulteriori canoni dovuti dalla riconsegna dell'immobile alla naturale scadenza del contratto di locazione. Avverso tale decisione la conduttrice proponeva ricorso per cassazione che affidava a cinque motivi tra cui la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1591 e 1223 c.c. per avere la Corte d'appello riconosciuto alla locatrice il diritto a ricevere il canone pattuito anche per il periodo successivo alla riconsegna dell'immobile.

La questione

In caso d'inadempimento contrattuale del conduttore che comporti la restituzione anticipata dell'immobile oggetto della locazione, il locatore adempiente ha diritto al pagamento dei canoni maturati successivamente alla restituzione e fino alla naturale scadenza del contratto di locazione?

Le soluzioni giuridiche

Un orientamento minoritario riteneva che il locatore, una volta avvenuti la risoluzione per inadempimento del conduttore ed il conseguente rilascio dell'immobile, non potesse lamentare un danno per la mancata percezione dei canoni locativi che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza naturale del contratto oppure fino alla ri-locazione (interesse contrattuale negativo). Tale orientamento, invero, fondava la sua ratio sul presupposto che il canone locativo costituisse il corrispettivo della privazione della facoltà di godimento del bene locato ed affermava perciò che se il locatore, in seguito alla risoluzione del contratto, fosse ritornato nella disponibilità materiale del bene, avendone ripristinato il proprio godimento non avrebbe potuto poi pretendere la corresponsione dei canoni che avrebbe percepito in assenza dell'inadempimento della controparte (Cass. civ., 20 gennaio 2017, n. 1426; Cass. civ., 10 dicembre 2013, n. 27614).

Un orientamento maggioritario, invece, attribuiva al locatore non inadempiente il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione dell'interesse contrattuale positivo e, pertanto, il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni fossero state regolarmente adempiute, detratto l'utile ricavato o che avrebbe potuto ricavare con l'uso della normale diligenza nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura ed il termine convenzionale del rapporto inadempiuto (Cass. civ., 12 febbraio 2015, n. 2865; Cass. civ., 24 aprile 2008, n. 10677; Cass. civ., 3 settembre 2007, n. 18510; Cass. civ., 26 gennaio 1980, n. 676; Cass. civ., 8 ottobre 1970, n. 1880).

La Suprema Corte, con la decisione in commento, ha ritenuto:

  • di prendere “apertamente le distanze” dall'orientamento minoritario;
  • di dare seguito all'orientamento maggioritario prevedendo che se il proprietario - o chi abbia la disponibilità del bene - non consegua l'interesse contrattuale voluto (positivo), consistente nella percezione di un canone a fronte del godimento garantito al conduttore, si venga a determinare in capo a questi un danno che non viene meno per la sola ri-acquisita disponibilità del bene. Il locatore, pertanto, secondo la Corte di Cassazione, continuerà a subire un pregiudizio economico derivante dalla risoluzione sino alla successiva rilocazione del bene a terzi oppure, in mancanza di questa, fino alla scadenza naturale del contratto, salva la riduzione del danno e del conseguente risarcimento laddove il conduttore fornisca la prova che il creditore avrebbe potuto evitare e/o ridurre i danni se avesse usato l'ordinaria diligenza.

Osservazioni

La questione de qua riflette ciò che più in generale riguarda la parametrazione funzionale della pretesa risarcitoria ex art. 1453, comma 1, c.c., in conseguenza dell'inadempimento contrattuale.

La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, ha inteso applicare il principio generale di cui all'art. 1453, comma1, c.c., anche all'istituto delle locazioni precisando che in caso d'inadempimento il locatore adempiente potrà chiedere l'esatto adempimento o la risoluzione contrattuale ed in entrambi i casi il risarcimento dei danni di cui all'art. 1223 c.c., nei limiti di cui all'art. 1227, comma 2, c.c.

Tale arresto riconosce che il danno da risarcire, a titolo di lucro cessante, sia rappresentato da quel mancato reddito locatizio causato dalla mancata percezione dei canoni, e pone tale interesse positivo ben al di sopra della mera ri-acquisita disponibilità della res locata, in quanto non coerente con l'impostazione che correla il risarcimento da inadempimento all'interesse contrattuale positivo. Il pregiudizio risarcibile coincide con la deminutio patrimoniale rappresentata dalla differenza tra il valore del patrimonio del danneggiato rilevato in seguito all'inadempimento/fatto illecito e l'incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta dal debitore e/o il fatto dannoso non si fosse verificato.

L'art. 1223, nell'intenzione del Legislatore del '42, intende affidare allo strumento risarcitorio il ripristino di due aspetti differenti scaturenti dall'evento dannoso, ovvero sia la "perdita subita" (danno emergente) sia il "mancato guadagno" (lucro cessante). La Suprema Corte ha altresì, da oltre trent'anni, ben interpretato il nesso che si instaura tra inadempimento e lucro cessante, formulando il principio della necessaria valutazione del patrimonio non già in senso giuridico, ma in senso economico, desumendo la possibilità di risarcire quell'entità di guadagno giuridicamente mancante (rectius: non esistente) ma economicamente rilevante per chi la subisca (Cass. civ. 18 luglio 1989, n. 3352).

In punto di an debeatur, pertanto, se è vero che il risarcimento è lo strumento attraverso cui si realizza quella funzione compensativa-riparatoria propria del sistema della responsabilità civile, è indubbio che la verosimile diminuzione di valore del patrimonio del danneggiato, causalmente riconducibile all'inadempimento del debitore, possa considerarsi ristorabile compiendo un raffronto tra due decorsi evolutivi del patrimonio del creditore: uno reale e l'altro ipotetico. Solo tramite questo giudizio logico-induttivo di sovrapposizione l'interprete potrà ritenere o meno, con fondata probabilità, se il mancato guadagno si sarebbe venuto a realizzare qualora il contratto fosse stato posto in esecuzione senza il sopraggiungere di avvenimenti patologici. Superata tale valutazione sarà possibile liquidare il mancato guadagno tramite il ristoro per equivalente.

In tema di monetizzazione del quantum risarcibile, la giurisprudenza insegna che la misura del danno deve avere per oggetto l'intero pregiudizio subìto dal soggetto danneggiato, essendo il risarcimento diretto alla completa restitutio in integrum del patrimonio del leso.

In una fattispecie come quella in commento la determinazione del mancato guadagno, dopo essere stata fondatamente desunta dalla ricostruzione ideale di quanto il danneggiato-creditore avrebbe conseguito in ordine alla normale esecuzione del contratto (in base al predetto ragionamento ipotetico tendente ad accertarne la verosimile e fondata attendibilità), la liquidazione incontrerà un unico limite, la cui interpretazione è sempre rimessa all'interprete del merito, ovvero che siffatta ricostruzione non può essere suffragata da una troppo semplicistica ed astratta possibilità di lucro (avvenuta su un piano meramente ipotetico), bensì deve muovere da una situazione concreta che consenta di ritenere anche quantitativamente fondata ed attendibile quella determinata possibilità di guadagno per il creditore-danneggiato.

A tal fine il creditore-danneggiato, sul piano processuale, sarà tenuto a dimostrare, sulla base di elementi concreti (e, dunque, anche ricorrendo a presunzioni ex artt. 2727 e 2729 c.c.), che in assenza dell'inadempimento del debitore avrebbe conseguito un determinato (o, quantomeno, determinabile, sulla base di criteri oggettivi) vantaggio patrimoniale che non si è invece concretizzato a causa dell'inadempimento.

Viceversa per il debitore-danneggiante che intenda arrestare o, quantomeno, limitare la pretesa creditoria resterà la possibilità di dimostrare che il creditore avrebbe potuto, adoperando l'ordinaria diligenza di cui all'art. 1176, comma 1, c.c., diminuire l'entità del danno, secondo i canoni dettati dall'art. 1227, comma 2, c.c. (qualora, ad esempio, il locatore avrebbe potuto agevolmente ri-locare il proprio immobile e porre rimedio a quel mancato guadagno imputabile inizialmente all'ex conduttore o abbia immotivatamente rifiutato delle concrete e vantaggiose proposte di locazione da parte di nuovi aspiranti conduttori).

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