Caduta di un albero sulla pubblica via: responsabilità del Comune da cosa in custodia anche nel caso di appalto a terzi della manutenzione del verde pubblico

11 Marzo 2021

La stipula, da parte dell'Amministrazione comunale, di un contratto di appalto avente ad oggetto la manutenzione del verde pubblico o l'esecuzione di lavori sulla pubblica via, non priva l'Amministrazione committente della qualità di custode delle strade del demanio comunale, ai sensi dell'art. 2051 c.c.
Massima

La stipula, da parte dell'Amministrazione comunale, di un contratto di appalto avente ad oggetto la manutenzione del verde pubblico o l'esecuzione di lavori sulla pubblica via, non priva l'Amministrazione committente della qualità di custode delle strade del demanio comunale, ai sensi dell'art. 2051 c.c.

Il caso

Nel corso di un temporale, un albero di tiglio si abbatte su un chiosco bar distruggendolo.

Al fine di conseguire il risarcimento dei danni subiti, il proprietario del bar cita in giudizio l'amministrazione comunale, proprietaria dell'albero, dal momento che era emerso che l'albero era caduto a cagione della assenza di radici.

Il Comune chiedeva la chiamata in giudizio del consorzio al quale aveva affidato la manutenzione del verde cittadino, ma la domanda era rigettata sul rilievo che l'esistenza del contratto di appalto non vale ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti della strada.

La questione

La questione in esame è la seguente: l'esistenza di un contratto di appalto è idonea ad escludere la responsabilità del committente ex art. 2051 c.c.?

Le soluzioni giuridiche

È ormai definitivamente acquisita, da parte della giurisprudenza, la consapevolezza che ciò che rileva, al fine di ascrivere la responsabilità ex art. 2051 c.c. all'ente pubblico, è soltanto il persistere dell'obbligo di vigilanza, sorveglianza e controllo sulla strada in capo al medesimo, come riflesso del persistente potere di fatto sulla res (Cass. n. 20825/2006).

L'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito ha l'obbligo di provvedere alla relativa manutenzione (artt. 16 e 28 della l. n. 2248, all. F, del 1865; art. 14 del d.lgs. n. 285 del 1992; per i Comuni, art. 5 del r.d. n. 2506 del 1923) nonché di prevenire e, se del caso, segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente non solo alla sede stradale ma anche alla zona non asfaltata sussistente ai limiti della medesima, posta a livello tra i margini della carreggiata e i limiti della sede stradale (“banchina”), tenuto conto che essa fa parte della struttura della strada, e che la relativa utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione analoghe a quelle che valgono per la carreggiata (Cass. n. 18325/2018).

Per la Corte di Cassazione tale responsabilità non viene meno in seguito alla stipula di un contratto di appalto; la custodia attiene dunque al rapporto di fatto e non giuridico con la cosa: ne consegue che, anche nel caso di appalto di lavori pubblici, detto contratto non libera il committente della responsabilità del custode, per cui la Corte afferma che solo il concreto e materiale spossessamento dell'area poteva comportare la perdita di quella qualità.

Il custode della strada rimane dunque responsabile, salvo che, come previsto dall'art. 2051 c.c., non provi il caso fortuito.

È questo, dunque, il criterio di cui dovrà fare uso l'interprete, impegnato nella corretta individuazione del legittimato passivo nell'ambito dell'azione di responsabilità, anche in tutti quei casi in cui il danno trovi la propria derivazione causale nella presenza di un cantiere stradale non segnalato o non messo in sicurezza.

Le varie pronunce della giurisprudenza, sia di merito sia di legittimità, hanno distinto sostanzialmente due fattispecie: quella relativa ad un'area di cantiere efficacemente delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore; e quella invece attinente ad un'area su cui vengono eseguiti i lavori e su cui insiste il cantiere, tuttavia ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione (Trib. Bari, 1° febbraio 2010, n. 313; Trib. Nola, 10 maggio 2010.

Nella prima ipotesi, ovverosia nel caso di area di cantiere completamente enucleata, delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore, con assoluto divieto del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all'interno di questa area non potrà che rispondere esclusivamente l'appaltatore, quale unico custode della stessa (Trib. Arezzo, 10 ottobre 2016, n. 1128).

Nella seconda ipotesi, cioè nel caso in cui l'area su cui sono realizzati i lavori e quindi insiste il cantiere risulti ancora contestualmente adibita al traffico e utilizzata a fini di circolazione, la responsabilità dell'ente proprietario del bene si affiancherà a quella dell'appaltatore: si realizzerà, cioè, un concorso di responsabilità, ex art. 2051 c.c., che è solidale ai sensi dell'art. 2055 c.c., permanendo il dovere di vigilanza da parte dell'ente titolare della strada, sia pure insieme all'appaltatore (Cass. n. 15383/2006).

Resta salva, pertanto, l'eventuale azione di regresso dell'ente nei confronti dell'appaltatore secondo i comuni principi sulla responsabilità solidale di cui al comma 2 dell'art. 2055 c.c., sulla base anche degli obblighi di segnalazione e manutenzione imposti dalla legge per opere e depositi stradali (art. 21 d.lgs. n. 285/1992) nonché di quelli eventualmente discendenti dalla convenzione di appalto.

Osservazioni

La custodia attiene ad un rapporto di fatto con la cosa: la qualità di custode ha natura fattuale e non giuridica, poiché coincide con la possibilità di esercitare sulla cosa fonte di danno un potere di fatto (Cass. n. 18325/2018).

L'analisi della responsabilità della Pubblica Amministrazione, proprietaria di strade, per i danni subiti dagli utenti, non può obliterare lo studio di tutte quelle situazioni in cui vi sia una dissociazione tra il soggetto pubblico proprietario (Stato, Regione, Provincia o Comune) e il diverso soggetto cui sia stato affidato, in particolare con un contratto di appalto, il compito di provvedere ad attività di costruzione, manutenzione, controllo e tenuta in sicurezza del bene pubblico.

Ed invero, in tutti i casi in cui non vi sia una perfetta coincidenza tra il demanio, proprietario della strada, ed il gestore, custode, esercente della stessa si pone il primario problema dell'individuazione del legittimato passivo nell'ambito dell'azione di responsabilità civile.

Ci si deve, infatti, domandare in questi casi se, una volta stipulato il contratto di appalto avente ad oggetto la manutenzione del verde pubblico o, più in generale, di strade destinate al pubblico transito, il dovere di custodia e vigilanza sulla cosa passi dal committente all'appaltatore determinando l'esclusione della responsabilità dell'ente proprietario nei confronti del terzo danneggiato da sinistri verificatisi a causa dell'omessa o cattiva manutenzione, progettazione, costruzione del bene pubblico.

Tale responsabilità non viene meno in seguito alla stipula di un contratto di appalto; la custodia attiene dunque al rapporto di fatto e non giuridico con la cosa: ne consegue che, anche nel caso di appalto di lavori pubblici, detto contratto non libera il committente della responsabilità del custode

Il rapporto tra la stazione appaltante e l'impresa appaltatrice conserverebbe una rilevanza meramente interna, configurandosi come fonte di diritti e obblighi reciproci e comportando, per la prima, la possibilità di chiamare in garanzia la seconda nell'ambito dell'eventuale giudizio risarcitorio.

Va evidenziato che, di regola, il contratto di appalto relativo ai lavori di manutenzione ordinaria e di sorveglianza stradale non ha l'effetto di trasferire il bene nella disponibilità esclusiva della ditta appaltatrice e non esonera da responsabilità l'ente proprietario.

Insegna, infatti, la giurisprudenza prevalente che la responsabilità dell'ente proprietario della strada è configurabile, a parte ogni problema di concorrente responsabilità dell'impresa appaltatrice dei lavori, anche quando i lavori di costruzione, manutenzione o restauro di una strada siano dati in appalto, derivando dalla stessa titolarità della strada e dalla destinazione di essa al pubblico uso, circostanze, queste, per le quali l'ente è tenuto a far sì che quell'uso si svolga in condizioni di normalità e senza pericolo per gli utenti e, pertanto, in osservanza del principio del neminem laedere, nel consentirlo, deve eliminare ogni situazione di fatto contraria a quelle condizioni, rimanendo, dalle norme generali che impongono tali doveri, limitati i suoi poteri discrezionali ;(Cass., n. 2963/1999).

In due inequivocabili pronunce, la Suprema Corte ha chiarito, peraltro, che il contratto d'appalto per la manutenzione delle strade di parte del territorio comunale, costituisce soltanto lo strumento tecnico-giuridico per la realizzazione in concreto del compito istituzionale, proprio dell'ente territoriale, di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade di sua proprietà ai sensi dell'art. 14 C.d.S. vigente, per cui deve ritenersi che l'esistenza di tale contratto di appalto non vale affatto ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade ai sensi dell'art. 2051 c.c. ; (Cass. n. 1691/2009) e che con riferimento all'appalto di opere pubbliche, gli specifici poteri di autorizzazione, controllo ed ingerenza della P.A. nella esecuzione dei lavori, con la facoltà, a mezzo del direttore, di disporre varianti e di sospendere i lavori stessi, ove potenzialmente dannosi per i terzi, escludono ogni esenzione da responsabilità per l'ente committente (Cass. n. 4591/2008).

Sicché il Comune proprietario di una strada ha l'obbligo di effettuarne la manutenzione, al fine di prevenire qualsivoglia situazione di pericolo in capo all'utenza, ai sensi dell'art. 14 cod. strad. e dell'art. 5 R.D. n. 2506/1923.

Va, peraltro, rilevato che laddove la cosa oggetto del contratto di appalto per la manutenzione sia delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all'interno di questa area risponde esclusivamente l'appaltatore, che ne è l'unico custode.

Allorquando, invece, l'area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, denotando questa situazione la conservazione della custodia da parte dell'ente titolare della strada, sia pure insieme all'appaltatore, consegue che la responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. sussiste sia a carico dell'appaltatore che dell'ente (Cass. n. 15882/2013; 12811/2012; n. 15383/2006; n. 12425/2008).

Di recente la Suprema Corte ha ribadito che nel caso di appalto che non implichi il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguita l'opera appaltata, non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex art. 2051 c.c. che, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sola sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l'evento lesivo (Cass n. 11671/2018).

Ed invero, come è stato acutamente osservato in dottrina, in tema di appalto di opere pubbliche, gli specifici poteri di autorizzazione, controllo ed ingerenza della P.A. (v. citata sentenza Cass. n. 4591/2008) rendono difficile distinguere i casi in cui l'appaltatore è ridotto a nudus minister (con responsabilità della stazione appaltante) dai casi in cui la stazione appaltante esercita semplicemente il suo potere di ingerenza (con responsabilità del solo appaltatore), con conseguente necessità di doversi procedere ad una valutazione particolarmente attenta della fattispecie concreta

In qualche pronuncia si è incominciato ad affermare che la stazione appaltante, nonostante il contratto di appalto, sarà in ogni caso tenuta a controllare l'esecuzione dei lavori dell'appaltatore, sino a svolgere un'effettiva e ingerente attività di vigilanza.

Ciò a evidente tutela di un interesse pubblico ad evitare, in sostanza, che dalla dissociazione tra soggetto proprietario e soggetto gestore possa derivare un esimente per il soggetto proprietario del demanio: questi, dunque, si affianca al custode con riferimento alle responsabilità derivanti da omessa o cattiva manutenzione della res pubblica.

Riferimenti
  • Agnino, Danno cagionato da cose in custodia. Principi generali e fattispecie particolari della responsabilità del custode, Milano, 2020;
  • Basso,

    Appalto pubblico: buona fortuna al terzo danneggiato

    , in

    www.personaedanno.it

    ;

  • D'Apollo, Danno da insidia stradale — La responsabilità civile del custode e della Pubblica Amministrazione, Torino, 2009;
  • Papanice, L'appalto non priva il committente, finché conserva un potere di fatto, della responsabilità da custodia, in Diritto & Giustizia, 21018, 10.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.