Intermediazione finanziaria: l'esperienza dell'investitore non esonera la banca dagli obblighi informativi

29 Settembre 2020

In tema di intermediazione finanziaria, l'intermediario non è esonerato, in presenza di un investitore pur aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall'assolvimento degli obblighi informativi...
Massima

In tema di intermediazione finanziaria, l'intermediario non è esonerato, in presenza di un investitore pur aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall'assolvimento degli obblighi informativi, prescritti in generale e senza eccezioni dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 con le relative prescrizioni di cui al regolamento Consob n. 11522 del 1998, e successive modificazioni, permanendo in ogni caso l'obbligo primario dell'intermediario di offrire la piena informazione circa la natura, il rendimento ed ogni altra caratteristica del titolo.

Il caso

Un investitore ha adito il Tribunale di Bologna per ottenere l'accertamento della nullità o dell'inefficacia o dell'annullamento del contratto di negoziazione concluso con la Banca M. P. S. e dei negozi attuativi del medesimo, e per ottenere la condanna della banca al pagamento di una somma di denaro.

Il Tribunale di Bologna ha respinto tutte le domande proposte dall'attore.

La Corte d'Appello di Bologna ha respinto l'impugnazione.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la parte soccombente. La banca intimata ha presentato controricorso.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

La parte ricorrente ha eccepito, tra i vari motivi di impugnazione, la violazione o falsa applicazione degli artt. 21 e 28, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998 (Testo Unico della Finanza), e dell'art. 29 reg. Consob n. 11522 del 1998, deducendo come la Corte d'Appello di Bologna abbia ritenuto irrilevante l'inadempimento della banca ai propri obblighi informativi in quanto la cliente aveva già operato investendo in titoli di pari rischio. Invero - ha aggiunto parte ricorrente - il comportamento pregresso dell'investitore non può valere a privarlo del diritto di invocare, con riguardo ad ulteriori acquisti, l'applicazione della disciplina di tutela, posto che solo un adeguato e corretto adempimento all'obbligo informativo permette una ponderata scelta di investimento con riguardo al singolo ordine. Infine, la ricorrente ha evidenziato come la banca non abbia neppure segnalato l'inadeguatezza degli investimenti da ella stessa compiuti.

Orbene, l'art. 21 del Testo Unico della Finanza, al primo comma, prevede che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti; d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi e delle attività. Si tratta di obblighi informativi aventi carattere generale e che non prevedono eccezioni.

L'art. 28 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, applicabile al caso di cui trattasi, specifica inoltre che gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione “se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte...”. Sicché, come giustamente sottolineato dalla Suprema Corte, non ha pregio la tesi secondo cui, in presenza di un investitore pur aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato, che risultino dalla sua condotta pregressa, la banca sia esonerata dall'assolvimento degli obblighi informativi, prescritti in generale e senza eccezioni dall'art. 21TUF, con le relative specificazioni regolamentari.

Ancora, l'art. 23 comma 6 TUF, in tema di contratti, prevede che “nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta”. Si tratta dunque - sottolineano i giudici di legittimità - di un'inversione dell'onere della prova in favore del cliente, spettando all'intermediario di provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta: grava pertanto sulla banca l'onere di dimostrare, in particolare, di avere correttamente informato i clienti sulla natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione o del servizio. Obbligo primario dell'intermediario - prosegue la Corte - è offrire la piena informazione attiva circa la natura, i rendimenti ed ogni altra caratteristica del titolo, non potendosi affatto presumere che l'investitore debba necessariamente cogliere tutte le implicazioni di un dato investimento, solo perché in passato abbia già acquistato azioni o altri titoli, sebbene a rischio elevato.

La Corte ha inoltre chiarito che, se è certamente vero che il danno derivante dall'inadempimento degli obblighi informativi non può mai considerarsi in re ipsa, tuttavia - in assenza dell'assolvimento dell'obbligo informativo - sussiste una presunzione dell'esistenza del nesso di causalità, quanto alla avvenuta effettuazione di una scelta non consapevole da parte dell'investitore, i cui effetti pregiudizievoli non possono pertanto essere ascritti alla sua volontà; né la precedente o contestuale condotta di investimento in altri titoli rischiosi fa venire meno gli obblighi previsti dalla legge in capo all'intermediario (così Cass. 4 aprile 2018, n. 8338, non massimata; nello stesso senso, Cass. 17 aprile 2020, n. 7905).

I supremi giudici hanno infine aggiunto che l'intermediario finanziario è tenuto a fornire al cliente una dettagliata informazione preventiva circa i titoli mobiliari, ricorrendo un inadempimento sanzionabile ogni qualvolta detti obblighi informativi non siano integrati e restando irrilevante, a tal fine, ogni valutazione di adeguatezza dell'investimento (Cass. 18 giugno 2018, n. 15936), posto che l'inosservanza dei doveri informativi da parte dell'intermediario è fattore di disorientamento dell'investitore, che condiziona le sue scelte di investimento (Cass. 16 febbraio 2018, n. 3914; ed, ancora, v. Cass. 2 aprile 2019, n. 29106).

Conclusioni

In conclusione, nella sentenza in commento la Corte di Cassazione ha fissato i seguenti principi di diritto:

- In tema di intermediazione finanziaria, l'intermediario non è esonerato, in presenza di un investitore pur aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall'assolvimento degli obblighi informativi, prescritti in generale e senza eccezioni dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 con le relative prescrizioni di cui al regolamento Consob n. 11522 del 1998, e successive modificazioni, permanendo in ogni caso l'obbligo primario dell'intermediario di offrire la piena informazione circa la natura, il rendimento ed ogni altra caratteristica del titolo.

- Pur non potendo mai il danno derivante all'investitore dall'inadempimento degli obblighi informativi dell'intermediario considerarsi in re ipsa, tuttavia, in assenza dell'assolvimento dell'obbligo informativo dell'intermediario previsto dalla legge, sussiste una presunzione dell'esistenza del nesso di causalità, quanto all'avvenuta effettuazione di una scelta non consapevole da parte dell'investitore, senza che la precedente o la contestuale condotta di investimento in altri titoli rischiosi esoneri dall'adempimento degli obblighi informativi in capo all'intermediario, né integri la prova contraria su di lui gravante.

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