Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 106 - (Modifica di contratti durante il periodo di efficacia) 1 2

Anna Corrado

(Modifica di contratti durante il periodo di efficacia)12

[1. Le modifiche, nonché le varianti, dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall'ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende. I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti:

a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Esse non apportano modifiche che avrebbero l'effetto di alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro. Per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui all'articolo 23, comma 7, solo per l'eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà. Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 20834;

b) per lavori, servizi o forniture, supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell'appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente produca entrambi i seguenti effetti, fatto salvo quanto previsto dal comma 7 per gli appalti nei settori ordinari:

1) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell'ambito dell'appalto iniziale;

2) comporti per l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi;

c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni, fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari dal comma 7:

1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice o per l'ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all'oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d'opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;5

2) la modifica non altera la natura generale del contratto; 

d) se un nuovo contraente sostituisce quello a cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l'appalto a causa di una delle seguenti circostanze:

1) una clausola di revisione inequivocabile in conformità alle disposizioni di cui alla lettera a);

2) all'aggiudicatario iniziale succede, per causa di morte o [per contratto, anche] a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, scissioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione del presente codice6;

3) nel caso in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore si assuma gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori;

e) se le modifiche non sono sostanziali ai sensi del comma 4. Le stazioni appaltanti possono stabilire nei documenti di gara soglie di importi per consentire le modifiche.

2. I contratti possono parimenti essere modificati, oltre a quanto previsto al comma 1, senza necessità di una nuova procedura a norma del presente codice, se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i seguenti valori:

a) le soglie fissate all'articolo 35;

b) il 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture sia nei settori ordinari che speciali ovvero il 15 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori sia nei settori ordinari che speciali. Tuttavia la modifica non può alterare la natura complessiva del contratto o dell'accordo quadro. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche. Qualora la necessità di modificare il contratto derivi da errori o da omissioni nel progetto esecutivo, che pregiudicano in tutto o in parte la realizzazione dell'opera o la sua utilizzazione, essa è consentita solo nei limiti quantitativi di cui al presente comma, ferma restando la responsabilità dei progettisti esterni7.

3. Ai fini del calcolo del prezzo di cui ai commi 1, lettere b) e c), 2 e 7, il prezzo aggiornato è il valore di riferimento quando il contratto prevede una clausola di indicizzazione.

4. Una modifica di un contratto o di un accordo quadro durante il periodo della sua efficacia è considerata sostanziale ai sensi del comma 1, lettera e), quando altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti. In ogni caso, fatti salvi i commi 1 e 2, una modifica è considerata sostanziale se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:

a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d'appalto iniziale, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione;

b) la modifica cambia l'equilibrio economico del contratto o dell'accordo quadro a favore dell'aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale;

c) la modifica estende notevolmente l'ambito di applicazione del contratto;

d) se un nuovo contraente sostituisce quello cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore aveva inizialmente aggiudicato l'appalto in casi diversi da quelli previsti al comma 1, lettera d).

5. Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori che hanno modificato un contratto nelle situazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), pubblicano un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all'allegato XIV, parte I, lettera E, ed è pubblicato conformemente all'articolo72 per i settori ordinari e all'articolo 130 per i settori speciali. Per i contratti di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 35, la pubblicità avviene in ambito nazionale8.

6. Una nuova procedura d'appalto in conformità al presente codice è richiesta per modifiche delle disposizioni di un contratto pubblico di un accordo quadro durante il periodo della sua efficacia diverse da quelle previste ai commi 1 e 2.

7. Nei casi di cui al comma 1, lettere b) e c) , per i settori ordinari il contratto può essere modificato se l'eventuale aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare il presente codice9.

8. La stazione appaltante comunica all'ANAC le modificazioni al contratto di cui al comma 1, lettera b) e al comma 2, entro trenta giorni dal loro perfezionamento. In caso di mancata o tardiva comunicazione l'Autorità irroga una sanzione amministrativa alla stazione appaltante di importo compreso tra 50 e 200 euro per giorno di ritardo. L'Autorità pubblica sulla sezione del sito Amministrazione trasparente l'elenco delle modificazioni contrattuali comunicate, indicando l'opera, l'amministrazione o l'ente aggiudicatore, l'aggiudicatario, il progettista, il valore della modifica.

9. I titolari di incarichi di progettazione sono responsabili per i danni subiti dalle stazioni appaltanti in conseguenza di errori o di omissioni della progettazione di cui al comma 2. Nel caso di appalti aventi ad oggetto la progettazione esecutiva e l'esecuzione di lavori, l'appaltatore risponde dei ritardi e degli oneri conseguenti alla necessità di introdurre varianti in corso d'opera a causa di carenze del progetto esecutivo.

10. Ai fini del presente articolo si considerano errore o omissione di progettazione l'inadeguata valutazione dello stato di fatto, la mancata od erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione, il mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultanti da prova scritta, la violazione delle regole di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali.

11. La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l'individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all'esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante.

12. La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario una aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto.

13. Si applicano le disposizioni di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52. Ai fini dell'opponibilità alle stazioni appaltanti, le cessioni di crediti devono essere stipulate mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e devono essere notificate alle amministrazioni debitrici. Fatto salvo il rispetto degli obblighi di tracciabilità, le cessioni di crediti da corrispettivo di appalto, concessione, concorso di progettazione, sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche qualora queste non le rifiutino con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro quarantacinque giorni dalla notifica della cessione. Le amministrazioni pubbliche, nel contratto stipulato o in atto separato contestuale, possono preventivamente accettare la cessione da parte dell'esecutore di tutti o di parte dei crediti che devono venire a maturazione. In ogni caso l'amministrazione cui è stata notificata la cessione può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente in base al contratto relativo a lavori, servizi, forniture, progettazione, con questo stipulato.

14. Per gli appalti e le concessioni di importo inferiore alla soglia comunitaria, le varianti in corso d'opera dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché quelle di importo inferiore o pari al 10 per cento dell'importo originario del contratto relative a contratti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, sono comunicate dal RUP all'Osservatorio di cui all'articolo 213, tramite le sezioni regionali, entro trenta giorni dall'approvazione da parte della stazione appaltante per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza. Per i contratti pubblici di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, le varianti in corso d'opera di importo eccedente il dieci per cento dell'importo originario del contratto, incluse le varianti in corso d'opera riferite alle infrastrutture prioritarie, sono trasmesse dal RUP all'ANAC, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad una apposita relazione del responsabile unico del procedimento, entro trenta giorni dall'approvazione da parte della stazione appaltante. Nel caso in cui l'ANAC accerti l'illegittimità della variante in corso d'opera approvata, essa esercita i poteri di cui all'articolo 213. In caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione e trasmissione delle varianti in corso d'opera previsti, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 213, comma 131011.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

[2]  In deroga al presente articolo vedi l'articolo 33, commi 1 e 2, del D.L. 21 marzo 2022, n. 21, convertito con modificazioni dalla Legge 20 maggio 2022, n. 51.

[3] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

[4] In deroga a quanto disposto dalla presente lettera, vedi l'articolo 1-septies, comma 2, del D.L.  25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 luglio 2021, n. 106.

[5] A norma dell'articolo 7, comma 2-ter, del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla Legge 29 giugno 2022, n. 79, il presente numero si interpreta nel senso che tra le circostanze indicate al primo periodo sono incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell'opera .

[9] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

[10] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

Inquadramento

L'art. 106, d.lgs. n. 50/2016, secondo quanto si evince dalla relativa rubrica, disciplina i casi di «modifica di contratti durante il periodo di efficacia», nelle ipotesi in cui non vi sia necessità di una nuova procedura di affidamento.

La disposizione normativa in esame recepisce l'art. 72 della direttiva 2014/24/UE, nonché l'art. 89 direttiva 2015/25/UE, attuando quanto previsto dall'art. 1, comma 1, lett. ee), della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11.

Per quanto concerne la norma Europea, essa, a propria volta, recepisce i principi affermatisi nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, secondo cui le modifiche del contratto comportanti una modifica minore del valore del contratto sino a un determinato valore dovrebbero essere sempre possibili senza richiedere una nuova procedura d'appalto (in tal senso, il considerando n. 107 e seguenti della dir. 24/2014/UE).

La fase della esecuzione del contratto e, in particolare, l'aspetto delle possibili modifiche contrattuali, viene affrontata per la prima volta dal legislatore sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia.

La Corte ha, infatti, ritenuto che alcune modifiche contrattuali, soprattutto in contratti di lunga durata, risultino inevitabili, pur ribadendo il generale divieto di apportare modifiche oggettive e soggettive al contratto già concluso ed in corso di esecuzione.

In attuazione delle direttive n. 2014/24/UE, n. 2014/25/UE e n. 2014/23/UE il nuovo Codice dei contratti pubblici apre alla possibilità di una modifica dei contratti, anche su base negoziale, seppure con precisi limiti volti ad escludere una ‘rinegoziazione' in corso di esecuzione che non sia ancorata a parametri predeterminati sin dalla fase di scelta del contraente (e quindi noti a tutti i concorrenti effettivi o potenziali) ovvero, in generale, tale da alterare gli elementi essenziali e le condizioni del contratto in questione sì da incidere sul risultato della procedura comparativa con evidenza pubblica e da pregiudicare, conseguentemente, la stessa concorrenza alla cui tutela detta procedura è preordinata. Viene così introdotta, quindi, non tanto una possibilità di ‘rinegoziazione', quanto piuttosto quella di ‘negoziazione' all'interno di un perimetro predefinito (Pazzaglia).

Va considerato, in via introduttiva, che la rubrica della norma non appare pienamente condivisibile quanto all'espressione «durante il periodo di efficacia», posto che sembra difficile ipotizzare che un contratto possa essere modificato prima ancora di essere stipulato: evidentemente, parlare di «modifica di contratti» presuppone che ci si trovi nella fase successiva alla relativa stipula, in cui il contratto sussiste e ha efficacia (ossia non si è ancora estinto).

In ogni caso, l'intento del legislatore era quello di far confluire in un'unica norma (appunto, l'art. 106 del Codice) una serie di fattispecie – anche molto eterogenee – precedentemente disciplinate da più disposizioni, al fine di semplificare il quadro normativo.

Non sembra, però, che tale scopo sia stato pienamente conseguito.

Il generale principio del divieto di varianti

L'articolata disciplina di cui all'art. 106, d.lgs. n. 50/2016, non prima di aver chiarito che «le modifiche, nonché le varianti, dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall'ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende», pone a livello generale il principio per cui è vietato apportare modifiche (sia soggettive che oggettive) al contratto pubblico senza ricorrere a una nuova procedura di gara.

Il rigore del suesposto principio è tuttavia temperato da talune eccezioni.

In altri termini, vi sono casi in cui – in presenza di determinati presupposti – all'amministrazione è consentito esercitare una sorta di ius variandi, modificando il contratto pubblico senza dover indire una nuova procedura ad evidenza pubblica e senza che l'appaltatore possa rifiutarsi di eseguire le modifiche disposte.

L'obbligo per l'affidatario di eseguire le modifiche contrattuali disposte dall'amministratore nei casi, nei modi e nei limiti previsti dalla legge deriva direttamente dal contratto; per tale ragione, una eventuale inottemperanza dell'appaltatore rispetto all'obbligo in parola costituirebbe inadempimento contrattuale.

Èimportante anche ricordare che ogni modifica che nel corso del rapporto contrattuale possa incidere sulla interrelazione tra la fase di scelta del contraente e la fase di esecuzione del contratto, è astrattamente idonea a pregiudicare (ex post) la condizione di parità tra gli offerenti che hanno preso parte alla procedura e, pertanto, può alterare i presupposti in base ai quali è stata effettuata la scelta pubblica (Pazzaglia).

Nei prossimi paragrafi saranno illustrati i casi in cui è possibile modificare un contratto di appalto pubblico senza indire una nuova procedura di affidamento. Tali casi sono indicati nei primi due commi dell'art. 106 del Codice. Fuori da tali ipotesi, il comma 6 del medesimo art. 106 ribadisce la necessità di espletare una nuova procedura di gara, riaffermando in termini positivi quanto già affermato, in precedenza, in termini negativi.

Sull’eccezionale modificabilità per sopravvenienze del contratto e sul carattere relativo del principio di immodificabilità del contratto, vedi T.A.R. Toscana I, n. 228/2022.

I casi in cui è consentito apportare modifiche ai contratti pubblici durante il periodo di efficacia

La prima ipotesi, contemplata dal legislatore all'art. 106, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50/2016, è quella delle modifiche che, a prescindere dal loro valore monetario, siano previste dai documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che ne fissino la natura, la portata e le condizioni a cui ne è consentito l'impiego.

Tali clausole i) non devono alterare la natura generale del contratto, ii) possono comprendere clausole di revisione dei prezzi e iii) possono fare riferimento alle variazioni dei prezzi e ai costi standard, ove definiti. Limitatamente ai lavori, le variazioni di prezzo (sia in aumento che in diminuzione) possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui all'art. 23, comma 7, d.lgs. n. 50/2016, solo per l'eccedenza rispetto al 10% del prezzo originario e comunque in misura pari alla metà. Per i servizi e le forniture, invece, restano ferme le disposizioni di cui all'art. 1, comma 511, della l. n. 208/2015.

Un regime di deroga riferito alle variazioni di prezzo riferito ai materiali da costruzione è stato introdotto con l'art. 1-septies, comma 2 del d.l. 73/2021, conv. in l. 106/2021 in considerazione dello straordinario aumento dei prezzi di alcuni materiali registratosi nel primo semestre 2021.

La seconda ipotesi, contemplata dall'art. 106, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 50/2016, si riferisce alle fattispecie in cui vi siano lavori, forniture o servizi «supplementari» non inclusi nell'appalto iniziale e divenuti necessari in corso di esecuzione. Tali prestazioni supplementari sono ammesse qualora il cambiamento del contraente risulti impraticabile per motivi economici o tecnici, ovvero comporti per l'amministrazione «notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi». Per queste modifiche, limitatamente ai settori ordinari, è previsto un limite quantitativo massimo pari al 50% del valore dell'appalto iniziale.

Nel caso di modifiche successive (che non possono in ogni caso mirare all'elusione della disciplina codicistica), la relativa limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Ai fini del calcolo del prezzo, il prezzo aggiornato è il valore di riferimento quando il contratto prevede una clausola di indicizzazione.

La terza ipotesi, prevista all'art. 106, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 50/2016, attiene alle c.d. «varianti in corso d'opera» propriamente dette. Infatti, sebbene con tale espressione si sia soliti indicare tutte le modifiche ai contratti in corso di efficacia, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo Codice la nozione di «varianti» ha assunto un significato più circoscritto, limitato a quelle «modifiche derivanti da circostanze impreviste o imprevedibili» di cui il d.lgs. n. 50/2016 riconosce la legittimità a patto che non alterino «la natura generale del contratto». In via esemplificativa, sono considerate «circostanze imprevedibili» eventuali sopravvenienze legislative o regolamentari.

Il richiamo al carattere della ‘imprevedibilità' pone in rilievo il presupposto che legittima il ricorso alle ‘varianti in corso d'opera', dato dall'assenza di ‘colpa' da parte dell'amministrazione nella definizione delle prestazioni oggetto di affidamento al momento dell'espletamento della procedura di appalto (Pazzaglia). Anche per le varianti in corso d'opera propriamente dette, con riferimento ai settori ordinari viene riproposto il limite del 50% del valore del contratto iniziale, da applicarsi – in caso di più modifiche successive – al valore del contratto iniziale aumentato del valore delle varianti in corso d'opera precedentemente disposte. Come si era visto per l'ipotesi precedente, ai fini del calcolo del prezzo, il prezzo aggiornato è il valore di riferimento quando il contratto prevede una clausola di indicizzazione.

La quarta ipotesi riguarda una modifica di natura soggettiva e richiede qualche precisazione preliminare.

L'appalto (sia pubblico, sia privato) è un contratto stipulato intuitu personae. Ciò nonostante, il legislatore ha aperto all'eventualità che possano esservi alcune modificazioni di carattere soggettivo che non richiedano automaticamente l'espletamento di nuove procedure competitive. Più precisamente, l'art. 106, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 50/2016, prevede che ciò sia ammissibile in caso di: i) presenza di clausole di revisione inequivocabili nei documenti di gara originari, ii) successione all'aggiudicatario iniziale, a causa di morte o a seguito di ristrutturazioni societarie, di un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere la disciplina codicistica; iii) assunzione, da parte dell'amministrazione, degli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori.

La quinta ipotesi, prevista dall'art. 106, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 50/2016, si riferisce alle c.d. modifiche «non sostanziali», ossia alle modifiche che non alterino considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti. Ai sensi dell'art. 106, comma 4, d.lgs. n. 50/2016, una modifica deve essere considerata sostanziale qualora si verifichi almeno una delle seguenti condizioni: «a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d'appalto iniziale, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione; b) la modifica cambia l'equilibrio economico del contratto o dell'accordo quadro a favore dell'aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale; c) la modifica estende notevolmente l'ambito di applicazione del contratto; d) se un nuovo contraente sostituisce quello cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore aveva inizialmente aggiudicato l'appalto in casi diversi da quelli previsti al comma 1, lett. d)».

La sesta ipotesi è contemplata dall'art. 106, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, secondo cui un contratto pubblico può essere modificato senza necessità di una nuova procedura di gara ove il valore della modifica sia al di sotto i) della soglia di rilevanza comunitaria prevista per quella tipologia di contratto e ii) del tetto del 10% del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e fornitura sia nei settori ordinari che speciali, ovvero del 15% del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori, sia nei settori ordinari che speciali. Ciò, tuttavia, a patto che la modifica non alteri la natura complessiva del contratto o dell'accordo quadro. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.

Qualora la necessità di modificare il contratto derivi da errori o da omissioni nel progetto esecutivo, che pregiudichino in tutto o in parte la realizzazione dell'opera o la sua utilizzazione, essa è consentita solo entro i suesposti limiti quantitativi, ferma restando la responsabilità dei progettisti esterni, che rispondono per i danni subiti dalle stazioni appaltanti in conseguenza di errori o di omissioni della progettazione. A tal proposito, ai sensi dell'art. 106, comma 10, d.lgs. n. 50/2016, devono essere considerati errori di progettazione «l'inadeguata valutazione dello stato di fatto, la mancata od erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione, il mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultanti da prova scritta, la violazione delle regole di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali». Qualora si tratti di appalti aventi ad oggetto la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori, l'appaltatore risponde dei ritardi e degli oneri conseguenti alla necessità di introdurre varianti in corso d'opera a causa di carenze del progetto esecutivo. Anche nella presente ipotesi, ai fini del calcolo del prezzo, il prezzo aggiornato è il valore di riferimento quando il contratto prevede una clausola di indicizzazione.

Il c.d. «quinto d'obbligo»

Nel precedente paragrafo sono stati analizzato i contenuti dei primi due commi dell'art. 106, d.lgs. n. 50/2016, che individuano i presupposti che consentono alla stazione appaltante (e all'esecutore) di mutare il contenuto della prestazione dedotta in obbligazione nel contratto pubblico senza dover ricorrere ad una nuova procedura di gara.

Tali commi devono essere letti in combinato disposto con la disciplina del c.d. ‘quinto d'obbligo' di cui al comma 12 del medesimo articolo, secondo cui «la stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto».

In buona sostanza, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, la stazione appaltante può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario, senza che l'appaltatore possa far valere il diritto alla risoluzione del contratto.

Il ‘quinto d'obbligo' rappresenta un limite entro il quale il diritto potestativo dell'amministrazione di disporre variazioni contrattuali può essere esercitato senza che l'appaltatore possa far valere il diritto alla risoluzione del contratto.

Si tratta di un limite meramente quantitativo: le variazioni non debbono essere tali da determinare un aumento o una diminuzione di lavori superiore al quinto dell'importo complessivo dell'opera quale risulta dal contratto.

Ciò sul presupposto per cui l'appaltatore, avendo accettato di eseguire lavori per una certa somma, presumibilmente non subirà alcun pregiudizio a seguito di una variazione «quantitativa» delle prestazioni contenuta entro il limite del quinto di quella somma.

Sebbene il legislatore abbia individuato quale sedes materiae della disciplina del «quinto d'obbligo» l'art. del Codice relativo alle «modifiche di contratti durante il periodo di efficacia», l'effetto della disposizione – più che di ‘modificare' il contenuto del contratto rispetto all'assetto negoziale originariamente convenuto – è quello di «eterointegrare» il contenuto del contratto così come inizialmente pattuito.

In buona sostanza, la funzione del «quinto d'obbligo» non è tanto quella di circoscrivere il diritto potestativo della P.A. di introdurre variazioni e addizioni, quanto quella di delimitare il contenuto della prestazione a cui l'appaltatore deve intendersi obbligato sin dall'inizio, nel senso che tale contenuto va rapportato ad una somma che può oscillare – una volta che lo ius variandi della stazione appaltante sia stato esercitato – tra i quattro quinti e i sei quinti dell'importo originariamente dedotto in obbligazione.

La disposizione, seppure inserita nell'articolo relativo alle ‘modifiche del contratto in corso di esecuzione', attiene al contenuto dei diritti e delle obbligazioni quali risultano sin dall'origine, in ragione di una previsione di legge che integra di diritto il contratto stesso e quindi è immanente alla regolamentazione di fonte negoziale del rapporto.

Il limite del quinto riguarda direttamente “l'importo del contratto” e quindi il valore effettivo dell'appalto, come risulta a seguito dell'offerta formulata sulla base del valore stimato posto a base di gara e selezionata dall'amministrazione (Pazzaglia).

Le modifiche alla durata del contratto

L'art. 106, comma 11, d.lgs. n. 50/2016, affronta la tematica della modificabilità della durata del contratto pubblico, prevedendo che la durata del contratto possa essere modificata soltanto per i contratti in corso di esecuzione, esclusivamente qualora sia prevista nella lex specialis di gara una specifica opzione di proroga e soltanto per il tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per individuare un nuovo contraente (c.d. ‘proroga tecnica').

In tal caso, il contraente uscente è tenuto a eseguire le prestazioni previste nel contratto alle stesse condizioni originariamente pattuite, ovvero a condizioni più favorevoli per la stazione appaltante.

La proroga tecnica di un contratto si pone in via del tutto eccezionale e per un periodo di tempo strettamente necessario per consentire l'individuazione del nuovo contraente in ragione del principio costituzionale di continuità dell'azione amministrativa (T.A.R. Napoli, III, n. 4627/2020; T.A.R. Toscana, I, n. 158/2020; T.A.R. Milano, I, n. 2450/2020; Cons. St. V, n. 3588/2019).

Modifiche al contratto e obblighi di comunicazione

Per quanto concerne le modificazioni di cui all'art. 106, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 50/2016, ossia per quanto concerne le prestazioni supplementari e le varianti in corso d'opera, il quinto comma dell'art. 106 prevede un sistema di adempimenti pubblicitari e informativi. In tali casi le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori devono pubblicare un avviso nella Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea, seguendo le regole di cui agli artt. 72 (per i settori ordinari) e 130 (per i settori speciali) del Codice.

L'art. 106, comma 8, d.lgs. n. 50/2016, prevede un ulteriore adempimento informativo a carico delle stazioni appaltanti, limitatamente ai casi di prestazioni supplementari e di variazioni dovute a errori e/o omissioni del progetto esecutivo, prevedendo che in tali ipotesi la stazione appaltante sia tenuta a comunicare le variazioni all'ANAC entro trenta giorni dal loro perfezionamento. Nel caso di mancata o tardiva comunicazione, l'ANAC può irrogare alla stazione appaltante una sanzione amministrativa di importo compreso tra 50 e 200 Euro per ogni giorno di ritardo. Ai sensi del medesimo comma, l'A.N.AC. provvede a pubblicare sul proprio sito web l'elenco delle modificazioni comunicate, indicando l'opera, l'amministrazione o l'ente aggiudicatore, l'aggiudicatario, il progettista e il valore della modifica.

L'art. 106, comma 14, d.lgs. n. 50/2016, prevede altresì che le varianti in corso d'opera – di cui all'art. 106, comma 1, lett. c) – siano comunicate all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture previsto dall'art. 213 del Codice entro trenta giorni dall'approvazione da parte della stazione appaltante, per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza. Ciò limitatamente agli appalti e alle concessioni sottosoglia, nonché – nel caso di varianti di importo inferiore o pari al 10% dell'importo originario del contratto – anche ai contratti di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza comunitaria. Per questi ultimi contratti, qualora le varianti in corso d'opera eccedano il 10% dell'importo originario del contratto, è previsto che siano trasmesse dal RUP all'ANAC unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad una apposita relazione del responsabile unico del procedimento, entro trenta giorni dall'approvazione da parte della stazione appaltante. Il medesimo comma prevede infine che «nel caso in cui l'ANAC accerti l'illegittimità della variante in corso d'opera approvata, essa esercita i poteri di cui all'art. 213. In caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione e trasmissione delle varianti in corso d'opera previsti, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'art. 213, comma 13».

La fase successiva alla conclusione del contratto

Tutti i contratti conclusi dalla pubblica amministrazione riposano sulla fiducia che questa deve avere nei confronti del contraente privato, cosicché non è consentito il mutamento di quest'ultimo senza che la prima acconsenta a tale modifica soggettiva del rapporto negoziale.

Disposizioni specifiche in questo senso sono contenute per gli appalti pubblici (art. 106 d.lgs. n. 50/2016), ma non è dubitabile che da tali norme sia ricavabile un principio più generale, valevole anche per i contratti di diritto privato (Cons. St., V, n. 72/2014).

In particolare, già secondo il disposto del previgente art. 116 d.lgs. n. 163/2006 «1. Le cessioni di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ai soggetti esecutori di contratti pubblici non hanno singolarmente effetto nei confronti di ciascuna stazione appaltante fino a che il cessionario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, non abbia proceduto nei confronti di essa alle comunicazioni previste dall'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 1991, n. 187, e non abbia documentato il possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal presente codice».

In tale prospettiva, dunque, i principi di personalità dell'appalto e di non cedibilità del contratto – sanciti prima dall'art. 118, comma 1, d.lgs. n. 163/2006 ed ora dall'art. 105, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 – subiscono una deroga allorquando il subentro di un nuovo soggetto nella titolarità del contratto costituisca un elemento di una più complessa operazione che implichi la successione del cessionario non limitatamente al singolo contratto ma nel complesso dei rapporti giuridici facenti capo al cedente.

La possibilità di una successione nel rapporto a seguito di modifiche societarie, peraltro, appare in linea con quanto disposto dalla Direttiva Comunitaria 2014/24/UE che, all'art. 72, par. 1, lett. d), espressamente prevede, per i settori ordinari, la possibilità di una modifica del contratto laddove «un nuovo contraente sostituisce quello a cui l'amministrazione aggiudicatrice aveva inizialmente aggiudicato l'appalto a causa di una delle seguenti circostanze: (...) ii) all'aggiudicatario iniziale succede, in via universale o parziale, a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto».

Il vigente disposto di cui all'art. 106, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 – a differenza della disposizione previgente che non ricomprendeva l'ipotesi di affitto di azienda – fa riferimento a tutte le ipotesi di sostituzione soggettiva. Tuttavia, occorre subito evidenziare che, mentre nella normativa precedente era previsto – ai fini della sostituzione soggettiva – il riferimento al possesso di tutti i requisiti di qualificazione sia di ordine generale (art. 38), sia di ordine speciale (capacità professionale ex art. 39, capacità economico-finanziaria dei fornitori e prestatori di servizi ex art. 41 e capacità tecnico-professionale dei fornitori e prestatori di servizi ex art. 42), ora l'art. 106, comma 1, lett. d) fa riferimento soltanto a due parametri:

a) il subentrante deve soddisfare i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente;

b) la modificazione soggettiva non deve essere finalizzata ad eludere l'applicazione del codice.

Deve tuttavia ritenersi che il subentrante non possa essere privo dei requisiti di qualificazione previsti in capo al cedente.

Sotto tale profilo, del resto, occorre osservare che, secondo una recente pronuncia del Consiglio di Stato – che ha rimesso alla Adunanza Plenaria la soluzione di due quesiti in tema di permanenza in capo al cedente della qualificazione SOA in caso di cessione di ramo di azienda – deve prevalere l'orientamento secondo il quale non ogni trasferimento di ramo aziendale comporti, sempre e comunque, l'automatica decadenza dalla qualificazione, potendosi tanto sostenere solo nell'ipotesi in cui il cedente abbia concretamente perso la consistenza aziendale che gli aveva consentito di ottenere le attestazioni SOA (Cons. St., III, ord., n. 1152/ 2017).

Sotto tale profilo, infatti, l'art. 76, comma 11, d.P.R. n. 207/2010 – norma ancora in vigore in relazione al disposto di cui 217, comma 1, lett. u) d.lgs. n. 50/2016 – prevede che «Ai fini dell'attestazione di un nuovo soggetto, nell'ipotesi in cui lo stesso utilizzi l'istituto della cessione del complesso aziendale o di un suo ramo, le SOA accertano quali requisiti di cui all'art. 79 sono trasferiti al cessionario con l'atto di cessione. Nel caso in cui l'impresa cedente ricorra alla cessione del complesso aziendale o di un suo ramo, la stessa può richiedere alla SOA una nuova attestazione, riferita ai requisiti oggetto di trasferimento, esclusivamente sulla base dei requisiti acquisiti successivamente alla cessione del complesso aziendale o del suo ramo».

Tale disposizione, da leggersi unitamente al comma 9 del medesimo articolo – secondo cui «In caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo, il nuovo soggetto può avvalersi per la qualificazione dei requisiti posseduti dalle imprese che ad esso hanno dato origine» – sembra focalizzarsi soprattutto sulla posizione del soggetto che «nasce» grazie alla cessione di un ramo d'azienda (il «nuovo soggetto»), il quale può avvalersi, ai fini della domanda di qualificazione, dei requisiti del cedente.

La disposizione, dunque, chiarisce che l'acquisizione del ramo aziendale non implica la correlativa acquisizione della qualificazione: sono piuttosto le SOA che devono accertare, ai fini dell'attestazione richiesta dal nuovo soggetto, quali requisiti di cui all'art. 79 siano stati effettivamente trasferiti al cessionario con l'atto di cessione (Cons. St., Ad. plen., n. 3/2017).

Nessun automatismo acquisitivo vige dunque per il cessionario; ma se il cessionario non acquista automaticamente la qualificazione, si deve parimenti escludere, simmetricamente, che la controparte contrattuale cedente possa automaticamente perderla.

C'è, del resto, un ulteriore passaggio della norma (art. 76 cit.) che appare significativo: «Nel caso in cui l'impresa cedente ricorra alla cessione del complesso aziendale o di un suo ramo, la stessa può richiedere alla SOA una nuova attestazione, riferita ai requisiti oggetto di trasferimento, esclusivamente sulla base dei requisiti acquisiti successivamente alla cessione del complesso aziendale o del suo ramo».

La disposizione, per come è formulata, rende evidente che la fattispecie considerata è quella della cessione del ramo d'azienda, la quale abbia determinato, o sia idonea a determinare, in capo al cessionario (nuovo soggetto), il diritto al conseguimento dell'attestazione, sulla base dei requisiti speciali ceduti (ossia, la dotazione economica e finanziaria; la dotazione di attrezzature tecniche, i profili organizzativi; le risorse umane), che suo tempo diedero la possibilità all'imprenditore di conseguire l'attestazione di qualificazione.

Non a caso, la cessione del ramo d'azienda è accomunata, senza distinguo alcuno nell'ambito della disposizione, alla cessione d'azienda.

La ragione è che, ai fini della qualificazione del cedente, il «ramo» è considerato quale una articolazione funzionalmente autonoma di una attività economica organizzata, preesistente al trasferimento, che, grazie alle proprie dotazioni ed ai propri profili tecnici ed organizzativi, ha integrato in passato il presupposto utile e sufficiente per il conseguimento della qualificazione e che nel trasferimento conserva la propria identità (Caringella).

In altri termini, le fattispecie di cessione contemplate dalla disposizione sono solo quelle che implicano il trasferimento di tutte quelle risorse aziendali (considerate dall'art. 79 del d.P.R. n. 207/2010, requisiti d'ordine speciale), le quali, proprio in quanto suscettibili di dar vita ad un nuovo soggetto e di sostanziarne la sua qualificazione, presuppongono che il cessionario se ne sia definitivamente spogliato. Non vi rientrano, invece, le diverse fattispecie di cessione di parti del compendio aziendale, le quali, ancorché qualificate dalle parti come trasferimento di «rami aziendali», si riferiscono, in concreto, a porzioni prive di autonomia funzionale e risultano pertanto inidonee a consentire al soggetto cedente di ottenere la qualificazione (Caringella).

L'art. 106, comma 1, d.lgs. n. 50/2016, peraltro, non richiede più, ai fini dell'efficacia della modificazione soggettiva, la verifica dei requisiti da parte della stazione appaltante.

Si trattava, secondo la giurisprudenza, di una inefficacia relativa, limitata ai rapporti con la P.A. rispetto alla quale «tali adempimenti costituiscono vera e propria condicio juris idonea a sospendere a tempo indefinito l'efficacia della cessione rispetto all'amministrazione» (Cons. St., IV, n. 4360/2002), con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (T.A.R. Napoli, I, n. 4480/2016). Nei sessanta giorni successivi alla comunicazione, infatti, la stazione appaltante poteva opporsi al subentro del nuovo soggetto nella titolarità del contratto, con effetti risolutivi sulla situazione in essere, laddove, in relazione alle comunicazioni previste dall'art. 116, comma 1, d.lgs. n. 163/2006, non fossero sussistenti i requisiti di cui all'art. 10-sexies della l. 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

Appare, tuttavia, evidente che la modificazione soggettiva della impresa aggiudicataria potrà concretamente determinare la sostituzione del soggetto dell'appalto solo allorquando la stazione appaltante abbia verificato la sussistenza dei «criteri di selezione qualitativa» stabiliti dalla stazione appaltante, con la conseguenza che, sino a quel momento, non potrà parlarsi di subentro nella posizione del precedente aggiudicatario (Caringella).

D'altra parte, si deve inoltre osservare come la giurisprudenza di legittimità abbia ritenuto che la verifica da parte della stazione appaltante della sussistenza dei presupposti del subentro non costituisce esplicazione di un potere pubblicistico e non implica ponderazione di interessi, non potendo quindi qualificarsi come attività «discrezionale» dell'amministrazione, sicché la posizione giuridica soggettiva in capo all'impresa che si vede negare il subentro nella esecuzione del contratto è di diritto soggettivo e le relative controversie sono devolute alla cognizione del giudice ordinario (Cass. S.U., ord. 23468/2016).

La cessione dei crediti derivanti dall'esecuzione di contratti pubblici

Nella tematica delle modifiche ai contratti in corso di efficacia si inserisce anche la questione relativa alla cedibilità dei crediti derivanti dall'esecuzione di contratti pubblici, in quanto pur sempre attinente ad una modificazione dal lato soggettivo di un rapporto obbligatorio derivante dall'esecuzione del contratto pubblico.

Sul punto, l'art. 106, comma 13, d.lgs. n. 50/2016, prevede che le cessioni dei crediti derivanti dall'esecuzione di contratti pubblici debbano essere stipulate mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e che debbano altresì essere notificate alle amministrazioni debitrici.

Dopo aver ricevuto la rituale notifica, la stazione appaltante ha quarantacinque giorni di tempo per opporsi alla cessione, mediante comunicazione da notificarsi sia al cedente che al cessionario, salvo che non abbia preventivamente accettato la cessione con espressa pattuizione contenuta nel contratto o in separato atto contestuale. Una volta decorso il termine di quarantacinque giorni senza che l'amministrazione si sia opposta alla cessione, quest'ultima diverrà efficace ed opponibile all'amministrazione medesima.

In ogni caso l'amministrazione a cui sia stata notificata la cessione può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente in base al contratto stipulato con quest'ultimo.

Questioni applicative

1) Qual è il raggio d'azione del comma 12 dell'art. 106 sulle modifiche contrattuali fino a concorrenza di un quinto dell'importo del contratto? La recente risposta dell'ANAC

Con parere 23 marzo 2021 l'ANAC ha fornito indicazioni interpretative sull'art. 106, comma 12, in merito alle modifiche contrattuali fino a concorrenza di un quinto dell'importo del contratto.

Il dubbio prospettato atteneva alla possibilità di considerare la fattispecie prevista al citato comma 12 come ipotesi autonoma e ulteriore di modifica contrattuale rispetto alle casistiche enucleate ai commi 1 e 2 della disposizione in esame e, in caso positivo, alla possibilità di accedere a tale istituto anche a prescindere dalla ricorrenza dei presupposti individuati dalla norma.

L'Autorità, previo confronto con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, ritiene di aderire a un'interpretazione restrittiva e comunitariamente orientata della norma in esame, nonostante la presenza di un orientamento contrario della giurisprudenza amministrativa. La scelta è dettata dalla considerazione che l'art. 106 del Codice introduce una deroga al principio generale dell'evidenza pubblica con conseguente divieto di applicazione al di fuori delle ipotesi specificamente e tassativamente indicate. Per tali motivi, si ritiene che la previsione del comma 12 non possa configurarsi come una fattispecie autonoma di modifica contrattuale, ma debba essere intesa come mera indicazione in ordine alla disciplina dei rapporti contrattuali tra le parti.

In base a un'interpretazione restrittiva e comunitariamente orientata la norma di cui all'art. 106, comma 12, deve essere intesa come volta a specificare che, al ricorrere di una delle ipotesi previste dai commi 1, lett. c) e 2 dell'art. 106, qualora la modifica del contratto resti contenuta entro il quinto dell'importo originario, la stazione appaltante potrà (entro il quinto) imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario senza che lo stesso possa far valere il diritto alla risoluzione del contratto. Nel caso in cui, invece, si ecceda il quinto d'obbligo e, sempre purché ricorrano le altre condizioni di cui all'art. 106, commi 1 e 2, del Codice, l'appaltatore potrà esigere una rinegoziazione delle condizioni contrattuali e, e, in caso di esito negativo, il diritto alla risoluzione del contratto.

Bibliografia

Cabiddu, Colombo (a cura di), Commentario al nuovo codice dei contratti pubblici, Gorle, 2016, 410; Caringella, Protto, Il Codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Caringella, Manuale dei contratti pubblici, Roma 2021; Codice dei Contratti Pubblici, (a cura di Esposito) Milano, 2017; Gamberini, Giustiniani, Lezioni di diritto dei contratti pubblici, Roma, 2017, pp. 195 – 208; Garofoli, G. Ferrari (a cura di), Codice dei contratti pubblici; Giuffrè, Provenzano, Tranquilli (a cura di), Codice dei Contratti Pubblici, Napoli, 2019; Pazzaglia, Modifiche dei contratti pubblici in corso di esecuzione e cessione dei crediti, Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma 2021; Mastragostino (a cura di), Diritto dei contratti pubblici. Assetto e dinamiche evolutive alla luce del nuovo codice, del decreto correttivo 2017 e degli atti attuativi, Torino, 2017; Zavaglia, Commento all'art. 116, in La disciplina dei contratti pubblici. Commentario al codice appalti, Baldi-Tomei, Milano, 2007, 970.

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