L'infortunio occorso al lavoratore durante la cd. “pausa caffè” non sempre è indennizzabile dall'INAIL

27 Dicembre 2021

E' da escludere la indennizzabilità dell'infortunio subito dalla lavoratrice durante la pausa al di fuori dell'ufficio giudiziario ove presta la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè, posto che la lavoratrice allontanandosi dall'ufficio per raggiungere un vicino pubblico esercizio, si è volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all'attività lavorativa...
Massima

E' da escludere la indennizzabilità dell'infortunio subito dalla lavoratrice durante la pausa al di fuori dell'ufficio giudiziario ove presta la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè, posto che la lavoratrice, allontanandosi dall'ufficio per raggiungere un vicino pubblico esercizio, si è volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all'attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente, interrompendo così la necessaria connessione causale tra attività lavorativa ed incidente.

Il caso

Un'impiegata pubblica, timbrato il cartellino in uscita per effettuare, insieme a due colleghe, la cd. "pausa caffè" di metà mattina presso un vicino bar, cadeva al suolo procurandosi un trauma al polso destro.

Esclusa dall'INAIL in fase amministrativa l'ammissione alla copertura sociale, la dipendente adiva l'Autorità giudiziaria ordinaria che riconosceva, all'esito di entrambi i gradi di merito, la sussistenza del diritto all'erogazione sia dell'indennità per inabilità temporanea assoluta sia dell'indennizzo in capitale per il danno biologico riportato, poiché il rischio assunto dalla lavoratrice non poteva considerarsi generico, permanendo il nesso eziologico con l'attività lavorativa, posto che la pausa era stata autorizzata dal datore di lavoro ed era assente il servizio bar all'interno dell'ufficio; in sostanza, la Corte di Appello riteneva che l'infortunio fosse connesso ed accessorio all'attività di lavoro e non ricorresse una ipotesi di rischio elettivo.

Con ricorso per cassazione l'INAIL chiedeva l'annullamento della sentenza di merito sulla scorta del fatto che l'infortunio non sarebbero avvenuto in occasione di lavoro, essendo scaturito da un rischio assunto volontariamente, non potendosi ravvisare nell'esigenza, pur apprezzabile, di prendere un caffè i caratteri del necessario bisogno fisiologico che avrebbero consentito di mantenere la stretta connessione con l'attività lavorativa.

La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata.

La questione

La questione esaminata dalla Corte di Cassazione è la seguente:

può ammettersi alla tutela sociale contro gli infortuni sul lavoro l'evento accaduto al di fuori del luogo di lavoro durante la cd. pausa caffè?

La soluzione giuridica

La Corte di Cassazione esclude l'indennizzabilità dell'infortunio, non essendosi “verificato nel tempo e nel luogo della prestazione lavorativa, occorrendo invece, come requisito essenziale, la sussistenza dell'anzidetto nesso tra lavoro e rischio, nel senso che il lavoro determina non tanto il verificarsi dell'evento quanto l'esposizione a rischio dell'assicurato”.

La Cassazione, dunque, conformandosi ad una precedente pronuncia con cui era stata negata la tutela sociale ad un infortunio verificatosi sempre durante la pausa mensa al di fuori del cantiere edile ove l'infortunato prestava attività di lavoro e lungo il percorso seguito per raggiungere un vicino bar (Cass. n. 4492/1997), nega la sussistenza di una derivazione causale dell'evento da un rischio specifico o, quanto meno, improprio, ritenendo che la lavoratrice si fosse volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all'attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente, interrompendo così la necessaria connessione causale tra attività lavorativa ed incidente.

Non può essere ricondotta alla "occasione di lavoro", precisa ancora la Corte, l'attività non intrinsecamente lavorativa e non coincidente per modalità di tempo o di luogo con le prestazioni dovute, che non sia richiesta dalle modalità di esecuzione imposte dal datore di lavoro o in ogni caso da circostanze di tempo e di luogo che prescindano dalla volontà di scelta del lavoratore (Cass. n. 6088/1995; Cass. n. 11683/1995; Cass. n. 4298/1996; Cass. n. 10910/1996).

Stando così le cose, conclude la Corte, in caso di infortunio verificatosi al di fuori, dal punto di vista spazio-temporale, della materiale attività di lavoro e delle vere e proprie prestazioni lavorative, ricorre l'occasione di lavoro in presenza di circostanze che non ne facciano venir meno la riconducibilità eziologica al lavoro o che la facciano rientrare nell'ambito dell'attività lavorativa o di tutto ciò che ad essa è connesso o accessorio in virtù di un collegamento non del tutto marginale.

Osservazioni

L'ordinanza in esame non è passata inosservata, ma ha suscitato un rilevante clamore mediatico; addirittura, secondo alcuni, la decisione avrebbe reso la pausa-caffè un rito senza più tutele, destinato a scomparire “forse in linea con lo smantellamento di tutti gli istituti di tutela per i salariati”.

In realtà, la Cassazione non ha ritenuto affatto illegittima la cd. pausa caffè, oggi considerata parte integrante del lavoro, peraltro in questo caso pure autorizzata dal dirigente responsabile con l'allontanamento dal luogo di lavoro, ma ha semplicemente negato il diritto alla tutela sociale contro gli infortuni sul lavoro, ancora oggi di natura selettiva.

La Suprema Corte, infatti, accoglie il ricorso dell'INAIL, avvalendosi delle nozioni consolidate di “occasione di lavoro” e di “rischio elettivo”.

In particolare, l'occasione di lavoro rappresenta il nesso eziologico con l'attività di lavoro, la cui ricorrenza consente l'accesso alla tutela previdenziale.

Secondo la più recente e consolidata giurisprudenza di legittimità, che ne ha ampliato i confini, l'occasione di lavoro “ricomprende tutte le condizioni, incluse quelle ambientali e socio economiche in cui l'attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall'apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore, con il solo limite del cosiddetto rischio elettivo" (Cass. 5 gennaio 2015, n. 6; Cass. 23 luglio 2012, n. 12779).

Il nesso di occasionalità necessaria si realizza ogni volta che l'attività lavorativa, considerata tale anche quella prodromica e/o strumentale allo svolgimento della prestazione di lavoro, abbia esposto il lavoratore ad un qualsiasi rischio da cui è scaturito l'evento.

Secondo la sua nozione più ampia e attuale, l'occasione di lavoro è configurabile anche nel caso di incidente occorso durante la deambulazione all'interno del luogo di lavoro (Cass. n. 17336/2021; Cass. n. 16417/2005), ravvisandosi un nesso di strumentalità tra la condotta all'origine dell'evento e l'attività lavorativa. Pertanto, se l'infortunio avviene nel corso di uno spostamento spaziale, anche se intervenuto all'esterno del luogo di lavoro, resta tutelabile se collegato alla prestazione lavorativa con un rapporto funzionale e necessario.

Il rischio elettivo, che rappresenta l'unico limite che esclude l'occasione di lavoro (Cass. 19 aprile 1999, n. 3885; Cass. 2 giugno 1999, n. 5419; Cass. 9 ottobre 2000, n. 13447; Cass. 8 marzo 2001, n. 3363; Cass. 9 gennaio 2002, n. 190; Cass. 22 aprile 2002, n. 5841; Cass. 13 aprile 2002, n. 5354; Cass. 3 agosto 2005, n. 16282), viene individuato attraverso il concorso simultaneo dei seguenti elementi caratterizzanti:

a) vi deve essere non solo un atto volontario (in contrapposizione agli atti automatici del lavoro, spesso fonte di infortuni), ma altresì arbitrario, nel senso di illogico ed estraneo alle finalità produttive;

b) diretto a soddisfare impulsi meramente personali (il che esclude le iniziative, pur incongrue, ed anche contrarie alle direttive datoriali, ma motivate da finalità produttive);

c) che affronti un rischio diverso da quello cui sarebbe assoggettato, sicché l'evento non abbia alcun nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa” (Cass. 5 settembre 2014, n. 18786; Cass. 18 maggio 2009, n. 11417; Cass. 4 luglio 2007, n. 15047).

In passato, la Cassazione ha sempre escluso l'indennizzabilità dell'infortunio occorso durante la cd. pausa caffè (Cass. 4 luglio 2007, n. 15047; Cass. 30 maggio 1995, n. 6088; Cass. n. 4492/1997), quando l'evento si era verificato al di fuori, dal punto di vista spazio-temporale, della materiale attività lavorativa e delle vere e proprie prestazioni di lavoro (e cioè anteriormente o successivamente a queste, ovvero durante una pausa), come avvenuto anche nel caso deciso con l'ordinanza in esame in cui la lavoratrice si era recata ad un bar fuori dal luogo di lavoro, passando il badge in uscita e così sospendendo la prestazione lavorativa.

Presumibilmente l'esito del giudizio sarebbe stato favorevole alla tesi della lavoratrice se l'infortunio fosse avvenuto all'interno del luogo di lavoro, mentre la stessa si recava ad un distributore automatico di bevande, senza interruzione dell'orario di lavoro.

Ad esempio, in passato, la Cassazione ha ammesso alla tutela sociale l'infortunio occorso a un dipendente di una banca, durante la pausa lavorativa per il consumo del pasto, mentre raggiungeva lo spogliatoio dove custodiva la sua colazione, in quanto “la pausa lavorativa, contrattualmente prevista, costituisce fase del rapporto di lavoro destinata al soddisfacimento di esigenze (di riposo e nutrizionali) funzionali, oltre che alla tutela della salute, altresì alla efficace prosecuzione pomeridiana della esecuzione della prestazione lavorativa” (Cass. 7 maggio 2002, n. 6511).

Dunque, la Cassazione non ha messo in discussione la cd. pausa caffè, né ha ristretto la nozione di occasione di lavoro, finora adottata dalla giurisprudenza, ma si è conformata al suo consolidato orientamento, in base al quale è necessario che l'evento derivi da un rischio scaturito dall'attività di lavoro, reputando ancora indispensabile la sussistenza del requisito della professionalità del rischio, corrispondente alla specificità della tutela sociale in materia di infortuni sul lavoro, diversa da quella gestita dall'INPS rivolta a tutti i dipendenti destinatari dell'indennità di malattia o dell'assegno ordinario di invalidità, a prescindere dalle cause che hanno determinato l'insorgenza del diritto alle prestazioni economiche.

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