Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 34 - (Criteri di sostenibilità energetica e ambientale)1(Criteri di sostenibilità energetica e ambientale)1 [1. Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto all' articolo 144 2. 2. I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell'articolo 95, comma 6. Nel caso di contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi di cui al comma 1, sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 3. 3. L'obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell'ambito del citato Piano d'azione 4 5.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] Comma modificato dall'articolo 22, comma 1, lettera a), del D.Lgs 19 aprile 2017, n. 56 [3] Comma sostituito dall'articolo 22, comma 1, lettera b), del D.Lgs 19 aprile 2017, n. 56. [4] Comma sostituto dall'articolo 22, comma 1, lettea c), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. [5] Per ulteriori disposizioni vedi l'articolo 1, comma 697 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205. InquadramentoGià in sede di commento all'art. 4 e all'art. 30 del Codice si è avuto modo di evidenziare l'evoluzione dei princìpi ispiratori della contrattualistica pubblica nel corso degli ultimi decenni. L'ultima direzione imboccata dalla linea evolutiva dell'impalcatura valoriale della materia ha portato al consolidamento di una disciplina ‘multivaloriale', in cui la tradizionale primazia del principio di tutela della concorrenza è insidiata dall'emersione di nuove istanze di tipo sociale ed ambientale. Gli ‘appalti verdi'Sotto quest'ultimo profilo, si è progressivamente affermata la nozione di «appalti verdi» (o anche «Green Public Procurement»), strumenti di mercato finalizzati all'internalizzazione della variabile ambientale negli acquisti delle pubbliche amministrazioni, ai quali vengono ricondotti i) un elemento ‘oggettivo' rappresentato dall'inerenza alla materia della contrattualistica pubblica e ii) un elemento teleologico consistente nella strumentalità rispetto alla realizzazione di obiettivi di tutela ambientale (Cafagno, Farì). Gli appalti verdi esprimono un criterio generale che dovrebbe orientare il settore pubblico verso l'acquisto di beni e servizi più rispettosi dell'ambiente rispetto ad altri beni o servizi ad essi fungibili (Fidone, Gli appalti verdi). Si tratta, in buona sostanza, di strumenti giuridici intesi a promuovere la graduale integrazione degli interessi ambientali nella disciplina legislativa degli appalti pubblici (Schizzerotto, p. 967), in ossequio al c.d. principio d'integrazione delle politiche ambientali, enunciato sin dal 1992 con il Trattato di Maastricht e innalzato alla stregua di autentico principio generale delle politiche comunitarie. Tale principio intende significare il «carattere trasversale del diritto dell'ambiente: ogni intervento normativo, ogni azione amministrativa, in qualsiasi materia, in qualsiasi settore di attività, deve sempre farsi carico del problema della tutela ambientale. L'ambiente si tutela, cioè, in ogni settore di disciplina, giacché qualsiasi attività umana può costituire una minaccia, un pericolo, un danno per l'ambiente» (Renna). Gli ‘appalti verdi' non integrano «un particolare tipo di appalto, bensì una serie di strumenti eterogenei finalizzati a propiziare la convergenza tra l'interesse principale oggetto dell'appalto e l'interesse alla tutela dell'ambiente» (Hagi Kassim). Essi costituiscono un esempio paradigmatico dell'evoluzione che ha caratterizzato l'ordinamento Europeo negli ultimi decenni e che ha condotto ad un considerevole allargamento degli interessi oggetto di protezione, con l'estensione delle tutele ordinamentali anche ad interessi diversi rispetto a quelli meramente economici come appunto quello relativo alla tutela ambentale, che «può, a ragione, essere considerato come uno dei primi interessi ad aver incrinato il ruolo di supremazia riconosciuto al principio di concorrenza» (Viola). Il Piano d'Azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazioneA livello nazionale, la nascita del Green Public Procurement viene ricondotta alla l. n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), con cui il legislatore investì l'allora Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero della transizione ecologica) dell'onere di predisporre e di attuare un Piano d'Azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione, di concerto con i Ministeri dell'economia e dello sviluppo economico. Sulla base della l. n. 296/2006, con decreto interministeriale 11 aprile 2008 n. 135, è stato quindi adottato il il Piano d'Azione Nazionale GPP (di seguito anche «PAN GPP»), quale strumento teso a favorire la diffusione degli appalti verdi e a promuovere l'adozione di tutte le misure necessarie all'integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale con le procedure legate all'acquisto di beni, all'esecuzione di lavori o all'approvvigionamento dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni. Il PAN GPP ha posto una serie di obiettivi tra cui i) la riduzione del consumo di risorse naturali, ii) la graduale sostituzione delle fonti energetiche non rinnovabili con quelle rinnovabili, iii) la riduzione della produzione di rifiuti e iv) la riduzione delle emissioni inquinanti. In attuazione del PAN GPP, è stata poi adottata nel corso degli anni una serie di decreti ministeriali con cui sono stati individuati – con riferimento ad alcune specifiche categorie merceologiche – i c.d. criteri ambientali minimi (CAM). I CAM hanno la funzione di individuare nominalmente gli strumenti da utilizzare nell'ambito dei singoli appalti pubblici relativi a ciascuna categoria merceologica e contengono indicazioni generali attinenti alle diverse fasi delle procedure di gara le quali, ove recepite dalle stazioni appaltanti, risultano utili a classificare un acquisto come ‘sostenibile'. Tali criteri sono declinati alla stregua di criteri minimi di tutela: le stazioni appaltanti hanno piena facoltà di prevedere criteri più stringenti, ma non possono invece discostarsi al ribasso da tali previsioni (Cafagno, Farì). Il PAN GPP dovrebbe essere sottoposto a revisione con cadenza almeno triennale; tuttavia, fino ad ora, la prima e unica revisione è stata operata con il decreto ministeriale 10 aprile 2013. Gli impulsi del diritto dell'Unione EuropeaLo stimolo all'adozione del PAN GPP è partito a livello comunitario e più precisamente dalla Comunicazione CON 2003-302 della Commissione Europea, tesa a sviluppare il concetto di ciclo di vita ambientale all'interno delle politiche volte ad incoraggiare i c.d. acquisti verdi da parte delle amministrazioni pubbliche. In effetti, il cambiamento di paradigma che ha messo al centro la sostenibilità ambientale si è manifestato in primo luogo nelle politiche dell'Unione Europea. Nel contesto della «Strategia Europa 2020» è stato deciso di abbandonare il perseguimento della crescita economica tout court, in favore di una crescita economica che fosse ‘intelligente, sostenibile ed inclusiva'. Si è quindi ritenuto di valorizzare l'uso ‘strategico' degli appalti pubblici, ossia di utilizzare la contrattualistica pubblica come ‘leva' per il perseguimento degli obiettivi individuati a livello di policy. In quest'ottica, il principio di sviluppo sostenibile ha come contenuto il dovere e la responsabilità di coniugare due imperativi apparentemente inconciliabili quali la crescita economica secondo il modello capitalista e la protezione dell'ambiente. Esso allarga l'orizzonte temporale delle istituzioni alla difesa degli interessi delle future generazioni (Cafagno). La giurisprudenza comunitaria ha svolto un ruolo di primo piano nell'emersione delle istanze ambientali nella contrattualistica pubblica dell'Unione. Per prima, la sentenza Beentjes ha ammesso la legittimità di criteri di valutazione delle offerte non prettamente economici, purché non aventi l'effetto di produrre effetti discriminatori a danno dei candidati. La svolta definitiva si è poi consumata con il noto caso Concordia Bus, nel quale la Corte di giustizia ha affermato inequivocabilmente che «anche fattori non meramente economici possono incidere sul valore di un'offerta per l'amministrazione aggiudicatrice» (Corte Giust. UE, C-513/99, 17 settembre 2002). Del resto, la scelta di dare rilievo ad esigenze sociali e ambientali trova solido fondamento normativo nei Trattati; basti pensare all'art. 3 del TUE e agli artt. 9 e 11 del TFUE. Su queste basi, con la direttiva n. 2004/18/CE per la prima volta fu esplicitamente riconosciuta alle stazioni appaltanti la possibilità di considerare fattori di natura extraeconomica come quelli relativi alla tutela ambientale. Sennonché, gli elementi di Green Public Procurement contenuti nelle direttive comunitarie del 2004, già in sé poco ‘coraggiosi', furono recepiti dal previgente Codice di cui al d.lgs. n. 163/2006 in maniera asettica e soprattutto vennero declinati in chiave di facoltatività. Un vero e proprio ‘scatto' sulla strada degli appalti verdi si è avuto solamente con le direttive Eurounitarie del 2014, in cui i riferimenti al Green Public Procurement appaiono maggiormente penetranti ed incisivi. La spiccata sensibilità ambientale delle nuove direttive emerge già dal Considerando n. 91 della direttiva n. 2014/24/UE, secondo il quale «l'art. 11 TFUE impone che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente siano integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile. La presente direttiva chiarisce in che modo le amministrazioni aggiudicatrici possono contribuire alla tutela dell'ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile, garantendo loro la possibilità di ottenere per i loro appalti il migliore rapporto qualità/prezzo». Proseguendo nella lettura delle disposizioni contenute nella direttiva n. 2014/24/UE, ulteriori riferimenti alle tematiche ambientali si rinvengono relativamente ai criteri di aggiudicazione (art. 67) e alle condizioni di esecuzione (art. 70). In modo particolare, l'art. 67 della direttiva n. 2014/24/UE, dopo aver chiarito al primo comma che il criterio di aggiudicazione da utilizzare in via prioritaria deve essere quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, aggiunge che l'offerta economicamente più vantaggiosa va individuata sulla base di un approccio costo-efficacia, «quale il costo del ciclo di vita conformemente all'art. 68, e può includere il miglior rapporto qualità/prezzo, valutato sulla base di criteri, quali gli aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali, connessi all'oggetto dell'appalto pubblico in questione». In tale contesto, assume un rilievo centrale e fortemente innovativo il concetto di «costo del ciclo di vita» (life-cycle costing), declinato dall'art. 68 dopo essere stato introdotto dall'art. 67, in merito al quale si rinvia al commento dell'art. 96 del Codice. La ratio di queste innovative previsioni è quella di evitare che le possibili future esternalità negative legate a un prodotto vadano a ricadere sulla collettività. Secondo alcuni autori, tali previsioni sarebbero state connotate dall'obiettivo di disegnare «un doveroso bilanciamento tra efficienza economica e tutela ambientale» (Biancareddu, Serra). In realtà, già con il Libro verde del 2011 «sulla modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici – Per una maggiore efficienza del mercato Europeo degli appalti», il legislatore Eurounitario aveva messo in chiaro come la crescita economica e la tutela dell'ambiente siano tra loro complementari e non già alternativi (Fidone, Il nuovo Codice dei contratti pubblici). Tale documento i) da un lato prospettava un'azione di ammodernamento della contrattualistica pubblica Europea allo scopo di conseguire una maggiore efficienza della spesa pubblica, e ii) dall'altro lato dichiarava ‘complementari' alle esigenze di efficienza economica gli «obiettivi sociali comuni» quali «la tutela dell'ambiente». In tale contesto, «farsi carico in qualsiasi settore delle esigenze di tutela dell'ambiente significa considerare la tutela ambientale come parte del processo di sviluppo, non separabile da questo. Concettualmente, insomma, non può esservi alcuna disciplina di fenomeni di sviluppo che, all'interno, non abbia in qualche modo introitato la tutela ambientale, per garantire che lo sviluppo sia realizzato con equilibrio ed equità – cioè sia, appunto, «sostenibile» – in modo da non compromettere la qualità dell'ambiente e la disponibilità delle risorse naturali, la qualità della vita e le stesse possibilità di sviluppo non solo delle generazioni attuali, ma pure di quelle future» (Renna). A margine di quanto precede, è d'obbligo notare come il legislatore italiano (pur dimostrandosi – come vedremo – molto ‘coraggioso' nell'intraprendere la strada degli appalti verdi) non sembri invero molto convinto dell'esistenza di questo rapporto di complementarità tra l'efficienza economica e la tutela ambientale, posto che all'art. 30 del d.lgs. n. 50/2016 ha previsto la possibilità di subordinare il principio di economicità ad altri criteri tra cui quelli legati alla salvaguardia dell'ambiente, come se la tutela ambientale dovesse necessariamente confliggere con il perseguimento di interessi di natura economica. I criteri di sostenibilità energetica e ambientale nella disciplina codicisticaLa disciplina codicistica degli appalti verdi non si esaurisce nell'articolo in commento; basti pensare, ad esempio, alle previsioni dell'art. 96 in materia di costi del ciclo di vita. Rinviando per il resto ai commenti dei pertinenti articoli, in questa sede ci si limiterà ad approfondire i contenuti dell'art. 34 del Codice. Tale articolo reca una disciplina fortemente innovativa, con cui il legislatore italiano ha ‘superato' quello Eurounitario, spingendosi fino a prevedere forme generalizzate di ricorso ‘obbligatorio' ai criteri ‘verdi' nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici (Viola). Ai sensi dell'art. 34, comma 1, d.lgs. n. 50/2016, le stazioni appaltanti sono chiamate a contribuire agli obiettivi ambientali previsti dal PAN GPP «attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto nell'art. 144». La disposizione in esame, peraltro confermando l'impostazione già inaugurata dal legislatore italiano con il c.d. Collegato Ambientale' di cui alla l. n. 221/2015, prevede in buona sostanza che le stazioni appaltanti – nella redazione della documentazione di gara – debbano obbligatoriamente (e non già facoltativamente, come nel vigore della previgente disciplina) utilizzare i criteri ambientali minimi così come individuati nei decreti ministeriali attuativi del PAN GPP. In linea di principio, l'applicazione dei CAM dovrebbe consentire di diffondere le tecnologie ambientali e i prodotti ecologicamente preferibili, fungendo così «da leva» sul mercato e inducendo gli operatori economici meno virtuosi ad adeguarsi alle nuove richieste dell'amministrazione (Viola). Dal punto di vista dell'ambito di applicazione oggettivo, l'obbligo di utilizzo dei CAM non può che riferirsi ai soli appalti rientranti nelle categorie merceologiche per le quali i criteri ambientali minimi sono stati individuati. Con riferimento a tali appalti, i CAM dovranno essere obbligatoriamente rispettati quantomeno nella formulazione delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali, a pena di illegittimità della procedura. Sotto il profilo dell'ambito di applicazione soggettivo, l'obbligo vale per tutti i soggetti giuridici che – a vario titolo e prescindendo dalla relativa natura pubblica o privata – siano chiamati ad affidare contratti pubblici, posto che la nozione di «stazione appaltante» ricomprende al proprio interno sia le amministrazioni aggiudicatrici, sia gli enti aggiudicatori operanti nei settori speciali, sia i soggetti aggiudicatori comunque tenuti all'osservanza delle regole dettate dal Codice. Ai sensi del secondo comma dell'articolo in commento, «i criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell'art. 95, comma 6. Nel caso dei contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi di cui al comma 1, sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare». In altre parole, l'art. 34, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, prevede che i CAM (ed in particolare quelli declinati alla stregua di criteri premianti) siano valorizzati – tra gli altri elementi qualitativi – ai fini dell'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Con specifico riferimento ai contratti aventi ad oggetto interventi di ristrutturazione, tale obbligo viene parzialmente ridimensionato nella sua cogenza nella misura in cui se ne prevede l'applicazione «per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare». Il richiamo interno all'art. 95, comma 6, del Codice, esalta ancor di più il peso della tematica ambientale nel contesto della disciplina codicistica, considerato il ruolo preminente nell'ambito dei criteri di valutazione qualitativi rivestito da criteri di natura ambientale quali «il possesso di un marchio di qualità ecologica, il costo di utilizzazione e di manutenzione avuto riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, nonché alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione» (Viola). Ciò posto, con riferimento al secondo comma dell'art. 34, la terminologia utilizzata dal legislatore appare alquanto elastica, nella misura in cui si impone alle stazioni appaltanti non già di ‘applicare' tout court i CAM, ma solo di ‘tenerli in considerazione'. «In disparte ogni considerazione circa l'opportunità di inserire in un testo normativo locuzioni questo tipo, di dubbia consistenza giuridica, (...) la locuzione ‘sono tenuti in considerazione', nonostante l'evidente assenza di vincolatività, non sembra potersi ridurre all'introduzione di una mera facoltà in capo alle stazione appaltante» (Cafagno, Farì); in tal guisa, sembra potersi rinvenire – in capo alla stazione appaltante – quantomeno un obbligo di motivazione ogni qualvolta scelga di non fare uso dei CAM, sul modello del ‘comply or explain'. A seguito del ‘decreto correttivo' n. 56/2017, gli obblighi sanciti ai primi due commi dell'art. 34 trovano applicazione indipendentemente dall'importo dell'affidamento. BibliografiaBiancareddu – Serra, Gli appalti verdi: la soddisfazione di interessi ambientali attraverso le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, in Giurisd. Amm., nn. 7-8, 2014; Cafagno, Princìpi e strumenti di tutela dell'ambiente come sistema complesso, adattivo, comune, Torino, 2007; Cafagno, Farì, I princìpi e il complesso ruolo dell'amministrazione nella disciplina dei contratti per il perseguimento degli interessi pubblici, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Caringella, Protto, Il Codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Fidone, Gli appalti verdi all'alba delle nuove direttive: verso modelli più flessibili orientati a scelte eco-efficienti, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2012; Fidone, Il nuovo Codice dei contratti pubblici, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Hagi Kassim, I criteri di sostenibilità energetica e ambientale negli appalti pubblici. L'emersione dell'istituto degli «appalti verdi» nel panorama Europeo e nazionale, in www.italiappalti.it., 14 febbraio 2017; Renna, I principi in materia di tutela dell'ambiente, in Rivista quadrimestrale di diritto dell'ambiente., 1-2, Torino, 2012; Schizzerotto, I principali provvedimenti Europei ed italiani in materia di Green Public Procurement, in Rivista Giuridica dell'Ambiente, 6, 2004; Villamena, Codice dei contratti pubblici. Nuovo lessico ambientale, clausole ecologiche, sostenibilità, economicità, in Riv. Giur. Edil., 3, 2017; Viola, La sostenibilità energetica e ambientale nei contratti pubblici, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), I contratti pubblici, Roma, 2021. |