Quando la distrazione del danneggiato non integra il caso fortuito

10 Dicembre 2020

Quando il fatto del danneggiato può integrare il caso fortuito?
Massima

In ambito di responsabilità da cose in custodia, ex art. 2051 c.c., nel caso di caduta di pedone in una buca stradale non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227 c.c., commi 1 o 2), richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.

Il caso

Una donna, nel percorrere il vialetto di un cimitero comunale, cadeva in conseguenza di un avvallamento.

Al fine di conseguire il risarcimento dei danni subiti, l'attrice cita in giudizio l'amministrazione comunale, proprietaria del cimitero, ritenendo che l'incidente era stato causato da una imprevedibile buca presente sulla strada.

I primi due gradi di giudizio si concludono con il rigetto della domanda attorea, sul rilievo che l'anomalia del fondo stradale era facilmente percepibile – tenuto conto della circostanza che aveva una dimensione di due metri di lunghezza e venti centimetri di profondità.

Proposto ricorso in Cassazione, i giudici di legittimità annullano la sentenza di appello sul rilievo che la condotta della vittima d'un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata, con il corollario che la caduta di pedone in una buca stradale, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la buca possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere la buca o, almeno, di segnalarla adeguatamente).

La questione

La questione in esame è la seguente: quando il fatto del danneggiato può integrare il caso fortuito?

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in commento affronta, in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la rilevanza causale della condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa.

Come noto la fattispecie regolata dall'art. 2051 c.c. configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva,di modo che il fortuito è rappresentato dal fatto estraneo alla causalità della cosa, da identificarsi in base alla possibilità astratta di governarla.

In questa prospettiva la dimostrazione del caso fortuito non implica che debba essere provata l'osservanza della dovuta diligenza e, dunque, l'assenza di colpa.

La prova del caso fortuito ha contenuto positivo; in conseguenza, il custode risponde anche qualora l'agente dannoso si sia manifestato nella cosa per cause ignote.

Rientra nel caso fortuito anche il fatto del terzo, sia pure doloso, o del danneggiato. Secondo altro orientamento, che qualifica la fattispecie in termini di responsabilità per colpa presunta, la prova liberatoria ricorrerebbe quando possa essere esclusa la riconducibilità causale del danno a un difetto di custodia, ovvero sia dimostrabile la mancanza di colpa in tale difetto.

Attraverso questa significazione del fortuito si nega che si tratti di una fattispecie di responsabilità oggettiva.

Ne consegue che la presunzione di colpa potrebbe essere vinta dalla prova che il danno è ascrivibile al caso fortuito, ossia alla verificazione di un evento non prevedibile e non superabile con la diligenza normalmente adeguata in relazione alla natura della cosa. Questa connotazione del fortuito implica che esso attenga a ciò che il presunto responsabile avrebbe dovuto fare e ha fatto in concreto per evitare il danno, non già alla causa estranea del danno.

La tesi della giurisprudenza sulla concretizzazione del fortuito, in ragione dell'adesione ad un modello di responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia avente carattere oggettivo, importa che, a fronte della sufficienza della dimostrazione - da parte dell'attore - del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia, il custode ha l'onere di provare l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere ovvero ad elidere il nesso causale (Cass. n. 18317/2015; Cass. n. 19998/2013).

Ne consegue che tale tipo di responsabilità è escluso solamente dal caso fortuito, fattore che attiene, non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non all'intrinseco dinamismo della cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità, a nulla viceversa rilevando che il danno risulti cagionato da anomalie o vizi insorti nella cosa prima dell'inizio del rapporto di custodia (Cass. n. 15383/2006).

Il carattere dell'imprevedibilità del caso fortuito è rilevante non già per escludere la colpa, bensì quale profilo oggettivo, al fine di accertare l'eccezionalità del fattore esterno, sicché anche un'utilizzazione estranea alla naturale destinazione della cosa diviene prevedibile dal custode, laddove largamente diffusa in un determinato ambiente sociale.

In alcuni arresti giurisprudenziali viene in rilievo la distinzione tra il fortuito autonomo ed il fortuito incidentale; segnatamente, la responsabilità del custode, in base alla suddetta norma, è esclusa in tutti i casi in cui l'evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale dell'evento e, perciò, quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile, ancorché dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima (Cass. n. 2563/2007; Cass. n. 20317/2005).

Il caso fortuito va inteso nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato, purché detto fatto costituisca la causa esclusiva del danno (Cass. n. 5445/2006; Cass. n. 5326/2005): sicché tali fatti devono essere dotati di impulso causale autonomo e devono rivestire il carattere dell'inevitabilità (Cass. n. 4237/1990). Anche l'uso improprio od anomalo della cosa fonte di danno può integrare gli estremi del caso fortuito ed essere, quindi, idoneo ad escludere la responsabilità del custode, ma l'accertamento di tale modalità d'uso deve essere valutata in concreto edex post, non già in astratto ed ex ante, con la conseguenza che il caso fortuito e la susseguente liberazione dalla responsabilità del custode possono essere esclusi quando l'uso anomalo, ancorché originato da un comportamento volontario, sia stato posto in essere all'interno di un'attività utile, necessaria ed autorizzata per finalità professionali (Cass. n. 25838/2017).

Viceversa, non ricorre il caso fortuito quando la causa che ha provocato il danno lamentato è strutturale ed intrinseca al modo di essere del bene, non già derivata da comportamenti estemporanei di terzi, non immediatamente conoscibili ed eliminabili dal custode, neppure con la più diligente attività di manutenzione (Cass. n. 15042/2008).

A titolo esemplificativo, nel caso di caduta all'interno di un esercizio commerciale, a causa del pavimento bagnato per lo sgocciolamento degli ombrelli dei clienti, si è ritenuto che non integra il fortuito la mera disattenzione della vittima, salvo che il custode non provi di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa divenuta pericolosa per la situazione atmosferica e per la contestuale presenza di numerose persone nei locali (Cass. n. 13222/2016).

Per converso, sussiste il caso fortuito qualora l'evento dannoso sia riconducibile all'incendio di un cassonetto, dolosamente provocato dal terzo, idoneo ad interrompere il nesso causale (Cass. n. 13005/2016).

È stata qualificata come fortuito la condotta della stessa vittima, consistente nell'introduzione in una piscina condominiale, superando un cancello, al di fuori del periodo di apertura, nonostante il divieto di entrata alle persone estranee e in mancanza di autorizzazione o di assenso da parte del custode, a cui sia conseguito il suo annegamento (Cass. n. 22807/2009).

Osservazioni

La sentenza in commento si pone in contrasto con quanto di recente affermato dalla Cassazione, secondo la quale in tema di risarcimento per danni da cose in custodia, va escluso il nesso causale tra la buca e l'evento dannoso (o comunque il danno) allorché la buca sia ben percepibile come insidia, e quindi non percepita dal danneggiato per "comportamento colposo" dello stesso (Cass. n. 21323/2020).

La rilevanza causale della condotta del danneggiato si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche officiosa -dell'art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (Cass. n. 33724/2019).

In altri termini, più la situazione di potenziale pericolo è palese, più l'utilizzatore deve prestare attenzione e, se del caso, anche astenersi dall'utilizzare la cosa.

In questa sede deve evidenziarsi che non esiste un unicum di caso fortuito in relazione ai limiti di responsabilità del custode. Da un lato, infatti, sussiste il caso fortuito consistente in un fatto naturale o del terzo, ove si rinviene realmente la 'imprevedibilità/inevitabilità'.

E, dall'altro, sussiste il ben diverso caso fortuito rappresentato dalla condotta del potenziale danneggiato e questa seconda specie deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso all'art. 2 della Costituzione.

Tra questi doveri di solidarietà rientra, pertanto, anche quello di effettuare una preventiva valutazione della situazione potenzialmente pericolosa che la cosa potrebbe ingenerare, indipendentemente dai doveri, di altro tipo, che competono al custode della cosa e, in ogni caso, di porre in essere un'attenzione rapportata alla situazione concreta (Cass. n. 26244/2019).

Deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del danneggiato medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompe il nesso causale tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole ed accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale. Detto in altri termini, la imprevedibilità di questo tipo di condotta umana viene, in ultima analisi, a coincidere tendenzialmente con una condotta negligente o imprudente, cioè divergente da una condotta doverosamente cauta.

Con l'ulteriore corollario che, anche se è vero che la responsabilità dell'art. 2051 c.c. non discende direttamente dall'inadempimento dell'obbligo di custodia ovvero da una illecita condotta del custode, bensì dalla trasformazione del rischio in un evento dannoso e risarcibile, è altrettanto vero che questo paradigma non si svincola da un contrappeso che ne confina il contenuto, ed il limite che il legislatore ha posto proprio nel caso fortuito è la condotta negligente del soggetto tutelato che, in quanto tale, infrange la serie causale preesistente - attinente al custode - mediante la propria condotta.

In conclusione deve osservarsi che quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze e ciononostante lo stesso decida di interagire con la cosa, vi è da parte dello stesso accettazione del rischio di poter subire dei danni.

Ne scaturisce che, in applicazione del principio della contributory negligence della vittima sancito dall'art. 1227 c.c., comma 1 il danno che ne deriva non è risarcibile. Dunque, a prescindere dalla sua rilevanza giuridica, l'eventuale colpa del preteso danneggiante è assorbita dalla colpa della vittima.

In altri termini, quante volte il danneggiato percepisca la pericolosità della situazione è evidente che lo stesso si trovi in una situazione di rischio elettivo.

Tale condotta colposa, contraria al principio di autoresponsabilità e di autotutela, che deve necessariamente e prevedibilmente informare la condotta degli esseri umani, vale a rescindere il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, integrando la fattispecie del cosiddetto caso fortuito.

Nel caso di specie a fronte di un avvallamento facilmente percepibile – tenuto conto delle sue dimensioni di due metri di lunghezza e venti centimetri di profondità – appare singolare ritenere la condotta imprudente della vittima inidonea ad integrare il requisito del caso fortuito.

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