La prassi della targa prova presso le officine: limiti e conseguenze assicurative

Massimiliano Stronati
04 Gennaio 2021

Le officine di riparazione possono circolare apponendo la targa di prova anche qualora il veicolo loro affidato risulti già immatricolato? E quale assicuratore è tenuto alla garanzia, data l'obbligatorietà di un'autonoma polizza relativa alla suddetta targa speciale?
Massima

L'autorizzazione all'utilizzo della targa di prova non soltanto non contempla che il veicolo incontri impedimenti alla circolazione ordinaria ulteriori e alternativi alla mancata immatricolazione, ma la necessaria carenza di tale documentazione non può nemmeno essere elusa dall'assolvimento di esigenze connesse con prove tecniche svolte dagli esercenti di officine di riparazione. All'immatricolazione del veicolo, quindi, consegue sempre il divieto di circolare in prova e l'inoperatività del rapporto assicurativo instaurato dal titolare della targa prova, sicché gli eventuali danni cagionati dal mezzo in circolazione saranno indennizzati in virtù della polizza obbligatoria per la R.C.A. sottoscritta dal proprietario dello stesso.

Il caso

Al fine di verificare la sussistenza di un problema meccanico segnalatogli dal titolare, un addetto di un'autofficina si metteva alla guida di un autoveicolo, trasportando con sè il proprietario dello stesso ed un terza soggetto. Prima di avviare l'indagine su strada, sull'automobile veniva apposta la targa di prova di titolarità dell'autofficina, oggetto di autonoma polizza assicurativa.

Nel corso del tragitto, il conducente perdeva il controllo del mezzo, causando un impatto, in conseguenza del quale entrambi i passeggeri riportavano delle lesioni, mentre il conducente perdeva la vita.

Il terzo soggetto trasportato, al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti, conveniva in giudizio il proprietario dell'automezzo e la relativa impresa assicuratrice, nonché l'autofficina e l'assicuratore della targa prova.

Il primo giudice, in parziale accoglimento della domanda, condannava l'autofficina e l'impresa assicuratrice della targa prova a ristorare la parte attrice, mentre dichiarava il difetto di legittimazione passiva degli altri convenuti.

Avverso tale pronuncia, l'assicuratore condannato spiegava appello, sostenendo, relativamente alla ricostruzione in fatto, la mancata applicazione della targa prova al veicolo in oggetto.

Il Tribunale, in secondo grado, accoglieva l'impugnazione soltanto con riferimento alla data di decorrenza degli interessi dovuti sulla somma da risarcire, mentre, ritenendo fondato l'appello incidentale dell'autofficina, condannava l'appellante principale a rifonderle le spese processuali sostenute in primo grado.

Il soccombente ha pertanto proposto ricorso per Cassazione, deducendo la violazione degli artt. 1 e 18 l. 24 dicembre 1969 n. 990, oggi sostituito dall'art. 122 del Codice delle assicurazioni (d.lgs. n. 209 del 2005), dell'art. 9 d.P.R. 24 novembre 1970 n. 973, nonché degli artt. 1 e 2 d.P.R. n. 474 del 2001.

La questione

Le officine di riparazione possono circolare apponendo la targa di prova anche qualora il veicolo loro affidato risulti già immatricolato? E quale assicuratore è tenuto alla garanzia, data l'obbligatorietà di un'autonoma polizza relativa alla suddetta targa speciale?

Le soluzioni giuridiche

I) La decisione in rassegna, in accoglimento del ricorso, effettua una parziale ricognizione di un principio di diritto, sviluppato dalla giurisprudenza di legittimità nel corso degli ultimi anni, concernente l'estensione dell'ambito applicativo dello strumento della targa di prova. Viene, infatti, ribadito come tale istituto permetta la circolazione in prova di un veicolo a motore esclusivamente qualora questo difetti di immatricolazione e di conseguente carta di circolazione, non anche nelle ipotesi in cui vi sia carenza di diversi e ulteriori presupposti richiesti per utilizzare legittimamente lo stesso sulle strade pubbliche.

Tuttavia, la pronuncia in esame si sofferma anche sulla necessità che a tale requisito di ordine negativo si cumuli ulteriormente quello di carattere positivo, consistente nell'assolvimento di talune specifiche attività indicate nel d.P.R. 24 novembre 2001 n. 474, ed in tal senso segna un momento di chiarimento, ma anche di distacco dal passato.

Invero, le conclusioni approntate dalla presente sentenza appaiono la conseguenza di un costante utilizzo dell'istituto in esame per finalità estranee a quelle che si ritengono propriamente sottese alla relativa disciplina, anche in ragione dell'ambiguità che ha connotato le precedenti decisioni sulla questione.

In particolare, l'odierno art. 1 d.P.R. 24 novembre 2001 n. 474, sostitutivo del d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393, prevede, infatti, che la suddetta autorizzazione possa essere rilasciata per tutti quei “veicoli che circolano su strada per esigenze connesse con prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento” ed in favore di una serie di destinatari puntualmente individuati.

Tuttavia, il dettato del regolamento non chiarisce espressamente se la realizzazione delle attività sopra descritte sia di per sé sufficiente a permettere l'utilizzo della targa di prova, anche in presenza di un veicolo precedentemente immatricolato, o se invece l'avvenuta immatricolazione ne escluda l'applicazione tout court. In altri termini, il dubbio, almeno finora, ha riguardato il necessario cumulo, nei termini suddetti, del requisito negativo e positivo o la sufficienza soltanto di quest'ultimo.

La difficoltà applicativa riscontrata nella pratica quotidiana è sfociata, peraltro, in diverse richieste di pareri nei confronti dei Ministeri coinvolti nella questione.

In merito, verosimilmente nell'ottica di una maggiore attenzione all'attualità del dibattito istituzionale sul tema, anche la statuizione in commento mette in luce gli indirizzi espressi dal Ministero dell'Interno e dal dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Brevemente, il primo, in ragione dell'indirizzo giurisprudenziale formatosi sino al 2018 e della ritenuta individuazione dell'effettiva finalità dell'istituto in questione, afferma la propria contrarietà alla prassi di utilizzo della targa speciale rispetto a veicoli che risultino forniti di una propria targa di riferimento, nonché dei documenti di circolazione, mentre il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti non preclude del tutto tale possibilità.

Per quanto concerne il quadro giurisprudenziale, come premesso, negli ultimi anni si è riscontrata una certa uniformità di vedute soltanto per quanto concerne l'inderogabilità della disciplina ordinaria alla circolazione in presenza di veicoli con impedimenti all'utilizzo differenti rispetto alla mera carenza di immatricolazione.

Sul punto, Cass. civ., sez. II, 4 agosto 2016, n. 16310 (in conformità alla precedente Cass. civ., sez. VI, 20 novembre 2013, n. 26074) aveva avuto modo di confrontarsi con la disciplina dell'istituto della targa prova, osservando come l'art. 1 del ridetto d.P.R. n. 474 del 2001 contenesse una deroga esplicita agli artt. 93, 110 e 114 c.d.s., relativi ai requisiti formali necessari per la circolazione di varie tipologie di mezzi, nonché una deroga implicita all'art. 78 c.d.s., in ragione del richiamo operato dalla lettera c) del comma 1 dell'anzidetto art. 1 del d.P.R. n. 474 del 2001, così da consentire la circolazione anche ai veicoli cui fossero stati applicati sistemi o dispositivi di equipaggiamento, pur con il conseguente aggiornamento della carta di circolazione.

La Corte, per quanto d'interesse in quella ipotesi, aveva quindi posto in luce come già sul piano letterale tale peculiare ammissione alla circolazione non derogasse alla necessità che i veicoli già immatricoli venissero sottoposti a revisione, ai sensi dell'art. 80 c.d.s.

Inoltre, che la targa speciale non fosse idonea ad esentare dal divieto di circolazione quei mezzi che non fossero stati presentati per la prescritta revisione, la suddetta decisione lo deduceva anche da un'indagine teleologica del suddetto regolamento. Invero, il collegio aveva ritenuto che lo scopo della disciplina in parola fosse da individuare “nella necessità di permettere all'autoriparatore di eseguire prove su strada, onde verificare l'entità dei malfunzionamenti su cui gli sia stato richiesto di intervenire e l'efficienza degli interventi da lui effettuati”. Pertanto, tale ratio non poteva ritenersi incidente sul requisito della revisione obbligatoria, in quanto, se il mezzo fosse stato presentato per la verifica, la circolazione del medesimo non sarebbe stata più in contrasto con il disposto dell'art. 80 c.d.s., che richiede appunto la mera presentazione per la revisione. Per contro, veniva rilevato che “anche un veicolo regolarmente revisionato può presentare malfunzionamenti la cui riparazione richieda l'effettuazione di prove tecniche su strada”.

Tale decisione, tuttavia, già nell'indicare che la targa provvisoria permetterebbe di derogare anche all'art. 78 c.d.s. - che prescrive la necessità che il veicolo a cui siano apportate delle modifiche debba essere sottoposto a verifica e prova, imponendo un requisito assimilabile a quello della revisione - sembra scevra da una logica interna improntata ad un assoluto rigore.

In tal senso, una maggiore coerenza interpretativa è stata offerta da un più recente pronunciamento della Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, 7 maggio 2018, n. 10868), la quale ha avuto l'occasione di censurare la circolazione in prova “di un veicolo allestito per competizioni sportive oltre l'ambito in cui tale circolazione è consentita ai sensi dell'art. 9 C.d.S., comma 4 bis”. Ebbene, in tale occasione, è stato precisato che la deroga al divieto di circolazione sancita dall'art. 1 del d.P.R. 474 del 2001 non concerne anche l'art. 78 c.d.s., al contrario di quanto statuito nel 2016, ciò in quanto “la circolazione di prova è consentita a veicoli che non incontrerebbero, al fine di poter circolare su strada, altro impedimento che non sia quella della mancanza della carta di circolazione”.

L'interpretazione da ultimo fornita, quindi, esclude ogni possibilità di utilizzazione in prova del mezzo qualora quest'ultimo sia già stato immatricolato, sottolineando come l'assenza di ogni altro requisito alla circolazione sia insuscettibile di estendere l'ambito applicativo della targa di prova.

Tale assunto viene condiviso anche nella statuizione in esame, sicché oggigiorno, almeno sotto tale aspetto, non sembrano potersi palesare ulteriori dubbi.

Infatti, nella motivazione della sentenza in analisi si evidenzia che “la targa prova costituisce una deroga e, sostanzialmente "sana", la mancanza di carta di circolazione e, quindi, di immatricolazione, ma non "sana", né la mancanza di revisione (decisione del 2016), né l'uso per competizioni sportive al di fuori dell'ambito in cui tale circolazione è consentita (decisione del 2018). In entrambi i casi, il presupposto è che non ci sia la carta di circolazione”.

Se questi sono i punti fermi, il terreno ancora oggi scivoloso concerne il generalizzato utilizzo della targa provvisoria giustificato dal mero soddisfacimento di una delle finalità del ridetto art. 1 d.P.R. 474 del 2001 rispetto ad un mezzo già immatricolato.

Invero, una prima opinione favorevole si è riscontrata in Cass. civ., sez. III, 21 giugno 1989, n. 2944, che nella parte motiva ebbe a ritenere che “i veicoli che vengono affidati a chi esercita una officina di riparazione, dato che il titolare di essa non usufruisce delle garanzia assicurativa dell'auto in riparazione, possono, ai sensi degli artt. 63 e 66 del D.P.R. 15-6-1959 n. 393, circolare su strada per collaudo solo con "targa di prova"”. Tale asserzione fu quindi fondata su una ricostruzione teleologica dell'istituto della targa speciale incentrata sull'esigenza di individuare anche per i soggetti terzi rispetto al rapporto assicurativo costituito dal proprietario del veicolo una garanzia obbligatoria contro i danni da circolazione.

Successivamente, anche Cass. civ., sez. II, 4 agosto 2016, n. 16310, seppur implicitamente, sembrava ritenere plausibile una prassi simile, affermando che “anche un veicolo regolarmente revisionato può presentare malfunzionamenti la cui riparazione richieda l'effettuazione di prove tecniche su strada”.

Tale considerazione, a ben vedere, conduceva a qualche perplessità, dato che sembravano ritenersi compatibili le ragioni sottese al d.P.R. 474 del 2001 rispetto a veicoli già revisionati e quindi necessariamente provvisti di targa di riconoscimento.

Inoltre, come puntualizzato, la stessa ammissione della derogabilità anche all'art. 78 c.d.s., presupponeva che il mezzo fosse già provvisto della targa di riconoscimento.

Rispetto a tali prospettazioni, o quantomeno a tali ambiguità, l'arresto odierno si pone in netta antitesi, sostenendo con una logica ferrea l'estraneità di tale prassi al dettato del d.P.R. 474 del 2001.

In particolare, si sottolinea che la pronuncia in commento si occupa del comune e assai frequente utilizzo della targa di prova da parte delle autofficine per esigenze di prove tecniche, rispetto a veicoli già ammessi alla circolazione.

La Corte, a sostegno di tale lettura restrittiva, rileva, oltre ai riferimenti al precedente del 2018 e a quello non del tutto convincente del 2016, che l'obbligo di assicurazione per la responsabilità civile, ai sensi dell'art. 193 c.d.s., è previsto soltanto per i veicoli “posti in circolazione sulla strada”, tali dovendosi intendere, secondo il Collegio, quelli che, a mente dell'art. 93 c.d.s., “devono essere muniti di una carta di circolazione e immatricolati presso il Dipartimento per i trasporti terrestri”. Sicché, qualora il mezzo si presenti già in regola con i suddetti requisiti, la deroga prevista dal d.P.R. 474 del 2001 non avrebbe ragione di operare, risultando il mezzo già idoneo alla circolazione e pertanto assoggettabile a vincolo assicurativo obbligatorio.

Ulteriormente, si pone in evidenza come l'ammissibilità della targa di prova anche rispetto a veicoli già muniti di una targa di riconoscimento realizzerebbe “un risultato inutile per duplicazione di polizze”, comportando l'esclusione dell'operatività dell'ordinaria assicurazione obbligatoria, ancorché in assenza di una maggiore pericolosità rispetto alla circolazione ordinaria che ne giustifichi l'inefficacia.

Ancora, viene osservato che l'indicazione fra i destinatari dell'autorizzazione anche degli esercenti di officine di riparazione e di trasformazione non permette di ritenere di per sé ammessa la circolazione in prova ogniqualvolta venga svolta tale attività prescritta nel citato regolamento. Infatti, viene specificato in motivazione che tale dettagliata descrizione degli interessati “si spiega con la circostanza che il legislatore ha inserito anche tali soggetti, in quanto potrebbero avere l'esigenza di svolgere una delle suddette attività”. Mentre, “desumere dall'inserimento di tale categoria, quindi, la conclusione che l'autorizzazione provvisoria è necessaria per permettere ai riparatori di circolare con un veicolo che, di per sé stesso, può liberamente circolare, essendo munito della carta di cui all'art. 93 cod. strada, appare in contrasto con la finalità della targa prova”.

In definitiva, la ricorrenza di “esigenze connesse con prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento” se si configura quale requisito positivo necessario, secondo quest'ultima pronuncia, non si delinea anche quale requisito sufficiente al perfezionamento di quella peculiare situazione di vantaggio tesa al rilascio dell'autorizzazione all'utilizzo della targa in prova.

II) Il provvedimento in commento, peraltro, assume particolare rilievo anche per la conseguente individuazione del rapporto assicurativo che accede alle diverse ipotesi di circolazione.

Infatti, come già accennato in precedenza, anche i veicoli circolanti con targa prova sono assoggettati all'obbligo assicurativo.

Già prima dell'emanazione del codice della strada nel 2005, la legge n. 990 del 1969 all'art. 1 prevedeva, invero, un obbligo generalizzato e senza eccezioni dell'assicurazione per la responsabilità̀ civile per i veicoli a motore senza guida di rotaie in circolazione su strade di uso pubblico, mentre l'art. 9 del regolamento di esecuzione di tale legge (d.P.R. 24 novembre 1970 n. 973) stabiliva, e stabilisce tutt'ora, che il certificato assicurativo del mezzo qualora questo circoli “a scopo di prova tecnica o di dimostrazione per la vendita […] devecontenere, in sostituzione dei dati indicati nella lettera d) del precedente comma, i dati della targa di prova”. Sicché, da tale combinato disposto la Corte di Cassazione aveva tratto la conclusione che l'obbligo assicurativo contemplasse anche i veicoli circolanti in prova (cfr. Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2005 n. 8009; nonché Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 1992 n. 2332).

L'entrata in vigore del più volte citato d.P.R. 474 del 2001, disciplinante l'istituto della targa di prova, non ha introdotto, peraltro, un espresso obbligo di copertura assicurativa per quanti facciano utilizzo della medesima.

Tuttavia, la persistente efficacia del d.P.R. 24 novembre 1970 n. 973, nonché l'introduzione del codice della strada (d.lgs. n. 209 del 2005), il quale all'art. 122 riproduce il precedente obbligo generalizzato di polizza assicurativa, persuade oggi la Suprema Corte a riconoscere continuità all'orientamento suddetto.

Vale osservare, inoltre, che tale contratto assicurativo è connotato da peculiari caratteristiche, messe già in evidenza dai commentatori (cfr. M. Rossetti, L'assicurazione obbligatoria della R.C.A., Torino, 2010, pp. 37 e 38) ed ora riscontrate anche dal Collegio di legittimità.

Infatti, l'assicurato in tale ipotesi non è il proprietario del veicolo, ma il titolare dell'autorizzazione ministeriale che consente di circolare previa apposizione della targa di prova. Inoltre, l'impresa assicuratrice non sarà chiamata a ristorare i danni prodotti da un determinato veicolo, ma, come sancito in motivazione, tutti quelli che “seguono la targa e, cioè, coprono i danni che potrebbero essere determinati da tutti i veicoli sui quali è apposta, di volta in volta, la targa prova […] in quanto la garanzia riguarda tale documento e non il veicolo”.

A ciò occorre aggiungere, ancora, che qualora la circolazione in prova avvenga in assenza delle condizioni previste dal d.P.R. 474 del 2001, tale difformità non potrà essere eccepita ai terzi danneggiati (così Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2005 n. 8009 in conferma di Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 1992 n. 2332), ma avrà importanza soltanto ai fini della rivalsa nei rapporti interni.

Ciò premesso, la Corte di legittimità si sofferma, come anticipato, sulla risoluzione di una problematica consequenziale e di rilevante impatto socioeconomico, ovvero l'individuazione dell'impresa assicuratrice tenuta alla prestazione indennitaria qualora, come avvenuto nel presente giudizio, la targa speciale sia stata applicata ad un veicolo già idoneo alla circolazione ordinaria. Tale precisazione, invero, risponde all'esigenza di risolvere a monte il dubbio, non solo teorico, riguardante un ipotetico cumulo di assicurazioni.

Rispetto a tale peculiare situazione l'unica pronuncia che abbia offerto espressamente una possibile soluzione venne rilasciata in un giudizio di merito. Il Tribunale di Roma in data 04/04/1989, infatti, ebbe a ritenere che, benché coesistenti, i due rapporti assicurativi differivano sia per i soggetti che per l'oggetto, come previamente sottolineato, sicché non ricorrendo nemmeno le ipotesi di coassicurazione o di assicurazione plurima, l'assicurazione sulla targa di prova avrebbe avuto carattere speciale e perciò prevalente e sostitutiva di quella sul veicolo.

Tale conclusione appare il frutto dell'ambiguità che ha caratterizzato sinora l'applicazione della targa speciale anche rispetto a mezzi previamente immatricolati e in sede di legittimità la coesistenza delle assicurazioni risulta indirettamente avallata, infatti, dalla ridetta Cass. civ., sez. III, 21 giugno 1989, n. 2944.

In tale occasione, la Suprema Corte aveva osservato non solo l'opportunità, ma anche la necessità che un veicolo affidato ad un'officina per le riparazioni circolasse con targa di prova. L'enunciazione veniva fondata sull'assunto che i titolari di officine, in virtù di un diverso titolo di responsabilità, non potevano avvalersi del rapporto assicurativo costituito dal proprietario e avente ad oggetto il veicolo di questi.

Conseguentemente, si era sostenuto in motivazione che “Il veicolo per poter circolare ai fini del collaudo, dopo le riparazioni, con "targa di prova", deve essere munito, inoltre, di uno specifico certificato di assicurazione con i dati della targa di prova […] e solo da tale specifica assicurazione è coperta la responsabilità del titolare dell'officina con preposto ex art. 2049 c.c. per i danni cagionati a terzi dal veicolo condotto dal dipendente del medesimo a scopo di prova tecnica”.

Tali conclusioni, che imputerebbero all'assicurazione “sulla targa” i danni causati dai soggetti che circolano previa apposizione della medesima, hanno ineludibilmente incontrato la censura della decisione in commento.

Tale dissenso appare correttamente motivato sotto il profilo logico, in quanto, come auspicabilmente chiarito, tra i requisiti richiesti ai fini dell'ottenimento del provvedimento ministeriale di autorizzazione vi è necessariamente quello negativo dell'assenza della targa di riconoscimento, sicché “ne consegue che l'apposizione della targa di prova sui veicoli già targati è una prassi che non trova riscontro nella disciplina di settore” (così Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2020 n. 17665).

Inoltre, la Corte oggi rileva come la disciplina di cui al regolamento n. 474 del 2001 non sia teleologicamente diretta a sostituire l'assicurazione “sulla targa” a quella del veicolo, ma a “consentire la circolazione provvisoria e di attribuire una copertura assicurativa anche ai veicoli non muniti di carta di circolazione e, perciò, non assicurati per la responsabilità civile, che si trovino comunque a circolare per le esigenze connesse con le prove tecniche”.

Pertanto, nelle ipotesi in cui il veicolo non incontri impedimenti alla circolazione ordinaria (sia cioè immatricolato), o ne incontri ma non attinenti alla targa di riconoscimento (es. mancata revisione), non si appalesa alcuna contemporanea vigenza di diversi titoli assicurativi e l'unica impresa assicuratrice passivamente legittimata alla prestazione indennitaria sarà quella che abbia concluso il relativo contratto con il proprietario del veicolo, garantendo i danni prodotti esclusivamente da tale mezzo. Viceversa, al ricorrere della circolazione in prova la garanzia per i danni sarà necessariamente prestata dall'assicuratore che abbia stipulato la polizza relativa alla targa speciale con il titolare della medesima, in assenza dell'ordinaria R.C.A.

Osservazioni

Se la sentenza in esame risulta pregevole per la linearità con la quale delinea i requisiti necessari all'ottenimento e al relativo utilizzo della targa di prova, nonché la conseguente impresa assicuratrice legittimata a tenere indenni i danneggiati, altrettanto non sembra potersi affermare quanto all'inquadramento delle conseguenze derivanti da tale ricostruzione.

Infatti, la Corte, quando sostiene che dei danni provocati dai veicoli già targati, benché nel corso dell'esercizio dell'attività di riparazione svolta da un'officina, risponde l'assicuratrice del proprietario del veicolo, si limita a rilevare che ciò avviene “ove ne ricorrono i presupposti”.

Tuttavia, nell'ipotesi in cui a condurre il veicolo sia il titolare o un dipendente dell'autofficina, come sempre accade al momento del collaudo dell'auto, ovvero un terzo rispetto al proprietario, non vi è in giurisprudenza uniformità di vedute circa la sussistenza dei suddetti presupposti.

L'estensione anche al soggetto esercente l'attività di riparazione del rapporto assicurativo intercorrente tra impresa assicuratrice e proprietario del veicolo, infatti, riporta in primo piano un dibattito, non definitivamente chiuso, che la prassi dell'utilizzo della targa di prova aveva assorbito.

Un primo formante si può riscontrare nella già citata Cass. civ., sez. III, 21 giugno 1989, n. 2944. Ivi è stato sancito il principio secondo cui, in assenza dell'utilizzo della targa speciale e della correlata e specifica assicurazione, colui che abbia condotto il veicolo per ragioni di collaudo e il datore di costui non possano che essere ritenuti terzi estranei rispetto alla garanzia assicurativa del veicolo. Infatti, secondo tale pronuncia, questi ultimi sarebbero stati “chiamati a rispondere degli stessi danni per titoli diversi da quello previsto dal citato art. 2054 c.c., come ad es. nell'ambito del rapporto di preposizione ex art. 2049 c.c.”.

Inoltre, in virtù dell'asserita diversità di titoli di responsabilità, sarebbe stato inutile indagare se il conducente nel caso di specie avesse o meno ottenuto il consenso del proprietario a circolare, verifica che nel primo caso ordinariamente avrebbe condotto a ritenere assicurato anche il conducente.

Conseguentemente, qualora l'impresa assicuratrice del veicolo abbia emesso l'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati, la stessa potrà pretendere la rivalsa nei confronti del terzo, datore del conducente, surrogandosi nei diritti del danneggiato.

Successivamente, la pronuncia Cass. civ., sez. III, 26 novembre 1998, n. 11978, pur non soffermandosi sullo specifico rapporto intercorrente tra proprietario e officina di riparazione e quindi nemmeno sull'utilizzo della targa di prova, né prendendo in considerazione titoli di responsabilità diversi dall'art. 2054 c.c., nondimeno affronta una situazione equiparabile al precedente caso del 1989, in cui in concreto non è stata utilizzata la targa speciale.

Ebbene, in questo diverso giudizio si riscontra la necessità di una valutazione circa il consenso o meno alla guida prestato dal proprietario del mezzo al titolare dell'officina, e quindi al dipendente in luogo di quest'ultimo, e si ritiene che “è dato di comune esperienza che le auto, per cui sono richieste riparazioni, vengono provate dai meccanici incaricati, la circolazione avviene così nell'interesse dello stesso richiedente”. Sicché, il terzo che si metta alla guida per fornire attività di riparazione non si considererebbe conducente prohibente domino e, pertanto, potrebbe avvalersi dell'assicurazione obbligatoria avente ad oggetto il veicolo e, per contro, non essere soggetto a rivalsa.

Ancora, sul punto si è più di recente espressa Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2003, n. 7767, la quale nel valutare la posizione del terzo titolare dell'officina osserva, in primo luogo, come non sia giustificabile l'esclusione della responsabilità dell'assicuratore del veicolo in ragione della sussistenza di diversi titoli di responsabilità riguardanti rispettivamente il proprietario e il terzo. Infatti, si constata che occorre “distinguere i danni che il veicolo può provocare durante e a causa della circolazione, attuata per iniziativa del titolare dell'officina o di suoi dipendenti, su strade di uso pubblico o a queste equiparate, dai danni che il veicolo può cagionare, durante la custodia, per una qualsiasi altra causa diversa dalla circolazione”. Pertanto, accertato che i danni siano stati prodotti dal mezzo in seguito alla sua circolazione, secondo tale decisione, l'operatività dell'assicurazione stipulata dal proprietario e la correlata assenza di rivalsa sul conducente andrà valutata caso per caso, in ossequio al consenso manifestato dal titolare del veicolo.

Come premesso, la posizione dell'esercente di officine non risulta quindi messa a fuoco dalla giurisprudenza e la questione dovrà essere nuovamente oggetto di scrutinio di legittimità.

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