Non è possibile liquidare sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale

Massimo Viceconte
15 Giugno 2021

Ove al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito di un terzo venissero liquidati sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale, si incorrerebbe in una duplicazione di danno non patrimoniale in quanto il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca.
Massima

Ove al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito di un terzo venissero liquidati sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale, si incorrerebbe in una duplicazione di danno non patrimoniale in quanto il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca.

Il caso

In relazione al decesso di M. C., avvenuto a seguito di incidente stradale, R.P. e S. C. -rispettivamente, madre convivente e sorella della vittima- agirono per il risarcimento dei danni nei confronti di L. L. L, di A. A. e della compagnia assicuratrice, nelle rispettive qualità di conducente, proprietario ed assicuratrice r.c.a. del veicolo che aveva investito il ciclomotore condotto da M.C..

Il Tribunale di Roma, dato atto del già avvenuto versamento di 290.000,00 euro alla madre. e di 50.0000,00 euro alla sorella, condannò i convenuti, in solido, al pagamento della residua somma di 17.734,66 in favore della prima e di 69.160,60 euro in favore della seconda, il tutto oltre accessori e rifusione delle spese di lite.

Provvedendo sul gravame proposto dalla madre e dalla sorella della vittima, la Corte di Appello ha riformato parzialmente la sentenza, riconoscendo alla R.P.i il risarcimento del danno patrimoniale (quantificato in 52.939,15 euro, oltre interessi legali dalla data della sentenza) che era stato negato dal primo giudice; avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione la R.P. e la S.C., affidandosi a tre motivi; ha resistito, con controricorso la compagnia assicuratrice.

La questione

Costituisce duplicazione del medesimo pregiudizio liquidare separatamente il danno da perdita del rapporto parentale ed il danno esistenziale?

Le soluzioni giuridiche

Col secondo motivo, le ricorrenti deducono «violazione e falsa applicazione dell'art. 2059 c.c. e degli artt. 2, 29 e 30 della Costituzione in relazione all'illegittima esclusione del danno esistenziale» e censurano la sentenza per non aver liquidato, oltre al danno correlato al dolore per la perdita del congiunto, anche quello “esistenziale” conseguente all'«alterazione» e allo «sconvolgimento di vita» subito dalle ricorrenti.

Per la Cassazione il motivo è infondato: il danno conseguente alla morte di un congiunto (o "danno parentale") consiste, di per sé, nella perdita della relazione col familiare e si sostanzia - al tempo stesso e congiuntamente - nella sofferenza interiore e nell'alterazione dei precedente assetto esistenziale del congiunto superstite.
Entrambi gli aspetti, che sono intimamente connessi, benché suscettibili, nelle singole ipotesi, di una valutazione separata (come ripetutamente affermato da questa Corte: Cass. 901/2018; Cass. 7513/2018; Cass. 2788/2019; Cass. 28989/2019, ed ancora, più di recente, da Cass. 8887/2020), sono considerati dalle tabelle in uso per la liquidazione del danno parentale, cosicché il riconoscimento di un importo per danno esistenziale ulteriore rispetto a quello liquidato per il danno da alterazione del precedente assetto relazionate della vita si risolverebbe in un'inammissibile duplicazione risarcitoria;

La Corte, pertanto, da continuità ai principi secondo cui, «in virtù del principio di unitarietà e onnicomprensività del risarcimento dei danno non patrimoniale, deve escludersi che al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito di un terzo possano essere liquidati sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale, poiché il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca» (Cass. n. 30997/2018, conforme a Cass. n. 25351/2015), atteso che, «in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, in assenza di lesione alla salute, ogni vulnus arrecato ad altro valore costituzionalmente tutelato va valutato ed accertato, all'esito di compiuta istruttoria, in assenza di qualsiasi automatismo, sotto il duplice aspetto risarcibile sia della sofferenza morale che della privazione, ovvero diminuzione o modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal danneggiato, cui va attribuita una somma che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito sotto entrambi i profili, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche» (Cass. n. 23469/2018).

Osservazioni

L'ordinanza in commento, a parer nostro, ripropone un problema di fondo relativo al risarcimento del danno non patrimoniale: la mancata assimilazione da parte del sistema della struttura del danno non patrimoniale così come faticosamente la giurisprudenza di legittimità e gli organismi che gestiscono il danno medesimo vanno costruendo.

L'avere infatti proposto un motivo di ricorso nei termini con cui è stato proposto dimostra, da quel che è dato di capire, la sopra descritta aporia. La Corte territoriale sembrerebbe, a detta dei ricorrenti, avere riconosciuto risarcimenti per “un danno correlato al dolore per la perdita del congiunto” e “non anche quello esistenziale conseguente all'alterazione e allo sconvolgimento di vita subito dalle ricorrenti”.

Molto correttamente Cassazione illustra i principi fondamentali nella materia.

Ci sembra non del tutto inutile ripercorrere un breve excursus storico-giuridico dell'istituto de quo.

Brevemente ricordiamo che, attraverso l'accresciuta sensibilità dei valori contenuti nella nostra costituzione, l'affermarsi nel nostro ordinamento del risarcimento del danno non patrimoniale ha messo al centro del sistema risarcitorio il “valore” uomo in tutte le sue componenti prima trascurate.

Il danno non patrimoniale è un istituto in evoluzione e la recente pubblicazione delle Tabelle milanesi (edizione 2021) e il focus che le accompagna lo confermano.

L'istituto in oggetto ha avuto un parto travagliato e un'evoluzione graduale per aggiunte e affinamenti estremamente delicati.

La confusione che esisteva nel passato tra danno biologico e danno esistenziale è stata definitivamente chiarita nelle Sentenze di San Martino.
In precedenza si parlava di danno esistenziale dalla dottrina e dalla giurisprudenza come danno al fare a-reddituale, come danno conseguenza, senza rendersi conto che non era stato individuato il fondamento di esso, che ineriva alla “lesione di un interesse della persona costituzionalmente protetto”.

Sgombrato il campo dal c.d. danno esistenziale come figura autonoma veniva introdotta a tutto titolo la figura del danno non patrimoniale, connicomprensiva e unitaria.

La costruzione di essa veniva portata avanti dal nuovo orientamento che faceva capo alla Terza sezione della Cassazione il cui fulcro era rappresentato dal riconoscimento della differenza ontologica tra “danno biologico….. che esplica una incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato” (art. 138 cod. ass. priv.) e danno morale (inteso quale sofferenza interiore). Da ultimo v. Cass. n. 2788/2019.

Inoltre si delineava con più precisione il concetto di personalizzazione.

”Una lesione della salute può avere le conseguenze dannose più diverse, ma tutte inquadrabili teoricamente in due gruppi:- conseguenze necessariamente comuni a tutte le persone che dovessero patire quel particolare tipo di invalidità;- conseguenze peculiari del caso concreto, che abbiano reso il pregiudizio patito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi consimili. Tanto le prime che le seconde conseguenze costituiscono un danno non patrimoniale.” (Cass. n. 7513 /2018)

Ma anche si chiariva, come richiamato dal Focus su RIDARE di Damiano Spera, intitolato "Le più importanti novità nelle nuove tabelle milanesi del danno non patrimoniale-edizione 2021", che "Il danno non patrimoniale non derivante da una lesione della salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, va liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso. Nell'uno come nell'altro caso, senza automatismi risarcitori e dopo accurata ed approfondita istruttoria" (Cass. n. 7513/2018).

Richiamando l”ordinanza decalogo”, continua il Focus di Spera: ”sulla scorta di tali esaustive e condivisibili pronunce, coerenti nel circoscrivere il danno non patrimoniale alla persona nelle citate due componenti, il gruppo-danno dell'Osservatorio ha quindi deciso (...) di aggiornare la terminologia utilizzata, reputando, per maggiore chiarezza, preferibile denominare il danno biologico con il sintagma "danno biologico/dinamico-relazionale" e il c.d. danno morale con il sintagma "danno da sofferenza soggettiva”.

Peraltro il richiamato Focus precisava che “è importante sottolineare che l'Osservatorio non ha inteso affatto-con la presente rivisitazione della veste grafica della Tabella- aderire all'una o all'altra tesi circa la natura autonoma o meno della componente sofferenziale del danno non patrimoniale da lesione del bene salute”.

Premettiamo da parte nostra che si ritengono equipollenti le espressioni "danno esistenziale" e "danni dinamico-relazionali".

Basterà considerare quanto dice la Cass. n. 8127/2020 n. 8127: "Varrà preliminarmente osservare come, secondo quanto ripetutamente sottolineato dalla giurisprudenza di questa Corte, le nozioni di danno biologico e di danno esistenziale (indicato, quest'ultimo, come conseguente alla violazione del diritto all'integrità psicofisica della persona) sono destinate a coincidere, sol che si rifletta sulla nozione di danno biologico fornita dall'art. 138 cod. ass., ai sensi del quale per danno biologico deve intendersi la lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico legale, che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di pro-durre reddito... Proprio in forza di tali premesse, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato come, in tema. di risarcimento del danno non patrimoniale, costituisca duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno esistenziale, attesa la consistenza del danno esistenziale propriamente nel vulnus arrecato a tutti gli aspetti dinamico-relazionali della persona conseguenti alla lesione della salute".

Ha preso forma per tal modo una sfera di attività a-reddituale, il c.d. fare quotidiano, attività realizzatrice della personalità umana protetta da norme costituzionali, ben distinto dal fare reddituale che attiene alla sfera patrimoniale (danno emergente-lucro cessante), per un certo tempo trascurata, che viene ora valorizzata sub specie di danno biologico ( rectius "danno biologico/dinamico-relazionale") , e-in assenza di lesione alla salute ma in presenza di un vulnus a diritti della persona costituzionalmente protetti -,di danno esistenziale/ dinamico-relazionale che entra come componente del danno non patrimoniale.

Si tratta di un nucleo di attività le più diverse che viene a costituire un “comune denominatore” sia nel caso di lesione dell'integrità psico fisica, coi suoi specifici aspetti dinamico-relazionali sia nel caso di lesione di altri diritti della persona costituzionalmente protetti, ognuno coi propri specifici aspetti esistenziali dinamico-relazionali.

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