Assicurazione vita a favore di terzo, contratto a favore di terzo e patti successori: distinguo chiarificatori
14 Giugno 2021
Massima
Al contratto di assicurazione sulla vita si applica l'art. 1412, comma 2, c.c., disposizione relativa al contratto a favore di terzo secondo cui, dopo la morte dello stipulante, la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente; ne consegue che, non ricorrendo le ipotesi di revoca o di differente regolamentazione, in caso di premorienza al disponente del terzo beneficiario, l'insorgenza del diritto a favore di quest'ultimo non è condizionata alla morte del disponente, evento che non incide sulla nascita del diritto alla prestazione, ma solo sulla sua esigibilità, a prescindere dal motivo "intuitu personae" o previdenziale sottostante alla designazione del beneficiario. Il caso
Un sacerdote stipula un'assicurazione sulla vita in favore della sua perpetua. Lo stipulante, in un primo momento, invia una lettera alla compagnia di assicurazione nella quale dichiara di rinunciare alla facoltà di revocare la beneficiaria; quest'ultima, accetta la rinuncia del sacerdote e successivamente premuore al sacerdote. In seguito alla morte del sacerdote, gli eredi della perpetua premorta allo stipulante, succeduti per successione testamentaria, agiscono per incassare dalla compagnia assicurativa quanto maturato dalla perpetua. Mentre la perpetua era ancora in vita, però, la compagnia di assicurazione riceve il disconoscimento della sottoscrizione apposta sulla rinuncia della facoltà di revoca da parte del sacerdote, nonché, dopo la morte della perpetua, la revoca della predetta disposizione, con indicazione di nuovo beneficiario individuato nella persona della sorella del sacerdote, sua unica erede.
Nel corso del primo grado di giudizio, gli eredi della perpetua dichiarano di volersi avvalere della scrittura di rinuncia del sacerdote alla facoltà di revoca, contestando, altresì, sia l'autenticità della sottoscrizione apposta dallo stesso sacerdote sul disconoscimento della predetta rinuncia, sia quella della nomina della nuova beneficiaria. Il Tribunale rigetta la domanda, per carenza di titolarità del diritto dei ricorrenti, in quanto, in virtù della natura previdenziale o intuitu personae della disposizione a favore di terzo, è venuta meno a causa della premorienza della beneficiaria. La corte d'Appello, conferma la decisione del giudice di prime cure, con motivazione difforme. Nello specifico, il giudice del gravame, dopo avere affermato la sussistenza della legittimazione attiva degli eredi della prima beneficiaria a svolgere l'azione, giacchè la loro pretesa si correla a quella della loro avente causa, ha ritenuto che in caso di premorienza della beneficiaria, il diritto di credito concernente l'ammontare dell'indennizzo, che viene a maturare con la morte del disponente, non è trasmissibile agli eredi della perpetua premorta, perchè non ancora venuto in essere, essendo tale diritto collegato all'evento della morte, con la conseguenza che il credito, pertanto, è rimasto nel patrimonio del contraente che avrebbe potuto liberamente disporne. Detto credito, in ogni caso, si sarebbe trasmesso comunque all'unica erede del sacerdote, anche nell'ipotesi di inefficacia dell'atto di nomina della nuova beneficiaria.
Ricorrono in cassazione gli eredi, affidando le loro ragioni a due motivi; il Pubblico Ministero deposita conclusioni scritte per l'accoglimento. La questione
Se, in relazione ad una polizza vita, il diritto di credito concernente l'ammontare dell'indennizzo sia trasmissibile agli eredi della beneficiaria premorta al disponente e di conseguenza, se il diritto di credito della beneficiaria si perfezioni al momento della sua designazione, ovvero al momento della morte dello stipulante e in caso di risposta affermativa, se non si verifichi un contrasto con il divieto dei patti successori. Le soluzioni giuridiche
La corte di legittimità esordisce osservando come la decisione della corte di merito, non sia conforme ai principi affermati dalla cassazione in tema di assicurazione sulla vita a favore di terzo. Ai sensi dell'art. 1920 co. 3 c.c., infatti, il beneficiario acquista un diritto che trova origine nel contratto e pertanto, secondo opinione dominante, detto diritto esce dalla disponibilità dello stipulante ed entra nel patrimonio del beneficiario nel momento stesso della sua designazione.
L'estensore, inoltre, specifica come la giurisprudenza di legittimità abbia escluso la funzione indennitaria dell'assicurazione sulla vita, evidenziandone la normale finalità di risparmio o di capitalizzazione. Con il pagamento del premio si perfeziona l'acquisizione del diritto soggettivo da parte del beneficiario, il quale potrà liberamente disporne per atti inter vivos e mortis causa. In conseguenza del predetto inquadramento giuridico, il contraente può unicamente revocare la designazione del beneficiario ai sensi dell'art. 1921 co. 1 c.c., anche se quest'ultimo ha già dichiarato di volerne beneficiare e sempre che il disponente non abbia rinunciato alla facoltà di revoca ai sensi dell'art. 1921 co. 2 c.c.
I supremi giudici, in relazione alla natura dell'atto di rinuncia preventiva, hanno rilevato come la dottrina prevalente lo definisca un atto unilaterale inter vivos recettizio, mentre altra parte minoritaria, lo consideri un negozio bilaterale tra stipulante e terzo, esterno al contratto a favore di terzo e in deroga ai patti successori.
Osserva la Corte di legittimità come la natura del dibattito ponga in evidenza un contrasto nella dottrina nell'identificare il momento in cui, in seguito alla rinuncia preventiva, si perfezioni il definitivo acquisto del beneficio da parte del terzo. La rilevata incertezza impatta con la decisione del caso di specie, in considerazione della premorienza della beneficiaria designata con rinuncia alla facoltà di revoca, la quale ha disposto per testamento la successione del suddetto diritto di credito. Secondo la corte di merito, il diritto di credito non potrebbe in ogni caso cadere in successione e ciò a prescindere dall'esercizio o meno della facoltà di revoca da parte del disponente e ciò in quanto lo stesso non sarebbe entrato nel patrimonio della defunta. Secondo la corte di legittimità, il predetto assunto, non tiene conto di quanto previsto dalla normativa che regolamenta il contratto a favore di terzo (art. 1412 co. 2 c.c.) che prevede proprio la successione del diritto del terzo agli eredi.
A questo punto, quindi, i Supremi Giudici affrontano il cuore del problema e cioè se la norma prevista per il contratto a favore di terzo possa essere applicata anche per il contratto di assicurazione della vita e se l'eventuale rinuncia alla facoltà di revoca del beneficiario rafforzi l'elemento dell'intuitu personae della scelta di quest'ultimo e non entri in contrasto con il divieto dei patti successori. Per affrontare la questione, la Corte valuta la compatibilità del divieto di patti successori con l'immediata efficacia dell'atto di designazione del beneficiario, alla quale segue la rinuncia al potere di revoca dello stesso.
Secondo l'estensore della sentenza, la tesi che inquadra la morte del disponente come un termine che determina l'esigibilità della prestazione piuttosto che come una condizione di esistenza del diritto alla prestazione assicurativa, è preferibile anche alla luce della normativa generale riferita al contratto a favore di terzo. Del resto, precisa la Corte, la sua giurisprudenza ha avuto già modo di rimarcare la netta distinzione che sussiste tra il contratto a favore di terzo con esecuzione della prestazione nell'eventualità della morte e i patti successori. Di converso, il contratto a favore di terzo si perfeziona immediatamente, come evincibile dall'art. 1412 co. 2 c.c., che prevede come in caso di premorienza del beneficiario, la prestazione debba essere eseguita a favore degli eredi di quest'ultimo. Una volta che la Corte ha stabilito che l'assicurazione sulla vita è inquadrabile nel contratto a favore di terzo, evidenzia che la rinuncia alla facoltà di revoca ha la sola finalità di rafforzare il legame con il beneficiario, non incidendo sulla trasmissibilità del beneficio agli eredi in caso di premorienza di quest'ultima, proprio in considerazione del fatto che non vi è analogia con i patti successori. Osservazioni
La sentenza che qui ci impegna è certamente di interesse rilevante, in quanto affronta e risolve compiendo una valutazione ad ampio spettro, il rapporto che intercorre tra la polizza vita, il contratto a favore di terzo e i patti successori. Come evidenziato anche dall'estensore del provvedimento, il contratto di assicurazione sulla vita a favore di un terzo, in considerazione del fatto che presuppone la morte del soggetto stipulante, indurrebbe a ritenere che si tratti di un diritto iure hereditario o comunque collegato alla successione del disponente.
La problematica viene ulteriormente accentuata quando, come nel caso di specie, accade che il beneficiario muoia prima del disponente. Con ogni evidenza, in detta ipotesi, se si ritiene che il diritto all'indennizzo entri nel patrimonio del beneficiario solo alla morte del disponente, questo non potrà trasferirsi agli eredi del premorto.
Se, invece, come vuole la dottrina maggioritaria, la morte dello stipulante è una mera condizione all'esigibilità della somma, allora gli eredi del beneficiario erediteranno anche il diritto all'indennizzo. La Corte, al fine di pervenire alla determinazione del principio di diritto sopra riportato, ha preso in considerazione diversi approdi giurisprudenziali che nella loro valutazione d'insieme – a livello di sistema – confortano la tesi dell'inquadramento dell'assicurazione sulla vita nello schema del contratto a favore di terzo, regolata dall'art. 1412 c.c.
In particolare, la Corte ha ritenuto opportuno richiamare una sua pronuncia in cui un contratto di deposito con diritto di prelievo del terzo solo dopo la morte dello stipulante, è stato inquadrato nell'ambito dei patti successori, proprio in ragione del fatto che il diritto di prelievo del terzo si perfeziona alla morte dello stipulante e non prima (Cass., n. 8335/1990). Per una migliore visione d'insieme del nostro ordinamento, appare utile porre in evidenza anche quanto stabilito in Cass. civ., n. 9388/1994. In detta pronuncia, la Corte affronta il problema dell'inquadramento giuridico della designazione per testamento del terzo beneficiario di una polizza vita. Ebbene, anche in questo caso, viene evidenziato dagli ermellini come il termine erede contenuto nell'atto di designazione abbia l'unica finalità di individuare il terzo e non quella di condizionare l'acquisizione del diritto alla qualità di erede. In estrema sintesi, l'accettazione del beneficio non è sottoposta e non implica l'accettazione dell'eredità, così come la rinuncia dell'eredità non implica la rinuncia al beneficio. Detta impostazione è stata confermata nella recentissima decisione assunta dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite, il 30 aprile 2021, n. 11421. Anche in detta decisione, pertanto, viene messo in luce il disancoramento della polizza vita dalle questioni successorie, in quanto l'acquisto del diritto del terzo viene fatto conseguire dalla designazione da parte del contraente e non dalla morte di quest'ultimo Con altra decisione (Cass., civ., n. 6531/2006), espressamente si specifica che il beneficiario è titolare del diritto a chiedere la prestazione assicurativa della polizza vita anche se non ha accettato l'eredità del disponente, con ciò confermando la distinzione tra l'assicurazione sulla vita e le questioni successorie.
Gli approdi giurisprudenziali richiamati appaiono confortare il principio di diritto cristallizzato dall'estensore della decisione qui commentata, che può essere così sintetizzato:
Riferimenti
A. La Torre, Le Assicurazioni, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, pagg. 450 ss. |