Applicazione retroattiva delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 cod. ass. per la quantificazione del danno da malpractice medica

15 Luglio 2020

Il nodo da sciogliere riguarda la definizione del momento a partire dal quale devono essere applicate, in materia di responsabilità sanitaria, le tabelle legislative previste dagli artt. 138 e 139 cod. ass., ai fini della liquidazione del danno derivante dalla lesione alla salute patito dal paziente: in particolare, si tratta di chiarire se tale sistema di valutazione debba o meno essere applicato in via retroattiva.
Massima

L'art. 3, comma 3, del d.l. 158/2012, convertito nella l. 189/2012 (legge Balduzzi) – norma secondo cui, nelle controversie riguardanti la responsabilità per l'esercizio della professione sanitaria, il danno va risarcito in base alle tabelle previste dagli artt. 138 e 139 cod. ass. [così come successivamente confermato dall'art. 7, comma 4, della l. 24/2017 (legge Gelli-Bianco)] – non modifica gli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, per cui va applicato in tutti i casi in cui il giudice sia chiamato a procedere alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, con il solo limite della formazione del giudicato interno sul quantum.

Il caso

La sentenza si pronuncia su un caso relativo a una bambina affetta da una sindrome alquanto rara: malattia non diagnosticata correttamente dai medici, che sottoporranno la paziente a un trattamento inadeguato, comprensivo di un intervento chirurgico tale da peggiorare la sua condizione. A carico della minore, portatrice di una menomazione preesistente valutata in una percentuale del 10%, vengono a prodursi ulteriori postumi permanenti pari al 6% di invalidità. Oggetto di contestazione appare la valutazione di tale pregiudizio, da parte dei giudici di merito, avvenuta tramite l'applicazione retroattiva dell'art. 3, comma 3, della legge Balduzzi, in ragione del quale il danno biologico risulta liquidato secondo le tabelle previste (dall'art. 138 e) dall'art. 139 cod. ass.

La questione

Il nodo da sciogliere riguarda la definizione del momento a partire dal quale devono essere applicate, in materia di responsabilità sanitaria, le tabelle legislative previste dagli artt. 138 e 139 cod. ass., ai fini della liquidazione del danno derivante dalla lesione alla salute patito dal paziente: in particolare, si tratta di chiarire se tale sistema di valutazione debba o meno essere applicato in via retroattiva.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione si interroga sull'applicazione, nel campo della malpractice medica, degli artt. 138 e 139 cod. ass.: prevista inizialmente dall'art. 3, comma 3, della legge Balduzzi (d.l. 158/2012 convertito con modificazioni nella l. 189/2012) e confermata dall'art. 7, comma 4, della legge Gelli-Bianco (l. 24/2017). La formulazione attuale delle due norme è frutto di un percorso normativo assai complesso, posto che tale sistema di valutazione è stato introdotto nel 2001, con l'emanazione dell'art. 5 della l. 57/2001 in materia di micropermanenti, per venire modificato e integrato con l'art. 23, comma 3, della l. 273/2002, e per confluire successivamente in seno al Codice delle assicurazioni private, fino ad essere da ultimo riformato con la l. 124/2017 (tramite l'art. 1, comma 17, per quanto riguarda l'art. 138, e il successivo comma 19 con riferimento all'art. 139). Pronunciandosi in merito alla trasposizione, nell'area della responsabilità sanitaria, del medesimo criterio di liquidazione dei pregiudizi derivanti da lesione alla salute adottato nel campo dei sinistri stradali, i giudici di legittimità - riconoscendo che analoghe esigenze risarcitorie risultano sottese ai due settori – appaiono propensi ad affermare la fondatezza di una simile operazione, la legittimità costituzionale della quale andrebbe tratta in base alle argomentazioni a suo tempo formulate dalla Consulta nella pronuncia n. 235/2014.

Secondo la S.C., la norma che prevede l'applicazione, in materia di malpractice medica, delle tabelle normative non prospetta la questione di una successione di leggi nel tempo; diversamente, si assiste, in materia di esercizio della valutazione equitativa da parte del giudice, all'applicazione di una nuova disposizione normativa che viene a sostituire una precedente prassi giurisprudenziale. Ciò posto, secondo i giudici di legittimità, l'applicazione retroattiva delle tabelle non porterebbe ad un'ingiustificata disparità di trattamento tra giudizi ormai conclusi e giudizi pendenti, “atteso che proprio e soltanto la definizione del giudizio – e la formazione del giudicato – preclude una modifica retroattiva della regola giudiziale a tutela della autonomia della funzione giudiziaria e del riparto delle attribuzioni al potere legislativo e al potere giudiziario”. La norma innovativa sarebbe, dunque, applicabile laddove il potere del giudice debba ancora essere esercitato nel corso del processo. La Cassazione sostiene che, in tal modo, non si verrebbe comunque a comprimere la consistenza del diritto, in quanto definire, tramite l'intervento legislativo, le modalità di apprezzamento del valore monetario equivalente al bene perduto “non va a incidere su alcuno degli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite nel patrimonio del soggetto”.

Osservazioni

Nel formulare alcune osservazioni critiche quanto alle conclusioni raggiunte dalla S.C., una considerazione di carattere preliminare va effettuata relativamente al caso concreto oggetto del giudizio: riguardante un danno differenziale legato al peggioramento di pregresse condizioni invalidanti della vittima. Benché la menomazione aggiuntiva ammonti al 6%, non appare corretto operare una valutazione del danno in termini di micropermanente: rientrante, come tale, nel campo di applicazione dell'art. 139 cod. ass. Va osservato, infatti, che il pregiudizio viene ad aggravare una condizione invalidante, pari al 10%, che già in partenza si colloca al di sopra del limite delle lesioni di lieve entità. Non essendo in discussione la natura di danno differenziale del pregiudizio in esame, i giudici di legittimità avrebbero dovuto applicare i criteri (ribaditi, peraltro, da altra sentenza della decade di San Martino: v. Cass. civ., n. 28986/2019) relativi a tale peculiare ipotesi, che fanno capo al confronto tra il valore della conversione in denaro dell'invalidità complessiva della vittima e quello dell'invalidità preesistente. Per il calcolo di entrambi tali valori non avrebbero, dunque, trovato applicazione le tabelle normative (non essendo stata ancora emanata la tabella di cui all'art. 138, relativa alle invalidità superiori al 9%).

Qualche perplessità va formulata, altresì, con riguardo alle sbrigative considerazioni messe in campo dalla S.C. - per riconoscere l'analogia tra il campo dei sinistri stradali e quello della responsabilità sanitaria - essendo le stesse basate esclusivamente sull'estensione del regime assicurativo obbligatorio nel settore sanitario e sulla possibilità di esercizio dell'azione diretta del paziente danneggiato nei confronti dell'impresa assicurativa. L'argomentazione appare alquanto debole, tenuto contro della possibilità, assai diffusa nella pratica, di applicare un regime di autoassicurazione da parte delle strutture sanitarie. Molte appaiono, in realtà, le differenze tra i due settori: tali, di per sé, da non poter giustificare un'automatica estensione all'ambito sanitario del riconoscimento quanto alla legittimità costituzionale dell'art. 139 cod. ass., basata sul semplice richiamo della sentenza n. 235/2014 della Consulta. Quest'ultima, infatti, mette in campo una serie di argomentazioni attinenti alle sole ipotesi delle micropermanenti derivanti da sinistri stradali.

Per quanto riguarda il portato della norma (della cui applicazione retroattiva si discute), va rilevato che la Cassazione osserva come non si assista a una successione di leggi nel tempo, ma all'applicazione di una nuova disposizione di legge rispetto a una precedente prassi giurisprudenziale. Il medesimo meccanismo opera nel caso (preso in esame da altra sentenza della decade di San Martino: v. Cass. civ., n. 28994/2019) riguardante la qualificazione, in termini extracontrattuali, della responsabilità del medico: introdotta dalla Legge Gelli-Bianco, modificando la precedente interpretazione giurisprudenziale propensa all'inquadramento contrattuale della fattispecie. Le conclusioni raggiunte dalla S.C. in quest'ultimo caso sono, tuttavia, diametralmente opposte rispetto a quelle cui perviene la sentenza in commento: là, infatti, si sostiene – in maniera del tutto condivisibile - che un'applicazione retroattiva dell'indicazione legislativa violerebbe le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario, venendo a incidere in maniera inammissibile sui singoli processi in corso e determinando, di conseguenza, la lesione dell'affidamento di coloro che hanno intrapreso un'azione giudiziaria sulla base delle regole applicate al diritto vivente. Il diverso orientamento, propugnato dai giudici nella sentenza in commento, si deve essenzialmente al fatto che - secondo la Cassazione - il profilo relativo alla quantificazione del danno non verrebbe a intaccare gli elementi costitutivi della fattispecie legale di responsabilità civile.

Ora, l'idea mirante a considerare la valutazione del danno come elemento estraneo alla fattispecie di responsabilità non può essere, per alcun verso, condivisa. Diversamente da quanto sottolineato dai giudici di legittimità, l'entità del danno non viene condizionata soltanto dagli elementi valutativi relativi al grado di invalidità, età, e via dicendo, ma anche dai criteri attraverso i quali il pregiudizio viene convertito in denaro. Il riconoscimento della responsabilità appare finalizzato a far scattare il risarcimento, che risulta quindi parte essenziale della fattispecie. Ora, posto che il risarcimento transita necessariamente attraverso la conversione in denaro del pregiudizio patito dalla vittima, non può negarsi che qualsiasi ritocco in senso limitativo di un simile meccanismo implica di per sé un'incidenza negativa sulla consistenza del diritto.

La tabella normativa relativa alle micropermanenti, diversamente da quanto sottolineato dalla sentenza in commento, non “rappresenta l'espressione della misura monetaria della perdita di validità biologica ritenuta più adeguata a garantire il ristoro dell'effettivo danno patito”; tant'è vero che, fuori dal relativo campo operativo, si applicano le tabelle giurisprudenziali, ove ben diversa appare la consistenza del valore del punto. Priva di fondamento appare, dunque, la conclusione i giudici di legittimità secondo cui tale sistema di valutazione risponde, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 138 cod. ass., a criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità. La precisazione normativa (introdotta con la riforma del 2017) in quella disposizione ha, infatti, lo scopo di garantire che – all'atto dell'emanazione della tabella delle macroinvalidità - i relativi valori non vengano a discostarsi da quelli ordinariamente applicata nella prassi giurisprudenziale; ciò per evitare che avvenga ciò che invece, è accaduto con l'introduzione della tabella delle micropermanenti, contenente valori del punto significativamente inferiori rispetto a quelli praticati dalle corti. Una volta riconosciuto che con la tabella delle micropermanenti non si è fatto luogo a un semplice aggiornamento del metodo di conversione in denaro del danno non patrimoniale derivante da lesione alla salute, bensì si è introdotta una compressione del risarcimento per le lesioni di lieve entità (derivanti da sinistri stradali), del tutto incongruenti appaiono i richiami – operati dalla sentenza in commento – ai precedenti di legittimità in cui si afferma che, ove il giudice debba procedere alla liquidazione del danno non patrimoniale, dovrà dare applicazione alle tabelle più aggiornate. Qui – infatti - non si tratta di procedere a un adeguamento di carattere tecnico, riferendosi alla tabella più recente, bensì di fare ricorso a un diverso metodo valutativo, avente un carattere fortemente limitativo.

Soccorre, infine, a respingere l'idea della retroattività in ordine all'applicazione della tabella delle micropermanenti un preciso dato normativo. Va rammentato che, all'atto della riforma del sistema tabellare operata attraverso la legge sulla concorrenza del 2017, il legislatore ha precisato che la tabella unica nazionale relativa alle lesioni di non lieve entità troverà applicazione esclusivamente ai sinistri e agli eventi verificatisi successivamente alla data di entrata in vigore della stessa (art. 1, comma 18, l. 124/2017). Diventa, allora, impraticabile una conclusione di segno contrario per la tabella di cui all'art. 139 cod. ass., risultando del tutto irragionevole un trattamento differenziato – in punto di retroattività – in ordine alle lesioni di lieve entità.

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