Sezioni Unite: l'art. 122 cod. ass. si applica ovunque il veicolo sia utilizzabile in modo conforme alla sua funzione abituale

21 Settembre 2021

Ai fini dell'operatività della garanzia per R.C.A., l'art. 122 del codice delle assicurazioni private va interpretato conformemente al diritto dell'Unione europea e alla giurisprudenza eurounitaria, nel senso che per circolazione su aree equiparate alle strade va intesa quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale.
Massima

Ai fini dell'operatività della garanzia per R.C.A., l'art. 122 del codice delle assicurazioni private va interpretato conformemente al diritto dell'Unione europea e alla giurisprudenza eurounitaria (Corte Giustizia del 4 settembre 2014 in causa C-162/2013; Corte Giustizia, Grande Sezione, del 28 novembre 2017 in causa C-514/2016; Corte Giustizia del 20 dicembre 2017 in causa C-334/2016; Corte Giustizia, Grande Sezione, del 4 settembre 2018 in causa C-80/2017; Corte Giustizia del 20 giugno 2019 in causa C-100/2018) nel senso che per circolazione su aree equiparate alle strade va intesa quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale.

Il caso

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno depositato il 30 luglio una sentenza (attesa da tempo) che per certi aspetti “chiude il cerchio” in termini di circolazione stradale ed obbligo assicurativo, da ritenersi, questo il passaggio in evidenza, sussistente anche nel caso di sinistro avvenuto in area privata con conseguente esperibilità dell'azione diretta contro l'assicuratore del veicolo responsabile.

La sentenza (n. 21983, Primo Pres. Curzio, Est. Scarano) prende definitiva posizione su una questione dibattuta da molto tempo, di fatto sovvertendo i propri precedenti orientamenti in tema di interpretazione più o meno estensiva dell'art. 122 del codice delle assicurazioni, sulla definizione di circolazione legata all'obbligo assicurativo, rispondendo in senso affermativo al quesito se “l'art. 122 possa e debba interpretarsi, conformemente alla giurisprudenza euro unitaria, nel senso che la circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico debba intendersi come quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale”.

La vicenda a quo riguardava un gravissimo sinistro mortale avvenuto all'interno di un androne box ove i giudici di merito, allineandosi ai precedenti uniformi della stessa Corte, avevano negato l'azione diretta contro l'assicuratore del veicolo del responsabile, nonostante fosse documentata in giudizio la presenza di una clausola che rendeva operativa, su base volontaria, la garanzia anche alla circolazione in area privata.

Nel proporre la questione alla Suprema Corte i danneggiati, lamentando la decisione resa con "motivazione largamente al di sotto del minimo costituzionale", osservavano che i giudici di merito avessero prestato "incondizionata adesione" all'"orientamento giurisprudenziale tralatizio, per il quale la vittima di un sinistro da circolazione veicolare in Italia può vantare azione diretta, nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile del veicolo responsabile, solo se il sinistro sia avvenuto su strade pubbliche o su aree a queste equiparate", pervenendo conseguentemente ad escluderne l'esperibilità "nel caso in esame, caratterizzato da un investimento di un bambino da parte del camper dell'appellata, in un luogo privato, tra il giardino e la rampa di accesso del garage dell'abitazione degli attori..., sul quale non vigeva la copertura assicurativa obbligatoria di cui all'art. 122 Cod. ass", non potendo il medesimo "equipararsi in alcun modo "a strada pubblica, non avendovi libero accesso un numero indeterminato di persone"".

Lamentavano in particolare il fatto che la corte di merito del tutto apoditticamente avesse escluso che tale orientamento giurisprudenziale fosse, come dedotto dagli istanti, oramai in contrasto con quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza resa nella causa C-162/2013 e nelle pronunzie successive, là dove è pervenuta a delineare una nozione di "circolazione dei veicoli" non legata meccanicamente alla natura dell'area dell'accadimento, bensì al diverso e più razionale elemento che metta in rilievo "qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso".

L'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, nel trasmettere la questione, segnalava in effetti l'esistenza del contrasto soprattutto fra la giurisprudenza nazionale e quella comunitaria, evidenziando come quest'ultima avesse da tempo stabilito che l'obbligo assicurativo trovi la sua radice nella "circolazione dei veicoli" qualunque ne sia l'uso, alla condizione che sia "conforme alla funzione abituale dello stesso" (così Corte di Giust., 04/09/2014, causa C-162/13, pag. 10), senza mai tenere in conto il luogo del transito.

La questione

In quest'ottica quindi, già nell'ordinanza di rimessione si chiedeva se la Corte avrebbe dovuto rivedere il proprio orientamento, alla luce della considerazione che la giurisprudenza comunitaria, in termini suscettibili di essere definiti quale "acte clair", nel ricostruire la portata delle direttive UE, già leghi l'obbligo assicurativo di r.c.a. all'utilizzo del veicolo quale mezzo di trasporto e non mai al tipo accessibilità della strada su cui avvenga.

Chiamata all'udienza dell'11/9/2019, con ordinanza interlocutoria n. 33675/2019 la Terza Sezione osservava essere "la giurisprudenza di questa Corte... univoca nell'affermare che la vittima di un sinistro stradale ha azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile quando il sinistro sia avvenuto su strade pubbliche o a queste equiparate, per tali ultime intendendosi anche le aree private dove sia consentita la circolazione a un numero indeterminato di persone" aventi accesso giuridicamente lecito all'area, requisito da "intendersi sussistente pur se quelle siano appartenenti a una o piu' categorie specifiche e anche se l'accesso in parola avvenga per finalità peculiari e in particolari condizioni (Cass., 28/06/2018, n. 10717, in fattispecie relativa a un cantiere, cui potevano accedere coloro che vi lavoravano e chi aveva rapporti commerciali con l'impresa)".

La Sezione rimettente ha posto ulteriormente in rilievo che "la ricordata ricostruzione degli applicabili articoli 122 e 144 Cod. ass. private è stata ribadita anche a Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 8620 del 2015, cit., pag. 22)", precisando che "la suddetta normativa "nell'individuare l'oggetto dell'assicurazione per la responsabilità civile c.d. auto, si esprime nel senso di correlare l'obbligo assicurativo all'essere stato il veicolo posto in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a questa equiparate, ma non prevede come presupposto per l'obbligo assicurativo e, quindi, per l'operare della relativa garanzia, che il veicolo sia utilizzato in un certo modo piuttosto che in un altro"".

Ha sottolineato, ancora, che "la precisazione è stata fatta nella prospettiva di costruzione ermeneutica del "principio secondo cui nell'ampio concetto di circolazione stradale indicato nell'articolo 2054 c.c. è compresa anche la posizione di arresto del veicolo, sia in relazione all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia in relazione alle operazioni eseguite in funzione della partenza o connesse alla fermata, sia ancora con riguardo a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale esso può circolare nelle strade". Con la conseguenza "che per l'operatività della garanzia per la R.C.A. è necessario il mantenimento da parte del veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull'area ad essa parificata, delle caratteristiche che lo rendono tale sotto il profilo concettuale e, quindi, in relazione alle sue funzionalità, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative, risultando, invece, indifferente l'uso che in concreto si faccia del veicolo, sempreché' esso rientri in quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo stesso può avere".

La stessa ordinanza non mancava di rilevare che - diversamente da quanto sostenuto dalla corte di merito nell'impugnata sentenza - l'orientamento interpretativo della S.C. risulti invero in contrasto con la giurisprudenza Eurounitaria, in base alla quale "l'art. 3, paragrafo 1, della direttiva 72/166/CEE del Consiglio del 24 aprile 1972 (c.d. prima direttiva auto), relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in fatto di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e di controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità, dev'essere interpretato nel senso che rientra nella sua nozione di "circolazione dei veicoli" qualunque uso di un veicolo che sia "conforme alla funzione abituale dello stesso" (Corte di giust., 04/09/2014, causa C162/13, pag. 10)", come confermato e ribadito anche da Corte Giust., grande sezione, 28/11/2017, C-514/16, Corte Giust., 20/12/2017, C-334/16, Corte Giust., 20/6/2019, C-100/18.

La sezione rimettente, poneva pertanto in rilievo che tale contrasto, non ex professo esaminato nella suindicata sentenza delle Sezioni Unite del 2015, prospetti l'esigenza di una "rivisitazione ermeneutica dell'art. 122 del codice delle assicurazioni private, con disapplicazione della norma regolamentare di cui al Decreto Ministeriale 1 aprile 2008, n. 86, articolo 3, comma 2, lettera a), (cfr., di recente, Cass., 4 giugno 2019, n. 15198), nel senso che la nozione di circolazione stradale cui l'obbligo assicurativo e dunque l'assicurazione potrebbero e in tesi dovrebbero intendersi riferiti, debba essere parametrata a ogni uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale", con valutazione da effettuarsi "anche in chiave di analisi economica del diritto, per le ricadute che potrebbe implicare: per un verso prospettiva di un incremento finale dei premi assicurativi, per l'altro di lettura di questi come redistribuzione sociale dei costi dei sinistri, nell'ottica di una più compiuta tutela delle vittime".

Le soluzioni giuridiche

Decidendo in senso adesivo all'istanza dei ricorrenti ed alle riflessioni della stessa ordinanza di rimessione, le Sezioni Unite hanno dunque definitivamente stabilito che “è l'utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo … il criterio di equiparazione alle strade ad uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro”.

Ed ancora che “il criterio discretivo cui assegnare rilievo ai fini della determinazione dell'estensione della copertura assicurativa per la rca deve dunque rinvenirsi nell'uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale” e non quindi nella natura dell'area ove lo stesso utilizzo venga posto in essere”.

Ciò con la precisazione (opportuna e forse da valutare in non infrequenti ipotesi “limite”) che “rimane non coperta da assicurazione per la rca solamente l'ipotesi dell'utilizzatore del veicolo in contesti particolari ed avulsi dal concetto di circolazione sotteso” e quindi quando vi sia una “utilizzazione anomala del veicolo non conforme alle sue caratteristiche e alla sua funzione abituale”.

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È certamente interessante muovere le premesse, nel solco tracciato dalla odierna decisione, dalla ampia rivisitazione data al diritto comunitario ed alla rilevanza sovranazionale che lo stesso deve avere anche in termini strettamente interpretativi sul diritto nazionale.

Le Sezioni Unite definitivamente ammettono che L'interpretazione estensiva nei suindicati termini della nozione di "circolazione" su "aree... equiparate" alle "strade di uso pubblico" di cui all'articolo 122 Cod. ass., oltre che costituzionalmente orientata, si appalesa invero conforme al diritto dell'U.E. (si veda l'ampia raccolta casistica riferita nella motivazione) ove il requisito della natura dell'area di accadimento, scolora rispetto all'evidenza della circolazione avvenuta secondo la “funzione” propria del mezzo coinvolto, con ciò operando una vera e propria interpretazione adeguatrice della norma di diritto interno a quella di diritto Europeo, al fine di conseguire il risultato da quest'ultima perseguito, in adempimento dell'obbligo posto all'articolo 189, comma 3, Trattato CEE, e quindi all'articolo 249, comma 3, Trattato UE.

Invero, proprio la Corte di Giustizia Europea è parsa nel tempo anteporre il concetto di uso del veicolo a quello del luogo di accadimento del fatto, in una sequenza di interventi che hanno ben delineato la veste interpretativa transazionale dell'obbligo assicurativo di derivazione comunitaria (come osservato già su questa Rivista a commento della recentissima Corte Giustizia UE, 29 aprile 2021 C383/2019 da Michele Liguori “Sussiste l'obbligo di assicurare qualsiasi veicolo anche se fermo su area privata e non idoneo alla circolazione” in Ridare,10 Maggio 2021).

Si vedano, ad esempio, nell'ampia rassegna rinvenibile nella stessa odierna motivazione, le due decisioni, anch'esse assai recenti, di derivazione comunitaria, ove si è affermato nella prima (Corte Europea C-100-10 del 20 giugno 2019) che “L'articolo 3, primo comma, della direttiva 2009/103 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «circolazione dei veicoli» contenuta in tale disposizione non è limitata alle ipotesi di circolazione stradale, vale a dire la circolazione sulla pubblica via, e che in tale nozione rientra qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso. Il fatto che il veicolo coinvolto in un sinistro fosse fermo al momento del verificarsi di quest'ultimo non esclude, di per sé solo, che l'uso di tale veicolo in quel momento possa rientrare nella sua funzione di mezzo di trasporto e, di conseguenza, nella nozione di «circolazione dei veicoli», ai sensi dell'articolo 3, primo comma, della direttiva 2009/103”.

Ed ancora e più in generale (Corte Europea C -162-13 del 4 settembre2014) che “L'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile deve coprire qualsiasi incidente causato utilizzando un veicolo conformemente alla sua funzione abituale”.

La decisione analizzata, tuttavia, tiene conto anche di una certa evoluzione della propria stessa giurisprudenza, ove l'aspetto della vincolatività dell'area pubblica o ad essa equiparata è parsa nel tempo cedere via via il passo ad altri profili naturalistici del veicolo e del correlato obbligo assicurativo, come l'uso e la funzione propria del mezzo.

È certamente da porre in evidenza la precedente decisione resa a Sezioni Unite dalla Corte (Cass. SSUU n. 8620 del 29 aprile 2015) ove già si era giunti a ravvisare nell'utilizzazione del veicolo conforme alla funzione abituale dello stesso il criterio decisivo ai fini della determinazione dell'ambito della copertura assicurativa obbligatoria per la r.c.a., pur senza allora esaminare il concetto di circolazione in termini di riferimento spaziale previsto per l'assicurazione obbligatoria (la circostanza cioè dell'essere "il veicolo in circolazione su "strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate",... non è qui in discussione).

Il che non vuol dire (si osserva nell'odierna decisone) che si debba ancorare l'operatività della garanzia assicurativa alla mera occasione dell'allocazione del veicolo sulla strada pubblica o su area ad essa parificata; quanto piuttosto che debba essere valorizzata “proprio quella interazione tra veicolo e circolazione che è il fondamento della particolare ipotesi di responsabilità "da attività pericolosa" che è quella di cui all'articolo 2054 c.c.”.

Le decisioni che si sono allineate sempre più alla natura dell'obbligo assicurativo a matrice “funzionale” più che “occasionale” (intesa come occasione di accadimento spaziale) hanno dunque nel tempo statuito che per l'operatività della garanzia per r.c.a. è necessario che il veicolo, nel trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull'area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali, e, quindi, in relazione alle sue funzionalità, non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l'uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo, la copertura assicurativa dovendo riguardare tutte le attività cui il veicolo è destinato e per cui lo stesso circola su strada di uso pubblico o su area equiparata.

Ciò forse, e per dovere di cronaca, con la sola eccezione della recentissima decisone della terza sezione della Corte (Cass. III ord. 22160/2021 del3 agosto 2021), di pochissimi giorni successiva alla 21983 del 30 luglio, che appare non allineata al principio nomofilattico appena tracciato per ragioni evidentemente di mera sovrapposizione cronologica.

Si può anche osservare che la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è nel corso degli anni sempre più cimentata in una attività interpretava volta ad estendere il perimetro dell'obbligo assicurativo nella RCA in ottica conservativa del principio protettivo di derivazione comunitaria ed anche costituzionale.

Si ricorderanno le “antiche” diatribe sulla assicurabilità (e sul correlativo obbligo di risarcire) il danno provocato dal veicolo fermo e parcheggiato, che portarono ad escludere che il concetto di “circolazione” afferisse ad un mero parallelismo sintattico con l'idea di movimento, già traendo dalla nozione di “funzione” anche tutte quelle meccaniche di accadimento proprio correlate all'uso del veicolo stesso (“E' del tutto indifferente che un veicolo, perché' possa considerarsi "in circolazione" sia in marcia ovvero in sosta in luoghi ove si svolga il traffico veicolare, dovendo qualificarsi come "scontro" qualsiasi urto tra due (o piu') veicoli in marcia ovvero tra uno in moto ed uno fermo”, Cass. n. 5505/2008).

Certamente dall'idea di stazionamento e funzionalità del veicolo traevano spunto le decisioni (alcune appunto “antiche”) che avevano esteso per prime l'obbligo assicurativo ad eventi non sempre ritenuti propri alla circolazione. Si vedano, ad esempio, le ipotesi in cui la Suprema Corte aveva deciso già allora di cassare le decisioni della corte territoriale che avevano ritenuto non afferente alla circolazione la chiusura intempestiva dello sportello da parte del conducente o di un passeggero, che aveva arrecato danno ad un soggetto intento a salire sul veicolo (Cass. n.10024/2020; Cass. n. 18618/2005; Cass. n. 12284/2004; Cass. n. 8216/2002 e Cass. n. 6445/1987).

Proprio il tema della “funzione” per la quale il veicolo è stato annesso alla circolazione, quale condizione dirimente ai fini dell'accertamento dell'obbligo assicurativo è stata la matrice di numerose decisioni che vedono nella già richiamata sentenza a Sezioni Unite del 2015 (n. 8620) il suo punto più chiaro ed incontrovertibile.

Nel caso a quo, la Corte era chiamata a dirimere una questione circa la risarcibilità dei danni in un contesto assicurativo e protettivo proprio della RCA (azione diretta, massimale minimo obbligatorio, forme di tutela per le vittime della strada e così via) relativo ad un sinistro mortale determinato dall'imperita manovra da parte del conducente di un mezzo in sosta, munito di un braccio meccanico di sollevamento, per effetto della quale un cassone metallico, in fase di caricamento, era scivolato travolgendo la vittima.

Dopo ampio argomentare legato sempre alla traccia della funzione sociale della assicurazione obbligatoria, la Corte aveva ritenuto in quella sede che il concetto di circolazione stradale di cui all'art. 2054 c.c. includa anche la posizione di arresto del veicolo e ciò in relazione sia all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade.

Ne consegue che per l'operatività della garanzia per R.C.A. sia necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull'area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l'uso che in concreto se ne faccia e, come rilevato dalla 21983 in commento, il luogo ove la funzione venga esercitata, sempreché essa rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo.

A conferma, di una evoluzione ampliativa del perimetro della tutela obbligatoria, si potrà altresì osservare che, dopo la decisione del 2015 testé citata, la stessa Corte di Cassazione aveva adeguato il perimetro del concetto di circolazione stradale di cui all'art. 2054 c.c. includendo così anche la posizione di arresto del veicolo non più solo in relazione all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione ed alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, ma bensì ancora con riguardo a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. Principio applicato, ad esempio, anche con riferimento al sinistro mortale conseguente allo sganciamento della rampa posteriore del carrello a rimorchio di un autocarro, parcheggiato nella pubblica via nei pressi di un'officina meccanica, affinché si provvedesse alla riparazione dell'asse di detta rampa (Cass. n. 3257/2016).

Analogamente, già la Corte aveva affermato (Cass. n. 8090/2013) che il fatto verificatosi nella rampa di accesso ad un garage - indipendentemente dalla natura pubblica o privata dell'area al cui interno essa risultava collocata – dovesse rientrare nella copertura assicurativa obbligatoria, benché avvenuto in un luogo in cui la circolazione non fosse consentita ad un numero indeterminato di persone, bensì limitata a coloro che debbono compiervi la manovra di ingresso o di uscita e che, in quanto titolari del diritto di ricoverarvi il veicolo, costituiscono un numero determinato di persone, venendo in considerazione "uti singuli" e non "uti cives".

Ne consegue, in conclusione, che per l'operatività della garanzia per R.C.A. è necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull'area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l'uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo.

Osservazioni

Fermo l'impatto pratico di relativa importanza (attesa la diffusione nel mercato delle clausole estensive volontarie alla copertura per aree private), la questione pone ancora una volta al centro il concetto, di derivazione comunitaria e definitivamente recepito in ambito nazionale, della funzione del veicolo e dell'uso conforme (e non abnorme) dello stesso, quale elemento dirimente per definire la perimetrazione dell'obbligo di assicurare la circolazione stradale.

Come detto, la suprema Corte in un certo senso chiude il cerchio in tema di obbligo assicurativo da circolazione dei veicoli, di fatto completando l'iter di estensione, sempre nell'indirizzo del pieno recepimento del diritto comunitario, già iniziato con la nota sentenza, sempre a SSUU, n. 8620 del 2015.

In effetti, la complessità definitoria della “area privata equiparabile a quella ad uso pubblico” aveva nel tempo dato prova della propria difficile collocazione rispetto alle possibili e diversificate casistiche (ne dà ampia rassegna M. Rossetti in “L'assicurazione obbligatoria della RCA”, 2000, 34 e ss; si veda anche La Torre, “Le Assicurazioni”, Giuffrè 2019, 970 e ss.) e l'avere in un certo senso superato questo complesso distinguo non può che portare una chiarezza maggiore nel quadro dell'obbligo e della sua trasposizione materiale nei testi di polizza.

Alla stregua di quanto ora deciso dalle Sezioni Unite e tenuto conto dei precedenti che hanno esteso il concetto di obbligo di garanzia per le imprese di assicurazione anche ad eventi limite in precedenza esclusi (la sosta del veicolo, la posizione di arresto, l'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, gli incidenti occorsi durante le operazioni eseguite in funzione della partenza o connesse alla fermata, sia ancora con riguardo a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale esso può circolare nelle strade, come ad esempio lo scarico di merci, o altro), si può dire che l'obbligo assicurativo e quindi di indennizzo per l'assicuratore RCA oggi riguardi un ampio ventaglio di ipotesi anche collaterali alla circolazione stessa, alle quali si aggiunge infine, per effetto della sentenza n. 21983, anche la circolazione del veicolo in qualunque area, anche se delimitata ed interdetta al pubblico.

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