Ancora sulla corresponsabilità del pedone che viene investito (fuori dalle strisce pedonali)

Enrico Basso
11 Novembre 2020

La condotta del pedone può avere efficacia causale esclusiva, rispetto al suo investimento?
Massima

Nonostante la presunzione di colpa che grava sul conducente in caso di investimento, la condotta imprevedibile del pedone può determinarne la responsabilità, anche esclusiva (fattispecie in cui il pedone è stato investito mentre percorreva una strada statale in stato di ebbrezza).

Il caso

Tizio, di sera, trovandosi in stato di ebbrezza, viene investito mentre percorre a piedi una strada statale. Subito dopo l'investimento sopraggiunge un altro veicolo che nuovamente investe Tizio, riverso sulla carreggiata, determinandone la morte. Gli eredi di Tizio agiscono in giudizio nei confronti di entrambi i conducenti investitori e delle rispettive compagnie assicuratrici, chiedendo di essere risarciti; ma, esperita una consulenza tecnica d'ufficio sulla dinamica del sinistro, la domanda viene rigettata in primo e in secondo grado. Gli eredi di Tizio ricorrono allora per cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2054 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p. dolendosi del mancato accertamento sul nesso causale tra la condotta del primo investitore (che non aveva segnalato agli altri automobilisti la presenza del ferito sulla sede stradale) e il secondo investimento, causativo del decesso.

La questione

La condotta del pedone può avere efficacia causale esclusiva, rispetto al suo investimento?

Le soluzioni giuridiche

Si premette che con la breve ordinanza in commento il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile, il vizio lamentato di violazione e falsa applicazione dell'art. 2054 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p. (rectius di omesso esame di un fatto decisivo) risolvendosi, nel caso concreto, nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti.

Nondimeno, in un obiter dictum, il Supremo Collegio osserva come la corte d'appello -con motivazione immune da vizi logici- avesse apprezzato l'imprevedibilità della condotta del pedone conseguente all'accertato stato di ebbrezza del medesimo; e come ciò avesse un'efficacia causale rispetto all'evento dannoso tale da escludere ogni responsabilità in capo a entrambi i conducenti, atteso il principio secondo cui “la presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall'art. 2054 c.c., comma 1, non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e dunque non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l'indagine sull'imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa ai sensi dell'art. 1227 c.c., comma 1, ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione” (così, da ultimo, Cass. n. 842/2020 et al. ivi richiamate).

In verità, a chi scrive non sembra che il (pur condivisibile) principio appena enunciato spieghi perché non vi sia stata colpa ed efficienza causale nell'omessa segnalazione, da parte del primo investitore, della presenza sulla carreggiata del pedone appena investito, ma ancora vivo; e poiché questo era l'unico motivo di ricorso per cassazione (seppur ritenuto “privo di adeguata specificità”), sembrava naturale soffermarsi anche su questo aspetto: ma tant'è.

Come sia, ci eravamo già occupati della corresponsabilità del pedone in caso di sinistro stradale in occasione del commento pubblicato in questa rivista il 29.3.2019, relativo alla sentenza Cass. civ., sez. VI, ord. 28 gennaio 2019, n. 2241.

Allora osservammo come, nonostante la presunzione di responsabilità a carico del conducente prevista dall'art. 2054, comma 1, c.c., possa esservi concorso di colpa del pedone che abbia tenuto una condotta imprudente e non abbia rispettato le regole comportamentali previste dal codice della strada: cioè utilizzare gli appositi attraversamenti, o, in assenza di questi, prestare comunque l'attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri e dare la precedenza ai conducenti (v. art. 190 d.lgs. n. 285/1992).

L'investimento del pedone potrà, invece, imputarsi a sua responsabilità esclusiva quando il conducente dimostri che, nel violare le suddette norme comportamentali, egli si sia posto come ostacolo imprevisto, imprevedibile e inevitabile (cfr. Cass. civ., 18 giugno 2015 n. 12595).

Cass. civ., n. 2241/2019 aveva tracciato linee guida molto chiare, per i giudici di merito chiamati ad accertare il concorso di colpa del pedone nel proprio investimento. Tre i passaggi da seguire:

a) Muovere dall'assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100%;

b) accertare in concreto la colpa del pedone;

c) ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente, via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone.

Nel caso di specie, il Supremo Collegio ha ritenuto corretto il ragionamento dei giudici di merito e, cioè, che l'andatura barcollante e ondivaga del pedone ubriaco dovesse azzerare -nella logica dello schema appena visto- la colpa presunta a carico del conducente.

Osservazioni

Personalmente, condivido la linea interpretativa secondo cui l'art. 2054 c.c. pone a carico del conducente una responsabilità presunta e non una responsabilità oggettiva; e se di presunzione si tratta, al conducente deve esser dato modo di vincerla non solo in astratto, ma anche in concreto. Insomma, almeno al di fuori degli appositi attraversamenti, anche il pedone dev'esser considerato (cor)responsabile della propria sicurezza e della propria incolumità.

Tuttavia, resta un dubbio. Se gli eredi di Tizio avessero articolato meglio il ricorso, cos'avrebbe detto la Suprema Corte sull'efficienza causale della mancata apposizione del triangolo sulla sede stradale, per segnalare la presenza del pedone ferito sulla carreggiata?

Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, una violazione dell'art. 189, comma 2 CdS (in base al quale le persone coinvolte in un incidente devono porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione), idonea a sorreggere un diverso profilo di responsabilità a carico del primo investitore?

Resta da augurarsi che, in futuro, la Corte di Cassazione possa darci lumi anche su questa interessante questione.

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