Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 165 - (Rischio ed equilibrio economico-finanziario nelle concessioni)1

Domenico Galli
Adriano Cavina

(Rischio ed equilibrio economico-finanziario nelle concessioni)1

[1. Nei contratti di concessione come definiti all'articolo 3, comma 1, lettere uu) e vv), la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato. Tali contratti comportano il trasferimento al concessionario del rischio operativo definito dall'articolo 3, comma 1, lettera zz) riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull'equilibrio del piano economico finanziario. Le variazioni devono essere, in ogni caso, in grado di incidere significativamente sul valore attuale netto dell'insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario.

2. L'equilibrio economico finanziario definito all'articolo 3, comma 1, lettera fff), rappresenta il presupposto per la corretta allocazione dei rischi di cui al precedente comma 1. Ai soli fini del raggiungimento del predetto equilibrio, in sede di gara l'amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili. Il contributo, se funzionale al mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario, può essere riconosciuto mediante diritti di godimento su beni immobili nella disponibilità dell'amministrazione aggiudicatrice la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all'opera affidata in concessione. In ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al quarantanove per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari2.

3. La sottoscrizione del contratto di concessione può avvenire solamente a seguito della approvazione del progetto definitivo e della presentazione di idonea documentazione inerente il finanziamento dell'opera. [Il contratto di concessione è risolto di diritto ove il contratto di finanziamento non sia perfezionato entro dodici mesi dalla sottoscrizione del contratto di concessione.] Al fine di agevolare l'ottenimento del finanziamento dell'opera, i bandi e i relativi allegati, ivi compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico finanziario sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la congrua redditività del capitale investito. Per le concessioni da affidarsi con la procedura ristretta, nel bando può essere previsto che l'amministrazione aggiudicatrice possa indire, prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, una consultazione preliminare con gli operatori economici invitati a presentare le offerte, al fine di verificare l'insussistenza di criticità del progetto posto a base di gara sotto il profilo della finanziabilità, e possa provvedere, a seguito della consultazione, ad adeguare gli atti di gara aggiornando il termine di presentazione delle offerte, che non può essere inferiore a trenta giorni decorrenti dalla relativa comunicazione agli interessati. Non può essere oggetto di consultazione l'importo delle misure di defiscalizzazione di cui all'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e all'articolo 33 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, nonché l'importo dei contributi pubblici, ove previsti3.

4. Il bando può prevedere che l'offerta sia corredata dalla dichiarazione sottoscritta da uno o più istituti finanziatori di manifestazione di interesse a finanziare l'operazione, anche in considerazione dei contenuti dello schema di contratto e del piano economico-finanziario.

5. L'amministrazione aggiudicatrice prevede nel bando di gara che il contratto di concessione stabilisca la risoluzione del rapporto in caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento, nonché di mancato collocamento delle obbligazioni emesse dalle società di progetto di cui all'articolo 185, entro un congruo termine fissato dal bando medesimo, comunque non superiore a diciotto mesi, decorrente dalla data di sottoscrizione del contratto di concessione. Resta salva la facoltà del concessionario di reperire la liquidità necessaria alla realizzazione dell'investimento attraverso altre forme di finanziamento previste dalla normativa vigente, purché sottoscritte entro lo stesso terminerilasciate da operatori di cui all'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. Nel caso di risoluzione del rapporto ai sensi del primo periodo e del comma 3, il concessionario non avrà diritto ad alcun rimborso delle spese sostenute, ivi incluse quelle relative alla progettazione definitiva. Il bando di gara può altresì prevedere che in caso di parziale finanziamento del progetto e comunque per uno stralcio tecnicamente ed economicamente funzionale, il contratto di concessione rimanga efficace limitatamente alla parte che regola la realizzazione e la gestione del medesimo stralcio funzionale4.

6. Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull'equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all'operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto. Ai fini della tutela della finanza pubblica strettamente connessa al mantenimento della predetta allocazione dei rischi, nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato, la revisione è subordinata alla previa valutazione da parte del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS). Negli altri casi, è facoltà dell'amministrazione aggiudicatrice sottoporre la revisione alla previa valutazione del NARS. In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti possono recedere dal contratto. Al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all'articolo 176, comma 4, lettere a) e b), ad esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse5.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

Note operative

Le linee guida ANAC n. 9 (delibera n. 318/2018) forniscono importanti indicazioni in materia di analisi e corretta allocazione dei rischi, equilibrio economico finanziario, revisione del PEF e monitoraggio delle attività del concessionario.

La parte I delle linee guida è adottata ai sensi dell'art. 213, comma 2, del Codice e reca quindi previsioni non vincolanti, con particolare riferimento all'identificazione e all'accurata valutazione dei rischi connessi ai contratti di PPP, a partire dalla fase che precede l'indizione della procedura di gara per giungere allo strumento del riequilibrio proprio della fase esecutiva.

La parte II costituisce invece attuazione dell'art. 181, comma 4, del Codice dettando quindi prescrizioni da considerare vincolanti per le amministrazioni aggiudicatrici (senza fare riferimento agli enti aggiudicatori che non siano al contempo amministrazioni aggiudicatrici). In essa viene infatti esaminato e disciplinato il tema del monitoraggio da parte delle amministrazioni aggiudicatrici sull'attività dell'operatore economico esecutore di un contratto di PPP (nel cui ambito, come visto, rientrano anche le concessioni). In particolare, vengono fornite prescrizioni sulla corretta definizione delle clausole contrattuali (par. 4), sulla natura e funzioni della matrice dei rischi (par. 5), sul flusso informativo per il monitoraggio dei rischi (par. 6) e sul necessario e periodico resoconto economico-gestionale sull'esecuzione del contratto (par. 7).

Data la natura vincolante della parte II delle linee guida, viene infine prevista la data di entrata in vigore delle stesse (par. 8), individuata nel quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 20 aprile 2018, con conseguente entrata in vigore il 5 maggio 2018).

La relativa disciplina trova diretta applicazione alle procedure avviate dopo l'entrata in vigore delle linee guida in rassegna, mentre per i contratti già in essere alla data di entrata in vigore è prescritto un adeguamento progressivo.

Inquadramento

La disposizione disciplina gli aspetti definitori generali delle concessioni di lavori e servizi, mutuandoli in gran parte dall'art. 5, par. 1, della Direttiva 2014/23/UE e focalizzandosi in particolare sulle nozioni di rischio ed equilibrio economico finanziario (art. 165, commi 1 e 2).

In maniera innovativa rispetto alla normativa previgente, vengono messi a regime in via generalizzata per tutti i tipi di concessioni gli strumenti per la c.d. bancabilità dell'operazione e il finanziamento delle opere, per la sostenibilità e il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e per i c.d. project bond (commi 3, 4 e 5).

Viene, infine, fornita la disciplina per il riequilibrio del piano economico finanziario (comma 6).

La disposizione conferma dunque la configurabilità del contratto di concessione come punto di incontro tra le esigenze di convenienza e di value for money, lato stazione appaltante, e quelle di remunerazione, lato investitori e finanziatori.

Il rischio e la redditività esterna

Come si è visto (cfr. art. 164), l'elemento caratterizzante le concessioni di lavori e di servizi consiste nel trasferimento del rischio operativo in capo al concessionario privato, la maggior parte dei cui ricavi legati alla gestione proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato (art. 165, comma 1). La norma chiarisce che detti contratti debbono comportare il trasferimento al concessionario del rischio operativo, riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative a costi e ricavi oggetto della concessione incidano sull'equilibrio del piano economico-finanziario, in termini significativi sul valore attuale netto degli insiemi degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario.

La norma in commento sembra dunque presupporre una domanda di mercato per i servizi resi dal concessionario (v. comma 1) e, quindi, l'utilizzabilità del contratto di concessione per le sole opere calde o, tutt'al più, tiepide (sulla distinzione, vedasi precedente art. 164). Sennonché, come si è anticipato nel commento al precedente art. 164, la definizione di rischio operativo, proprio delle concessioni, contempla indistintamente il rischio sul lato della domanda o sul lato dell'offerta, dovendosi quindi ritenere in astratto configurabile il contratto di concessione anche in relazione alle opere fredde (Perfetti, 1372).

Del resto, come rilevato dal Consiglio di Stato in sede consultiva, che pure ha espresso perplessità sul piano concettuale, «non vi sono elementi per affermare che, in base alla direttiva, il modello della concessione non si applichi anche alle opere fredde» (parere Cons. St. n. 855/2016).

Ad ogni modo, la circostanza che la norma presupponga che l'oggetto della concessione debba consentire la redditività esterna, sembra introdurre di fatto una sorta di limitazione qualitativa della tipologia contrattuale, che appare più calzante per le opere calde o tiepide.

Le tipologie di rischio

Premessa.

Prima di esaminare, anche dal punto di vista sistematico, i presupposti per la corretta allocazione dei rischi in capo al concessionario, è necessario definire concettualmente le diverse tipologie di rischio, anche riprendendo le indicazioni fornite sul tema dalle linee guida ANAC n. 9 adottate con delibera n. 318/2018.

Ciò anche in considerazione del fatto che, come si è anticipato nel commento all'art. 164, mentre nella disciplina sulle concessioni (Parte III) il riferimento è effettuato al solo concetto di rischio operativo, la regolamentazione dei contratti di PPP muove invece dalle tre tipologie proprie della decisione Eurostat 2004 e consistenti nel rischio di costruzione, di domanda e di disponibilità.

Come detto, il rapporto tra la prima e le altre tre tipologie di rischio può essere risolto in termini di genus a species, nel senso che nell'ambito del rischio operativo possono declinarsi le tre tipologie di rischio di costruzione, di domanda e di disponibilità, oltre ad altri rischi specifici (sui quali vedasi par. 2.8 delle linee guida ANAC n. 9).

Il rischio operativo

La nozione di rischio operativo ricomprende, oltre al rischio di costruzione (proprio delle concessioni di lavori), anche il rischio di domanda e/o il rischio di disponibilità. Il rischio operativo (o rischio di gestione) comporta, come anticipato, che, «in condizioni operative normali», le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione possano incidere significativamente sull'equilibrio del piano economico finanziario e quindi sul valore attuale netto dell'insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario (art. 165, comma 1).

Il riferimento alle «condizioni operative normali» induce a ritenere che i rischi allocabili al concessionario siano effettivamente gestibili e controllabili da quest'ultimo o comunque siano chiaramente identificati e trasferiti sul privato dalla convenzione di concessione o sulla base delle assunzioni del piano economico finanziario (PEF), restando invece in capo alla parte pubblica i rischi imputabili a forza maggiore, soverchiante e non prevedibile (Perfetti, 1374).

Si pensi, ad esempio, all'impatto della crisi pandemica da COVID-19 su tutta una serie di concessioni (tra le tante, quelle relative ai servizi museali), rispetto alle quali s'impone necessariamente un riequilibrio economico finanziario, trattandosi di fattore del tutto eccezionale e imprevedibile, che si pone al di fuori dell'alea del mercato di riferimento.

Il rischio di costruzione

Nel rischio di costruzione [art. 3, comma 1, lett. aaa), del Codice], proprio delle concessioni di lavori, possono rientrare, tra le altre, le seguenti alee specifiche:

a) rischio di progettazione, connesso alla sopravvenienza di necessari interventi di modifica del progetto, derivanti da errori o omissioni di progettazione, tali da incidere significativamente su tempi e costi di realizzazione dell'opera;

b) rischio di esecuzione dell'opera difforme dal progetto, collegato al mancato rispetto degli standard di progetto;

c) rischio di aumento del costo dei fattori produttivi o di inadeguatezza o indisponibilità di quelli previsti nel progetto;

d) rischio di errata valutazione dei costi e tempi di costruzione;

e) rischio di inadempimenti contrattuali di fornitori e subappaltatori;

f) rischio di inaffidabilità e inadeguatezza della tecnologia utilizzata.

Il rischio di domanda

Costituisce di regola un elemento del consueto «rischio economico» sopportato da ogni operatore in un'economia di mercato, che può quindi non dipendere dalla qualità delle prestazioni erogate dal concessionario. In tale categoria generale si distinguono [cfr. art. 3, comma 1, lett. aaa), del Codice]:

a) il generale rischio di contrazione della domanda di mercato, ossia di riduzione della domanda complessiva del mercato relativa al servizio, che si riflette anche su quella dell'operatore economico;

b) il rischio di contrazione della domanda specifica, collegato alla presenza nel mercato di riferimento di un'offerta competitiva di altri operatori che eroda parte della domanda.

Il rischio di disponibilità

Consiste nel rischio «sul lato dell'offerta» da parte del concessionario [cfr. art. 3, comma 1, lett. bbb), del Codice] in cui possono individuarsi, ad esempio, le seguenti variabili:

a) rischio di performance, ossia il rischio che la struttura messa a disposizione o i servizi erogati non siano conformi agli indicatori chiave di prestazione (Key Performance Indicator - KPI) elaborati preventivamente in relazione all'oggetto e alle caratteristiche del contratto o agli standard tecnici e funzionali prestabiliti, con conseguente riduzione dei ricavi;

b) rischio di manutenzione straordinaria, non preventivata, derivante da una progettazione o costruzione non adeguata, con conseguente aumento dei costi;

c) rischio di indisponibilità totale o parziale della struttura da mettere a disposizione e/o dei servizi da erogare.

L'allocazione dei rischi in capo al concessionario

L'equilibrio economico finanziario

L'equilibrio economico finanziario rappresenta il presupposto per la corretta allocazione dei rischi in capo al concessionario (art. 165, comma 2).

Tale equilibrio si configura allorché sussista la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria dell'operazione. Per convenienza economica si intende la capacità del progetto di creare valore nell'arco dell'efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato per il capitale investito; per sostenibilità finanziaria si intende la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento [art. 3, comma 1, lett. fff), del Codice].

In sostanza, siffatto equilibrio si realizza quando i flussi di cassa derivanti dai ricavi dei contratti coprono i flussi di cassa derivanti dai costi ammessi per l'esecuzione del contratto, inclusi quelli relativi all'ammortamento del capitale netto investito e alla remunerazione dello stesso ad un tasso che può essere definito congruo e quelli richiesti per versare le imposte, fermo restando che le relative variazioni fuori dal controllo delle parti (qui risiede il rischio) possano incidere significativamente sulla stabilità dell'equilibrio economico finanziario così individuato.

Sul piano operativo, il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario viene valutato sulla base di specifici indicatori, tra i quali le linee guida ANAC n. 9 (dedicate in generale al contratto di PPP nel cui ambito è riconducibile, come visto, quello di concessione) individuano i seguenti.

Gli indicatori della capacità del progetto/investimento di generare ricchezza, quali: a) il Tasso Interno di Rendimento (Internal Rate of Return - TIR) di progetto, che indica, in termini percentuali, il tasso di rendimento dei flussi di cassa associati al progetto; b) e il Valore Attuale Netto (Net Present Value - VAN o NPV) di progetto, che indica, in termini monetari, il valore creato o disperso dal progetto nell'arco del periodo del contratto di PPP. A tal riguardo è stato specificato che in generale e fermi i criteri e le buone pratiche definite dalle Autorità di regolazione competenti, l'equilibrio economico-finanziario è verificato quando, dato un tasso di congrua remunerazione del capitale investito, il valore attuale netto dei flussi di cassa del progetto (VAN del progetto) è pari a zero.

Gli indicatori della sostenibilità finanziaria del progetto, quali: a) il DSCR (Debt Service Cover Ratio) che rappresenta il rapporto tra l'importo del flusso di cassa disponibile in un determinato periodo e il servizio del debito – per capitale e interessi – per il medesimo periodo; b) il LLCR (Long Life Cover Ratio) che indica, con riferimento a ciascuna data di calcolo, il rapporto tra il valore attuale netto del flusso di cassa disponibile per il periodo intercorrente tra la data di calcolo e la data finale di rimborso del finanziamento, applicando un tasso di sconto pari al tasso di interesse di tale finanziamento, e la somma degli importi erogati e non rimborsati del finanziamento alla stessa data di calcolo.

Il raggiungimento della posizione di equilibrio, tenendo in considerazione i suddetti indicatori, è «fotografata» dal Piano Economico Finanziario (PEF), la cui funzione è infatti quella di confermare l'intrinseca affidabilità dell'offerta dimostrando la concreta possibilità di eseguire correttamente la prestazione per l'intero arco temporale prescelto attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico-finanziario di investimenti e connessa gestione, nonché il rendimento per l'intero periodo (Cons. St., V, n. 2214/2018).

In questo quadro, assume un valore di tutto rilievo anche la matrice dei rischi che, non a caso, costituisce non solo documento essenziale nella fase di programmazione e progettazione della concessione, ma anche parte integrante del relativo contratto (v. infra, par. 4.3).

Alla luce della distinzione concettuale tra opere c.d. a freddo e opere c.d. a caldo (v. art. 164), il presupposto dell'equilibrio economico finanziario si atteggia differentemente a seconda che la gestione dell'opera avvenga direttamente a favore della stazione appaltante o meno. Nel primo caso, infatti, la stazione appaltante dovrà considerare che la redditività dell'opera si determina in via diretta dal prezzo stabilito per il servizio mentre, nel secondo caso, questa sarà il risultato delle scelte imprenditoriali sul mercato del gestore (Villata, 116).

A questo ultimo riguardo, deve essere osservato che l'allocazione sul concessionario del rischio di mercato tout court rende difficilmente reperibile il capitale di debito per la realizzazione dell'operazione.

Nella prassi applicativa si deve dunque ricorrere ad una configurazione del riparto del rischio che, pur esponendo significativamente l'operazione alle fluttuazioni del mercato, deve consentire comunque di finanziare il progetto e, quindi, la bancabilità dell'operazione (Perfetti, 1374).

D'altro canto, la circostanza «che il rischio sia limitato sin dall'inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione. Può essere questo il caso, per esempio, di settori con tariffe regolamentate o dove il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione parziale» (considerando n. 19 Direttiva 2014/23/UE).

In quest'ottica, una soluzione prospettabile deve poter prevedere l'allocazione del rischio sul concessionario sino all'erosione del ritorno atteso per gli «azionisti», preservando invece i flussi necessari per rispettare gli indici finanziari e la capacità di rimborso del debito. La percorribilità di tale soluzione è coerente con quanto previsto in merito alla durata massima delle concessioni vincolata alla necessità di rientro degli investimenti (v. infra, art. 168).

Non appare infatti corretto affermare che le condizioni di concessione indicate in gara non debbono garantire di per sé l'utile al concessionario, essendo piuttosto vero il contrario, alla stregua del principio di equilibrio economico finanziario delle concessioni (Cons. St., V, n. 284/2021).

Del resto, dal punto di vista quantitativo, e quindi dell'entità del rischio operativo trasferito, la Direttiva 2014/23/UE lascia margini ai legislatori nazionali e pone dei limiti, essenzialmente in termini negativi, ammettendo, come visto, che una parte del rischio possa rimanere a carico dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore e risultando esclusi espressamente solo i casi in cui il rischio sia eliminato del tutto (considerando nn. 18 e 19).

In definitiva, la “componente rischio” deve essere effettivamente sussistente, ancorché proporzionalmente ridotta, come emerge dalla possibilità espressamente prevista dal nostro ordinamento di stabilire, entro determinati limiti quantitativi, un contributo pubblico per assicurare l'equilibrio economico finanziario dell'operazione (art. 165, comma 2).

Il contributo pubblico

Per il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario, la stazione appaltante può dunque prevedere l'erogazione di un contributo pubblico, che può assumere una triplice veste (art. 165, comma 2):

1) quella classica del prezzo;

2) il riconoscimento di un diritto di godimento di un immobile, la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all'opera da affidare in concessione;

3) la cessione di beni immobili, quale datio in solutum, secondo uno schema assimilabile alla c.d. permuta (art. 191), senza che in tal caso sia necessario che l'uso del bene sia strumentale o connesso all'opera affidata in concessione.

Pertanto, mentre per la cessione di immobili è sufficiente che la stessa sia finalizzata al raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario, la seconda forma di contribuzione consistente nel trasferimento del solo diritto di godimento richiede che l'utilizzazione dell'immobile sia comunque strumentale e tecnicamente connessa all'opera da affidare in gestione (De Nictolis, 2011).

Le due tipologie di contribuzione pubblica alternative a quella classica del prezzo, mirano a ridurre la quota diretta di finanziamento pubblico necessaria a garantire l'equilibrio economico finanziario.

In relazione alla terza tipologia di contributo (cessione in proprietà), la disposizione in commento non contiene indicazioni sulle modalità di stima dell'immobile e sul momento in cui debba avvenire il trasferimento del diritto rispetto allo stato di avanzamento delle opere oggetto di concessione, che dovrebbero quindi seguire, quantomeno negli aspetti generali che traducono principi di corretta amministrazione della cosa pubblica, la disciplina di cui all'art. 191 del Codice dedicata in termini generali alla «cessione di immobili in cambio di opere». Così ad esempio, è ragionevole ritenere che i beni oggetto di trasferimento in proprietà non dovrebbero più assolvere a funzioni di pubblico interesse e che il valore degli immobili da trasferire debba essere stabilito sulla base del valore di mercato e che sia il bando di gara a definire anche il momento in cui debba avvenire il trasferimento del bene.

Quanto invece alla seconda forma di contribuzione (riconoscimento in godimento di beni strumentali alla concessione), non è chiaro se il nuovo Codice abbia inteso o meno consentire, come in passato (art. 143, comma 4, d.lgs. n. 163/2006), la gestione funzionale ed economica anche anticipata dei beni già esistenti e oggetto di trasferimento in godimento in favore del concessionario. Nel silenzio della norma, la risposta dovrebbe ritenersi positiva alla luce del principio generale di autonomia negoziale nello stabilire le condizioni del contratto di concessione.

In ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo a carico della stazione appaltante, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della «pubblica amministrazione», non può essere superiore al 49% del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari (art. 165, comma 2, come modificato dal decreto correttivo del 2017 – d.lgs. n. 56/2017 – con cui è stato ridotto il potenziale margine di rischio a carico del concessionario, elevando la soglia originaria del 30%). Per quanto la disposizione, ai fini di individuare il soggetto chiamato al versamento del contributo faccia espresso riferimento alla «pubblica amministrazione», potrebbe ipotizzarsi che il limite quantitativo ivi previsto, alla luce della sua ratio, operi anche per imprese pubbliche e soggetti privati per le concessioni nell'ambito dei settori speciali.

Resta ovviamente fermo che l'erogazione di contributi pubblici a parziale copertura degli investimenti effettuati dai privati non deve comunque essere di entità tale da eliminare l'alea della gestione. È in tal senso che va intesa la decisione Eurostat dell'11 febbraio 2004, secondo la quale i contratti di partenariato che consentono alle pubbliche amministrazioni di allocare i costi delle opere “off balance” si caratterizzano per il fatto di far gravare sul partner privato, oltre al rischio di costruzione, almeno quello della domanda o della disponibilità (T.A.R. Milano, n. 3200/2011).

La matrice dei rischi

La matrice dei rischi individua e analizza l'allocazione dei rischi connessi all'operazione da realizzare.

Si tratta di un documento fondamentale previsto espressamente nella parte II delle linee guida ANAC n. 9 recante prescrizioni vincolanti (cfr. parere Cons. St., n. 775 del 29 marzo 2017).

Essa infatti: i) è utilizzata in fase di programmazione per redigere il documento di fattibilità economica e finanziaria, per verificare la convenienza del ricorso alla concessione rispetto ad un appalto tradizionale, nonché per indire correttamente la fase procedimentale; ii) è poi posta a base di gara ed è utilizzata come elemento di valutazione dell'offerta; iii) costituisce infine, in fase di esecuzione, il parametro per riscontrare agevolmente il mantenimento in capo al privato dei rischi allo stesso trasferiti.

Nella fase propedeutica all'indizione della gara la matrice dei rischi viene elaborata dal responsabile del procedimento o da altro soggetto individuato in conformità al regolamento organizzativo della stazione appaltante.

I relativi contenuti necessitano di essere definiti caso per caso sulla base delle caratteristiche specifiche della prestazione oggetto del contratto, con l'obiettivo di disciplinare ex ante modalità e limiti di revisione delle condizioni economico-finanziarie poste a base del PEF e offerte in sede di gara.

Le linee guida ANAC n. 9 forniscono ad ogni modo importanti indicazioni sulle modalità di strutturazione (schematica) della matrice dei rischi, prevedendo che in essa devono considerarsi almeno i seguenti aspetti:

a) l'identificazione delle varie tipologie di rischio connesse allo specifico contratto di concessione;

b) il risk assessment, che consiste nella valutazione della probabilità che quel determinato rischio si realizzi e dei costi che possono derivarne; a tal riguardo è di estrema importanza anche indicare il momento i cui l'evento negativo potrebbe concretizzarsi, valutandosi gli effetti che da esso possono scaturire;

c) il risk management, afferente all'individuazione dei meccanismi che permettono di minimizzare gli effetti derivanti da un evento;

d) l'indicazione dell'allocazione del rischio in capo al soggetto pubblico e/o privato e le relative ragioni;

e) l'indicazione dell'articolo del contratto che prevede e disciplina ogni specifica tipologia di rischio connessa all'operazione.

Data la sua fondamentale importanza, la matrice dei rischi deve essere allegata al contratto per costituirne parte integrale, anche perché ogniqualvolta le parti dovessero porre una variazione contrattuale o una revisione del PEF, la stazione appaltante è chiamata ad accertare che, a fronte di tali modifiche, l'allocazione dei rischi resti inalterata rispetto a quella definita e riportata nella matrice.

Il finanziamento dell'opera o del servizio e le connesse peculiarità nel procedimento di gara

L'esatta configurazione del rischio e del piano economico finanziario postula una corretta definizione delle fonti di finanziamento dell'opera o del servizio poste a carico del concessionario.

In questa prospettiva è dunque previsto che la sottoscrizione del contratto di concessione possa avvenire solo a seguito: a) dell'approvazione del progetto definitivo; b) e della presentazione di idonea documentazione relativa al finanziamento (art. 165, comma 3).

La prima condizione (sub a) rappresenta un accorgimento regolatorio molto importante, diretto a riconoscere la centralità dell'approvazione del progetto definitivo ai fini della strutturazione del contratto di finanziamento sottostante alla concessione (Ricchi, 72).

Il correttivo di cui al d.lgs. n. 56/2017 ha infatti reintrodotto la possibilità di porre a base di gara per l'affidamento delle concessioni anche il (solo) progetto di fattibilità tecnico-economica [cfr. l'art. 3, comma 1, lett. uu), del Codice, che consente per le concessioni di lavori anche l'affidamento della progettazione definitiva], con il conseguente potenziale rischio per l'aggiudicatario di dover sottoscrivere il contratto di concessione sulla base di un progetto definitivo non approvato. In questo quadro, la necessità della previa approvazione del progetto definitivo è dunque diretta a tutelare la realizzabilità concreta dell'operazione in quanto, da un lato, è dalla sottoscrizione del contratto di concessione che decorrono i termini per la stipula del contratto di finanziamento; dall'altro, solo con l'approvazione del progetto definitivo è possibile acquisire effettiva contezza del valore dell'investimento, a sua volta essenziale per la strutturazione del finanziamento (Perfetti, 1378).

Il secondo presupposto (sub b), relativo alla «presentazione di idonea documentazione inerente il finanziamento», ha contenuto normativo generico che non consente di individuare con precisione i documenti che possano essere ritenuti sufficienti per la sottoscrizione del contratto di concessione. Sicché, è opportuno che sia la lex specialis a determinare con adeguato grado di precisione tale documentazione, anche in ragione delle specificità che caratterizzano la singola operazione.

In quest'ottica, il bando può prevedere che l'offerta sia corredata dalla dichiarazione sottoscritta da uno o più istituti finanziatori di manifestazione di interesse a finanziare l'operazione (art. 165, comma 4).

La disciplina appena esaminata si pone in stretta relazione con la disposizione di cui al successivo comma 5 dell'art. 165 in rassegna, secondo cui «l'amministrazione aggiudicatrice prevede nel bando di gara che il contratto di concessione stabilisca la risoluzione del rapporto in caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento, nonché di mancato collocamento delle obbligazioni emesse dalle società di progetto di cui all'art. 185 (c.d. project bond), entro un congruo termine fissato dal bando medesimo, comunque non superiore a diciotto mesi, decorrente dalla data di sottoscrizione del contratto di concessione».

Si tratta infatti di disposizioni di deterrenza dirette ad assicurare il reperimento sul mercato dei capitali necessari alla realizzazione dell'investimento (Realfonzo, 4/2016).

Una interpretazione letterale del citato comma 5 potrebbe far ritenere la relativa disciplina applicabile alle sole «amministrazioni aggiudicatrici», con conseguente sua inoperatività rispetto alle concessioni nei settori speciali affidate dagli enti aggiudicatori che non siano sussumibili anche in tale nozione. Il che se, in astratto, potrebbe forse trovare riscontro anche nella circostanza per cui si tratta di regolamentazione introdotta a livello nazionale, dall'altro, appare, in concreto difficilmente sostenibile in considerazione delle finalità della norma.

Ad ogni modo, nel caso di risoluzione del rapporto per mancato reperimento dei finanziamenti sottesi all'operazione, il concessionario non avrà diritto ad alcun rimborso delle spese sostenute, ivi incluse quelle relative alla progettazione definitiva.

Una interpretazione basata sul dato letterale potrebbe suscitare perplessità e dubbi di legittimità sotto un duplice aspetto. Innanzitutto, nell'ipotesi in cui la stazione appaltante decida comunque di acquisire il progetto definitivo ai fini della realizzazione dell'opera mediante ulteriori strumenti o procedure. In secondo luogo, ove il concessionario abbia già eseguito parzialmente l'opera o il servizio. In entrambi casi, infatti, il mancato riconoscimento di qualsiasi forma di indennizzo economico potrebbe porsi in violazione dei canoni generali di divieto di indebito arricchimento.

Il bando di gara può comunque prevedere che in caso di parziale finanziamento del progetto e comunque per uno stralcio tecnicamente ed economicamente funzionale, il contratto di concessione rimanga efficace limitatamente alla parte che regola la realizzazione e la gestione del medesimo stralcio funzionale (in questo senso, Cons. St., comm. spec., n. 782/2017, che evidenzia anche come tale impostazione potrebbe avere l'effetto di incentivare la partecipazione alle procedure di gara da parte di soggetti privi di adeguata solidità, potendo contare, in caso di mancato integrale finanziamento, sulla possibilità di una riduzione dell'oggetto del contratto).

La bancabilità dell'operazione

La disposizione in commento (comma 3) prevede quindi un vero e proprio requisito di bancabilità dell'operazione, che a sua volta incide sul contenuto strutturale pure per gli atti amministrativi relativi alla procedura. La norma, infatti, impone alla stazione appaltante, al fine di agevolare l'ottenimento del finanziamento dell'opera, che i bandi e i relativi allegati (compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico finanziario) siano definiti in modo da consentire adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la congrua redditività del capitale investito.

È quindi compito del committente assicurarsi, già in sede di predisposizione della documentazione di gara, che sussistano le condizioni perché la concessione possa assicurare la copertura dei costi e garantire la bancabilità dell'operazione (Carullo, Iudica, 1267).

In ambito procedimentale, infatti, le attestazioni di bancabilità concretano un importante incombente procedimentale di natura finanziaria, a garanzia dell'interesse pubblico alla realizzabilità effettiva del progetto, come conferma nel testo vigente la necessaria sottoscrizione degli strumenti di finanziamento da parte di soggetti qualificati ai sensi del T.U. Bancario.

La rilevanza del profilo della effettiva finanziabilità dell'operazione è confermata nella peculiarità che può caratterizzare le concessioni nel caso in cui il committente ricorra alla procedura ristretta. In tali casi, infatti, il bando può prevedere, prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, una sorta di sub-fase procedimentale consistente in una consultazione preliminare con gli operatori economici invitati, al fine di verificare l'insussistenza di criticità del progetto posto a base di gara sotto il profilo della reperibilità delle risorse finanziarie, e di provvedere, a seguito della consultazione, all'eventuale adeguamento degli atti di gara, aggiornando il termine di presentazione delle offerte, che non può essere inferiore a trenta giorni decorrenti dalla relativa comunicazione agli interessati. La consultazione preliminare e, quindi, gli eventuali adeguamenti da essa discendenti, non possono però riguardare le misure di defiscalizzazione e i contributi pubblici eventualmente previsti nell'ambito della struttura concessoria (art. 165, comma 3, ultima parte).

La revisione del PEF

Ad ulteriore garanzia di permanenza della corretta allocazione del rischio, l'ultimo comma dell'articolo in commento introduce un sistema di variazione al contenuto del contratto in corso di gestione dell'opera o del servizio analogo a quello previsto nel partenariato pubblico privato all'art. 182, comma 3, del Codice.

Il combinato disposto dell'articolo in commento con le previsioni relative al calcolo del valore e alla durata delle concessioni (artt. 167 e 168 del Codice) dimostrano come la lunga durata di questa tipologia contrattuale sia strumentale all'ammortamento effettivo degli investimenti iniziali effettuati dal concessionario.

Il comma 6 dell'art. 165, quindi, prevede che il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidano sull'equilibrio economico finanziario può comportare la la revisione del PEF, da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio, mantenendo comunque inalterata la permanenza dei rischi trasferiti al concessionario, per come risultanti dalle condizioni contrattuali. Non si tratta, in linea di principio, di una novità in assoluto essendo la revisione del PEF una eventualità già prevista dall'art. 143, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006.

Il che significa che le misure di riequilibrio: (i) non possono determinare una modifica alla struttura contrattuale e all'allocazione dei rischi per come originariamente previste nel PEF e nella matrice dei rischi, la quale infatti assume rilievo fondamentale anche a tal fine (v. supra, par. 4.3); (ii) e che la revisione deve avere luogo «solo nei limiti di quanto necessario a neutralizzare gli effetti derivanti dall'evento non imputabile al concessionario» (linee guida ANAC, n. 9).

Secondo l'ANAC (linee guida n. 9) tra le circostanze non imputabili al concessionario e legittimanti il riequilibrio rientrano gli eventi di forza maggiore tali da rendere oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso, in tutto o in parte, l'adempimento delle obbligazioni contrattuali, tra i quali, a titolo esemplificativo:

a) scioperi, fatta eccezione per quelli che riguardano l'amministrazione o l'operatore economico, ovvero l'affidatario di lavori o servizi oggetto del contratto di concessione;

b) guerre o atti di ostilità, comprese azioni terroristiche, sabotaggi, atti vandalici e sommosse, insurrezioni e altre agitazioni civili;

c) esplosioni, radiazioni e contaminazioni chimiche;

d) fenomeni naturali avversi di particolare gravità ed eccezionalità, comprese esondazioni, fulmini, terremoti, siccità, accumuli di neve o ghiaccio;

e) indisponibilità di alimentazione elettrica, gas o acqua per cause non imputabili all'amministrazione, all'operatore economico o a terzi affidatari di lavori o servizi oggetto del contratto;

f) impossibilità, imprevista e imprevedibile, per fatto del terzo, di accedere a materie prime e/o servizi necessari alla realizzazione dell'intervento;

g) epidemie e contagi (v. infra, par. 10.1).

Ad ogni modo, il richiamo a «fatti non riconducibili al concessionario» deve essere naturalmente calato nelle peculiarità del contratto di concessione e nel concetto di rischio di gestione connaturato nella controprestazione resa dal concessionario. Di conseguenza, non sfuggono al concetto di alea normale gravante su quest'ultimo (e come tale inidonea a determinare la possibilità di riequilibrio) tutti quegli avvenimenti che, pur essendo esterni al rapporto contrattuale, siano potenzialmente collegati alle fluttuazioni del mercato anche accentuate, ma non per questo considerabili «straordinarie».

L'alea normale propria del contratto di concessione collegata al rischio di gestione, potrà quindi ritenersi esclusa solo nel caso in cui il mezzo, inteso come la gestione per il tempo contrattualmente prestabilito, divenga strutturalmente inadeguato al raggiungimento anche solo potenziale del fine, inteso come possibile raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario (De Nictolis, 2014).

La revisione del PEF non può essere parziale e deve riguardare tutti gli scostamenti dai valori considerati nell'equilibrio economico e finanziario al momento della stipula del contratto di concessione.

Gli strumenti più ricorrenti per giungere al riequilibrio, in caso di fatti non riconducibili al concessionario e determinanti maggiori e imprevedibili oneri a carico dello stesso, possono individuarsi nella proroga della durata della concessione che ontologicamente aumenta i flussi di cassa (ricavi) per il «rientro» dell'investimento e nella previsione (ove non originariamente previsto) o nell'aumento del contributo pubblico (v. supra, par. 4.2).

Con particolare riferimento alle concessioni di lavori, si pone lo specifico problema procedurale dei rapporti tra l'approvazione dei progetti che prevedano ulteriori interventi non contemplati espressamente nelle originarie condizioni contrattuali e la revisione del PEF.

Sul tema, l'approvazione del progetto tecnico non è di suo subordinata alla preventiva e corrispondente variazione del PEF. Quest'ultima, ove necessaria, deve avvenire secondo le modalità previste dalla convenzione in conseguenza dell'effetto squilibrante generato dagli interventi, nonché per la corrispondente misura: ma il dato del generato squilibrio economico non trasforma la revisione del PEF in condizione preliminare all'approvazione del progetto e alla conseguente esecuzione degli interventi. Per questo, l'approvazione del progetto tecnico non contestuale alla revisione del PEF non può essere considerata per ciò solo illegittima (Cons. St., V, n. 4636/2020).

Sempre sotto il profilo procedurale e ai fini della tutela della finanza pubblica strettamente connessa al mantenimento della allocazione dei rischi in capo al concessionario, la revisione è subordinata alla previa valutazione da parte del Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato. Negli altri casi, «è facoltà dell'amministrazione aggiudicatrice» sottoporre la revisione alla previa valutazione del NARS (art. 165, comma 6).

La valutazione del NARS è dunque obbligatoria solo per le opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello stato, mentre negli altri casi è facoltativa (v. amplius, infra, par. 10.2).

Quanto al perimetro della valutazione rimessa al NARS, deve intendersi circoscritto alla verifica sulla funzionalità della revisione rispetto al mantenimento dell'equilibrio economico finanziario e sulla immodificabilità – a danno della concedente – della struttura contrattuale e dell'assetto dell'allocazione dei rischi in capo al privato per come originariamente definita.

Il mancato accordo sulla revisione del PEF

In caso di mancato raggiungimento di un accordo sulla revisionedel PEF diretto a ripristinare le condizioni di equilibrio economico-finanziario, le parti possono recedere dal contratto (art. 165, comma 6). In tal caso, spetta al concessionario il rimborso degli importi di cui all'art. 176, comma 4, lett. a) e b), del Codice, ad esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.

Si tratta in particolare delle seguenti voci:

a) valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;

b) le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza dello scioglimento anticipato del rapporto contrattuale, con esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.

Questioni applicative

1) Il PEF presentato in gara dall'operatore economico: natura e funzione

Come evidenziato, in sede di gara, il PEF rappresenta il documento giustificativo della sostenibilità economico-finanziaria dell'offerta. Non si sostituisce quindi ad essa, ma ne costituisce il documento di supporto nella valutazione della sua congruità, e cioè dell'idoneità dei suoi contenuti ad assicurare al concessionario una fonte di utili in grado di consentire il rimborso dei prestito e la gestione proficua dell'attività oggetto di concessione: ne consegue che irregolarità marginali del PEF, prive di idoneità ad alterare in modo significativo l'attendibilità e la sostenibilità dello stesso PEF, non costituiscono presupposti idonei a giustificare il provvedimento espulsivo, ma devono poter essere modificati ed adeguati (Cons. St., III, n. 116/2017).

Così delineata la funzione del PEF, l'affermazione secondo cui non potrebbe sussistere una offerta economica senza la relazione al PEF, oltre a non essere supportata da una corrispondente previsione del Codice dei contratti pubblici, rivela tutta la sua insostenibilità: il PEF è già di suo la spiegazione dell'offerta economica, sicché, in difetto di puntuali previsioni della legge di gara, non è predicabile che la carenza della relazione al PEF costituisca, in astratto, un ostacolo alla leggibilità dell'offerta (Cons. St., V, n. 3348/2020).

2) Lo schema tipo di «Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche»

Con l'obiettivo di incentivare e sostenere gli investimenti in infrastrutture, tutelando al contempo la finanza pubblica, l'Autorità Nazionale Anticorruzione e la Ragioneria Generale dello Stato hanno recentemente adottato lo schema di «contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche» (determina ANAC n. 1116 del 22 dicembre 2020 e Determina del Ragioniere Generale dello Stato n. 1 del 5 gennaio 2021).

La predisposizione di uno schema di contratto «standard» dovrebbe contribuire a migliorare la capacità negoziale delle stazioni appaltanti, soprattutto territoriali, e a evitare che il ricorso alla concessione (e al PPP in generale) sia motivato essenzialmente dalla necessità di «aggirare» i vincoli di carattere finanziario considerata la natura off balance dell'operazione.

Lo schema di contratto è, in particolare, strutturato con riferimento a una operazione nella quale a fronte delle prestazioni rese dal concessionario (realizzazione investimento e gestione di servizi volti a consentire la disponibilità e il pieno funzionamento dello stesso), la concedente paga un canone per la disponibilità dell'opera nonché, ove previsto dal bando, un contributo pubblico.

Lo schema di contratto è dunque pensato con riferimento alla realizzazione e gestione di opere a tariffazione sulla concedente, vale a dire a quelle opere per le quali i ricavi di gestione del concessionario provengono in maniera sostanziale da un canone di disponibilità riconosciuto dall'ente concedente, che può comprendere anche una componente legata alla domanda, e non da tariffe corrisposte dagli utenti finali (es. scuole, strutture socio-sanitarie, ospedali, tecnologie sanitarie, penitenziari, biblioteche, strutture sportive a valenza particolarmente sociale).

È stata dunque presa in considerazione la tipologia di concessione fredda (v. supra, art. 164), anche perché si tratta dell'ipotesi in cui una corretta allocazione del rischio in capo al concessionario assume profili di maggiore complicazione e delicatezza proprio in ragione del c.d. canone di disponibilità gravante sulla parte pubblica. Difatti, la componente di pagamento effettuato dalla concedente legato alla domanda è da valutare attentamente, in quanto per queste tipologie di intervento la domanda è pressoché rigida e difficilmente influenzabile dalla gestione dell'operatore economico.

Come evidenziato nella relazione illustrativa allo schema di contratto standard, la scelta deriva dalla necessità di allocare correttamente, attraverso clausole chiare e inequivocabili, i rischi propri in capo al privato, nel rispetto dei principi della Direttiva 2014/23/UE, delle previsioni del Codice e delle indicazioni fornite da Eurostat per la contabilizzazione fuori bilancio delle medesime operazioni (v. decisione dell'11 febbraio 2004, SEC2010, Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico, Regolamento UE n. 549/2013, e in particolare la Guida EPEC/Eurostat 2016 che affronta in dettaglio il tema del trattamento statistico dei PPP).

Lo schema di contratto è applicabile, con i dovuti adattamenti, a tutte le tipologie di concessioni – anche a tariffa sugli utenti, cioè quelle c.d. calde o tiepide – essendo denominatore comune delle stesse la corretta allocazione dei rischi tra le parti.

Si tratta di uno schema, in quanto tale non vincolante, che può essere integrato, specificato e modificato anche in ragione degli elementi caratterizzanti il rapporto concessorio, relativi ad esempio alla tipologia di opera, al settore di intervento cui l'operazione afferisce nonché all'importo della concessione, senza in ogni caso disattendere il principio della corretta allocazione dei rischi.

Problemi attuali

COVID-19 e revisione del PEF

Con riferimento ad una procedura avente per oggetto l'affidamento in concessione di servizi museali, pur ammettendosi un'effettiva imprevedibilità delle stime turistiche da porre a base di gara, qualsiasi futuro effetto pregiudizievole derivante dalla pandemia sulla domanda turistica sarebbe – a ben vedere – compensabile mediante il riequilibrio economico finanziario della concessione, ai sensi dell'art. 165, d.lgs. n. 50/2016, quale evento imprevisto ed imprevedibile sottratto all'alea del concessionario.

In quest'ottica, non è condivisibile la doglianza secondo cui gli eventi idonei ad alterare l'equilibrio economico finanziario (la pandemia da «COVID-19»), essendo nel caso di specie già in corso, dovrebbero comportare una modifica degli atti di gara – e non già di quelli relativi all'esecuzione – consentendo ai concorrenti di modificare le previsioni di gestione e di formulare in base ad essi il proprio PEF.

Difatti, il complessivo equilibrio economico finanziario delle concessioni deve essere valutato non già in una prospettiva statica come negli appalti (ove è certo il corrispettivo), ma in una prospettiva necessariamente dinamica proprio in ragione dei rischi assunti dal concessionario, da ciò derivando proprio le particolari disposizioni in materia di revisione del PEF di cui all'art. 165 del d.lgs. n. 50/2016.

Ai fini della procedura di gara, il PEF rappresenta un elemento significativo della proposta contrattuale, preordinato alla dimostrazione della concreta capacità del concorrente di eseguire correttamente la prestazione per l'intero arco temporale richiesto dal bando, offrendo la responsabile prospettazione di un equilibrio economico finanziario degli investimenti e della connessa gestione, nonché del rendimento atteso per l'intero periodo, così consentendo all'amministrazione di valutare l'adeguatezza dell'offerta e l'effettiva realizzabilità dell'oggetto della concessione.

In corso di esecuzione del contratto, il PEF mantiene, nella sostanza, inalterata questa funzione continuando ad operare quale fulcro e strumento di mantenimento dell'equilibrio finanziario del rapporto concessorio, garantendo la costante sostenibilità degli obblighi del concessionario, sicché, se durante la durata della concessione, si verificano apprezzabili alterazioni nell'equilibrio economico finanziario del rapporto, la stessa concessionaria potrà, al ricorrere di determinate circostanze, richiedere poi la correzione dello squilibrio mediante la revisione del PEF.

Ne consegue, dunque, che l'emergenza epidemiologica in corso – pur essendo evento noto al momento della presentazione delle offerte e, dunque, tecnicamente prevedibile – comporterà effetti nel tempo assolutamente non noti ed imprevedibili, sia per la stazione appaltante che per gli operatori economici, così da poter legittimamente costituire causa di revisione, ai sensi del comma 6 del citato art. 165, «mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio», nella misura in cui essa sia (come presumibilmente sarà) ancora in corso al momento dell'avvio dell'esecuzione della concessione (T.A.R. Lazio (Roma), II, n. 12966/2020).

La natura vincolante o meno del parere del NARS

La effettiva portata del ruolo consultivo assegnato al NARS (comma 6 art. 165) nelle revisioni dell'equilibrio economico finanziario in corso di esecuzione merita un approfondimento non essendo indicato in termini espliciti se la valutazione del NARS assuma o meno portata vincolante o meno per l'amministrazione concedente.

La circostanza che, nei casi di opere di interesse o con contributo statale, la revisione sia subordinata alla previa valutazione del NARS, induce a ritenere che in tal caso il parere debba ritenersi vincolante.

In tutti gli altri casi, in cui per espressa indicazione normativa, la valutazione del NARS è invece facoltativa, il parere non può ritenersi vincolante. Questo perché la categoria dei consulti facoltativi ma vincolanti è del tutto extra ordinem nel sistema giuridico e amministrativo italiano. Il superamento del parere negativo, tuttavia, induce a configurare un onere motivazionale rafforzato in capo alla stazione appaltante che intenda discostarsene.

Bibliografia

Carullo, Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2018; De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Torino, 2017;; Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, Vicenza, 2017; Realfonzo, Le concessioni nel nuovo codice dei contratti, in giustamm.it, n. 4/2016; Ricchi, Concessioni e PPP nel Codice del 2016 due discipline in base al tipo di rischio. Il correttivo cancella rigidità e refusi, in Dossier Edilizia e Territorio maggio/giugno 2017; Villata, Pubblici servizi. Discussioni e problemi, Milano, 2008.

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