Interessi moratori e usura: le risposte delle Sezioni Unite

Fabio Fiorucci
06 Ottobre 2020

La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la conces-sione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al con-tratto concluso.
Massima

La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso.

La mancata indicazione dell'interesse di mora nell'ambito del TEGM non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché "fuori mercato.

Si applica l'art. 1815 c.c., comma 2, onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l'art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente debenza degli interessi corrispettivi lecitamente convenuti.

Anche in corso di rapporto sussiste l'interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell'accordo; una volta verificatosi l'inadempimento ed il presupposto per l'applicazione degli interessi di mora, la valutazione di usurarietà attiene all'interesse in concreto applicato dopo l'inadempimento.

Il debitore, il quale intenda provare l'entità usuraria degli stessi, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del TEGM nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento.

Il caso

Con ordinanza interlocutoria del 22 Ottobre 2019, n. 26946 la I Sezione della Cassazione civile ha rimesso alle Sezioni Unite alcune questioni sulla usurarietà degli interessi moratori di particolare importanza, «oggetto di discussione in un considerevole numero di giudizi, anche di notevole valore economico, il cui esito nelle fasi di merito, avendo dato luogo a soluzioni diversificate, consente di attribuire al relativo esame uno spiccato rilievo nomofilattico». Con la decisione in commento del 18 settembre 2020 n. 19597 le Sezioni Unite, risolvendo il contrasto giurisprudenziale, hanno chiarito alcuni rilevanti profili operativi.

Le questioni

Le Sezioni Unite hanno sostanzialmente risposto ai seguenti quesiti: gli interessi di mora sono assoggettati alla normativa antiusura? quale è il tasso soglia usura applicabile? quali sono le conseguenze della usurarietà dei soli interessi moratori? rilevano gli interessi moratori pattuiti 'in astratto' o concretamente applicati? quali sono gli oneri probatori che gravano sull'attore nelle controversie in materia di usura?

Le soluzioni giuridiche

La disciplina prevista dall'ordinamento con riguardo agli interessi usurari (art. 1815 c.c. e art. 644 c.p., nonché L. n. 108 del 1996, art. 2, D.L. n. 394 del 2000, convertito dalla L. n. 24 del 2001, e relativi decreti ministeriali, nella specie D.M. 22 marzo 2002) si applica agli interessi moratori ?

In esito ad una sintetica ricognizione delle argomentazioni favorevoli o contrarie alla inclusione degli interessi di mora nel perimetro di operatività della disciplina antiusura (v. precedente commento Usura e interessi moratori: in attesa delle Sezioni Unite), le Sezioni Unite - pur riconoscendo che il dato letterale ed i diversi argomenti sovente si equivalgano tra loro, quanto a persuasività e (non) definitività - hanno ritenuto che il concetto di interesse usurario e la relativa disciplina repressiva non sono estranei all'interesse moratorio, affinché il debitore abbia più compiuta tutela.

Al riguardo, è argomentato che esiste l'esigenza primaria di non lasciare il debitore alla mercé del finanziatore, il quale, se è subordinato al rispetto del limite della soglia usuraria quando pattuisce i costi complessivi del credito, non può dirsi immune dal controllo quando, scaduta la rata o decorso il termine pattuito per la restituzione della somma, il denaro non venga restituito e siano applicati gli interessi di mora, alla cui misura l'ordinamento (cfr. art. 41 Cost.) e la disciplina ad hoc dettata dal legislatore ordinario non restano indifferenti.

La soluzione appare condivisibile: gli interessi moratori sono comunque convenuti e costituiscono un possibile debito per il finanziato.

Quale è e come si calcola il tasso soglia usura applicabile agli interessi moratori?

Come risaputo, i decreti ministeriali non prevedono la espressa indicazione, nell'ambito del TEGM, degli interessi di mora mediamente applicati. Da tale circostanza parte della giurisprudenza ha ritenuto di trarre due conseguenze: la esclusione degli interessi moratori dall'ambito della disciplina antiusura e comunque, pure a volerli in essa ricomprendere, il loro assoggettamento al tasso soglia rilevato sulla Gazzetta Ufficiale.

Le Sezioni Unite hanno stabilito che la mancata indicazione, nell'ambito del TEGM, degli interessi di mora mediamente applicati non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali, ove essi ne contengano la rilevazione statistica.

Il tasso rilevato dai D.M. a fini conoscitivi - sia pure dichiaratamente in un lasso temporale a volte diverso dal trimestre, non sempre aggiornato a quello precedente (per i più recenti decreti, all'anno 2015) e rilevato a campione - può costituire l'utile indicazione oggettiva, idonea a determinare la soglia rilevante.

Nei recenti decreti ministeriali sono rilevati i tassi effettivi globali medi, riferiti ad anno; è individuato il tasso-soglia mediante l'aumento dei predetti tassi di un quarto, cui si aggiungono ulteriori 4 punti percentuali; si dà, altresì, conto dell'ultima rilevazione statistica condotta dalla Banca d'Italia, da cui risulta che i tassi di mora pattuiti sul mercato presentano, rispetto ai tassi percentuali corrispettivi, una maggiorazione media pari a 1,9 punti percentuali per i mutui ipotecari di durata ultraquinquennale, a 4,1 punti percentuali per le operazioni di leasing e a 3,1 punti percentuali per il complesso degli altri prestiti.

Inoltre, va considerato come il dato, pur rilevato in anni precedenti (sino al D.M. 21 dicembre 2017, si riportava il dato rilevato nel 2001; da tale decreto in poi, viene riportato il dato rilevato nel 2015), è all'evidenza reputato ancora attuale dall'autorità tecnica, dato che appunto esso viene mantenuto, sia pure "a fini conoscitivi", nei decreti ministeriali contenenti la rilevazione periodica del TEGM.

Tale rilevazione costituisce, dunque, il parametro privilegiato di comparazione, che permette di accedere a valutazioni basate su dati fattuali di tipo statistico medio, prive di discrezionalità, scongiurando, a fini di uguaglianza, difformità di applicazione.

Operativamente, avendo a riferimento i decreti ministeriali che, negli anni più recenti, prevedono uno spread tra il TEGM e la misura del tasso soglia usurario, determinato con la predetta maggiorazione (aumento di un quarto dei tassi medi, cui si aggiungono ulteriori 4 punti percentuali: art. 2, comma 2 D.M., attuando la L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4), il tasso soglia degli interessi moratori (con riguardo ad esempio ai mutui ipotecari di durata ultraquinquennale) è calcolato come segue: (TEGM + 1,9 [maggiorazione interessi moratori]) moltiplicato per 1,25 + 4.

Tale soluzione, in linea con quanto già deciso in argomento dalle Sezioni Unite riguardo alla c.d. CMS storica, è rispettosa del principio di simmetria/omogeneità di confronto (tra il TEGM rilevato trimestralmente ed il TEG della singola operazione) che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 16303 del 2018 (nonché Cass. n. 22270/2016; Cass. n. 12965/2016) hanno posto al centro del sistema antiusura, valorizzando l'esigenza logica legata all'essenza stessa di ogni procedimento comparativo, che, in quanto tale, postula un certo grado di omogeneità dei termini di riferimento.

Con riguardo al periodo - dall'entrata in vigore della L. n. 108 del 1996 sino al D.M. 25 marzo 2003 - in cui non è stata rilevata (da Bankitalia) la maggiorazione propria degli interessi moratori nei decreti ministeriali, il tasso soglia degli interessi moratori è il TEGM così come rilevato. In sostanza, le Sezioni unite, in ragione della esigenza primaria di tutela del finanziato, ritengono sia giocoforza comparare il TEG del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori in concreto applicati, con il TEGM così come in detti decreti rilevato; sarà il margine, nella legge previsto, di tolleranza a questo superiore, sino alla soglia usuraria, che dovrà offrire uno spazio di operatività all'interesse moratorio lecitamente applicato.

In riferimento a quest'ultima opzione, il rispetto dell'invocato principio di simmetria di confronto è dunque artificiosamente operato prevedendo che il TEG comprensivo degli interessi di mora sia ricompreso nel limite usurario (ossia nel margine ricompreso tra il TEGM e il tasso soglia: attualmente la differenza non può superare gli 8 punti percentuali).

In caso di riscontrata nullità o inefficacia della clausola sugli interessi moratori, sono dovuti gli interessi corrispettivi lecitamente convenuti?

Sul punto, in giurisprudenza si segnalano due indirizzi contrapposti: 1) in caso di superamento del tasso soglia d'usura da parte dei soli interessi moratori, nessuna somma è dovuta a titolo di interessi, ed il mutuatario avrà diritto a rimborsare solo la somma capitale e ad ottenere la restituzione di tutte le somme indebitamente pagate a titolo di interessi; 2) ove il tasso di mora risultasse pattuito in termini da superare il tasso-soglia rilevato all'epoca del stipulazione del contratto, la pattuizione del tasso di mora è nulla, ex art.1815, 2° co., c.c., (e quindi non applicabile), con l'effetto che, in caso di ritardo o inadempimento, non potranno essere applicati interessi di mora, ma saranno unicamente dovuti i soli interessi corrispettivi(ove pattuiti nel rispetto del tasso-soglia).

Secondo le Sezioni Unite, ove l'interesse corrispettivo sia lecito, e solo il calcolo degli interessi moratori applicati comporti il superamento della soglia usuraria, ne deriva che solo questi ultimi sono illeciti e preclusi; ma resta l'applicazione dell'art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente applicazione degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente pattuiti. Dunque la nullità della clausola sugli interessi moratori non determina anche quella degli interessi corrispettivi: resta la residua debenza di interessi ex art. 1224 c.c. dopo la risoluzione per inadempimento del contratto di finanziamento.

Tale soluzione valorizza la circostanza che dall'usurarietà dei soli interessi moratori non si deve desumere la totale gratuità del contratto di mutuo: tale prospettazione (gratuità) non è condivisibile, in quanto la sua attuazione implicherebbe la totale non risarcibilità del danno da inadempimento o da ritardo, privilegiando irragionevolmente, con la gratuità del finanziamento, proprio il debitore che non adempie all'obbligo restitutorio su di lui gravante. Opinare diversamente condurrebbe al risultato che proprio un comportamento patologico nella esecuzione del contratto, quale è l'inadempimento, determini addirittura un vantaggio patrimoniale per il debitore stesso (ex multis Trib. Taranto 17.10.2014; Trib. Chieti 23.4.2015 e 3.10.2017; Trib. Napoli 5.9.2016; Trib. Monza 19.6.2017; Trib. Siracusa 10.2.2017; Trib. Como 11.10.2017 e 17.7.2017; Trib. Locri 3.3.2018).

Rilevano gli interessi moratori pattuiti 'in astratto' o concretamente applicati?

Di immediato impatto operativo è anche il problema se, una volta verificatosi l'inadempimento e, quindi, il presupposto per l'applicazione degli interessi di mora, l'usurarietà dei medesimi debba tener conto di quelli in astratto dedotti in contratto o di quelli in concreto applicati.

Stabilito che può essere domandata la nullità (per varie cause) di una clausola sugli interessi moratori in corso di svolgimento regolare del rapporto (sentenza di mero accertamento dell'usurarietà del tasso moratorio 'astratto' mai applicato), le Sezioni Unite hanno stabilito che il tasso di mora rilevante è quello in concreto applicato dopo l'inadempimento. Sarà dovuto solo un interesse moratorio pari al tasso degli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti (ex art. 1224 c.c.) alla condizione che quello previsto in contratto sia stato il tasso effettivamente applicato, o comunque che, al momento della mora effettiva, il tasso applicato sulla base della clausola degli interessi moratori sia sopra soglia. Ove il tasso applicato in concreto sia, invece, sotto soglia, esso sarà dovuto.

Ricapitolando: anche in corso di rapporto sussiste l'interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell'accordo; una volta verificatosi l'inadempimento ed il presupposto per l'applicazione degli interessi di mora, la valutazione di usurarietà attiene all'interesse in concreto applicato dopo l'inadempimento.

Quali sono gli oneri probatori che gravano sull'attore nelle controversie in materia di usura?

Le Sezioni Unite si sono soffermate anche sugli oneri probatori nelle controversie sulla debenza e misura degli interessi moratori, ai sensi dell'art. 2697 c.c., evidenziando che il debitore, il quale intenda provare l'entità usuraria degli stessi, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del TEGM nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento. Dall'altro lato, è onere della controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto: fra di essi, la pattuizione negoziata della clausola con il soggetto sebbene avente la veste di consumatore, la diversa misura degli interessi applicati o altro.

Nei contratti conclusi con un consumatore, hanno infine chiarito le Sezioni Unite, è dato anche il ricorso all'art. 33, comma 2, lett. "f" e art. 36, comma 1 codice del consumo, di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005

Conclusioni

La disciplina antiusura intende sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi, convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma altresì degli interessi moratori, che sono comunque convenuti e costituiscono un possibile debito per il finanziato; la mancata indicazione, nell'ambito del TEG, degli interessi di mora mediamente applicati non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali, ove essi ne contengano la rilevazione statistica; se i decreti non rechino neppure l'indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del TEGM così come rilevato; si applica l'art. 1815 c.c., comma 2, ma in una lettura interpretativa che preservi il prezzo del denaro: resta, quindi, la residua debenza di interessi dopo la risoluzione per inadempimento del contratto di finanziamento; rilevano sia il tasso moratorio astratto, sia quello in concreto applicato, a diversi effetti.

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