Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 205 - (Accordo bonario per i lavori)1(Accordo bonario per i lavori)1 [1. Per i lavori pubblici di cui alla parte II, e con esclusione dei contratti di cui alla parte IV, titolo III, affidati da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, ovvero dai concessionari, qualora in seguito all'iscrizione di riserve sui documenti contabili, l'importo economico dell'opera possa variare tra il 5 ed il 15 per cento dell'importo contrattuale, al fine del raggiungimento di un accordo bonario si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 62. 2. Il procedimento dell'accordo bonario riguarda tutte le riserve iscritte fino al momento dell'avvio del procedimento stesso e può essere reiterato quando le riserve iscritte, ulteriori e diverse rispetto a quelle già esaminate, raggiungano nuovamente l'importo di cui al comma 1, nell'ambito comunque di un limite massimo complessivo del 15 per cento dell'importo del contratto. Le domande che fanno valere pretese già oggetto di riserva, non possono essere proposte per importi maggiori rispetto a quelli quantificati nelle riserve stesse. Non possono essere oggetto di riservagli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica ai sensi dell'articolo 26. Prima dell'approvazione del certificato di collaudo ovvero di verifica di conformità o del certificato di regolare esecuzione, qualunque sia l'importo delle riserve, il responsabile unico del procedimento attiva l'accordo bonario per la risoluzione delle riserve iscritte. 3. Il direttore dei lavori dà immediata comunicazione al responsabile unico del procedimento delle riserve di cui al comma 1, trasmettendo nel più breve tempo possibile una propria relazione riservata. 4. Il responsabile unico del procedimento valuta l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell'effettivo raggiungimento del limite di valore di cui al comma 1. 5. Il responsabile unico del procedimento, entro 15 giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, acquisita la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell'organo di collaudo, può richiedere alla Camera arbitrale l'indicazione di una lista di cinque esperti aventi competenza specifica in relazione all'oggetto del contratto. Il responsabile unico del procedimento e il soggetto che ha formulato le riserve scelgono d'intesa, nell'ambito della lista, l'esperto incaricato della formulazione della proposta motivata di accordo bonario. In caso di mancata intesa tra il responsabile unico del procedimento e il soggetto che ha formulato le riserve, entro quindici giorni dalla trasmissione della lista l'esperto è nominato dalla Camera arbitrale che ne fissa anche il compenso, prendendo come riferimento i limiti stabiliti con il decreto di cui all'articolo 209, comma 16. La proposta è formulata dall'esperto entro novanta giorni dalla nomina. Qualora il RUP non richieda la nomina dell'esperto, la proposta è formulata dal RUP entro novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3. 6. L'esperto, qualora nominato, ovvero il RUP, verificano le riserve in contraddittorio con il soggetto che le ha formulate, effettuano eventuali ulteriori audizioni, istruiscono la questione anche con la raccolta di dati e informazioni e con l'acquisizione di eventuali altri pareri, e formulano, accertata e verificata la disponibilità di idonee risorse economiche, una proposta di accordo bonario, che viene trasmessa al dirigente competente della stazione appaltante e al soggetto che ha formulato le riserve. Se la proposta è accettata dalle parti, entro quarantacinque giorni dal suo ricevimento, l'accordo bonario è concluso e viene redatto verbale sottoscritto dalle parti. L'accordo ha natura di transazione. Sulla somma riconosciuta in sede di accordo bonario sono dovuti gli interessi al tasso legale a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla accettazione dell'accordo bonario da parte della stazione appaltante. In caso di reiezione della proposta da parte del soggetto che ha formulato le riserve ovvero di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo possono essere aditi gli arbitri o il giudice ordinario. 6-bis. L'impresa, in caso di rifiuto della proposta di accordo bonario ovvero di inutile decorso del termine per l'accettazione, può instaurare un contenzioso giudiziario entro i successivi sessanta giorni, a pena di decadenza3.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164), successivamente modificato dall'articolo 120, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. [3] Comma aggiunto dall'articolo 120, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. InquadramentoLa disposizione in esame si inserisce nel Titolo I della Parte VI del Codice dei contratti pubblici che è dedicato al contenzioso e alle definizioni alternative delle controversie, distinguendo tra i ricorsi giurisdizionali, ai quali è dedicato l'art. 204, che modifica e integra l'art. 120 del c.p.a., e rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale, tra i quali rientrano l'accordo bonario (artt. 205-206), l'attività del collegio consultivo tecnico (art. 207), la transazione (art. 208), l'arbitrato (art. 209-210) e il parere di precontenzioso reso dall'ANAC (art. 211). Tra questi istituti quello dell'accordo bonario si configura come quello più tradizionale e collaudato nel conseguimento dell'esigenza di diminuire il contenzioso per incidere dunque sulla celere esecuzione delle opere. La disciplina previgenteL'istituto dell'accordo bonario, nato per risolvere le controversie in via preliminare ed in maniera più snella, era dettagliatamente disciplinato dall'art. 240 del d.lgs. n. 163/2006. Prima ancora, un simile strumento di risoluzione alternativa delle controversie tra pubblica amministrazione e impresa esecutrice era contenuto nella legge fondamentale sui lavori pubblici, l. n. 2248/1865, all. f), ed anche nel d.P.R. n. 1063/1962. Nel sistema previgente, tale strumento si è inizialmente posto quale condizione di procedibilità (pur subendo delle eccezioni, si v. art. 5, l. n. 741/1981) della domanda giudiziale che il committente aveva l'onere di azionare solo dopo aver iscritto le riserve nel registro di contabilità, fatto il collaudo dell'opera e definito in via unilaterale le riserve. Dalla l. n. 109/1994, l'istituto si è caratterizzato dal contraddittorio tra impresa e pubblica amministrazione, poi rafforzato mediante l'istituzione di un organo ad hoc collegiale rappresentativo degli interessi di entrambe le parti (l. n. 166/2002 e d.lgs. n. 163/2006) con il compito di formulare la proposta sul cui contenuto non si pronunciava più solo l'amministrazione ma questa ed il committente. Inoltre, l'istituto poteva essere attivato anche durante il corso dell'esecuzione dei lavori e poteva essere utilizzato per tutte le tipologie di contratti sia nei settori ordinari che speciali, sia dunque agli appalti di lavori che quelli di forniture e servizi caratterizzati da meccanismi di contestazione nelle scritture contabili. In particolare, l'art. 240, d.lgs. n. 163/2006, prevedeva l'avvio del procedimento nel caso in cui le riserve iscritte potessero determinare un incremento economico dell'opera di misura sostanziale, in ogni caso non inferiore al 10% dell'importo contrattuale. Il responsabile del procedimento aveva il compito di verificare l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza ai fini del raggiungimento del limite minimo del 10%. Dopo tale passaggio, il RUP costituiva la Commissione che aveva il compito di formulare la proposta nel caso di importo superiore ai 10 milioni di Euro. In ipotesi di appalti e concessioni di importo inferiore a 10 milioni di Euro il RUP poteva anche far parte della commissione in qualità di commissario della stazione appaltante. Il procedimento poteva svolgersi per due volte nella fase esecutiva ed una volta nella fase del collaudo. La commissione veniva così composta: un componente era nominato dal RUP, uno dall'impresa appaltatrice e l'ultimo, di comune accordo, dai primi due (in caso di disaccordo sulla nomina del terzo si prevedeva l'intervento del Presidente del Tribunale del luogo ove era stato stipulato il contratto). La Commissione acquisiva la relazione riservata del direttore dei lavori e, se presente, dell'organo di collaudo. Entro 90 giorni dalla costituzione formulava la proposta motivata di accordo bonario, l'appaltatore e il committente avevano 30 giorni per pronunciarsi su tale proposta. Decorsi i termini o in ipotesi di rifiuto della proposta, l'appaltatore aveva la possibilità di ricorrere all'arbitrato (se previsto) oppure al giudizio ordinario. In ipotesi di accettazione della proposta, il RUP redigeva un verbale di accordo per la sottoscrizione delle parti. L'accordo bonario aveva natura transattiva. L'attuale disciplinaIl d.lgs. n. 50/2016 innova completamente tale procedimento. L'art. 205 prevede l'utilizzo di tale strumento per i lavori pubblici, ad esclusione degli appalti nei settori speciali, affidati da pubbliche amministrazioni o da concessionari (per i contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica e di servizi lo stesso strumento, in quanto compatibile, è previsto dall'art. 206). Adesso il ricorso all'istituto dell'accordo bonario è consentito ove vengano iscritte riserve sui documenti contabili per effetto delle quali l'importo economico dell'opera può variare tra il 5% e il 15%. Le riserve sono sia quelle iscritte fino all'avvio del procedimento che quelle successive rispetto a quelle esaminate, qualora per effetto di queste si ipotizzi una variazione di analogo importo, a patto che l'insieme delle riserve non superi il limite massimo complessivo del 15% dell'importo del contratto. Il RUP, dunque, dovrà verificare se le riserve iscritte possano determinare una variazione dell'importo dell'opera non inferiore al 5% ma che la stessa non superi il 15%, così restringendo i casi in cui è possibile ricorrere all'accordo bonario. Un'altra importante modifica attiene alla possibilità di ricorrere più volte all'accordo bonario a patto che le riserve siano diverse e che non si superi la soglia del 15%, mentre in precedenza si poteva reiterare la procedura per una sola volta. Il ruolo del direttore dei lavori Il Codice affida l'avvio del procedimento di accordo bonario al direttore dei lavori, tenuto a dare immediata comunicazione al RUP delle riserve dell'appaltatore, qualora superino il limite del 5% dell'importo contrattuale dei lavori. Al direttore dei lavori spetta inoltre di trasmettere la propria relazione riservata e quella dell'organo di collaudo ove costituito. Spetta quindi al direttore dei lavori la prima valutazione sull'esistenza del presupposto per l'avvio dell'accordo. Ai fini della comunicazione al RUP, il direttore dei lavori è tenuto a valutare se l'importo delle riserve iscritte superi la soglia indicata dal comma 1. La portata della valutazione appare semplicemente aritmetica nel caso in cui le riserve siano non inferiori al 5% dell'importo contrattuale. Anche se l'art. 205 non prevede espressamente alcuna valutazione da parte del direttore dei lavori sulla portata delle riserve, è da ritenere che questi sia tenuto ad esprimere un proprio giudizio nella relazione riservata, per indirizzare la successiva attività del RUP, cui spetta di valutare l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve dell'appaltatore. Il ruolo del RUP Il vero e proprio avvio alla procedura spetta al RUP, tenuto a promuovere l'accordo bonario, non appena ricevuta la relazione del direttore dei lavori o dell'organo di collaudo e valutata l'ammissibilità e la fondatezza delle riserve, oppure quando il collaudo non sia stato effettuato e sia stata notificata istanza per l'avvio dell'accordo da parte del soggetto che ha formulato le riserve. Il RUP non può sottrarsi all'onere di motivazione, specie quando, diversamente dal direttore dei lavori, non ravvisi tale variazione nell'insieme delle riserve iscritte. A carico del responsabile, il Codice pone tutte le funzioni riguardanti la richiesta alla Camera Arbitrale della lista degli esperti e alla formulazione della proposta di accordo, nel caso non venga richiesta la nomina dell'esperto. Il comma 5 prevede che la proposta possa essere formulata da un esperto individuato dalle parti in una lista di 5 esperti indicati alla Camera Arbitrale istituita presso l'ANAC. In particolare, una volta acquisita la relazione del direttore dei lavori ed eventualmente dell'organo di collaudo ed entro 15 giorni dalla comunicazione del direttore dei lavori sul raggiungimento della soglia di cui al comma 1, il RUP può formulare la proposta ovvero chiedere alla Camera Arbitrale di fornire una lista di 5 esperti aventi competenza specifica in relazione all'oggetto del contratto. Nell'ambito di tale lista il RUP, d'intesa con il soggetto che ha formulato le riserve, sceglie l'esperto incaricato di formulare la proposta motivata di accordo bonario. In caso di disaccordo, l'esperto è nominato dalla Camera Arbitrale. L'esito del procedimento L'esperto incaricato verifica le riserve, in contraddittorio con il soggetto che le ha formulate, formula la proposta e la trasmette al dirigente competente ed al soggetto che ha formulato le riserve. Se la proposta viene accettata entro 45 giorni dal ricevimento, l'accordo bonario avente natura transattiva, si intende concluso e viene redatto il verbale sottoscritto dalle parti. Se la proposta non viene accettata oppure decorre inutilmente il termine dei 45 giorni è possibile ricorrere o all'arbitrato o al giudizio ordinario entro i successivi 60 giorni a pena di decadenza. Tale ipotesi di decadenza, introdotta con il d.lgs. n. 56/2017, merita particolare attenzione poiché era già prevista dall'art. 33, d.m. n. 145/2000, il quale prevedeva che l'appaltatore che intendesse far valere le proprie pretese nel giudizio arbitrale ovvero ordinario dovesse proporre la domanda entro il termine di decadenza di 60 giorni, decorrente dal ricevimento della comunicazione di cui all'art. 149, comma 3, d.P.R. n. 554/1999 (determinazione della proposta) o dalla determinazione prevista dai commi 1 e 2 dell'art. 32 del d.m. n. 145/2000, oppure dalla scadenza dei termini previsti dagli stessi commi 1 e 2 (trasmissione degli atti di collaudo o emissione del certificato di regolare esecuzione dei lavori o decorso inutilmente il termine per effettuarli). Di seguito abrogata ad opera del d.P.R. n. 207/2010, è stata oggi reintrodotta ad opera del d.lgs. n. 56/2017. L'attivazione dell'accordo bonario è oggi dunque pregiudiziale per l'esperibilità dell'azione giudiziaria. Quindi, ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1, l'impresa ha il dovere di attivare l'istituto dell'accordo bonario prima di adire le vie giudiziali, altrimenti l'eventuale proposizione della domanda giudiziale diverrebbe temporaneamente improcedibile. Dalla precisa scansione temporale dettata dalla norma deriva che il mancato completamento nei suddetti termini del procedimento comporta l'impossibilità temporanea a coltivare il giudizio, viceversa, il decorso inutile del termine entro cui la pubblica amministrazione deve sottoporre la proposta di definizione all'impresa esecutrice fa venir meno detta improcedibilità. Al proposito, la più recente giurisprudenza amministrativa ha precisato che «l'accordo bonario di cui all'art. 240 del d.lgs. n. 163/2006 – oggi art. 205 del d.lgs. n. 50/2016 – appartiene al catalogo degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie che hanno carattere di vere e proprie condizioni di procedibilità al fine di instaurare un contenzioso in epoca successiva tra le parti. Questa qualificazione aiuta a comprendere come l'attivazione dello strumento non è materia di un potere discrezionale della P.A.; e che, pertanto, il privato vanta una situazione di diritto soggettivo tutelabile innanzi al G.O. Nel caso in cui la stazione appaltante abbia omesso di decidere in merito alla sollecitazione del privato in merito all'attivazione dello strumento di definizione bonaria della controversia avente ad oggetto le riserve apposte dall'appaltatore, il ricorso instaurato ai sensi dell'art. 31 e 117 del c.p.a. deve essere pertanto dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del G.A. Il rito del silenzio, d'altra parte, non si sottrae ai canoni di riparto della giurisdizione e può essere coltivato solo quando la P.A. omette di pronunciarsi in ordine ad un'istanza con la quale il privato porta al vaglio del potere pubblico una posizione di interesse legittimo» (T.A.R. Puglia, Bari, n. 407/2021). Pertanto, al di là dell'importo delle riserve (salvo l'indicato limite) prima dell'approvazione del certificato di collaudo o di regolare esecuzione o di verifica di conformità, il RUP «attiva l'accordo bonario per la risoluzione delle riserve iscritte», tale attivazione è ora obbligatoria (mentre il previgente art. 240, comma 14, del d.lgs. n. 163/2006 la prevedeva solo come possibilità). La mancata accettazione dell'accordo bonarioSi è posta la questione circa la sussistenza di un obbligo della stazione appaltante di accettare la proposta di accordo bonario sottoposta dal RUP, anche al fine di ottenere dal giudice l'accertamento del perfezionamento dell'accordo anche in caso di mancata accettazione da parte della stazione appaltante. La questione è stata risolta negativamente, rilevando che la norma non prevede né che il termine concesso alla stazione appaltante sia fissato a pena di decadenza, né che la proposta del RUP sia vincolante per la stazione appaltante (tenuto anche conto che il RUP non ha la legale rappresentanza dell'ente pubblico, ma svolge solo una funzione endoprocedimentale) (Trib. di Torino, I, 1° febbraio 2021, n. 137). In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza contabile, sia pure con riferimento alla pregressa disciplina, rilevando che «In materia di accordo bonario nel caso di presentazione di riserve da parte dell'impresa appaltatrice l'art. 149 del d.P.R. n. 554/1999 non impedisce alla Stazione appaltante di trascurare il parere del responsabile unico del procedimento (RUP) e di richiederne uno suppletivo ad un soggetto esterno alla p.a.; una testuale e logica lettura della norma svela che la valutazione sulle riserve compiuta dal RUP si realizza in una mera proposta alla stazione appaltante, che può disattenderla, previo supplemento istruttorio, qualora ve ne siano motivate ragioni» (C. conti Lombardia, sez. reg. giurisd., 13 maggio 2008, n. 283). Il rapporto con gli altri rimedi alternativiAnche con riferimento alla nuova disciplina si è posto il problema della relazione dell'accordo bonario con gli altri strumenti di risoluzione alternativa delle controversie previsti dallo stesso Codice. Il problema si era posto con riferimento al Collegio consultivo tecnico previsto dall'art. 207, con riferimento al quale si era osservato che non erano «agevolmente definibili i casi di dispute (espressione atecnica) che si prevede possano nascere. La norma, in particolare, non chiarisce se il ricorso al collegio costituisca un rimedio alternativo all'accordo bonario (di cui agli artt. 205 e 206, c.c.p., n.d.s.) e come i due istituti si rapportino tra loro. Infine, tale previsione potrebbe influire sui compiti della Camera arbitrale e pone problemi di compatibilità con il criterio della legge delega di cui alla lett. aaa), art. 1 l. n. 11/2016» (Cons. St., comm. spec., n. 855/2016). Come noto l'art. 207 è stato abrogato, ma il problema persiste con riferimento alla disciplina transitoria prevista dall'art. 6, d.l. n.76/2020, conv. con modif. in l. n. 120/2020, che reintroduce, fino al 30 giugno 2023 (come da ultimo modificato dall'art. 51, d.l. 77/2021, conv. in. L. n. 108/2021) il collegio per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di cui all'art. 35 del Codice. Molto più chiaro è invece il rapporto tra l'accordo bonario e la transazione. Infatti, nella precedente disciplina, vi era una perfetta sovrapponibilità tra i due rimedi e si riteneva quindi che le riserve (ancorché di importo tale da innescare la procedura dell'accordo bonario) potessero essere transatte sino al momento in cui non fosse costituita la Commissione per la formulazione della proposta di accordo bonario e che, una volta costituita la Commissione, le parti perdessero la disponibilità delle pretese in contestazione, conoscibili soltanto dalla Commissione, alla quale spettava di formulare la proposta di accordo bonario che, una volta accettata, ha «natura transattiva». Formulata la proposta della Commissione, inoltre, l'appaltatore aveva comunque conoscenza, tramite il proprio rappresentante in seno alla stessa, della relazione riservata del direttore dei lavori, di talché veniva meno in questo modo, il presupposto della res dubia caratteristico della transazione, perché l'appaltatore aveva cognizione, anche se indiretta, delle posizioni dell'amministrazione. Nel nuovo Codice, l'art. 207 è invece chiaro nel prevedere che «Le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono essere risolte mediante transazione nel rispetto del codice civile, solo ed esclusivamente nell'ipotesi in cui non risulti possibile esperire altri rimedi alternativi all'azione giurisdizionale». Per effetto della regola della sussidiarietà, la transazione sarà possibile solo nel caso in cui le riserve iscritte non siano tali da innescare la procedura dell'accordo bonario, come nel caso in cui non raggiungano il 5% o siano superiori al 15% dell'importo dell'opera. Non sembra invece che possano essere oggetto di transazione le riserve ritenute manifestamente infondate dal RUP ai sensi dell'art. 205, comma 4: sarebbe infatti intrinsecamente contraddittorio che il RUP, dopo avere rigettato la riserva, ne accettasse i contenuti anche se per prevenire una lite giudiziale. La responsabilità amministrativaLa nuova disciplina non prevede più espressamente la responsabilità erariale del RUP per l'ipotesi che non sia formulata tempestivamente la proposta di accordo bonario. La disposizione, infatti, aveva dato luogo a notevoli perplessità, sia in relazione al carattere ordinatorio dei termini per la costituzione della Commissione e la formulazione della proposta, sia per la difficoltà di individuare quale sia il «danno erariale» da porre a carico del RUP. Rimane quindi aperta la questione della responsabilità del RUP alla luce della disciplina generale della responsabilità amministrativa sia per l'ipotesi di ritardo nella conclusione dell'accordo che, ancora prima, nel caso di omissione dell'attivazione dell'accordo ove da tale omissione derivi un aumento del costo finale dell'appalto. Un aspetto piuttosto delicato è costituito dall'eventuale responsabilità amministrativa di alcuni dei soggetti coinvolti nel procedimento di accordo bonario (ed in particolare della Commissione di collaudo, della Commissione per l'accordo bonario ora esperto incaricato, del direttore dei lavori) in caso di riconoscimento di riserve iscritte dall'appaltatore in corso d'opera ove non ne ricorrano gli estremi e con l'applicazione di metodi di calcolo errati. In tali ipotesi si è ritenuto che la Commissione di collaudo (e dunque i suoi componenti), pur essendo esterna alla struttura organica dell'ente pubblico che funge da stazione appaltante, si inserisce nell'iter procedimentale come compartecipe dell'attività pubblicistica del medesimo ente appaltante, conseguendone che l'azione di responsabilità per danni derivanti da scorretto adempimento delle funzioni affidate a detta Commissione (impregiudicata restando qui, ovviamente, ogni questione in ordine all'effettiva configurabilità di una tale responsabilità nel caso di specie) rientra a pieno titolo nell'alveo giurisdizionale della Corte dei conti (Cass. S.U., n. 16240/2014). Con riferimento al direttore dei lavori, si ritiene pacificamente che, in considerazione dei compiti e delle funzioni che gli sono devoluti, i quali comportano l'esercizio di poteri autoritativi nei confronti dell'appaltatore e l'assunzione della veste di agente, il direttore dei lavori deve ritenersi funzionalmente e temporaneamente inserito nell'apparato organizzativo della pubblica amministrazione che gli ha conferito l'incarico, quale organo tecnico e straordinario della stessa, con la conseguenza che, con riferimento alla responsabilità per danni cagionati nell'esecuzione dell'incarico stesso, è soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti (S.U., n. 340/2003), con l'ulteriore precisazione secondo cui la responsabilità per danni cagionati all'amministrazione appaltante dal direttore dei lavori ricade nella giurisdizione della stessa Corte dei conti anche se il medesimo soggetto abbia cumulato su di sé pure l'incarico di progettista (quantunque solo il direttore dei lavori, e non anche il progettista, sia temporaneamente inserito nell'apparato organizzativo della pubblica amministrazione appaltante quale organo tecnico e straordinario della stessa), sorgendo in tal caso la responsabilità dal cumulo degli incarichi e da una complessiva attività professionale che non consentono di scindere le giurisdizioni in presenza di un rapporto unitario (cfr. Cass. S.U., n. 28537/2008 e Cass. S.U., n. 7446/2008). La giurisdizione erariale non sussiste invece con riferimento ai componenti della Commissione di bonario componimento, poiché la sua funzione consiste nel favorire il raggiungimento di una transazione tra l'amministrazione pubblica appaltante ed il privato appaltatore, che ha iscritto le riserve, onde essa si pone non già quale soggetto funzionalmente inserito nell'apparato organico dell'ente appaltante, bensì in posizione di terzietà. La funzione conciliativa che è propria di tale Commissione implica, necessariamente, la sua naturale equidistanza rispetto all'ente pubblico appaltante ed all'impresa privata appaltatrice: il che risulta inconciliabile con la configurazione di un rapporto di servizio funzionale che la legherebbe solo al primo di tali soggetti. Da ciò consegue la mancanza di uno dei presupposti indispensabili per l'esercizio della giurisdizione contabile nei confronti dei componenti dell'anzidetta Commissione di accordo bonario, l'operato dei quali, se anche possa esser risultato dannoso per la pubblica amministrazione, è imputabile a soggetti da considerarsi affatto estranei rispetto all'amministrazione medesima. La predetta conclusione traeva anche fondamento dalle modalità di nomina prevista dalla disciplina previgente (un componente designato dal responsabile del procedimento, un altro dall'appaltatore ed un terzo di comune accordo tra i primi due, ovvero, in mancanza di accordo, dal presidente del locale tribunale) e sembra comunque riferibile all'esperto previsto dall'art. 205 che si pone nella stessa posizione di terzietà della Commissione, anche se individuato nella lista dei 5 esperti fornita dalla Camera Arbitrale. Questioni di giurisdizioneSi è altresì posta la questione relativa alla qualificazione della situazione soggettiva dell'appaltatore al rispetto della disciplina del procedimento dell'accordo bonario e, conseguentemente, dell'appartenenza alla giurisdizione amministrativa o ordinaria delle relative controversie. Si è ritenuta fin da subito non condivisibile la tesi che qualifica come interesse legittimo pretensivo la situazione soggettiva dell'appaltatore all'osservanza, da parte dell'amministrazione, delle norme procedimentali che regolano la definizione bonaria, che faceva perno sulla formalizzazione giuridica (ovvero con regole di diritto oggettivo) delle trattative prenegoziali per affermare l'esistenza di un potere autoritativo. È quindi prevalsa l'opinione che il procedimento finalizzato al raggiungimento di un accordo bonario si inserisce nella fase di esecuzione del contratto in corso tra le parti; in tale ambito, le relative controversie, in quanto scaturenti dallo svolgimento del rapporto paritario cui è preordinato lo scambio, sono espressamente riservate alla cognizione del giudice civile (T.A.R. Lombardia, Milano, I, n. 2358/2014; T.A.R. Toscana, III, n. 1204/2013). La formalizzazione del procedimento è finalizzata alla formulazione di una mera proposta negoziale, risolvendosi essa in una procedura obbligatoria di conciliazione preventiva, di cui la legislazione processuale civile esibisce svariate ipotesi (sul versante, ad esempio, previdenziale), le conseguenze della cui violazione (in termini ad esempio di condizione di procedibilità, ovvero di regolamentazione delle spese processuali), spetta esclusivamente al giudice munito della giurisdizione verificare. BibliografiaDelsignore, La transazione e l'arbitrato nel Codice dei contratti pubblici, in Riv. arb., 2019, 361 ss.; Lattanzi, Transazione e accordo bonario, in L'Amministrativista, 2017; Lombardini, Il difficile presente dell'arbitrato nei contratti pubblici e l'introduzione di altri nuovi rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale: il collegio consultivo tecnico (ex art. 1, commi 11-14 del d.l. 18 aprile 2019, n. 32 coordinato con la legge di conversione 14 giugno 2019, n. 55), in Riv. arb., 2019, 841 ss. |