Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 137 - (Offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi)1(Offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi)1 [1. Fatti salvi gli obblighi assunti nei confronti dei Paesi terzi, il presente articolo si applica a offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con l'Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell'Unione ai mercati di tali paesi terzi2. 2. Qualsiasi offerta presentata per l'aggiudicazione di un appalto di forniture può essere respinta se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l'offerta. In caso di mancato respingimento dell'offerta a norma del presente comma, la stazione appaltante motiva debitamente le ragioni della scelta e trasmette all'Autorità la relativa documentazione. Ai fini del presente articolo, i software impiegati negli impianti delle reti di telecomunicazione sono considerati prodotti3. 3. Salvo il disposto del presente comma, terzo periodo, se due o più offerte si equivalgono in base ai criteri di aggiudicazione di cui all'articolo 95 , viene preferita l'offerta che non può essere respinta a norma del comma 2 del presente articolo. Il valore delle offerte è considerato equivalente, ai fini del presente articolo, se la differenza di prezzo non supera il 3 per cento. Tuttavia, un'offerta non è preferita ad un'altra in virtù del presente comma, se l'ente aggiudicatore, accettandola, è tenuto ad acquistare materiale con caratteristiche tecniche diverse da quelle del materiale già esistente, con conseguente incompatibilità o difficoltà tecniche di uso o di manutenzione o costi sproporzionati. 4. Ai fini del presente articolo, per determinare la parte dei prodotti originari dei Paesi terzi di cui al comma 2, sono esclusi i Paesi terzi ai quali, con decisione del Consiglio dell'Unione europea ai sensi del comma 1, è stato esteso il beneficio del presente codice.]
[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164) e successivamente modificato dall'articolo 85, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. [3] Comma modificato dall'articolo 85, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. InquadramentoL'art. 137 in commento costituisce materiale trasposizione in ambito nazionale dell'art. 85, parr. 1, 2, 3 e 4, della Direttiva 2014/25/UE. Il suo contenuto ricalca, senza significative novità, la disciplina dell'art. 234 del d.lgs. n. 163/2006 e non trova corrispondenza nei settori ordinari. Viene attribuita agli enti aggiudicatori operanti nei settori speciali la facoltà di respingere un'offerta laddove «la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, supera il 50% del valore totale dei prodotti che compongono l'offerta» (art. 137, comma 2). Ai fini di tale disposizione, sono considerati prodotti anche i software impiegati negli impianti di telecomunicazioni, mentre non possono essere considerati Paesi terzi quelli con cui l'Unione Europea abbia concluso in un contesto bilaterale o multilaterale, un accordo che garantisca alle imprese provenienti dall'Unione Europea un accesso comparabile ed effettivo ai mercati di tali paesi (art. 137, comma 1 e comma 3). La finalità della disposizione è quella di garantire la par condicio sostanziale tra i concorrenti, che verrebbe compromessa dalla partecipazione di imprese che operando in Paesi terzi si presume fruiscano di costi di gestione ambientale, operativi e tecnici più vantaggiosi rispetto a quelli sostenuti dalle imprese comunitarie (T.A.R. Veneto, I, n. 174/2021). E non par dubbio che tale disposizione, letta anche in connessione con il comma 3 del medesimo articolo, introduca «un sistema di preferenza comunitario basato non sulla nazionalità degli offerenti ma sull'origine dei prodotti: la natura italiana dell'impresa non rende italiano il prodotto realizzato altrove, sebbene la produzione sia effettuata in proprio, dovendosi scindere il profilo soggettivo, del produttore, da quello oggettivo, dell'origine del prodotto» (T.A.R. Campania (Napoli), V, n. 4695/2014). L'ambito di applicazione della norma circoscritto agli appalti di fornitureL'art. 137 fissa sia le condizioni per cui un'offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi può essere respinta, rectius esclusa, da un ente aggiudicatore, sia le condizioni in presenza delle quali, in seno ad un confronto concorrenziale ed in caso di equivalenza tra un'offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi ed un'offerta comunitaria, va preferita quest'ultima. Per ragioni di chiarezza, è utile distinguere l'ambito oggettivo dal presupposto applicativo della disposizione in esame, circoscritto agli appalti di forniture. La ratio di tale limitazione risiede nella constatazione che il rischio di un'apertura unilaterale ai Paesi terzi del mercato Europeo degli appalti pubblici, in assenza di adeguate garanzie di reciprocità, sia più sensibile negli appalti di forniture (Galli, Guccione, 126; Carullo, Iudica, 1187). Nel caso di appalti di lavori e servizi, infatti, la maggior parte delle prestazioni viene resa nel territorio nazionale sicché, a fortiori, un valore rilevante delle stesse non può che essere di origine comunitaria. «La norma assume, infatti, una funzione di tutela della produzione comunitaria e, in primo luogo a tutela dell'occupazione nell'UE, che può subire compromissioni per effetto dei meccanismi della c.d. globalizzazione dell'economia; essa è, dunque, posta a protezione di valori fondamentali, quali la tutela dei lavoratori Europei e dei loro standard di occupazione, sicurezza e retribuzione che, se violati, con conseguente maggiore convenienza dei prodotti aventi costi di produzione inferiore, costituiscono forme di concorrenza sleale compromettenti valori fondamentali della persona, inammissibili nel nostro sistema Europeo» (Cons. St., V, n. 2800/2015). In caso di appalto misto, la sua imputazione all'ambito oggettivo delle forniture deve essere sorretta dai criteri di cui all'art. 28, al cui commento si fa dunque rinvio. Il presupposto applicativo della disposizione in esame, di contro, è costituito dalla presentazione di offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con cui l'Unione Europea non abbia concluso un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo degli operatori economici dell'Unione ai mercati di tali paesi terzi (Perfetti, 1148). Ciò che rileva non è tanto la nazionalità degli operatori economici offerenti, quanto piuttosto l'origine dei prodotti inclusi nelle loro offerte (T.A.R. Lazio (Roma), III-ter, n. 4389/2015). Per offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi, si intendono quelle offerte in cui il valore totale dei prodotti realizzati in tali paesi superi il 50% del valore totale dei prodotti componenti offerta. Come detto, sono fatti salvi gli obblighi assunti nei confronti dei Paesi terzi derivanti da accordi internazionali in materia di appalti pubblici. In sostanza, per Paese terzo si intende quello (come, ad esempio, allo stato, la Cina, l‘India e gli Emirati Arabi) rispetto al quale non trovino applicazione le condizioni relative all'accordo sugli appalti pubblici (AAP) dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) o altri accordi internazionali, alla luce di quanto previsto dall'art. 49 del Codice al cui commento si fa rinvio. È la stessa disposizione ad individuare il punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza, intesa come tutela della par condicio sostanziale dei concorrenti, e la tutela della concorrenza, intesa come massima partecipazione alle procedure (T.A.R. Emilia Romagna (Bologna), II, n. 343/2017). Ai fini della partecipazione al mercato Europeo degli appalti nei settori speciali occorre distinguere tra prodotti originari di Paesi appartenenti alla UE o da Paesi che hanno sottoscritto un accordo o una convenzione con l'UE, da una parte, e i prodotti originari di Paesi terzi, dall'altra parte (Comunicazione della Commissione C(2019) 5494 final «Linee guida sulla partecipazione di offerenti e beni di Paesi terzi al mercato degli appalti dell'UE»). Qualora i prodotti originari di Paesi terzi superino la soglia del 50%, la stazione appaltante ha la facoltà di valutare – in forza di un potere ampiamente discrezionale (T.A.R. Campania (Napoli), V, n. 5364/2018) – se ammettere o meno l'offerta sulla base di due elementi: – se ciò corrisponde all'interesse pubblico e quindi in particolare se vi è la possibilità di approvvigionarsi dei prodotti necessari da produttori dell'Unione; – se sussistono le condizioni necessarie a garantire il rispetto del principio di reciprocità, che richiede possa escludersi che l'ammissione di tali offerte determini «un andamento patologico e abnorme delle dinamiche concorrenziali del mercato» (T.A.R. Veneto, I, n. 844/2018). In definitiva la scelta se ammettere o meno l'offerta di prodotti originari di Paesi terzi in misura superiore alla soglia del 50% deve essere orientata alla tutela dell'interesse della stessa stazione appaltante ad approvvigionarsi dei prodotti corrispondenti alle proprie esigenze e alla tutela del corretto funzionamento del mercato dell'Unione, non alla soddisfazione dell'interesse degli operatori economici che hanno deciso di delocalizzare la produzione in Paesi terzi. Né dalla ratio né dal dato testuale dell'artt. 137 emergono elementi preclusivi della possibilità delle stazioni appaltanti di prevedere sin dagli atti di indizione della gara l'esclusione delle offerte di prodotti di Paesi terzi in misura superiore alla soglia del 50% (T.A.R., Veneto, I, n. 174/2021). Problemi attuali: modalità operative di applicazione della disposizioneCome risulta evidente sotto il profilo letterale, il respingimento di un'offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi è rimesso alla discrezionalità dell'ente aggiudicatore («può essere respinta»), mentre deve ritenersi tendenzialmente vincolata – salva l'ipotesi di cui si dirà a breve – l'applicazione del criterio preferenziale previsto in caso di offerte equivalenti («viene preferita»). Difatti, se, in esito all'applicazione del criterio di aggiudicazione prescelto dall'ente aggiudicatore, due o più offerte si equivalgono – id est sono pari merito – tra loro, deve essere preferita quella non qualificabile alla stregua di «offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi» secondo l'accezione sopra proposta; ai fini dell'applicazione del meccanismo preferenziale in esame, due o più offerte sono considerate equivalenti, sotto il (solo) profilo economico, se la differenza di prezzo non superi il 3% (art. 137, comma 3). Tale criterio preferenziale, tuttavia, non si applica quando, in base allo stesso, l'ente aggiudicatore si trovi a dover acquistare materiale con caratteristiche tecniche diverse da quelle del materiale già esistente, con conseguente incompatibilità o difficoltà tecniche di uso o di manutenzione o costi sproporzionati. Le ragioni che abbiano indotto a non respingere l'offerta devono essere debitamente motivate da parte dell'ente aggiudicatore, al quale è fatto obbligo di trasmettere all'ANAC la relativa documentazione (art. 137, comma 2). Sul piano operativo è opportuno che nella lex specialis si faccia riferimento alla facoltà di cui alla disposizione in commento anche al fine di imporre ai concorrenti di produrre in gara specifica dichiarazione recante l'indicazione della quota parte di componenti della propria offerta proveniente da Paesi terzi. Questioni applicative.1) È necessario motivare il respingimento (rectius l'esclusione) dell'offerta ex art. 137? Al quesito va fornita risposta negativa. «Come emerge chiaramente dal dato testuale dell'art. 137, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, la stazione appaltante deve motivare esclusivamente la scelta di ammettere l'offerta che abbia ad oggetto prodotti originari di Paesi terzi in misura superiore al 50%, non la scelta di escluderle» (T.A.R. Veneto, I, n. 174/2021). Tali offerte possono essere respinte senza necessità di motivazione (T.A.R. Lombardia (Brescia), I, n. 552/2020). Sul punto anche l'ANAC ha affermato che: «l'interpretazione sistematica dell'art. 137, d.lgs. n. 50/2016 (relativa alle offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con cui l'Unione Europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell'Unione ai mercati di tali paesi terzi) legittima la stazione appaltante a respingere le offerte di prodotti originari dei predetti Paesi terzi a suo insindacabile giudizio laddove il valore degli stessi superi il 50% del valore totale dei prodotti che compongono l'offerta, dovendo motivare esclusivamente la scelta di ammetterle eventualmente alla procedura trasmettendo all'Autorità la relativa documentazione» (ANAC, Delibera n. 829 del 18 settembre 2019). BibliografiaCarullo, Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Milano, 2018; Galli, Guccione, Gli appalti di lavori, forniture e servizi nei settori dei trasporti, telecomunicazioni, acqua ed energia: commento al d.lgs. 17 marzo 1995, n. 158, Roma, 1996; Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, Vicenza, 2017. |