Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 209 - (Arbitrato)1

Adolfo Candia

(Arbitrato)1

[1. Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario di cui agli articoli 205 e 206 possono essere deferite ad arbitri. L'arbitrato, ai sensi dell'articolo 1, comma 20, della legge 6 novembre 2012, n. 190, si applica anche alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica ovvero una società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici.

2. La stazione appaltante indica nel bando o nell'avviso con cui indice la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito, se il contratto conterrà o meno la clausola compromissoria. L'aggiudicatario può ricusare la clausola compromissoria, che in tale caso non è inserita nel contratto, comunicandolo alla stazione appaltante entro venti giorni dalla conoscenza dell'aggiudicazione. E' vietato in ogni caso il compromesso2.

3. E' nulla la clausola compromissoria inserita senza autorizzazione nel bando o nell'avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito. La clausola è inserita previa autorizzazione motivata dell'organo di governo della amministrazione aggiudicatrice.

4. Il collegio arbitrale è composto da tre membri ed è nominato dalla Camera arbitrale di cui all'articolo 210. Ciascuna delle parti, nella domanda di arbitrato o nell'atto di resistenza alla domanda, designa l'arbitro di propria competenza scelto tra soggetti di provata esperienza e indipendenza nella materia oggetto del contratto cui l'arbitrato si riferisce. Il Presidente del collegio arbitrale è designato dalla Camera arbitrale tra i soggetti iscritti all'albo di cui al comma 2 dell'articolo 210, in possesso di particolare esperienza nella materia oggetto del contratto cui l'arbitrato si riferisce.

5. La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione oltre che nel rispetto delle disposizioni del presente codice. Qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati tra i dirigenti pubblici. Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l'arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto, preferibilmente, tra i dirigenti pubblici. In entrambe le ipotesi, qualora l'Amministrazione con atto motivato ritenga di non procedere alla designazione dell'arbitro nell'ambito dei dirigenti pubblici, la designazione avviene nell'ambito degli iscritti all'albo.

6. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 815 del codice di procedura civile, non possono essere nominati:

a) i magistrati ordinari, amministrativi contabili e militari in servizio o a riposo nonché gli avvocati e procuratori dello Stato, in servizio o a riposo, e i componenti delle commissioni tributarie;

b) coloro che nell'ultimo triennio hanno esercitato le funzioni di arbitro di parte o di difensore in giudizi arbitrali disciplinati dal presente articolo, ad eccezione delle ipotesi in cui l'esercizio della difesa costituisca adempimento di dovere d'ufficio del difensore dipendente pubblico;

c) coloro che, prima del collocamento a riposo, hanno trattato ricorsi in sede civile, penale, amministrativa o contabile presentati dal soggetto che ha richiesto l'arbitrato;

d) coloro che hanno espresso parere, a qualunque titolo, nelle materie oggetto dell'arbitrato;

e) coloro che hanno predisposto il progetto o il capitolato di gara o dato parere su esso;

f) coloro che hanno diretto, sorvegliato o collaudato i lavori, i servizi, o le forniture a cui si riferiscono le controversie;

g) coloro che hanno partecipato a qualunque titolo alla procedura per la quale è in corso l'arbitrato.

7. La nomina del collegio arbitrale effettuata in violazione delle disposizioni di cui ai commi 4,5 e 6 determina la nullità del lodo.

8. Al fine della nomina del collegio, la domanda di arbitrato, l'atto di resistenza ed eventuali controdeduzioni sono trasmessi alla Camera arbitrale. Sono altresì trasmesse le designazioni di parte. Contestualmente alla nomina del Presidente, la Camera arbitrale comunica alle parti la misura e le modalità del deposito da effettuarsi in acconto del corrispettivo arbitrale. Il Presidente del collegio arbitrale nomina, se necessario, il segretario, anche scegliendolo tra il personale interno all'ANAC3.

9. Le parti determinano la sede del collegio arbitrale, anche presso uno dei luoghi in cui sono situate le sezioni regionali dell'Osservatorio di cui all'articolo 213, comma 9; se non vi è alcuna indicazione della sede del collegio arbitrale, ovvero se non vi è accordo fra le parti, questa deve intendersi stabilita presso la sede della Camera arbitrale.

10. Ai giudizi arbitrali si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dal presente codice. In particolare, sono ammissibili tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, con esclusione del giuramento in tutte le sue forme.

11. I termini che gli arbitri hanno fissato alle parti per le loro allegazioni e istanze istruttorie possono essere considerati perentori solo se vi sia una previsione in tal senso o nella convenzione di arbitrato o in un atto scritto separato o nel regolamento processuale che gli arbitri stessi si sono dati.

12. Il lodo si ha per pronunciato con la sua ultima sottoscrizione e diviene efficace con il suo deposito presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici. Entro quindici giorni dalla pronuncia del lodo, va corrisposta, a cura degli arbitri e a carico delle parti, una somma pari all'uno per mille del valore della relativa controversia. Detto importo è direttamente versato all'ANAC.

13. Il deposito del lodo presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici precede quello da effettuarsi presso la cancelleria del tribunale ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 825 del codice di procedura civile. Il deposito del lodo presso la camera arbitrale è effettuato, a cura del collegio arbitrale, in tanti originali quante sono le parti, oltre a uno per il fascicolo d'ufficio ovvero con modalità informatiche e telematiche determinate dall'ANAC. Su richiesta di parte il rispettivo originale è restituito, con attestazione dell'avvenuto deposito, ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 825 del codice di procedura civile.

14. Il lodo è impugnabile, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. L'impugnazione è proposta nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo e non è più proponibile dopo il decorso di centoottanta giorni dalla data del deposito del lodo presso la Camera arbitrale.

15. Su istanza di parte la Corte d'appello può sospendere, con ordinanza, l'efficacia del lodo, se ricorrono gravi e fondati motivi. Si applica l'articolo 351 del codice di procedura civile. Quando sospende l'efficacia del lodo, o ne conferma la sospensione disposta dal presidente, il collegio verifica se il giudizio è in condizione di essere definito. In tal caso, fatte precisare le conclusioni, ordina la discussione orale nella stessa udienza o camera di consiglio, ovvero in una udienza da tenersi entro novanta giorni dall'ordinanza di sospensione; all'udienza pronunzia sentenza a norma dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile. Se ritiene indispensabili incombenti istruttori, il collegio provvede su di essi con la stessa ordinanza di sospensione e ne ordina l'assunzione in una udienza successiva di non oltre novanta giorni; quindi provvede ai sensi dei periodi precedenti.

16. La Camera arbitrale, su proposta del collegio arbitrale, determina con apposita delibera il compenso degli arbitri nei limiti stabiliti con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di 100.000 euro, da rivalutarsi ogni tre anni con i decreti e le delibere di cui al primo periodo. Per i dirigenti pubblici resta ferma l'applicazione dei limiti di cui all'articolo 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché all'articolo 1, comma 24 della legge 6 novembre 2012, n. 190. L'atto di liquidazione del compenso e delle spese arbitrali, nonché del compenso e delle spese per la consulenza tecnica, costituisce titolo per l'ingiunzione di cui all'articolo 633 del codice di procedura civile. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo, si applica l'articolo 216, comma 224.

17. Il corrispettivo a saldo per la decisione della controversia è versato dalle parti, nella misura liquidata dalla Camera arbitrale, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione del lodo.

18. La Camera arbitrale provvede alla liquidazione degli onorarie delle spese di consulenza tecnica, ove disposta, ai sensi degli articoli da 49 a 58 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.115, nella misura derivante dall'applicazione delle tabelle ivi previste.

19. Gli importi dei corrispettivi dovuti per la decisione delle controversie sono direttamente versati all'ANAC.

20. Salvo quanto previsto dall'articolo 92, secondo comma, del codice di procedura civile, il collegio arbitrale, se accoglie parzialmente la domanda, compensa le spese del giudizio in proporzione al rapporto tra il valore della domanda e quello dell'accoglimento.

21. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento del compenso dovuto agli arbitri e delle spese relative al collegio e al giudizio arbitrale, salvo rivalsa fra loro.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

[2] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

[3] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

[4] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

Inquadramento

L'istituto arbitrale trova applicazione nelle controversie, aventi a oggetto diritti soggettivi, insorte nell'esecuzione di un contratto pubblico. Al fine di avviare il procedimento arbitrale occorre la proposizione della domanda di arbitrato, che rappresenta l'attuazione della clausola compromissoria, contenente la determinazione delle controversie che si intendono sottoporre al vaglio del collegio arbitrale. Nell'ipotesi in cui, prima del collaudo finale, sorga una controversia con riferimento all'iscrizione di riserve eccedenti gli importi contrattuali nella misura ex lege prevista, si configura l'obbligo di esperire l'accordo bonario, disciplinato dall'art. 205 c.c.p.

Il tentativo di accordo bonario rappresenta condizione di procedibilità della domanda di arbitrato, dal momento che è possibile avviare immediatamente la procedura arbitrale, senza attendere il collaudo finale, solo nel caso in cui l'accordo bonario non venga raggiunto.

L'arbitrato nel diritto dei contratti pubblici

Secondo le disposizioni della l. n. 11/2016 e del d.lgs. n. 50/2016 va identificato nell'arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale l'unico strumento alternativo alla giurisdizione ai fini della risoluzione delle controversie relative all'esecuzione dei contratti ricompresi nell'ambito di applicazione dell'art. 209 del codice come regola posta a presidio dei principi e dei criteri stabiliti in materia dal legislatore medesimo. La disciplina dettata dal codice dei contratti pubblici nella materia dell'arbitrato è finalizzata ad accrescere gli strumenti pubblici di controllo e di garanzia necessari alla salvaguardia della imparzialità, della economicità, della integrità e del principio di responsabilità dei giudizi arbitrali per le controversie relative ai contratti pubblici. Ciò si realizza con l'eliminazione del doppio binario e la conclusione, pertanto, della stagione delle procedure di «arbitrato libero», vale a dire al di fuori del perimetro della funzione di amministrazione intestata alla Camera arbitrale.

La configurazione di una sola tipologia di arbitrato, quello «amministrato», conferisce alla Camera arbitrale la competenza in relazione alla nomina del collegio arbitrale, alla verifica delle cause di più stringente incompatibilità e inconferibilità, nonché dei requisiti per la nomina ad arbitro, oltreché la garanzia del rispetto dei limiti legislativi stabiliti per il compenso degli arbitri.

La disciplina sull'amministrazione dell'arbitrato trova applicazione in relazione anche alle controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici, per i quali i bandi o avvisi siano stati pubblicati prima della data di entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016.

La regolamentazione codicistica risulta, pertanto, direttamente applicabile a tutti i procedimenti arbitrali nella materia dei contratti pubblici che, sebbene rinvengano il loro fatto generatore nella vigenza della pregressa disciplina, risultano promossi successivamente alla emanazione del d.lgs. n. 50/2016.

L'art. 209 del d.lgs. n. 50/2016 va letto in combinato disposto con l'art. 216 del medesimo decreto, al fine di desumere la disciplina applicabile alle clausole arbitrali contenute nei contratti anteriori all'entrata in vigore del codice del 2016. Emerge, in tal modo, un regime transitorio secondo il quale le procedure di arbitrato di cui all'art. 209 si applicano anche alle controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici di cui al medesimo art. 209, comma 1, per i quali i bandi o avvisi siano stati pubblicati prima della data di entrata in vigore del presente codice. La giurisprudenza ha valorizzato l'elemento ermeneutico testuale dell'art. 216, comma 22, d.lgs. n. 50/2016, nel quale si fa un riferimento che sembra essere circoscritto alle sole norme procedurali contenute nell'art. 209 («le procedure di arbitrato», appunto) quali la composizione del Collegio (comma 4), la nomina degli arbitri (comma 5), l'incompatibilità (comma 6, etc.) e non anche a quelle sostanziali quali devono essere considerate quelle che disciplinano la volontà negoziale delle parti (in specie, per quanto attiene all'inserimento della clausola arbitrale e in particolare al comma 3). La norma processuale è infatti quella che disciplina i tempi e le modalità di svolgimento del procedimento giurisdizionale, non quella che precisa particolari forme o modalità necessarie ai fini della validità ed efficacia della norma contrattuale. Da ciò consegue che in base al principio tempus regit actum, va affermata la validità ed efficacia della clausola compromissoria, pur non previamente autorizzata dalla stazione appaltante, in forza della quale è stato avviato il giudizio arbitrale, radicando la competenza del Collegio arbitrale. (R.L. n. 16/20).

Un istituto di diritto comune, posto a contatto con la pubblica amministrazione, viene trasformato. È quanto accaduto all'arbitrato, che è stato oggetto di numerosi interventi normativi, finalizzati al perseguimento dell'evidenza pubblica, anche nel momento dell'esecuzione negoziale, in ragione della rilevanza degli interessi economici e sociali sottostanti.

L'arbitrato nel codice dei contratti pubblici appare «necessariamente» amministrato da apposita Camera arbitrale pubblica.

L'amministrazione dell'arbitrato da parte della Camera arbitrale consente di assicurare un procedimento rapido, efficiente e trasparente, di ridurre al minimo i rischi derivanti dalle clausole arbitrali patologiche, di garantire la presenza di arbitri imparziali e professionalmente preparati, di abbassare i costi derivanti dalla procedura.

Questa si traduce nell'attribuire alla Camera arbitrale la titolarità della nomina del presidente del collegio arbitrale, individuato obbligatoriamente a seguito di estrazione informatica nell'ambito degli iscritti all'apposito albo tenuto dalla Camera stessa e, previa designazione delle parti degli arbitri di rispettiva spettanza tra soggetti in possesso dei requisiti soggettivi indicati dall'art. 209, dell'intero collegio.

Un ulteriore riflesso dell'amministrazione dell'arbitrato si rintraccia nella previsione dell'obbligo per le pubbliche amministrazioni, ai sensi del comma 5 dell'art. 209, di individuare il proprio arbitro nell'area della dirigenza pubblica, ovvero in mancanza, tra gli iscritti all'Albo degli Arbitri tenuto dalla Camera Arbitrale.

La Camera arbitrale ritiene che l'art. 216 del d.lgs. n. 50/2016, comma 22, come già integrato dall'art. 128, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 56/2017 deve interpretarsi nel senso che agli arbitrati sulle controversie di cui all'art. 209, comma 1, introdotti successivamente alla entrata in vigore del codice stesso, anche se relativi a contratti stipulati antecedentemente, si applica esclusivamente la disciplina prevista dagli artt. 209 e 210. Sono da intendersi in ogni caso confermate le designazioni degli arbitri di parte eventualmente operate a quella data ancorché per collegi non ancora costituiti, purché gli arbitri designati siano nelle condizioni di poter dichiarare di non versare in alcuna delle situazioni di cui agli art. 209, comma 6, e 210, comma 10, al momento della nomina del collegio disposta dalla Camera arbitrale presso l'ANAC ai sensi dell'art. 209, comma 4.

Per quanto riguarda i compensi del collegio arbitrale, le modalità anche parametriche di calcolo e l'importo massimo liquidabile, l'art. 241, comma 12, come successivamente modificato e integrato, del d.lgs. n. 163/2006, deve interpretarsi nel senso che le prescrizioni in esso contenute si applicano ai procedimenti arbitrali in materia di contratti pubblici comunque interamente sottoposti alla disciplina del previgente codice.

La validità della clausola compromissoria

La devoluzione della controversia insorta in fase di esecuzione del contratto al Collegio arbitrale presuppone, quale condizione necessaria e sufficiente, che l'amministrazione aggiudicatrice disponga di apposita autorizzazione motivata dell'organo di governo per l'inserimento della clausola compromissoria nel bando o avviso di gara (o nell'invito a trattare), la cui mancanza è sanzionata con la nullità della clausola stessa ai sensi dell'art. 209, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016.

La Corte costituzionale, intervenuta più volte a valutare la legittimità costituzionale della disposizione che prevede l'obbligo dell'autorizzazione posto in capo alla pubblica amministrazione, ha respinto le eccezioni di legittimità costituzionale, dal momento che, le modalità secondo le quali l'amministrazione aggiudicatrice è chiamata a esercitare la sua competenza autorizzativa, pur comportando un qualche limite all'autonomia contrattuale, sono tali da non indurre uno squilibrio di facoltà processuali a suo favore, anche in considerazione del fatto che alla parte privata è riconosciuta la facoltà di ricusare dopo l'aggiudicazione la clausola compromissoria) e sono il frutto di una valutazione del legislatore, a fronte degli interessi tutelati, priva del carattere della manifesta irragionevolezza; né per altro verso lo spostamento del compito autorizzativo a favore dell'organo di vertice dell'amministrazione porta un vulnus al principio di separazione tra funzione di indirizzo e funzione di gestione a sua volta espressione dei principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione ex art. 97 Cost., involgendo la suddetta autorizzazione «valutazioni di carattere politico-amministrativo sulla natura e sul diverso rilievo degli interessi caso per caso potenzialmente coinvolti nelle controversie derivanti dall'esecuzione di tali contratti» (Cort. cost., n. 123/2018 e Cort. cost., ord. 29 marzo, n. 70).

L'affidamento dell'autorizzazione alla amministrazione aggiudicatrice per la compromettibilità in arbitrato all'organo di governo della stessa è la conferma che il tema della «giustizia nell'amministrazione» (in senso lato) è tradizionalmente sviluppato nella storia del nostro ordinamento giuridico fino alle soglie della contemporaneità come questione a valenza politica, i cui tratti riemergono dunque anche oggi con mutate forme; per altro verso, la modesta incidenza di questo istituto sulla caduta dei numeri del ricorso all'arbitrato per le controversie relative all'esecuzione dei contratti pubblici di appalto e concessione, rilevata ormai nel corso di un numero non breve di anni, fa pensare che altre siano le ragioni della crisi dell'arbitrato almeno in questo settore del diritto delle amministrazioni pubbliche, e in particolare che il repentino cambiamento di indirizzo del legislatore nel breve volgere di poco più di un anno nella specifica materia (dal divieto di arbitrato stabilito dall'art. 3, comma 19, l. n. 244/2007, legge finanziaria per il 2008, peraltro poi rinviato e mai effettivamente entrato in vigore, alla previsione dell'arbitrato stesso come ordinario mezzo di risoluzione delle suddette controversie alternativo al giudizio civile ex art. 44, comma 3, lett. m), l. 7 luglio 2009, n. 88), e comunque il susseguirsi in tempi raccorciati di molteplici normative a orientamento altalenante abbiano provocato una sorta di sconcerto sistemico che, nonostante i progressi dimostrati nell'ultimo periodo, ancora non è stato superato (Massera).

Secondo un consolidato orientamento della Camera arbitrale, dalla data di entrata in vigore del codice dei contratti pubblici, il deferimento in arbitrato delle controversie relative a contratti conclusi antecedentemente alla entrata in vigore della l. 6 novembre 2012, n. 190 deve intendersi comunque autorizzato, qualora esso sia conseguente a clausola compromissoria contenuta in contratto che sia stato approvato, con atto espresso e in conformità alle norme dell'ordinamento del soggetto pubblico, dall'organo di governo dello stesso, ovvero nel caso in cui sia intervenuta designazione dall'organo di governo dell'arbitro di parte.

Il ruolo della Camera arbitrale istituita presso l'ANAC

L'art. 1, comma 1, lett. aaa) della l. 28 gennaio 2016, n. 11, individua quali principi e criteri direttivi per la disciplina legislativa dell'arbitrato in materia di contratti pubblici, la trasparenza, la celerità e l'economicità. Nella materia dell'arbitrato sulle controversie relative all'esecuzione di contratti pubblici di appalto e concessione, vige la regola assoluta della necessaria unicità nell'ordinamento giuridico nazionale del procedimento amministrato dalla Camera arbitrale costituita presso l'Autorità Nazionale Anticorruzione, cui corrisponde altresì il radicamento in capo a parti e arbitri di ogni controversia ricompresa nell'ambito di applicazione dell'art. 209 c.c.p. del dovere di concorrere ad assicurare la rilevata esclusività del procedimento amministrato.

La Camera arbitrale istituita presso l'ANAC è composta dal Presidente e dal Consiglio. Quest'ultimo è composto da cinque membri, individuati tra soggetti dotati di particolare competenza nella materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e di requisiti di onorabilità tali da garantire l'indipendenza e l'autonomia dell'istituto.

In particolare, il Consiglio arbitrale adotta disposizioni, anche generali, relative all'interpretazione o dirette all'applicazione delle norme rilevanti per l'esercizio delle funzioni assegnate dagli artt. 209 e 210 d.lgs. n. 50/2016. Da ultimo, ai sensi dell'art. 3, comma 2 del Regolamento sulla organizzazione sul funzionamento della Camera arbitrale, pubblicato in G.U., la Camera arbitrale ha adottato la Raccolta, in cui sono state unificate e coordinate le disposizioni anche di ordine generale adottate per l'amministrazione degli arbitrati.

La Camera arbitrale ha, inoltre, formulato modelli di clausole-tipo da offrire agli utenti pubblici e privati per la risoluzione alternativa delle controversie relative all'esecuzione dei contratti pubblici.

La formulazione di tali modelli è tesa ad evitare clausole ambigue, contraddittorie o, comunque, di difficile interpretazione, quali a volte si riscontrano nella prassi dei contratti pubblici e, quindi, agevolare una spedita attuazione di tali sistemi di risoluzione alternative delle controversie.

Risulta, infatti, in linea con la prassi comune delle istituzioni arbitrali italiane e straniere, che amministrano arbitrati, quella di offrire modelli del genere agli utenti, modelli che, pur nella loro semplicità, valgano ad evitare il rischio che l'inizio della procedura arbitrale sia ritardato, o addirittura reso impossibile, da formulazioni equivoche o contraddittorie delle clausole in questione.

La Camera arbitrale ha sollevato dubbi interpretativi sulla disciplina applicabile nella composizione del collegio arbitrale ex artt. 209 ss. del codice dei contratti pubblici, nell'ipotesi in cui una delle parti non designi l'arbitro di propria competenza. In tal caso si può prospettare un possibile contrasto tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici e quelle del codice di procedura civile. L'ANAC ha evidenziato che l'art. 209 d.lgs. n. 50/2016 non contempla l'ipotesi in cui le parti non procedano a tale designazione; la disciplina applicabile dovrebbe quindi rinvenirsi nelle disposizioni del codice di procedura civile, al quale il comma 10 dell'art. 209 rimanda per gli aspetti del procedimento arbitrale non disciplinati dal codice dei contratti. Al riguardo, l'art. 810 c.p.c., rubricato “nomina degli arbitri”, dispone che quando la nomina degli arbitri spetta alle parti e una di queste rimane inerte nella nomina del proprio arbitro, a seguito dell'invito ricevuto dall'altra parte che già vi ha provveduto, la parte più diligente può chiedere che la nomina sia fatta dal Presidente del tribunale del luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato. A seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, in continuità con la prassi formatasi nel vigore del precedente regime, la Camera arbitrale ha segnalato che il giudice ordinario ha esercitato il potere sostitutivo di cui all'art. 810 c.p.c. per provvedere alla designazione dell'arbitro di parte, poi formalmente investito della nomina con atto della Camera arbitrale.

Questo orientamento, tuttavia, è stato disatteso dal Presidente del Tribunale che, investito della domanda di designazione sostitutiva dell'arbitro di parte ai sensi dell'art. 810 c.p.c., ha respinto l'istanza motivando che, con l'accoglimento della stessa, il giudice «verrebbe chiamato ad operare un intervento giurisdizionale non tipizzato, seppur di natura non contenziosa, di mera designazione con nomina rimessa alla Camera arbitrale». In assenza di un'espressa attribuzione legislativa di tale competenza (il comma 4 dell'art. 209 dispone solo con riguardo alla designazione del presidente del collegio arbitrale e non anche nei riguardi degli altri arbitri, seppur in funzione sostitutiva delle parti) la Camera arbitrale ha ritenuto di non poter provvedere alla designazione sostitutiva e, quindi, alla successiva nomina del collegio arbitrale, tenuto anche conto che, ai sensi del comma 7 dell'art. 209, la violazione delle disposizioni previste dal codice dei contratti pubblici per la nomina del collegio arbitrale avrebbe comportato la nullità del lodo eventualmente pronunciato. Rilevato il contrasto di posizioni, sono stati rimessi al Consiglio di Stato i seguenti quesiti: a) se effettivamente vi è una lacuna legislativa in ordine alla previsione dell'organo a cui spetta il potere di designazione sostitutiva nel caso dei procedimenti arbitrali relativi ai contratti pubblici; b) se in via interpretativa, invece, l'arbitro di parte, trattandosi di c.d. arbitrato amministrato, possa essere nominato dalla Camera arbitrale e non dal Presidente del tribunale; in tal caso viene altresì domandato di individuare le modalità «atte a garantire la posizione istituzionale di terzietà della Camera arbitrale», oppure se, in caso contrario, permanendo il potere di nomina (rectius designazione) da parte del Presidente del tribunale ai sensi dell'art. 810 c.p.c., come vada coordinato tale potere di nomina con quello della Camera arbitrale di verifica del possesso, da parte dell'arbitro designato dal Presidente del tribunale, dei requisiti soggettivi e della insussistenza negli stessi delle condizioni di inconferibilità, dal momento che né l'art. 209, né il successivo art. 210, disciplinano l'ipotesi in cui la parte, cui spetta la nomina dell'arbitro di parte, non vi provveda. Per risolvere la questione, sono possibili due diverse soluzioni basate su distinti approcci interpretativi delle norme citate; infatti, alcuni tribunali – in considerazione del rinvio generico e residuale contenuto nell'art. 209, comma 10, del codice degli appalti al codice di procedura civile – ritengono di poter effettuare, in via sostitutiva, la nomina (rectius designazione) dell'arbitro di parte; mentre altri uffici giudiziari hanno ritenuto che il Presidente del tribunale non possa nominare (rectius designare) l'arbitro di parte, anche in considerazione del fatto che le disposizioni in questione prevedono poteri di controllo da parte della Camera arbitrale – cui spetta il potere di nomina di tutti gli arbitri – sull'esistenza dei requisiti soggettivi e sull'assenza di cause di incompatibilità.

Per rispondere al quesito sottoposto, il Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno acquisire il parere del Ministero della Giustizia e del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi delle Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche in vista di un possibile intervento normativo, pertanto, al momento risulta sospesa l'adozione del parere in risposta ai quesiti in oggetto.

Bibliografia

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