Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 50 - (Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi)1

Marco Giustiniani

(Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi)1

[1. Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell'importo totale del contratto2.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

Inquadramento

L'art. 50 del Codice, recante disposizioni in materia di clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato nell'esecuzione dei contratti pubblici, sulla scorta di una sequenza storica di norme che ne costituiscono l'archetipo e che trovano nella norma in commento il più compiuto esito evolutivo, si prefigge lo scopo di consolidare un principio di tutela sociale nel diritto dei contratti pubblici, fino a tempi recenti permeato in maniera totalizzante dalle istanze legate alla tutela della concorrenza e del mercato (De Luca, Perrone).

Con la locuzione ‘clausole sociali' si è soliti intendere «quelle disposizioni normative che impongono ad un datore di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione sociale e del lavoro come condizione per svolgere attività economiche in appalto o in concessione o per accedere a benefici di legge ed agevolazioni finanziarie» (Orlandini).

L'origine di siffatte clausole deve rinvenirsi nell'art. 2, della Convenzione OIL n. 94/1949, «Labour clauses (public contracts) convention» ratificata dalla l. n. 1305/1952, il quale disponeva che i bandi e gli avvisi per l'assegnazione di appalti e concessioni pubblici dovessero contenere «clausole che garantiscano ai lavoratori interessati salari (incluse le indennità) durata di lavoro e altre condizioni di lavoro non meno favorevoli di quelle stabilite per un lavoro dello stesso genere nella professione o nell'industria interessate della stessa regione».

Nell'ordinamento giuridico italiano le clausole sociali hanno trovato la loro prima disciplina nell'art. 36 dello Statuto dei lavoratori di cui alla l. n. 300/1970, secondo cui «nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona. Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge».

Il predetto art. 36 della l. n. 300/1970 è stato poi dichiarato incostituzionale nella parte in cui non estendeva l'obbligatorietà delle clausole di equo trattamento anche a quella dei contratti aventi ad oggetto la concessione di pubblici servizi; nell'occasione, la Corte costituzionale ha ribadito la rilevanza e la funzione dell'istituto, rimarcando che «le clausole sociali sono funzionali al procedimento di selezione del contraente e, in applicazione dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione, esse consentono alle imprese di confrontarsi limitando, però, la possibilità di incidere, a fini concorrenziali, il trattamento economico e normativo destinato ai lavoratori che deve essere pari al minimo previsto dai contratti collettivi di lavoro. Il rispetto delle norme volte a regolamentare i diritti dei lavoratori rappresenta un limite non valicabile alla competizione tra imprese».

Su questo quadro normativo nazionale si è poi innestata l'evoluzione valoriale della contrattualistica pubblica comunitaria, in merito alla quale si rinvia ai commenti degli artt. 4 e 30, che ha portato ad una sempre maggiore sensibilità nei confronti delle tematiche sociali.

Tale evoluzione, da ultimo, per quanto interessa in questa sede, ha prodotto l'inserimento nelle tre direttive eurounitarie del 2014 in tema di contratti pubblici (n. 2014/24/UE, n. 2014/23/UE e n. 2014/25/UE) di una folta schiera di disposizioni innervate di riferimenti alla tutela del lavoro e ad altri obiettivi di rilievo sociale.

In tale contesto, la Direttiva n. 2014/24/UE chiarisce fin dal Considerando n. 2 che gli appalti pubblici sono il mezzo per una «crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», che debba tendere anche al «conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale». In quest'ottica «lavoro e occupazione contribuiscono all'integrazione nella società e sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti» (Considerando n. 36): è quindi, «particolarmente importante che gli Stati membri e le amministrazioni aggiudicatrici adottino misure pertinenti per garantire il rispetto degli obblighi in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro», applicando a tal fine le disposizioni nazionali ed europee vigenti (Considerando n. 37). In specie, «I relativi obblighi potrebbero trovare riscontro in clausole contrattuali. Dovrebbe anche essere possibile inserire negli appalti pubblici clausole che assicurino il rispetto dei contratti collettivi in conformità del diritto dell'Unione. Il mancato rispetto dei relativi obblighi potrebbe essere considerato un grave illecito perpetrato dall'operatore economico in questione che può comportare l'esclusione di quest'ultimo dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico» (Considerando n. 39). Completano l'excursus relativo alla Direttiva n. 2014/24/UE gli artt. 18 (secondo cui «gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell'esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell'Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell'allegato X») e 70 (secondo cui «le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere condizioni particolari in merito all'esecuzione dell'appalto» purché collegate al suo oggetto, comprensive di considerazioni anche di ordine «sociale o relative all'occupazione») della stessa Direttiva.

Disposizioni pressoché identiche compaiono nella Direttiva n. 2014/23/UE (si vedano l'art. 30 e i Considerando nn. 55, 57, 58, 70 e 72) e nella Direttiva n. 2014/25/UE (si vedano gli artt. 36 e 87 oltre ai Considerando nn. 4, 51, 52, 54, 55, 102, 103 e 100).

Su questa nutrita base normativa, si sono innestati i criteri direttivi della legge delega n. 11/2016, focalizzati sulla valorizzazione delle esigenze sociali di promozione della stabilità occupazionale, sull'impiego di manodopera preferibilmente locale e sul favor nei confronti delle micro, piccole e medie imprese quanto all'accesso alle procedure di affidamento di contratti pubblici (Caringella, Protto).

Rilevano, in specie, le lett. ddd), fff), ggg) e iii) dell'art. 1 della l. n. 11/2016, rispettivamente dedicate:

– alla «valorizzazione delle esigenze sociali e di sostenibilità ambientale, mediante introduzione di criteri e modalità premiali di valutazione delle offerte nei confronti delle imprese che, in caso di aggiudicazione, si impegnino, per l'esecuzione dell'appalto, a utilizzare anche in parte manodopera o personale a livello locale ovvero in via prioritaria gli addetti già impiegati nel medesimo appalto, in ottemperanza ai princìpi di economicità dell'appalto, promozione della continuità dei livelli occupazionali, semplificazione ed implementazione dell'accesso delle micro, piccole e medie imprese, tenendo anche in considerazione gli aspetti della territorialità e della filiera corta e attribuendo un peso specifico anche alle ricadute occupazionali sottese alle procedure di accesso al mercato degli appalti pubblici, comunque nel rispetto del diritto dell'Unione europea»;

– alla «previsione di una disciplina specifica per gli appalti pubblici di servizi, diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di manodopera», introducendo ««clausole sociali» volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prendendo a riferimento, per ciascun comparto merceologico o di attività, il contratto collettivo nazionale di lavoro che presenta le migliori condizioni per i lavoratori»;

– alla «previsione di una disciplina specifica per gli appalti pubblici di lavori e servizi che introduca clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato e stabilisca che i contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni devono intendersi quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto e svolta dall'impresa, anche in maniera prevalente»;

– all'«obbligo per i soggetti pubblici e privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici già esistenti o di nuova aggiudicazione» di introdurre «clausole sociali per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità».

In attuazione dei criteri orientativi illustrati, le Commissioni parlamentari si erano espresse da subito a favore dell'introduzione dell'obbligo in capo alle stazioni appaltanti di inserire nella lex specialis specifiche clausole sociali. In origine, tuttavia, la versione originaria dell'art. 50 del Codice si era limitata a prevedere la mera facoltà di introdurre clausole sociali nella lex di gara.

Ciò fino all'adozione del ‘correttivo' di cui al d.lgs. n. 56/2017, con cui è stato posto in essere un importante cambio di prospettiva, non essendo più lasciata alla mera discrezionalità delle stazioni appaltanti la decisione sull'introduzione o meno di specifiche clausole sociali nella lex specialis di gara.

Questa modifica è stata salutata con favore dal Consiglio di Stato, che, nel parere 30 marzo 2017, n. 782 reso sulla bozza del decreto correttivo, ha puntualizzato che «l'intervento normativo proposto risulta conforme alla delega e alle direttive», e che «l'obbligo di inserimento delle clausole sociali nei bandi» è «apprezzabile nella misura in cui attua alcune fondamentali direttrici della direttiva 2014/24».

L'articolo in commento, nella sua versione attualmente vigente, quale esito del processo evolutivo sopra descritto, prevede che «per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all'art. 51 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell'importo totale del contratto».

L'ambito di applicazione della norma.

Per come risultante dall'articolo in commento e per come interpretato dalla Linee guida ANAC n. 13 recanti «la disciplina delle clausole sociali», l'ambito applicativo dell'obbligo di prevedere nella documentazione di gara specifiche clausole sociali investe gli affidamenti di appalti e concessioni di lavori e di servizi diversi da quelli di natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di manodopera, laddove i) per ‘servizi ad alta intensità di manodopera' si intendono quelli in cui il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell'importo totale del contratto, e ii) per ‘servizi di natura intellettuale' quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, come ad esempio il brokeraggio assicurativo e la consulenza. Quest'ultima condizione, in particolare, si verifica nei casi in cui – anche eventualmente in parallelo all'effettuazione di attività materiali – il fornitore elabora soluzioni, proposte e pareri che richiedono una specifica e qualificata competenza professionale, prevalente nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all'organizzazione di mezzi e risorse. In quest'ottica, quindi, il servizio non ha natura intellettuale per il solo fatto di essere prestato da personale soggetto all'obbligo di iscrizione in albi professionali.

Con riferimento alle procedure di affidamento esentate dall'obbligo di previsione delle clausole sociali, ossia con riferimento agli affidamenti di contratti che non prevedono un'alta intensità di manodopera, le stazioni appaltanti mantengono comunque la facoltà di inserire tali clausole.

Per espressa previsione normativa, le disposizioni in materia di clausola sociale non trovano applicazione i) agli appalti di forniture, per l'ovvia ragione che gli stessi hanno ad oggetto un dare e non un facere, ed ii) ai servizi di natura intellettuale, i quali per definizione non possono definirsi ‘ad alta intensità di manodopera'.

Secondo quanto previsto dalle Linee guida ANAC n. 13, sarebbero esentati dall'ambito applicativo della disposizione anche gli appalti di natura occasionale.

Problemi attuali: i contenuti della clausola sociale e le relative modalità applicative

Pur essendo specificamente preordinate dal legislatore alla finalità di garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato nell'esecuzione dei contratti pubblici, la giurisprudenza (sia eurounitaria che nazionale) ha ripetutamente chiarito come non si possa imporre all'aggiudicatario di un appalto un obbligo generalizzato di assumere senz'altro tutto il personale impiegato dal fornitore uscente.

Le esigenze di tutela sociale vanno bilanciate con la necessità di tutelare la libertà imprenditoriale degli operatori economici.

Il riassorbimento del personale utilizzato dall'impresa uscente può essere imposto al nuovo affidatario solamente nella misura in cui sia compatibile con la sua organizzazione aziendale. Le clausole sociali, in buona sostanza, comportano una ‘priorità' per il reimpiego del personale già occupato nell'appalto e non già un obbligo indiscriminato di assunzione di tale personale.

Questa interpretazione, del resto, è l'unica compatibile con il diritto eurounitario, come più volte chiarito dalla stessa Corte di giustizia dell'Unione europea fin da epoca risalente (cfr. Corte Giust., C-460/2002 del 2004 e sent. C-386/2003 del 2005).

La clausola sociale non può essere «tale da imporre in termini rigidi la conservazione del personale di cui al precedente appalto”, “dovendo invece essa essere formulata in termini di previsione della priorità del personale uscente nella riassunzione presso il nuovo gestore, in conformità alle esigenze occupazionali risultanti per la gestione del servizio» (T.A.R. Toscana, III, n. 231/2017). Tali conclusioni sono ormai consolidate anche nella giurisprudenza nazionale, dandosi ormai per acquisito che la clausola sociale vada

formulata e intesa «in maniera elastica e non rigida, rimettendo all'operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all'assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario» (Cons. St., V, n. 6761/2020), anche perché solo in questi termini essa «è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l'obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d'impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell'appalto» (si vedano, ex multis: Cons. St., VI, n. 4665/2020; Cons. St., VI, n. 1066/2020; Cons. St., V, n. 3885/2019; Cons. St., III, n. 750/2019; Cons. St., III, n. 726/2019).

Invero, «l'essere obbligati ad assumere un determinato contingente di addetti limita la possibilità dell'imprenditore di ricorrere, ove la tecnologia lo consenta, all'automazione dei processi produttivi; ciò si ripercuote, senza ombra di dubbio, sia sull'organizzazione dell'impresa sia sulla redditività dell'attività e, in via ultimativa, anche sull'economicità della prestazione per l'amministrazione pubblica committente» (De Luca, Perrone).

In quest'ottica, le clausole sociali devono comunque consentire all'affidatario di un contratto pubblico di assumere non già tutto il personale impiegato dal contraente uscente, ma solamente un numero di addetti compatibile con la propria organizzazione d'impresa.

Secondo quanto opportunamente chiarito dalle Linee guida ANAC, affinché possano essere applicate le clausole sociali occorre che il contratto di cui si tratta sia oggettivamente assimilabile a quello in essere. Più precisamente, l'inserimento di clausole volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato «non è legittimo qualora non sussista, per la stazione appaltante, alcun contratto in essere nel settore di riferimento, ovvero il contratto in essere presenti un'oggettiva e rilevante incompatibilità rispetto a quello da attivare. L'incompatibilità è oggettiva quando pertiene alle prestazioni dedotte nel contratto e non deriva da valutazioni o profili meramente soggettivi attinenti agli operatori economici. Non sussiste di regola incompatibilità laddove il contratto di cui si tratta preveda prestazioni aggiuntive rispetto a quello precedente, salvo il caso in cui, per l'entità delle variazioni e per i conseguenti effetti sulle prestazioni dedotte, risulti complessivamente mutato l'oggetto dell'affidamento».

Laddove la clausola sociale sia applicabile, la stazione appaltante deve dare conto dei relativi presupposti in sede di determina a contrarre, e deve prevedere nella lex specialis di gara che ciascun concorrente alleghi all'offerta un progetto di assorbimento. In tale documento, il concorrente deve indicare in quali modalità intende dare applicazione alla clausola sociale, indicando in modo particolare i) il numero di dipendenti del fornitore uscente che intende riassorbire nella propria organizzazione aziendale e ii) il contratto collettivo che intende applicare, specificando altresì il relativo trattamento economico.

Affinché ciascun offerente possa predisporre in maniera seria e compiuta il proprio progetto di assorbimento e quindi conoscere i dati del personale da riassorbire, nella lex specialis di gara la stazione appaltante deve indicare tutti gli elementi rilevanti a tale scopo, come ad esempio il numero di unità impiegate nell'appalto, il monte-ore complessivo, il CCNL applicato dal fornitore uscente, i livelli retributivi e gli scatti di anzianità (v. Linee guida ANAC n. 13).

Anche a questo fine, l'art. 50 richiede che le clausole sociali siano «specifiche»; tale previsione preclude alla stazione appaltante di formulare clausole dai contorni vaghi e indefiniti che non chiariscano il contenuto concreto degli obblighi posti in capo all'aggiudicatario.

Una volta che il concorrente abbia presentato in sede di gara un progetto di assorbimento in cui si sia impegnato ad assorbire un certo numero di addetti, il contenuto del progetto di assorbimento diventa vincolante per l'offerente che lo ha presentato, che è tenuto a rispettarlo lungo tutto il periodo di esecuzione del contratto. Sull'osservanza di tale obbligo è chiamata a vigilare la stazione appaltante. Eventuali inadempimenti possono portare all'applicazione di penali ovvero, nei casi più gravi, alla risoluzione del contratto.

Questioni applicative.

1) La clausola sociale può imporre all'aggiudicatario l'obbligo di mantenere il CCNL applicato dal fornitore uscente?

La clausola sociale non può imporre all'aggiudicatario l'obbligo di mantenere il CCNL applicato dal fornitore uscente.

Sul punto, preme rammentare l'orientamento espresso dalla Corte di giustizia nella sentenza «Rüffert» (Corte Giust. UE, C-346/2006 del 2008), secondo cui sarebbe illegittima una disposizione contemplata nella legislazione di uno Stato membro che imponga di applicare i livelli minimi di trattamento economico e normativo previsti in uno specifico contratto collettivo quale presupposto per l'affidamento di un contratto d'appalto pubblico. La violazione delle norme comunitarie è stata ravvisata nel rilievo che una siffatta prescrizione costituisca un ostacolo illegittimo alla libertà di prestare servizi, poiché quegli stessi minimi di trattamento, se superiori a quelli applicati ai propri dipendenti (e se superiori al salario minimo obbligatorio, eventualmente previsto dal contratto collettivo di categoria dotato di efficacia generale), rappresentano una ingiustificata limitazione della libertà d'impresa ed alla concorrenza.

A tali conclusioni è giunta anche la giurisprudenza amministrativa nazionale, la quale ha rilevato che «la clausola sociale è posta in funzione del mantenimento dei livelli occupazionali, ma essa non attribuisce anche al singolo lavoratore, in occasione del «cambio appalto», un incondizionato diritto al livello di inquadramento contrattuale precedentemente posseduto, e più in radice al mantenimento della contrattazione collettiva precedentemente applicata, ma deve essere bilanciata con l'autonomia organizzativa dell'impresa e le esigenze tecniche del servizio» (Cons. St., V, n. 873/2019).

Tale orientamento trova conferma anche nei pareri di precontenzioso resi dall'ANAC (ex multis, si veda il parere di precontenzioso reso dall'Autorità con delibera n. 62/2019).

Bibliografia

Cafagno, Farì, I princìpi e il complesso ruolo dell'amministrazione nella disciplina dei contratti per il perseguimento degli interessi pubblici, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Caringella, Protto, Il Codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; De Luca, Perrone, Clausola sociale, costo del lavoro e oneri, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), I contratti pubblici, Roma, 2021; Orlandini, Clausole sociali, in treccani.it.

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