Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 211 - (Pareri di precontenzioso dell'ANAC) 1 2[1. Su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti, l'ANAC esprime parere, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere vincolante è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo. In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell'articolo 26 del codice del processo amministrativo3. 1-bis. L'ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture45. 1-ter. L'ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall'ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l'ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l' articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 67. 1-quater. L'ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter 8.] [2. Qualora l'ANAC, nell'esercizio delle proprie funzioni, ritenga sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara invita mediante atto di raccomandazione la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere altresì gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni. Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell'Autorità entro il termine fissato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000, posta a carico del dirigente responsabile. La sanzione incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all'articolo 36 del presente codice. La raccomandazione è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo 9.] 10 [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] In riferimento al presente articolo vedi il Provvedimento 5 ottobre 2016; Deliberazione 9 gennaio 2019, n. 10. [3] Comma modificato dall'articolo 123, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. [4] Comma aggiunto dall'articolo 52-ter, comma 1, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96. [5] In riferimento al presente comma vedi la Deliberazione 13 giugno 2018. [6] Comma aggiunto dall'articolo 52-ter, comma 1, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96. [7] In riferimento al presente la Deliberazione 13 giugno 2018. [8] Comma aggiunto dall'articolo 52-ter, comma 1, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96. [9] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164). [10] Comma abrogato dall'articolo 123, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. InquadramentoL'art. 211 del Codice dei contratti pubblici ha ridisegnato la funzione precontenziosa dell'ANAC, inserendo tra i «rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale» (Parte IV, Titolo I, Capo II del Codice) due distinti strumenti: i pareri di precontenzioso (comma 1) e il potere di impugnazione dell'ANAC, a sua volta esperibile in via diretta (comma 1-bis) ovvero in via indiretta, previo parere motivato dell'ANAC (comma 1-ter). La previsione in esame costituisce attuazione del principio e criterio direttivo contenuto nell'art. 1, comma 1, lett. aaa) della legge delega per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (l. 28 gennaio 2016, n. 11) secondo il quale la nuova codificazione delle norme applicabili ai contratti pubblici deve realizzare la «razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto (...)». In coerenza con tale obiettivo, il Codice del 2016 ha rafforzato il ruolo dell'ANAC prevedendo, accanto ai pareri non vincolanti, il rilascio di pareri vincolanti (sia pure sull'accordo delle parti) ed impugnabili in sede giudiziale, nonché più efficaci poteri di intervento dell'Autorità, volti alla riparazione di gravi illegittimità riscontrate nelle procedure di affidamento di contratti pubblici. Le due ipotesi di esercizio della funzione definita, in senso lato, «precontenziosa» dell'ANAC ‒ differenti quanto ai presupposti, al procedimento e all'efficacia del provvedimento finale – sono accomunate dalla loro riconducibilità nell'ampia categoria degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (Alternative Dispute Resolution, ADR) aventi la finalità di regolazione dei conflitti, anche solo potenziali. In dottrina, sono stati sollevati dubbi sull'ammissibilità delle ADR nelle controversie pubblicistiche, in quanto coinvolgono l'esercizio del potere pubblico ed hanno ad oggetto situazioni di interesse legittimo, ritenute indisponibili (Lipari, 8; De Nictolis, 508; L. Grassucci, 874). Con particolare riferimento al comma 1 dell'art. 211, il Consiglio di Stato ha suggerito di non considerare il precontenzioso quale rimedio alternativo alla giurisdizione in senso stretto, al fine di assicurarne la compatibilità con la Costituzione, ed in particolare con il principio di indisponibilità dell'interesse legittimo nonché con l'art. 12 c.p.a. (che limita alle posizioni di diritto soggettivo la compromettibilità in arbitri delle controversie devolute al giudice amministrativo). Si tratta, piuttosto, di uno strumento deflattivo del contenzioso, finalizzato a risolvere rapidamente le controversie nel settore dei contratti pubblici, con l'intento di perseguire un alto tasso di legittimità delle procedure di affidamento (Cons. St., parere n. 855/2016). I ruoli «giocati» dall'ANAC nell'esercizio dei poteri previsti dall'art. 211 rimangono, comunque, diversi, in quanto, nel comma 1, l'Autorità assume la veste di «arbitro» imparziale della controversia, svolgendo una funzione para-giurisdizionale, mentre nei commi 1-bis e 1-ter (così come nell'abrogato comma 2) l'ANAC è il soggetto-attore che contesta alla stazione appaltante l'esistenza di violazioni nella procedura di gara (Lipari, 10). La competenza precontenziosa dell'ANAC non rappresenta una novità del Codice del 2016, pur essendo stata rafforzata dal legislatore. L'art. 6, comma 7, lett. n) del d.lgs. n. 163/2006 prevedeva che l'allora A.V.C.P. «su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione» (anche sotto la vigenza dell'art. 4 della l. n. 109/1994, pur in assenza di una espressa previsione normativa, il potere di rilasciare pareri non vincolanti veniva ricondotto nell'ambito della più ampia funzione di vigilanza sul sistema dei lavori pubblici attribuita all'A.V.L.P.). Con il comma 1 dell'art. 211, il legislatore ha potenziato tale strumento prevedendo che, sull'accordo delle parti, il parere assume carattere vincolante, ferma la possibilità di contestazione in giudizio del parere, anche da parte di chi si è vincolato ad esso. Ulteriori differenze rispetto al Codice previgente sono: la possibilità di iniziativa singola a ciascuna parte del rapporto sostanziale (sebbene tale opzione fosse stata ammessa in via di prassi anche nel precedente sistema); la previsione di un termine finale (30 giorni) per la pronuncia del parere; l'eliminazione della possibilità di formulare una «ipotesi di soluzione» della controversia; la gratuità del rilascio dei pareri (mediante la soppressione del richiamo all'art. 1, comma 67, della l. n. 266/2005); la previsione dell'impugnabilità dei pareri vincolanti (resi su istanza di tutte le parti interessate) dinanzi al giudice amministrativo e l'applicabilità dell'art. 26 c.p.a. in caso di successivo rigetto del ricorso. La disciplina di dettaglio del procedimento per l'adozione dei pareri di precontenzioso è dettata dal regolamento dell'ANAC del 9 gennaio 2019, pubblicato nella G.U. serie Generale n. 22 del 26 gennaio 2019 (che ha sostituito il regolamento del 5 ottobre 2016, pubblicato nella G.U. 19 ottobre 2016), applicabile alle istanze pervenute dopo la sua entrata in vigore (10 febbraio 2019) ovvero il cui procedimento è stato avviato dopo tale data (art. 14 del reg.). Diverso è l'iter normativo che ha portato alla previsione della legittimazione a ricorrere dell'ANAC. I commi 1-bis, 1-ter e 1-quater sono stati introdotti in sede di conversione del d.l. n. 50/2017, in via di emendamento (l. n. 96/2017, art. 52-ter), dopo l'abrogazione, da parte del correttivo, del comma 2 dell'art. 211, recante la disciplina della raccomandazione vincolante. La novella ha accolto il suggerimento formulato dal Consiglio di Stato in sede di parere sullo schema di Codice laddove, a fronte delle criticità connesse al nuovo istituto, ha ritenuto preferibile una riformulazione del comma 2 in chiave di controllo collaborativo ispirata alla disciplina dettata dall'art. 21-bis l. n. 287/1990. Il legislatore si è mosso nella direzione indicata e ha conferito all'ANAC il potere di agire in giudizio per l'impugnazione di atti e provvedimenti viziati da violazioni della normativa in materia di contratti pubblici. È il riconoscimento di una legittimazione processuale speciale, affine a quella attribuita all'AGCM in materia di provvedimenti amministrativi lesivi delle norme a tutela della concorrenza dal richiamato art. 21-bis l. n. 287/1990. Sulla conformità al paradigma costituzionale di tale modello si è già pronunciata la Corte Costituzionale (sentenza n. 20/2013), che ha giudicato inesatto parlare di un nuovo e generalizzato controllo di legittimità, trattandosi piuttosto di un potere di iniziativa che integra quelli già propri dell'AGCM, finalizzato a contribuire ad una più completa tutela del corretto funzionamento del mercato. Specularmente, il potere di agire in giudizio attribuito all'ANAC è stato qualificato dal Consiglio di Stato come un peculiare strumento di vigilanza collaborativa che si coniuga con i più generali poteri di vigilanza e controllo attribuiti all'Autorità dall'art. 213 del Codice, per assicurare il pieno ed effettivo rispetto dei principi su cui sono imperniati gli appalti pubblici (parere Commissione speciale, n. 445/2018, su schema di regolamento di cui al comma 4-quater). Il nuovo istituto opera, rispetto allo schema della raccomandazione vincolante, un ribaltamento della posizione dell'ANAC, che da (eventuale) convenuta in giudizio a difesa del proprio atto, si ritrova a vestire i panni del ricorrente contro atti, emessi da qualsiasi stazione appaltante, che violano le norme in materia di contratti pubblici. In attuazione del comma 1-quater, l'ANAC ha adottato un regolamento, pubblicato nella G. U. Serie Generale n. 164 del 17 luglio 2018, con il quale ha individuato, preventivamente e in via generale, i casi e le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercitare i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter, operando una delimitazione dell'ampia discrezionalità riconosciutale dal legislatore. La collocazione della disciplina della legittimazione attiva nell'art. 211 – circostanza che ha contribuito a farle riconoscere anche finalità latu sensu deflattive del contenzioso, soprattutto con riguardo alla previsione di cui al comma 1-ter (cfr. Cons. Stato, parere Commissione speciale, cit.) ‒ impone di valutare il rapporto tra legittimazione straordinaria e parere di precontenzioso. Nel silenzio del legislatore, nel regolamento del 2018, l'ANAC ha previsto che l'esercizio del potere d'impugnazione determina la sospensione, oltre che dei procedimenti di vigilanza, dei procedimenti di precontenzioso, a meno che non siano preordinati all'emissione di pareri vincolanti, riconoscendo solo in questa ultima ipotesi prevalenza al precontenzioso rispetto al più efficace strumento della legittimazione processuale (art. 12, commi 1 e 3). I pareri di precontenziosoLa competenza precontenziosa dell'ANAC, delineata nell'art. 211, comma 1, riguarda le questioni insorte «durante lo svolgimento delle procedure di gara», dunque le sole questioni afferenti la fase dell'evidenza pubblica. Il Consiglio di Stato (nel parere n. 1920/2016 reso sullo schema di regolamento ANAC in materia di pareri di precontenzioso) ha precisato che «la norma primaria non fissa la stipulazione contrattuale come limite, essendo ben possibile che la questione si ponga dopo tale momento, pur riguardando la fase di gara. (...) Ciò che è inammissibile, piuttosto, sono le istanze di parere su questioni concernenti la fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipulazione (e, a maggior ragione, quelle relative alla fase di controllo ed a quella di esecuzione), che pur rientrando nel procedimento di evidenza pubblica, sono estranee alla «procedura di gara», che si conclude con l'aggiudicazione». L'intervento dell'ANAC può essere chiesto in relazione a qualsiasi tipologia di procedura di gara o settore (ordinario e speciale), nel caso in cui sussista una «controversia» tra le parti. Tale nozione è intesa in senso ampio come questione su cui vi è contestazione tra le parti e può riguardare anche la legittimità di provvedimenti già adottati dalla stazione appaltante (ad es. l'esclusione di un concorrente oppure il provvedimento di aggiudicazione), al fine di prevenire l'impugnazione giurisdizionale dello stesso. Si deve, tuttavia, trattare di una disputa concreta e non di una questione meramente teorica, rispetto alla quale è attivabile la diversa funzione consultiva dell'Autorità (in presenza dei presupposti disciplinati dal Regolamento del 20 luglio 2016 «per l'esercizio della funzione consultiva svolta dall'Autorità nazionale anticorruzione ai sensi della l. 6 novembre 2012, n. 190 e dei relativi decreti attuativi e ai sensi del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, al di fuori dei casi di cui all'art. 211 del decreto stesso»). Il regolamento dell'ANAC del 9 gennaio 2019 disciplina i casi di ammissibilità e procedibilità dell'istanza (art. 7). In particolare, sono dichiarate inammissibili le istanze: a) in assenza di una questione controversa insorta tra le parti interessate; b) non presentate dai soggetti legittimati di cui all'art. 3 reg. (persone fisiche che esprimono all'esterno la volontà della persona giuridica; cfr. FAQ del 5 agosto 2019 pubblicate sul sito dell'Autorità ove viene precisato che la legittimazione è attribuita all'organo di vertice della stazione appaltante o del soggetto aggiudicatore e al soggetto dotato di legale rappresentanza, in caso di operatori economici o enti); c) dirette a fare valere l'illegittimità di un atto della procedura autonomamente impugnabile, rispetto al quale sono inutilmente decorsi i termini per l'impugnazione giurisdizionale (tale ipotesi è stata introdotta dal nuovo reg. allo scopo di evitare una elusione dei termini perentori a ricorrere, nell'ipotesi in cui una parte richieda, dopo il decorso dei termini, un parere di precontenzioso vincolante; la modifica regolamentare ha recepito l'arresto di Cons. St., V, n. 4529/2018); d) in caso di esistenza di un ricorso giurisdizionale avente lo stesso contenuto dell'istanza di precontenzioso (al fine di evitare sovrapposizioni e litispendenza); e) di contenuto generico o contenti un mero rinvio alla documentazione o corrispondenza intercorsa tra le parti; f) volte ad un controllo generalizzato sulle procedure di gara; g) manifestamente mancanti dell'interesse concreto al conseguimento del parere. È comunque previsto, come norma di chiusura, che se le istanze dichiarate inammissibili riguardano questioni giuridiche ritenute rilevanti, esse sono trattate ai fini dell'adozione di una pronuncia dell'Autorità anche a carattere generale. Sono, invece, dichiarate improcedibili le istanze in caso di: a) mancata comunicazione a tutti i soggetti controinteressati (ed in particolare, in caso di mancanza integrazione del contraddittorio nel termine assegnato, ai sensi dell'art. 4, comma 2 e dell'art. 5, comma 2, reg.); b) sopravvenienza di un ricorso giurisdizionale avente lo stesso contenuto dell'istanza; c) sopravvenuta carenza di interesse; d) rinuncia al parere. Per quanto concerne la legittimazione alla richiesta di parere, il comma 1 dell'art. 211 considera letteralmente solo la «stazione appaltante» e le altre «parti», non meglio identificate. Il regolamento ANAC del 2016 (nonché quelli precedenti) ammetteva(no) la proposizione dell'istanza sia da parte dell'operatore economico che avesse partecipato alla procedura sia da parte dei soggetti portatori di interessi collettivi o diffusi, in ossequio all'elaborazione giurisprudenziale in tema di legittimazione collettiva. In senso critico si era espresso il Consiglio di Stato (parere n. 1632/2018) osservando che la norma regolamentare «introdurrebbe, senza alcuna legittimazione di una norma primaria, una sorta di azione popolare esclusa, secondo i principi, nel nostro ordinamento salvo ove espressamente prevista dalla legge. Ne consegue che gli enti esponenziali di interessi collettivi o diffusi, o comunque altri soggetti non identificabili come «parti» del procedimento amministrativo di evidenza pubblica in senso stretto, in quanto non destinatari degli effetti giuridici del procedimento amministrativo di scelta del contraente e di stipulazione del contratto, né portatori in esso di un interesse qualificato in tale ambito, non possono essere considerati legittimati attivi alla richiesta di parere». In adeguamento a tale parere, il vigente regolamento ANAC del 2019 (art. 3) non contiene una previsione autonoma sui soggetti legittimati, richiamando i soggetti di cui all'art. 211, comma 1, primo periodo del Codice e precisando che sono legittimate «le persone fisiche che esprimono all'esterno la volontà dei soggetti che possono richiedere il parere». L'ANAC, con Delibera n. 195 del 13 marzo 2019, ha chiarito che la legittimazione alla presentazione delle istanze di precontenzioso da parte delle associazioni di categoria «è ammessa nei limiti della legittimazione delle associazioni medesime a impugnare atti concernenti i singoli associati, ovvero solo ove gli stessi concretizzino anche una lesione dell'interesse collettivo tutelato da tali associazioni; condizione, quest'ultima, che è onere dei soggetti istanti comprovare puntualmente a pena di inammissibilità. Resta ferma, in ogni caso la possibilità, per tutte le associazioni di categoria, di attivare un intervento di vigilanza dell'Autorità, realizzabile anche attraverso l'esercizio dei poteri di cui all'art. 211, commi 1-bis e 1-ter, del Codice». Assume rilievo centrale l'atto di iniziativa del precontenzioso, singolo o congiunto, insieme alla circostanza che sia manifestato, o meno, l'intento della parte richiedente di assoggettarsi all'efficacia vincolante del parere. L'assenso all'efficacia vincolante del parere deve essere esplicito e non può desumersi dalla formulazione dell'istanza, che è un mero atto di impulso, di per sé privo di una manifestazione di volontà diretta ad assoggettarsi al parere (Cons. St., parere n. 1920/2016). Sia in caso di istanza singola che congiunta, la sua presentazione va effettuata mediante il modulo scaricabile dal sito istituzionale dell'Autorità e allegato al Regolamento di precontenzioso; tale modulo va firmato digitalmente dal soggetto legittimato e trasmesso tramite posta elettronica certificata, unitamente a una eventuale memoria e alla documentazione ritenuta utile. L'istanza deve contenere una rappresentazione sintetica degli elementi di fatto e di diritto ritenuti rilevanti, deve indicare i vizi del provvedimento contestato nonché illustrare il quesito di diritto rivolto all'ANAC. Nel caso di istanza presentata singolarmente (dalla stazione appaltante o da un'altra parte interessata, che può anche essere un soggetto controinteressato), la regola generale è che il parere è da intendersi non vincolante (art. 4, comma 1, reg.). Peraltro, la parte istante è tenuta a dare comunicazione della presentazione dell'istanza a tutti i soggetti interessati (allegando il modulo di istanza di precontenzioso) e a fornire all'ANAC la relativa prova, a pena di improcedibilità. L'istanza singola può divenire «congiunta» (con l'effetto di rendere vincolante il parere) nel caso in cui l'istante abbia manifestato la volontà di attenersi al parere e le altre parti aderiscono entro 10 giorni dalla ricezione della comunicazione di presentazione dell'istanza (anche il modulo di adesione è scaricabile dal sito istituzionale dell'Autorità). Nel caso in cui l'istanza venga presentata congiuntamente dalla stazione appaltante e da una o più parti interessate, che esprimono la volontà di attenersi al contenuto del parere, questo sarà vincolante per le parti che vi hanno acconsentito (art. 5, comma 1, reg.). Anche in questa ipotesi, valgono le stesse norme procedurali descritte per l'istanza singola in ordine alla modalità di presentazione del modulo e all'onere di comunicazione a tutti i soggetti interessati. L'efficacia vincolante del parere presuppone sempre la manifestazione di volontà di almeno due «parti» del rapporto sostanziale e che una di queste sia la stazione appaltante (Lipari, 19). Deve, tuttavia, trattarsi di due soggetti tra cui è sorta la «questione controversa», titolari cioè di posizioni giuridiche confliggenti e non convergenti (ad esempio, l'istanza presentata congiuntamente da due operatori titolari del medesimo interesse, perché esclusi dalla gara per analoghe ragioni, non viene considerata congiunta in assenza dell'adesione della stazione appaltante, il cui interesse sarà quello di difendere la legittimità di entrambe le esclusioni). La vincolatività del parere congiunto è stata definita «a geometria variabile» (De Nictolis, 517), in quanto l'effetto vincolante si produce nei confronti delle sole parti che vi abbiano preventivamente acconsentito. È, dunque, possibile che il parere non sia vincolante nei confronti di tutte le parti tra cui sorge contenzioso. Secondo il Consiglio di Stato (parere n. 1920/2016) «tale variabilità soggettiva di effetti complica il meccanismo, ma estende l'ambito di applicazione dell'istituto, che altrimenti sarebbe stato limitato all'ipotesi – poco realistica – che stazione appaltante, interessato e controinteressati fossero concordi nel demandare la soluzione della questione all'ANAC o a quella di controversie tra stazione appaltante e destinatario dell'atto. L'ancoraggio, nei termini appena visti, della vincolatività del parere al consenso delle parti è giustificato se si vuole mantenere la distanza dai mezzi processuali ed è la caratteristica principale delle tecniche di risoluzione alternativa delle controversie». Si è discusso sull'eventuale effetto sospensivo prodotto dalla proposizione dell'istanza di precontenzioso. In caso di richiesta di parere vincolante, l'istanza reca l'impegno a non porre in essere atti pregiudizievoli ai fini della risoluzione della questione fino al rilascio del parere (art. 5, comma 6, reg.). Tuttavia, né l'art. 211 del Codice né le disposizioni regolamentari indicano le conseguenze dell'eventuale inadempimento dell'impegno. L'istanza, inoltre, non produce alcun effetto interruttivo o sospensivo del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale, né sospende il termine di stand-still per la stipulazione del contratto. Qualora la stazione appaltante aderisca alla vincolatività del parere, è prevedibile una sua spontanea determinazione di sospensione del procedimento; viceversa, in caso di mancata adesione, non sussiste un obbligo di sospensione, ma la valutazione è rimessa alle proprie valutazioni. Secondo la giurisprudenza (T.A.R. Lazio (Roma), II-ter, n. 235/2017), anche in seguito all'attivazione di un procedimento di precontenzioso da parte della stazione appaltante, permane l'interesse di un operatore ad impugnare l'aggiudicazione, sebbene la sua efficacia sia stata sospesa in via autotutela dall'Amministrazione. Il regolamento dell'ANAC disciplina nel dettaglio il procedimento di precontenzioso, prevedendo tre diversi epiloghi dell'iter procedimentale. Il primo possibile epilogo è rappresentato dall'archiviazione dell'istanza. Infatti, l'Ufficio di precontenzioso svolge una funzione di filtro iniziale, valutando l'ammissibilità e la procedibilità delle istanze. In tali ipotesi, la decisione viene trasmessa al Consiglio dell'Autorità, nell'ambito di un elenco mensile, e successivamente viene comunicata alle parti interessate (art. 7, commi 5 e 6, reg.). Il secondo possibile epilogo è rappresentato dall'adozione di un parere secondo la procedura ordinaria (artt. 9 e 10 reg.). Superato il vaglio preliminare di ammissibilità e procedibilità dell'istanza (sia singola che congiunta), in seguito alla designazione del Consigliere relatore da parte del Presidente, l'Ufficio comunica alle parti l'avvio del procedimento, assegnando alle stesse un termine non superiore a 5 giorni per la presentazione di memorie e/o documenti (a differenza del contraddittorio processuale, non è previsto un ulteriore termine per eventuali repliche). La disciplina regolamentare garantisce il rispetto delle garanzie partecipative di cui alla l. n. 241/1990, prevedendo un'istruttoria veloce al fine di rispettare il termine breve (30 giorni) previsto per l'adozione del parere. Inoltre, rispetto alle versioni precedenti del regolamento, il contraddittorio si svolge in forma scritta, mentre l'audizione non è più obbligatoria (in precedenza era prevista sia su richiesta delle parti, che d'ufficio); tuttavia, l'Ufficio valuta, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite, la necessità di procedere all'audizione delle parti interessate. Conclusa la fase istruttoria, l'Ufficio, previo parere del Consigliere relatore, trasmette al Consiglio la bozza di parere per il definitivo esame e l'approvazione, che dovrà essere disposta entro 30 giorni dalla ricezione dell'istanza (il superamento di tale termine non determina, tuttavia, l'illegittimità del parere). Pur non essendo espressamente enunciato, da taluno è stato ritenuto operante il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, per cui la decisione dell'Autorità non può basarsi su elementi diversi ed ulteriori rispetto a quelli allegati dalle parti (Aperio Bella). Il terzo epilogo del procedimento è rappresentato dall'adozione di un parere in forma semplificata (la semplificazione riguarda sia la competenza, che il procedimento e la motivazione del parere), ammesso in presenza dei presupposti declinati dall'art. 11 reg. Le procedure semplificate previste da tale disposizione sono sostanzialmente due: a) la prima prevede l'adozione del parere direttamente da parte dal Dirigente dell'Ufficio, con motivazione semplificata, previo contraddittorio tra le parti (secondo lo stesso iter sopra descritto) ed è applicabile in due distinte ipotesi i) in caso di parere non vincolante relativo ad un appalto sotto soglia (in caso di lavori deve trattarsi di affidamento inferiore a un milione di Euro) concernente questioni di pacifica soluzione, alla luce dei precedenti sull'argomento; ii) in presenza di istanze aventi ad oggetto valutazioni discrezionali della stazione appaltante, anche se relative ad affidamenti sopra soglia; b) la seconda procedura semplificata si applica, invece, agli affidamenti sopra soglia e ai pareri vincolanti, purché di pacifica risoluzione; in questo caso, la differenza rispetto all'iter ordinario consiste nel fatto che non vi è la previa nomina del Consigliere relatore da parte del Presidente, ma la bozza di parere, con motivazione semplificata, previa valutazione del Presidente, viene sottoposta direttamente all'approvazione del Consiglio. La fase finale del procedimento riguarda la comunicazione, la pubblicità e l'adeguamento al parere. Il parere approvato dal Consiglio viene comunicato alle parti e, successivamente, pubblicato sul sito internet dell'Autorità. Unitamente alla comunicazione, l'Ufficio trasmette alle parti un modulo di cd. adeguamento al parere (art. 13 reg.), che dovrà essere restituito da tutte le parti interessate (sia operatori economici che stazione appaltante) all'Ufficio di precontenzioso entro 35 giorni (in caso di parere vincolante) ovvero di 60 giorni (in caso di parere non vincolante), indicando le determinazioni adottate al fine di conformarsi al contenuto del parere. In caso di omissione o non veridicità di tali comunicazioni, si applica l'art. 213, comma 13, del Codice e, a tal fine, l'Ufficio di precontenzioso trasmette gli atti all'Ufficio dell'Autorità competente per l'applicazione delle sanzioni. La conoscenza di tali dati ha rilevanza per l'Autorità anche a fini statistici, per conoscere il tasso di adeguamento ai pareri e la dimensione dell'effetto deflattivo del contenzioso. Sull’attenuazione del dovere di motivazione dell’atto di autotutela conseguente a un parere di precontenzioso (pur se non vincolante) ex artt. 211 e 212 del codice dei contratti pubblici; vedi Cons. St. V, n.1036/2022. L'impugnabilità dei pareri di precontenzioso Il regime di impugnazione dei pareri di precontenzioso è diversificato a seconda della natura vincolante o meno che esso assume. I pareri non vincolanti non sono ritenuti autonomamente impugnabili, in quanto privi di natura provvedimentale e del carattere di definitività. In questo caso è necessario impugnare il provvedimento della stazione appaltante che si adegua spontaneamente al parere (Cons. St., V, n. 2586/2021; T.A.R. Lazio (Roma), n. 1888/2021; T.A.R. Lazio (Roma), III-quater, n. 465/2021; Cons., St., V, n. 6305/2020). In particolare, «il parere non vincolante [...] avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile» (Cons. St., V, ord. n. 2436/2021), con la precisazione che «l'impugnabilità del parere non vincolante dell'ANAC non [è] da escludersi in assoluto [giacché esso] assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale»; di qui la conclusione che «l'impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione» (Cons. St., VI, n. 1622/2019). La concreta lesività del parere non vincolante «si manifesta solo nell'ipotesi in cui esso sia trasposto o richiamato nell'atto conclusivo del procedimento, potendo la sua incidenza sulla fattispecie essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento adottato dalla Stazione appaltante» (Cons. St., VI, n. 1622/2019). Diverso è il regime dei pareri vincolanti, per i quali l'art. 211, comma 1, del Codice prevede espressamente l'impugnabilità, secondo le regole del rito super-abbreviato sui contratti pubblici dettate dall'art. 120 c.p.a., disponendo altresì che, in caso di rigetto del ricorso, il giudice amministrativo valuti il comportamento della parte ricorrente ai fini delle spese di lite e dei presupposti della lite temeraria (art. 26 c.p.a.). La giurisprudenza ha considerato l'immediata impugnabilità del parere vincolante come «conseguenza naturale, sul piano costituzionale (art. 113, comma 1, Cost.), del carattere decisorio e autoritativo della determinazione dell'Autorità: è un atto che, per quanto a conseguenze sostanziali pre-accettate dagli interessati, incide comunque su posizioni di interesse legittimo perché essi hanno comunque interesse all'esercizio legittimo di quel particolare potere amministrativo: ed tali posizioni sono per loro natura indisponibili, come segnala il parere di questo Consiglio di Stato sullo schema del d.lgs. n. 50/2016 (che, all'art. 211, comma 1, non conteneva la previsione dell'impugnabilità), reso dalla Commissione speciale del Cons. di St., n. 855/2016. L'inciso finale dello stesso art. 211 (In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell'art. 26 del c.p.a.) conferma che legittimata ad impugnare il parere è la parte che si è impegnata al rispetto» (Cons. St., V, n. 4529/2018). È stato, inoltre, precisato che è inammissibile il ricorso proposto contro un parere – ancorché vincolante – quando non sia impugnato anche l'atto conclusivo del procedimento (Cons. St., VI, n. 4315/2017; Id., n. 4369/2017). In dottrina, sono stati avanzati dubbi interpretativi circa l'effettiva efficacia vincolante del parere nei confronti dei soggetti che hanno manifestato la volontà di aderirvi, qualora manchi l'assenso di tutte le parti interessate al suo rilascio. Va escluso che il parere, per essere efficace, richieda l'accordo di tutte le parti (non solo singolo operatore e stazione appaltante, ma anche tutti i controinteressati), in quanto – considerando il numero dei potenziali controinteressati in una procedura di gara – è difficile che tutte le parti interessate e controinteressate addivengano ad una spontanea adesione preventiva alla richiesta di parere (De Nictolis, 519). Il parere è, in ogni caso, immediatamente impugnabile solo da parte dei soggetti che vi abbiano preventivamente acconsentito e che risultino «soccombenti» nell'ambito del procedimento dinanzi all'ANAC (Lipari, 34). Nel caso in cui il parere sia lesivo per l'operatore (ad esso vincolato), l'eventuale sopravvenienza del provvedimento della stazione appaltante di recepimento del parere non comporta una riapertura dei termini di impugnazione e, in caso di ricorso, non sono considerate ammissibili le censure dirette a far valere motivi non indicati nell'istanza di precontenzioso (a meno che, in sede di adeguamento al parere, la stazione appaltante adotti un provvedimento viziato anche in via autonoma). Altra questione è quella relativa alla legittimazione ad impugnare il parere vincolante da parte dei terzi controinteressati che non vi abbiano preventivamente aderito. In questo caso, non sussiste un onere di immediata impugnativa; tuttavia, nel caso in cui, in sede di adeguamento al parere, la stazione appaltante adotti un provvedimento lesivo della loro sfera giuridica, i terzi hanno la facoltà (non l'obbligo) di contestare il parere quale atto presupposto del provvedimento amministrativo immediatamente lesivo nei propri confronti. Legittimazione processuale speciale dell'ANACIl potere di agire in giudizio dell'ANAC è eccezionale in quanto autorizzato espressamente dalla legge in ragione della funzione di vigilanza e controllo sugli appalti pubblici attribuita all'Autorità dal Codice (Cfr. Parere Commissione speciale). L'introduzione dell'istituto ha alimentato il dibattito, già sorto con riferimento al potere di impugnazione riconosciuto ad AGCM, circa la natura di tale legittimazione, ovvero se la possibilità di agire in giudizio finalizzata alla tutela di interessi generali e disancorata dalla titolarità di una situazione giuridica soggettiva, di fatto, dia luogo a una giurisdizione di diritto oggettivo. Le prime pronunce che hanno affrontato il tema hanno sostenuto la natura soggettiva della giurisdizione, stante la sussistenza di un collegamento soggettivo tra l'ANAC e gli interessi che la legge affida alla sua cura, orientati a prevenire illegittimità nel settore dei contratti pubblici anche indipendentemente da iniziative o interessi dei singoli operatori economici o dei partecipanti alle procedure di gara. È stato ritenuto che non possa neppure essere considerata straordinaria, o eccezionale, rispetto al criterio con cui si identifica la condizione dell'azione (Cons. St., V, 6787/2020), ma piuttosto un ordinario potere di azione, riconducibile alla giurisdizione a tutela di situazioni giuridiche soggettive individuali qualificate e differenziate benché soggettivamente riferite ad un'autorità pubblica, in linea con il considerando n. 122 dir. 2014/24/UE (T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 3982/2020). È stato anche evidenziato come il legislatore abbia riconosciuto ad ANAC una «particolare configurazione» dell'interesse ad agire, consistente nella legittimazione alla tutela degli interessi particolari e differenziati, eppure pubblici, di cui la stessa è portatrice, legati alla corretta applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici e, di conseguenza, alla piena ed effettiva realizzazione degli obiettivi posti con tale disciplina (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1/2021). Con il regolamento, l'ANAC ha individuato i presupposti oggettivi legittimanti l'esercizio di tale potere, in conformità alla previsione di legge. Il dubbio sorto tra i commentatori circa il rapporto intercorrente fra i commi 2-bis e 2-ter, determinato dalla non coincidenza degli ambiti delle due fattispecie, oltre che dal riferimento, contenuto nel comma 1-quater, ai «poteri» di cui ai commi precedenti, è stato risolto dall'ANAC nel senso di una lettura autonoma delle due previsioni. Secondo la ricostruzione dell'Autorità, i commi 2-bis e 2-ter individuano due diversi poteri: un'ipotesi generale di legittimazione al ricorso non subordinata a particolari regole procedurali (comma 1-bis) e una distinta seconda ipotesi (comma 1-ter) contraddistinta – essa sola – dalla previsione del passaggio prodromico dell'emissione del parere motivato. L'impostazione, avvallata dal Consiglio di Stato (cfr. Parere Commissione Speciale), si basa sulla constatazione dei diversi presupposti legittimanti l'esercizio dell'azione – atti che violano le norme in materia di contratti pubblici relativi a contratti di rilevante impatto (comma 1-bis) e provvedimenti viziati da gravi violazioni (comma 1-ter) – e, più in generale, sulla discrasia formale delle due fattispecie. La possibilità di esercitare l'azione senza previa emissione del parere motivato in caso violazione di norme in materia di contratti pubblici riguardanti contratti di rilevante impatto sarebbe giustificata da una situazione di maggiore pericolo per l'interesse pubblico che non consentirebbe il rispetto della tempistica più dilazionata imposta dalla previa interlocuzione con l'amministrazione (Cfr. Parere Commissione speciale). Perplessità sono state espresse in dottrina (De Nictolis, 2041), dove è stato anche osservato come l'assenza del dialogo collaborativo preventivo con la stazione appaltante appaia scarsamente giustificabile proprio in relazione ai contratti di rilevante impatto, rispetto ai quali sarebbe quanto mai auspicabile la ricerca di una soluzione non giurisdizionale della ipotizzata illegittimità, in un'ottica di assunzione di soluzioni condivise tra amministrazioni (Lipari, 64). La nozione di contratto di «rilevante impatto» è stata declinata dall'ANAC sia sotto il profilo qualitativo, con l'elencazione di una casistica caratterizzata dalla particolare rilevanza economica e sociale del contratto (art. 3, comma 2, lett. a), b), c) e d), reg.), che sotto il profilo quantitativo (importo per lavori pari o superiore a 15 milioni di Euro e pari o superiore a 25 milioni di Euro per servizi e/o forniture). Le violazioni ritenute «gravi», legittimanti l'esercizio dell'azione di cui al comma 1-ter, sono state indicate tassativamente nell'art. 6, comma 2, tenendo presente l'esigenza di circoscrivere le fattispecie a tipologie di violazioni sindacabili dal giudice amministrativo o rientranti nella giurisdizione esclusiva di cui all'art. 133, comma 1 lett. e), c.p.a. In una delle prime pronunce sul tema, è stato ritenuto integrato il presupposto della grave violazione, sub specie di violazione grave delle regole della concorrenza nell'ambito del mercato dei servizi di committenza ausiliari, a fronte dell'impugnazione di un bando di gara per difetto della qualità di centrale di committenza in capo alla stazione appaltante, sulla base della considerazione che l'individuazione dei soggetti ammessi a svolgere le attività di committenza ausiliarie attiene al più ampio assetto del mercato relativo a tali attività, nell'ambito del quale le modalità di affidamento sono determinate in considerazione anche della qualità rivestita dall'affidatario (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1/2021). Il paradigma normativo rispetto al quale valutare il vizio di violazione di legge è diverso nelle due ipotesi, poiché il comma 1-bis utilizza una formulazione – «norma in materia di contratti pubblici» – più ampia di quella presente nel comma 1-ter che, riferendosi alle sole violazioni del «presente codice», esclude le violazioni delle fonti in materia di contratti pubblici, anche legislative, estranee al Codice, ancorché da esso richiamate, o concernenti il diritto UE o norme costituzionali. In dottrina è stato ritenuto che, nel contrasto fra le dizioni dei due commi, sia preferibile seguire un'interpretazione omogenea, che consideri complessivamente tutta la disciplina in materia di contratti pubblici, indipendentemente dalla sua collocazione formale all'interno del d.lgs. n. 50/2016 (Lipari, 59). Una discrasia è presente anche nell'indicazione degli atti impugnabili (bandi, altri atti generali e provvedimenti nel comma 1-bis e solo provvedimenti nel comma 1-ter), tra i quali non sono comunque ricompresi i regolamenti, invece espressamente contemplati dall'art. 21-bis l. n. 287/1990. La discrepanza è stata risolta in sede di regolamento dell'ANAC nel senso di considerare la formulazione utilizzata per indicare l'oggetto dell'azione impugnatoria nel comma 1-ter come un'espressione di sintesi volta a ricomprendere tutte le categorie di atti elencati nel comma precedente. Gli atti impugnabili (artt. 4 e 7) sono limitati agli atti autoritativi che scandiscono la fase pubblicistica delle procedure di affidamento. La sindacabilità dell'atto avanti al giudice amministrativo ha portato ad escludere che l'ANAC possa intervenire per denunciare violazioni che incidono sulla fase di esecuzione del contratto e che appartengono alla cognizione del giudice ordinario o degli arbitri. L'azione dell'Autorità è pertanto considerata esclusa in presenza di comportamenti o atti non provvedimentali della stazione appaltante, in fase esecutiva. Fanno eccezione gli atti adottati nella fase esecutiva che si traducono in una violazione della normativa sugli appalti sostanziandosi, di fatto, nell'affidamento di «nuovi» contratti pubblici in assenza delle garanzie procedurali dell'evidenza pubblica (ad es., varianti o affidamento di lavori/servizi supplementari in assenza dei presupposti di legge o rinnovi taciti) qualora sindacabili avanti al giudice amministrativo. Quanto ai regolamenti, la categoria degli atti generali è stata interpretata nel suo significato più ampio, come comprensiva non solo degli atti generali amministrativi, ma anche degli atti generali normativi sindacabili avanti al giudice amministrativo. Come esplicitato nella relazione illustrativa, tale approdo ermeneutico è stato fondato, oltre che su un argomento di tipo letterale, sul piano finalistico-sistematico, sulla ratio della norma che, in ragione della specialità della legittimazione attribuita ad ANAC in funzione di una più efficace tutela del settore dei contratti pubblici, dovrebbe consentire l'immediata impugnazione di atti, quali i regolamenti, che, in quanto generali e astratti, sono suscettibili di reiterata applicazione e dunque idonei, qualora illegittimi, a perpetrare, tramite i singoli atti applicativi, una serie indefinita di atti concretamente lesivi. L'azione è tesa a rimuovere un atto affetto da vizi di legittimità. La dottrina ha sollevato il dubbio se il potere di azione dell'ANAC sia limitato alla «violazione di legge» in senso stretto, come il riferimento alle «violazioni del Codice» potrebbe fare presumere, in conformità alla soluzione largamente accreditata nella ricostruzione interpretativa dell'art. 21-bis l.n. 287/1990, o possa considerarsi esteso alle censure di eccesso di potere e di incompetenza (Lipari, 60). Per ciò che concerne l'ambito soggettivo di applicazione dell'istituto, entrambi i commi 1-bis e 1-ter fanno riferimento agli atti emessi dalla stazione appaltante. La nozione, più ampia rispetto a quella di pubblica amministrazione, è delineata dall'art. 3, comma 1, lett. o) del Codice. In un ricorso incentrato sull'illegittimità degli atti di una procedura di gara per difetto della qualifica di centrale di committenza della stazione appaltante, il giudice amministrativo si è pronunciato sull'eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione processuale dell'ANAC fondata sulla delimitazione del potere di azione dell'Autorità a impugnare atti emanati da una stazione appaltante. Nell'occasione, ha respinto l'eccezione in ragione della finalità di prevenzione delle illegittimità nel settore dei contratti pubblici del potere di azione attribuito all'ANAC, da cui discenderebbe l'irragionevolezza di un'interpretazione limitativa di tale potere nel caso in cui il vizio di legittimità investa proprio il presupposto che legittima l'indizione della gara (Cons. St., V, n. 6787/2020). Esercizio dell'azione La motivazione della decisione dell'ANAC di agire in giudizio deve rendere conto della sussistenza dei presupposti legittimanti, ricavabili dai commi 1-bis e 1-ter come puntualmente dettagliati dal regolamento del 2018. Accertata la sussistenza dei presupposti di cui alla legge e al regolamento, l'azione è esercitata nel rispetto delle ordinarie regole del processo amministrativo. Benché chiunque possa sollecitare l'esercizio dell'azione da parte di ANAC, l'art. 11, comma 2, del regolamento del 2018, delinea un procedimento ad iniziativa d'ufficio. Eventuali segnalazioni di terzi non determinano alcun vincolo di esame o di istruttoria per l'Autorità, che si riserva di valutarle in relazione alle risorse disponibili e in considerazione della gravità dei vizi segnalati e della rilevanza degli interessi coinvolti nell'appalto. Il regolamento specifica, tuttavia, che nella valutazione delle segnalazioni pervenute, un canale preferenziale è previsto per particolari soggetti qualificati (autorità giudiziaria amministrativa, ordinaria e contabile, pubblico ministero, avvocatura di Stato). Nell'intenzione di ANAC, la previsione sarebbe preordinata a scongiurare che la legittimazione ad agire dell'Autorità sia strumentalizzata da parte di operatori economici anche eventualmente decaduti dalla possibilità di agire autonomamente, e comunque sarebbe giustificata dall'essere il potere esercitato, non un potere amministrativo in senso stretto, ma piuttosto un diritto di azione il cui esercizio è rimesso esclusivamente al rispettivo titolare (Cfr. Relazione illustrativa regolamento). Il termine per la proposizione diretta del ricorso, senza previa adozione del parere motivato, decorre, secondo il regolamento (art. 3, comma 3), dalla data di pubblicazione, per gli atti soggetti a pubblicità legale o notiziale e, per gli altri atti, dall'acquisizione della notizia, da parte dell'ANAC, dell'emanazione dell'atto. Tale disciplina, giustificata dall'Autorità con l'esigenza di certezza propria delle procedure ad evidenza pubblica, ha suscitato perplessità in dottrina, sia perché in contrasto con la previsione del comma 1-ter, che fa riferimento alla notizia della “violazione”, sia perché rischia di ridurre notevolmente il tempo a disposizione dell'Autorità, che non essendo ordinariamente destinataria di tutti gli atti in materia di gare di contratti pubblici, potrebbe avere notizia dell'atto ben oltre gli ordinari termini di impugnazione (De Nictolis, 2041; Lipari, 70). Il termine di 30 giorni non è sospeso dalla eventuale interlocuzione con l'amministrazione che ha emanato l'atto finalizzata alla verifica degli elementi di conoscenza contenuti nella notizia (art. 5, comma 2, Reg.). Lo stesso dies a quo è stabilito dall'art. 8 del regolamento per la decorrenza del termine di 60 giorni entro cui l'ANAC deve emanare il parere motivato con cui segnala le violazioni riscontrate e indica alla stazione appaltante i rimedi da adottare per eliminarle (art. 8, comma 1, reg.). Il termine è considerato perentorio (cfr. relazione illustrativa regolamento). Con riferimento all'ipotesi di ricorso previa emissione di parere motivato di cui al comma 1-ter, molto discussa in dottrina, anche per i riflessi sull'ambito della cognizione dell'eventuale successivo giudizio, è la questione se la fase antecedente l'emissione del parere sia inquadrabile nell'esercizio del potere di annullamento in autotutela e sia quindi soggetta alla disciplina dettata dall'art. 21-nonies l. n. 241/1990. Nonostante gli auspici espressi nel senso dell'assoggettabilità ai principi partecipativi della l. n. 241/1990 (Lipari, 75; De Nictolis, 2045), la soluzione adottata dal regolamento, con l'avallo della Commissione speciale, prevede la possibilità di una interlocuzione con l'autore della segnalazione, con la stazione appaltante o con qualsiasi terzo ritenuto in possesso di informazioni o documenti utili ai fini dell'emissione del parere, meramente eventuale e connotata da celerità, in assenza di un formale contraddittorio (art. 8, comma 3). I dubbi sollevati dai commentatori circa l'applicabilità dei parametri dell'autotutela investono tutta la fase prodromica alla proposizione del ricorso, per la quale vi è il dubbio se debba essere rispettato il termine massimo di esercizio dell'autotutela previsto dall'art. 21-nonies l. n. 241/1990, e anche il contenuto del parere motivato. La Commissione speciale lo qualifica come un atto di sollecitazione all'eventuale autonomo esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante, privo di natura provvedimentale, e pertanto inidoneo a produrre in modo diretto e immediato effetti pregiudizievoli nella sfera giuridica degli operatori economici. Con particolare riferimento al perimetro di indagine del parere motivato, in dottrina è stato auspicato che sia comprensivo di tutti i profili dell'autotutela (Lipari, 76) ma è stato anche riconosciuto come la valutazione della sussistenza dell'interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione dell'atto illegittimo sia riservata alla stazione appaltante, la quale, in sede di valutazione se conformarsi o meno al parere, alla stregua dei parametri propri dell'autotutela, dovrebbe fondare l'annullamento dell'atto non solo sulla sussistenza delle gravi violazioni ma esigere anche che vi sia un interesse concreto e attuale in tal senso (De Nictolis, 2044). Dubbi sono stati espressi anche circa l'ambito del contenzioso insorto a seguito del ricorso azionato avverso la mancata conformazione al parere, ovvero se sia circoscritto alla sola illegittimità dell'atto impugnato dall'ANAC o se vi possa trovare ingresso l'ulteriore questione della legittimità/opportunità del rifiuto di autotutela della stazione appaltante, motivata dall'assenza di un interesse pubblico concreto e attuale all'annullamento, ancorché l'atto sia illegittimo (De Nictolis, 2048). La posizione espressa fino ad ora dalla giurisprudenza è stata nel senso di negare rilevanza ai profili propri dell'autotutela. Il giudice amministrativo, a fronte dell'eccezione di inammissibilità dell'azione per mancanza di un interesse pubblico al ritiro della procedura di gara, ha affermato che il parere reso dall'ANAC sollecita l'eliminazione delle violazioni riscontrate ma non costituisce strumento di autotutela e né vincola la stazione appaltante all'esercizio di poteri di autotutela. In particolare, è stato osservato che il potere di ritiro da parte della stazione appaltante sembra prescindere, nel caso previsto dal comma 1-ter, da una specifica valutazione circa la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 21-nonies della l. n. 241/1990, configurandosi come un potere di autotutela sui generis strettamente collegato al potere dell'ANAC di rilevare la violazione della disciplina ad esso relativa e di ricorrere contro gli atti di gara (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1/2021). La giurisprudenza ha anche negato la necessità che l'impugnazione debba estendersi agli atti adottati dalla stazione appaltante in riscontro al parere dell'ANAC e al conseguente invito a conformarsi, evidenziando che tali provvedimenti si incasellano all'interno di un'interlocuzione tra l'ANAC e l'autorità amministrativa e non vanno autonomamente impugnati, anche perché l'art. 211 delimita l'ambito della legittimazione processuale dell'Autorità ai bandi di gara o gli atti lesivi della concorrenza (T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 3982/2020). Il termine di 30 giorni per la proposizione del ricorso decorre dalla ricezione del riscontro negativo della stazione appaltante ovvero, in caso di mancata risposta, dalla scadenza del termine di 60 giorni, o del diverso termine concesso dall'ANAC per conformarsi al parere (art. 10, comma 2, reg.). Questioni applicative1) Quali sono i presupposti della legittimazione processuale attiva dell'ANAC ex art. 211, comma 1-bis? Secondo T.A.R. Salerno, I, n. 1/2021,» ai sensi dell'art. 211, comma 1-ter, d.lgs. n. 50/2016, sussistono i presupposti fondativi della legittimazione ex lege all'impugnazione degli atti di gara da parte dell'ANAC che ha emesso un parere motivato segnalando all'Amministrazione le gravi violazioni riscontrate negli atti di gara e, a fronte del rifiuto della stessa Amministrazione di conformare la propria attività al citato parere, impugna gli atti ritenuti illegittimi». Ha ricordato il T.A.R. che i commi 1-bis e 1-ter dell'art. 211, d.lgs. n. 50/2016 legittimano l'ANAC ad agire in giudizio «per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture» ovvero «se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice»; la medesima Autorità, poi, «con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter». Con il «Regolamento sull'esercizio dei poteri di cui all'art. 211, commi1-bis e 1-ter, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i.», approvato il 13 giugno 2018, l'Autorità ha dato attuazione alla citata disposizione, prevedendo, in relazione all'art. 211, comma 1-bis: all'art. 3 la contestazione dei contratti di rilevante impatto, in particolare di quelli che riguardano, ancorché potenzialmente, un ampio numero di operatori; all'art. 4 l'impugnazione degli atti amministrativi di carattere generale, quali le determina a contrarre, i bandi e i capitolati speciali di appalto; in relazione all'art. 211, comma 1-ter; all'art. 6 la contestazione delle gravi violazioni delle norme in materia di contratti pubblici, tassativamente indicate al comma 2 del medesimo articolo, che include il caso del «bando o altro atto indittivo di procedure ad evidenza pubblica che contenga clausole o misure ingiustificatamente restrittive della partecipazione e, più in generale, della concorrenza»; all'art. 7 l'impugnazione degli atti amministrativi di carattere generale, quali le determina a contrarre, i bandi e i capitolati speciali di appalto. Come affermato dal Cons. St., V. 6787/2020, «In entrambe le ipotesi, la motivazione della decisione dell'Autorità di agire in giudizio deve rendere conto della sussistenza dei presupposti ricavabili dall'art. 211 del Codice dei contratti pubblici e, nei termini in cui siano conformi, dalle disposizioni regolamentari citate, dalle quali, peraltro, non si evincono ulteriori elementi cui sia condizionato l'esercizio del potere di azione attribuito all'ANAC». Nel caso sottoposto al T.A.R. Salerno, l'Autorità fa valere l'illegittimità della procedura e di singole clausole in relazione alla qualificazione della Asmel Consortile e al ruolo svolto dalla stessa nell'ambito della gara, alla luce delle disposizioni che disciplinano l'affidamento dei servizi di committenza ausiliari, prestati dall'Asmel in relazione alla procedura in questione sulla base di un corrispettivo che si assume illegittimamente posto a carico dell'aggiudicatario con una alterazione della concorrenza. L'Autorità fa valere quindi violazioni gravi delle regole della concorrenza nell'ambito del mercato dei servizi di committenza ausiliari e dello specifico mercato a cui attiene l'oggetto della procedura. Infatti, l'individuazione dei soggetti ammessi a svolgere le attività di committenza ausiliarie attiene al più ampio assetto del mercato relativo a tali attività, nell'ambito del quale le modalità di affidamento sono determinate in considerazione anche della qualità rivestita dall'affidatario; allo stesso modo l'imposizione di specifici oneri a carico dei concorrenti e dell'aggiudicatario incide sulla partecipazione alla specifica procedura. Ricorrono pertanto i presupposti previsti dall'art. 211, comma 1-ter, del d.lgs. n. 50/216 e dal relativo Regolamento, che legittimano l'Autorità alla contestazione degli atti della procedura. In ogni caso occorre rilevare che l'art. 211 del già citato decreto conferisce all'ANAC un'ampia legittimazione ad agire contro le violazioni delle disposizioni in materia di contratti pubblici che, disciplinando procedure competitive volte all'affidamento di tali contratti e all'attribuzione dei benefici da questi derivanti, sono peraltro di per sé in grado di incidere in maniera diretta o indiretta e comunque rilevante su profili relativi alla partecipazione e alla concorrenza. Tale legittimazione, attribuita direttamente dalla legge, è volta infatti ad assicurare tutela agli interessi particolari e differenziati, eppure pubblici, di cui l'Autorità è portatrice, legati alla corretta applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici e, di conseguenza, alla piena ed effettiva realizzazione degli obiettivi posti dal legislatore con la citata disciplina, consentendo alla stessa di agire al fine di ristabilire la legalità violata (con una particolare configurazione, quindi dell'interesse ad agire) a prescindere dall'iniziativa di singoli concorrenti che lamentino una lesione diretta e immediata della loro sfera giuridica. Come affermato infatti dalla già citata pronuncia del Consiglio di Stato, «La legittimazione a ricorrere attribuita per legge all'ANAC si inserisce nel solco di altre fattispecie di fonte legislativa che in passato hanno riconosciuto alle autorità indipendenti il potere di agire in giudizio (si possono richiamare l'art. 21-bis della l. n. 287 del 1990 per l'AGCM; e, più recentemente, l'art. 36, comma 2, lett. m) e n), del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla l. 24 marzo 2012, n. 27, per l'Autorità di regolazione dei trasporti; per altre ipotesi si rinvia a Cons. St., Ad. plen., n. 4/2018, al punto 19.3.4.) e non può essere qualificata nemmeno come legittimazione straordinaria o eccezionale rispetto al criterio con cui si identifica la condizione dell'azione rappresentata dall'interesse ad agire o a ricorrere, ossia il collegamento dell'interesse a ricorrere con la titolarità (o l'affermazione della titolarità) di un interesse tutelato dall'ordinamento sul piano sostanziale. Collegamento soggettivo che, nel caso di specie, si instaura senz'altro tra l'Autorità e gli interessi e funzioni pubbliche che la legge affida alla sua cura; questi non hanno ad oggetto la mera tutela della concorrenza nel settore [concorrenza per il mercato], ma sono più in generale orientati – per scelta legislativa e configurazione generale di questa Autorità, come ricavabile dalle sue molte funzioni – a prevenire illegittimità nel settore dei contratti pubblici (tanto che la norma primaria dice solo che la ragione dell'azione sta nella violazione de «le norme in materia di contratti pubblici»), anche indipendentemente da iniziative o interessi dei singoli operatori economici o dei partecipanti alle procedure di gara (il cui interesse è piuttosto individuale, non generale come quello curato dall'ANAC, ed è diretto al bene della vita connesso all'aggiudicazione, sicché esso – soprattutto nella fase della indizione della gara – non sempre coincide con gli interessi curati dall'ANAC, come sopra ricordato: cfr. Cons. St., Ad. plen. n. 4/2018 cit., al punto 19.3.5.). L'ANAC, pertanto, è titolata a curare anche in giustizia, seppure nei termini generali e nelle forme proprie del processo amministrativo, gli interessi e le funzioni cui è preposta dalla legge e sintetizzate dai precetti di questa: perciò le è consentito (anche) di agire in giudizio seppur nei limiti segnati dall'art. 211 e dal suo regolamento (così anche la citata pronuncia della Adunanza Plenaria, n. 4/2018, che – pur qualificando il potere di agire ex art. 211 cit. come un caso di «legittimazione processuale straordinaria» – precisa che «la disposizione di cui all'art. 211 del d.lgs n. 50/2016 [non] si muove nella logica di un mutamento in senso oggettivo dell'interesse [...] a che i bandi vengano emendati immediatamente da eventuali disposizioni (in tesi) illegittime, seppure non escludenti: essa ha subiettivizzato in capo all'Autorità detto interesse, attribuendole il potere diretto di agire in giudizio nell'interesse della legge»)». Il parere reso dall'Autorità, poi, sollecita l'eliminazione delle violazioni riscontrate ma non costituisce strumento di autotutela né vincola la Stazione appaltante all'esercizio di poteri di autotutela; afferma infatti la già citata pronuncia del Consiglio di Stato che il parere di cui all'art. 211, comma 1-ter, d.lgs. n. 50/2016 «non è riconducibile all'ambito degli strumenti di autotutela, posto che non ha natura vincolante per l'amministrazione destinataria e nemmeno crea un obbligo di agire in autotutela e in conformità al suo contenuto (come, invece, prevedeva l'art. 211, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, per la «raccomandazione vincolante» dell'ANAC, al cui mancato adeguamento seguiva l'applicazione di una sanzione pecuniaria: disposizione abrogata dall'art. 123, comma 1, lett. b), del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56).Non si può assumere, quindi, che quel parere costituisca l'atto di avvio di un procedimento di riesame in autotutela da parte della stazione appaltante, con le conseguenze che – quanto a disciplina della fattispecie e, in specie, necessaria valutazione degli interessi coinvolti – deriverebbero da tale premessa (si osservi che il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, n. 1119 del 26 aprile 2018, reso sullo schema di regolamento per l'esercizio dei poteri di cui all'art. 211 cit., qualifica il parere di cui al comma 1-ter come atto «privo di natura provvedimentale, trattandosi di un atto di sollecitazione all'eventuale autonomo esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante [...]»: punto III.3.2.)». Inoltre, l'esercizio del potere di ritiro da parte della Stazione appaltante sembra prescindere, nel caso previsto dall'art. 211, comma 1 -ter , da una specifica valutazione circa la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 21-nonies, l. n. 241/1990, configurandosi come un potere di autotutela sui generis strettamente collegato al potere dell'Autorità di settore di rilevare la violazione della disciplina ad esso relativa e di ricorrere avverso gli atti di gara. In ogni caso l'impugnazione proposta dall'Autorità è rivolta nei confronti degli atti della procedura e non della decisione della Stazione appaltante di non procedere al ritiro degli stessi nell'esercizio del potere di autotutela, che funge semplicemente da presupposto ulteriore della legittimazione dell'Autorità alla impugnazione dei provvedimenti. Infatti, qualora l'Amministrazione decidesse, attenendosi al parere formulato dall'Autorità, di eliminare i vizi da questa riscontrati, la citata Autorità non avrebbe ragione di impugnare gli atti della procedura. 2) Il ricorso dell'ANAC necessita di una particolare motivazione? Negativa la risposta di Cons. St., V, 6787/2020: «L'ANAC può agire in giudizio, seppur nei limiti segnati dall'art. 211, d.lgs. n. 50/2016, e dal suo regolamento senza che sia necessaria una particolare motivazione di tale decisione. Infatti, la norma primaria non subordina il potere di agire dell'ANAC a ulteriori valutazioni (i cui esiti dovrebbero riflettersi nella motivazione) che investano le ragioni di interesse pubblico, specifico e concreto, all'annullamento giurisdizionale del provvedimento impugnato ad immagine di quanto previsto per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio di cui all'art. 21-nonies, l. n. 241/1990. La conclusione è evidente per l'ipotesi di ricorso diretto nei confronti degli atti di gara relativi a contratti di rilevante impatto, in cui l'interesse a ricorrere dell'Autorità sorge in coincidenza con il rilievo delle violazioni delle norme in materia di contratti pubblici (fermi restando gli altri presupposti relativi alla rilevanza del contratto e alle tipologie di atti impugnabili); ma ciò vale anche per il caso del ricorso preceduto da parere rimasto senza seguito da parte della stazione appaltante. Parere che non è riconducibile all'ambito degli strumenti di autotutela, posto che non ha natura vincolante per l'amministrazione destinataria e nemmeno crea un obbligo di agire in autotutela e in conformità al suo contenuto (come, invece, prevedeva l'art. 211, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, per la «raccomandazione vincolante» dell'ANAC, al cui mancato adeguamento seguiva l'applicazione di una sanzione pecuniaria: disposizione abrogata dall'art. 123, comma 1, lett. b), d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56). Non si può assumere, quindi, che quel parere costituisca l'atto di avvio di un procedimento di riesame in autotutela da parte della stazione appaltante, con le conseguenze che – quanto a disciplina della fattispecie e, in specie, necessaria valutazione degli interessi coinvolti – deriverebbero da tale premessa (si osservi che il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, n. 1119 del 26 aprile 2018, reso sullo schema di regolamento per l'esercizio dei poteri di cui all'art. 211 cit., qualifica il parere di cui al comma 1-ter come atto «privo di natura provvedimentale, trattandosi di un atto di sollecitazione all'eventuale autonomo esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante. Pertanto, anche sotto questo profilo non si giustifica la necessità di una particolare motivazione della decisione di agire in giudizio da parte dell'ANAC». 3) Quando è impugnabile un parere non vincolante ANAC? Secondo Cons. St, V, 1621/2022 al parere di carattere interlocutorio, reso dall'ANAC nell'ambito di un procedimento di vigilanza, deve applicarsi per analogia la disciplina dei pareri di cui all'art. 211 del D.L.gs. n. 50 del 2016. Dal tenore della richiamata norma emerge che, in sede di precontenzioso, l'ANAC può esprimere pareri vincolanti – qualora le parti si siano obbligate- e pareri non vincolanti. Secondo la condivisibile giurisprudenza, la impugnabilità del parere vincolante è conseguenza naturale, sul piano costituzionale (art. 113 Cost.), del carattere decisorio e autoritativo della determinazione dell'Autorità: si tratta di atto che, per quanto a conseguenze sostanziali preaccettate dagli interessati, incide comunque su posizioni di interesse legittimo perché essi hanno comunque interesse all'esercizio legittimo di quel particolare potere amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, V, 25.7.2018, n. 4529; T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 16.02.2021, n. 1888). In tale prospettiva pertanto il parere può senza dubbio essere impugnato dalla parte che si sia previamente obbligata alla sua osservanza, per la quale il parere assume pertanto portata vincolante, pure se l'altra parte per contro non si sia impegnata (in tal senso Consiglio di Stato, V, 25.7.2018, n. 4529). Il parere vincolante, obbligando le parti ad attenervisi, è pertanto atto immediatamente lesivo, condizione questa che ne consente - giusta anche quanto espressamente previsto dalla norma- l'autonoma impugnabilità. Il parere non vincolante, invece, avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile. Peraltro, come ritenuto da questo Consiglio (Sez. VI, Sent., 11-03-2019, n. 1622) l'impugnabilità del parere non vincolante dell'ANAC non è da escludersi in assoluto “Esso, invero, assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale. Ne consegue che l'impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione”. La giurisprudenza (cfr., ex multis, TAR Lazio, sez. II, 2-3-2018 n. 2394) ritiene che l'atto non provvedimentale adottato dall'ANAC, pur non essendo idoneo ex se ad arrecare un vulnus diretto ed immediato nella sfera del destinatario, lo diviene se e nella misura in cui integri la motivazione del provvedimento finale. Invero, la sua concreta lesività si manifesta solo nell'ipotesi in cui esso sia trasposto o richiamato nell'atto conclusivo del procedimento, potendo la sua incidenza sulla fattispecie essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento adottato dalla Stazione appaltante. Pertanto, nelle dette ipotesi di suddetta incidenza nella fattispecie concreta, esso è impugnabile unitamente al provvedimento finale che lo recepisce e del quale diviene presupposto o laddove esso diventi segmento procedimentale. Cons. St, III, 17/9/2018, n. 5424 ha affermato che la lesività del parere si manifesta solo se sia trasposto o richiamato nell'atto conclusivo del procedimento che dispone in senso negativo per il destinatario. Lo stesso non è quindi, in linea di principio, sottratto al sindacato giurisdizionale, che, però, è differito al momento in cui si dà luogo alla lesione della posizione giuridico-soggettiva dell'interessato da parte dell'organo istituzionale competente ad intervenire sulla situazione concreta. Peraltro la ritenuta impugnabilità del parere non vincolante, in uno all'atto applicativo che lo abbia recepito, non comporta ex se, ad avviso del collegio, che la mancata impugnazione dello stesso si riverberi in termini negativi nel senso di inammissibilità dell'impugnativa dell'atto applicativo, potendo semmai, avuto riguardo alla possibile eterointegrazione per relationem della motivazione del provvedimento applicativo che lo abbia anche in parte fatto proprio, riflettersi sul prospettato difetto di motivazione, non potendo eventualmente ritenersi adeguatamente censurata la parte motivazionale del provvedimento applicativo. BibliografiaAperio Bella, Il nuovo parere precontenzioso vincolante ANAC: la tutela giustiziale nei confronti della pubblica amministrazione tra procedimento e processo, in Rivista AIC, n. 4/2016; Aperio Bella, La lettura (restrittiva) del T.A.R. Lazio sull'ambito di applicazione del parere di precontenzioso ANAC ex art. 211: due ragioni per un ripensamento, in L'Amministrativista.it, 6 giugno 2017; De Nictolis, Parere precontenzioso dell'ANAC, in Sandulli, De Nictolis (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, vol. V, Milano, 2019; De Nictolis, Appalti pubblici e concessioni dopo la legge «sblocca cantieri», Torino 2020; Esposito, Mendola, Commento all'art. 211, in G. M. Esposito (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Torino, 2017; Grassucci, Il precontenzioso ANAC e l'apporto del Consiglio di Stato, in Contessa (a cura di), Il contenzioso e la giurisprudenza in materia di appalti pubblici, Piacenza, 2019; Lipari, Il precontenzioso, in giustizia-amministrativa.it, 17 ottobre 2016; Lipari, Il precontenzioso e gli altri poteri di intervento dell'ANAC, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Presutti, Il precontenzioso e il rito accelerato nelle procedure per l'affidamento di contratti pubblici, in Urb. e app., 2017, 301 ss.; Ramajoli, Il precontenzioso nei contratti pubblici tra logica preventiva e tutela oggettiva, in Dir. proc. amm., 1° giugno 2018, 557 ss. |