Liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale le tabelle del Tribunale di Milano sono sempre attuali e da preferire a quelle romane

Giuseppe Sileci
31 Marzo 2022

Alla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale deve pervenirsi applicando i parametri della Tabella del Tribunale di Milano sia se il caso concreto presenta peculiarità che la tabella sul punto in uso presso il Tribunale di Roma non permette di correggere sia perché il tetto minimo previsto dalla Tabella milanese per ciascuna figura di congiunto e denominato valore monetario base esprime l'uniformità pecuniaria di base.
Massima

Alla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale deve pervenirsi applicando i parametri della Tabella del Tribunale di Milano sia se il caso concreto presenta peculiarità che la tabella sul punto in uso presso il Tribunale di Roma non permette di correggere sia – e più in generale – perché il tetto minimo previsto dalla Tabella milanese per ciascuna figura di congiunto e denominato valore monetario base esprime l'uniformità pecuniaria di base; quest'ultima impedisce una valutazione del tutto diversa da persona a persona di una lesione identica ed è il portato di un monitoraggio nazionale della giurisprudenza di merito che denota una maggiore diffusione della suddetta tabella e soddisfa l'obiettivo di uniformità e prevedibilità delle decisioni auspicato dalla Corte di Cassazione, mentre il valore del punto della tabella del foro capitolino è determinato solo sulla base dei concreti importi già liquidati dal Tribunale di Roma.

Il caso

Tizia e Tizio, rispettivamente nipote e genero di Caio deceduto a causa delle lesioni riportate in un incidente stradale, hanno adito il Tribunale di Modena (Tizio anche nella qualità di erede di Sempronia, coniuge defunta di Caio) per sentire condannare Assicurazione Spa al risarcimento iure hereditatis del danno c.d. terminale e catastrofale sofferto dalla vittima, che – ricoverato nel reparto di rianimazione - è sopravvissuto per quindici giorni dopo l'incidente, ed al risarcimento iure proprio del danno da perdita del rapporto parentale.

Si è costituita Assicurazione S.p.A. eccependo:

a) la estraneità degli attori al nucleo familiare del de cuius;

b) la insussistenza dello stato di “lucida agonia”;

c) la prescrizione del diritto;

d) l'integrale risarcimento del danno con le somme offerte ante causam.

Il Tribunale, ritenuta infondata la eccezione di prescrizione, inquadrata la domanda nell'ambito applicativo dell'art. 141 D.Lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni) e ritenuta la legittimazione attiva ai congiunti del trasportato che abbiano domandato il risarcimento di danni propri ed ulteriori, ha accolto le domande liquidando agli attori il danno da perdita del rapporto parentale, determinandolo sulla base delle tabelle milanesi, ed anche il danno c.d. terminale nella duplice connotazione del danno biologico da inabilità temporanea totale ed emozionale (c.d. danno catastrofale) patito dalla vittima primaria.

La questione

Nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale quali tabelle deve applicare il giudice?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Modena, con la sentenza in esame, affronta tre questioni di particolare interesse, e cioè:

a) se i danneggiati c.d. di rimbalzo o riflessi possano agire iure proprio ex art. 141 D.Lgs. n. 209/2005;

b) se il danno da perdita del rapporto parentale debba essere liquidato applicando i criteri ed i valori delle tabelle del Tribunale di Milano ovvero quelle in uso presso il Tribunale di Roma;

c) se la vittima, che sia sopravvissuta all'evento per un apprezzabile intervallo temporale, abbia diritto al risarcimento del danno biologico ed a quello da lucida agonia e con quali criteri debba essere determinato l'ammontare del risarcimento.

Il Tribunale individua il titolo della domanda proposta dagli attori, i quali agiscono sia iure hereditatis sia iure proprio, nell'art. 141 D.Lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni), che afferma il diritto del trasportato a chiedere il risarcimento dei danni direttamente all'assicuratore del vettore, il quale a sua volta si libera dall'obbligo risarcitorio solo se prova il caso fortuito.

E siffatto diritto non solo deve essere riconosciuto al proprietario del veicolo che vi viaggiava come trasportato, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che considera la condizione soggettiva del trasportato quale danneggiato dal sinistro preminente sulla sua condizione di assicurato, ma anche ai congiunti del trasportato che abbiano patito danni propri: infatti, l'art. 141 Cod. Ass. deve interpretarsi in senso conforme alla Costituzione e cioè coordinando il criterio letterale con i principi della concentrazione delle tutele ed economicità dei giudizi.

Quanto all'aspetto sostanziale, il Tribunale opta per la natura unitaria del danno non patrimoniale, da intendersi come unitarietà della lesione di un interesse avente rilevanza costituzionale non suscettibile di valutazione economica e come unitarietà dell'accertamento e della quantificazione del danno, con la ulteriore precisazione che compito del Giudice è valutare con rigore sia il profilo interiore del danno (la c.d. sofferenza morale) sia la sua incidenza peggiorativa sul quotidiano affinché al danneggiato sia attribuito un risarcimento che lo compensi del pregiudizio complessivamente subito nella duplice dimensione fenomenologica di tipo relazionale e di natura interiore.

Tra i danni non patrimoniali va quindi senz'altro inquadrata la perdita o la lesione del rapporto parentale, non potendo dubitarsi del fatto che questo interesse trova tutela costituzionale sia nella intangibile sfera della affettività e della solidarietà familiare sia nella libertà di piena esplicazione della persona nella famiglia.

Questo danno si sostanzia sia nel dolore per la irreversibile perdita sia nella definitiva preclusione dei rapporti parentali con il defunto e dunque il Giudice deve accertare se siano provati uno solo o entrambi i profili di cui si compone l'unitario danno non patrimoniale subito dal prossimo congiunto, ossia la sofferenza morale interiore e la sofferenza riflessa sul piano dinamico relazionale.

La configurabilità di questo pregiudizio di natura non patrimoniale non è esclusa dalla assenza della coabitazione ed è pur sempre un danno conseguenza.

Applicando questi principi al caso concreto, il Tribunale riconosce agli attori la perdita del rapporto parentale e liquida il risarcimento applicando la tabella del Tribunale di Milano.

Nel farlo, il Tribunale premette che la stima del danno è intrinsecamente equitativa e deve ponderare l'intensità del legame, la composizione della famiglia, la coabitazione dei suoi membri, le loro abitudini, l'età del defunto e dei congiunti.

Quindi, pur dando atto del più recente orientamento della Cassazione (Cass. Civ., Sez. III, 21 aprile 2021 n. 10579), secondo il quale il danno da perdita del rapporto parentale andrebbe liquidato sulla base di un sistema tabellare sul punto variabile mentre le tabelle meneghine seguono un diverso e non condivisibile criterio basato su fasce di valore di considerevole ampiezza che frusterebbero l'esigenza della uniformità e prevedibilità delle decisioni, il Tribunale di Modena non applica le tabelle romane – che prevederebbero un criterio fondato sul punto variabile – e motiva le ragioni per cui ricorrerebbero i presupposti per discostarsi da queste tabelle: possibilità, peraltro, espressamente ammessa dalla stessa Cassazione, la quale però onera il Giudice di motivare le ragioni se il valore monetario finale è inferiore o comunque sproporzionato rispetto a quello che restituirebbe la applicazione di una tabella basata sul punto variabile.

E sebbene sia evidente lo scarto tra la entità del danno stimato secondo le tabelle milanesi e quello liquidabile applicando le tabelle capitoline, il Tribunale – come detto - opta per le prime ritenendo che le seconde “non assicurano nel caso di specie la necessaria proporzione al danno del suo equivalente monetario, poiché il moltiplicatore associato alla età dei congiunti che abbiano compiuto ottant'anni è sempre pari ad uno, mentre l'età di alcuni delle persone coinvolte, ben superiore agli ottanta, consentirebbe una ulteriore riduzione del quantum debeatur a fronte del minore protrarsi nel tempo del dolore dell'assenza”.

E poiché non sono disponibili – se si applicano le tabelle Romane – demoltiplicatori associati a variabili diverse dalla assenza di coabitazione, “è fortemente limitata la possibilità, indicata dalla Corte di Cassazione quale potenzialmente segmento conclusivo della monetizzazione del danno, di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione”.

Ciò detto, il Tribunale individua ulteriori ragioni che fanno apparire preferibili le tabelle del Tribunale di Milano nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale.

Intanto il “tetto minimo” delle tabelle milanesi (denominato “valore monetario base” esprimerebbe l'uniformità pecuniaria di base che impedisce una valutazione del tutto diversa da persona a persona di una lesione identica ed è stato determinato all'esito di un monitoraggio nazionale della giurisprudenza di merito.

Pertanto, il valore rappresentato dal “tetto minimo” soddisfa l'obiettivo di uniformità e prevedibilità delle decisioni, mentre il valore del punto della tabella del foro capitolino non assicura gli stessi standard di omogeneità e diffusione sul territorio nazionale perché è determinato sulla base di concreti importi già liquidati dal Tribunale di Roma.

Il Tribunale di Modena individua altri due argomenti che militano a favore delle tabelle meneghine.

Intanto, il fatto di riservare comunque alla valutazione discrezionale del giudice la possibilità di incrementare la valutazione del danno denota “la percezione della opinabilità di automatismi che correlano l'intensità del dolore al tempo per cui si prolunga o alla composizione della famiglia, mentre è oggettivo che “l'unicità e l'infungibilità degli affetti rendono la loro perdita tendenzialmente uguale ai fini della compensazione (consentendo di assestarla, con una liquidazione parimenti trasparente nei criteri, su un valore medio unico) perché, al di fuori di casi eccezionali, il dolore di ciascuno per il distacco da una persona cara in confronto alla sofferenza di persone in analoga condizione è imparagonabile, sicché il valore medio costituisce naturalmente il minimum nella prospettiva del congiunto e la sua personalizzazione non può fondarsi sulla normale irripetibilità del legame affettivo o sulla tragicità della causa del danno, bensì su peculiarità anomale o straordinarie della lesione e /o delle ripercussioni”.

Infine, il Tribunale di Modena ritiene di dovere preferire le tabelle meneghine a quelle capitoline giacché le prime rappresentano un ragionevole contemperamento tra l'interesse particolare del danneggiato nella circolazione stradale all'integrale ristoro e l'interesse ultra individuale e sociale degli assicurati alla sostenibilità dei premi assicurativi: obiettivo che sarebbe frustrato se si allineasse l'attuale risarcimento medio (costituito dal valore monetario base delle tabelle milanesi) ai valori sensibilmente superiori, quali sono le poste determinabili secondo il sistema delle tabelle di Roma.

Applicando le tabelle del Tribunale di Milano, quindi, il Giudice ha liquidato alla coniuge del defunto (anche essa deceduta prima del giudizio ed i cui diritti sono stati esercitati iure hereditatis da Tizio) € 168.250,00 ed alla nipote Tizia € 24.350,00.

A Tizio, genero del defunto, il Tribunale – in assenza di precise indicazioni tabellari – ha liquidato il danno equitativamente assumendo come valore base quello riconosciuto al nipote per la perdita del nonno, ridotto di un terzo in considerazione del legame di affinità (e non di parentela) con la vittima e della assenza di coabitazione.

Avendo gli attori chiesto anche il danno terminale e/o da lucida agonia, ed essendo stato acquisito agli atti di causa che il defunto era confuso, ma vigile e cosciente, al suo arrivo all'ospedale, senza evidenze nella cartella clinica di un peggioramento del quadro clinico nei 15 giorni trascorsi dalla vittima durante la degenza ospedaliera (in rianimazione) e sino alla data del decesso, il Tribunale di Modena ha ritenuto che fosse stata provata la “lucidità agonica” ed ha liquidato il corrispondente danno applicando anche in questo caso le tabelle del Tribunale di Milano, la cui ultima versione propone una definizione omnicomprensiva del c.d. danno terminale ed una liquidazione congiunta del danno biologico da inabilità temporanea totale e del danno morale.

Osservazioni

La sentenza in esame affronta tre problematiche, una squisitamente processuale, le altre due di natura sostanziale.

E se il Tribunale di Modena, riconoscendo il danno terminale nella duplice componente del danno biologico da invalidità temporanea assoluta e della sofferenza psichica (danno da lucida agonia o catastrofale), aderisce al più recente orientamento della Cassazione (Cass. Civ., Sez. III, n. 9888/2020) e lo liquida applicando le tabelle del Tribunale di Milano (che prevedono un limite in alto per i primi tre giorni ed un valore pro die per i primi cento giorni progressivamente decrescente secondo la regola, sostenuta dall'esperienza medico legale, per cui la maggior sofferenza è percepita a ridosso dell'evento lesivo e scema gradualmente), lo stesso non può dirsi con riguardo all'ambito di applicazione dell'art. 141 Cod. Ass. perché il Decidente si discosta dalla giurisprudenza prevalente (Cass. civ., Sez. III, 8 febbraio 2019 n. 3729; Trib. Rieti 9 giugno 2020 n. 234; Trib. Oristano 23 giugno 2016 n. 564) che – ritenendo l'art. 141 Cod. Ass. norma di carattere eccezionale – ne circoscrive l'ambito di applicazione al solo trasportato ed esclude che l'azione disciplinata dalla detta norma possa essere promossa anche da soggetti diversi, si pensi agli eredi del trasportato che agiscano iure proprio.

Ma le ragioni che giustificherebbero una interpretazione estensiva dell'art. 141 Cod. Ass., ravvisate dal Tribunale nella necessità di leggere la norma in senso conforme alla Costituzione coordinando il criterio letterale con i principi della concentrazione delle tutele ed economicità dei giudizi, non paiono del tutto persuasive, ostandovi proprio la dichiarata natura eccezionale della disposizione in questione.

Invero, se l'art. 141 Cod. Ass. costituisce una deroga alla regola generale della responsabilità per colpa (Cass. civ., Sez. III, 8 febbraio 2019 n. 3729) o comunque al principio processuale dell'onere della prova laddove alleggerisce la posizione del danneggiato, non pare potersi seriamente contestare che una sua lettura meno fedele al dato testuale sarebbe incompatibile con i principi enunciati dalla Cassazione quando afferma che “l'interpretazione estensiva di disposizioni eccezionali o derogatorie, rispetto ad una avente natura di regola, se pure in astratto non preclusa, deve ritenersi comunque circoscritta alle ipotesi in cui il plus di significato, che si intenda attribuire alla norma interpretata, non riduca la portata della norma costituente la regola con la introduzione di nuove eccezioni, bensì si limiti ad individuare nel contenuto implicito della norma eccezionale o derogatoria già codificata altra fattispecie avente identità di ratio con quella espressamente contemplata” (Cass. Civ., Sez. I, 1° settembre 1999 n. 9205): identità di ratio che non pare accomunare l'azione risarcitoria promossa da altri danneggiati e quella propria del trasportato.

E tanto meno sussisterebbero i presupposti per una applicazione analogica della norma in esame, se all'analogia l'interprete può fare ricorso “solo quando manchi nell'ordinamento una specifica disposizione regolante la fattispecie concreta e si renda, quindi, necessario porre rimedio ad un vuoto normativo altrimenti incolmabile in sede giudiziaria”: gli eredi che agiscano iure proprio e, più in generale, tutti coloro i quali abbiano patito conseguenze pregiudizievoli per essere in relazione con la vittima primaria dell'incidente (si pensi al danno sofferto dal datore di lavoro del trasportato) dispongono senz'altro di adeguate tutele giudiziarie rafforzate dal meccanismo dell'azione diretta che – a ben vedere – costituisce anche esso una eccezione alla regola.

Ma il Tribunale di Modena si discosta dall'orientamento – più recente – della Cassazione anche quando deve liquidare il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale.

Come è noto, la Suprema Corte – che nel 2011 aveva elevato le tabelle del Tribunale di Milano al rango di criteri paranormativi da adoperare nella normalità dei casi per liquidare il danno non patrimoniale alla persona, è recentemente tornata sull'argomento per negare alle dette tabelle questo valore quando deve determinarsi il risarcimento del danno parentale.

Si è infatti ritenuto che la tabella elaborata dall'ufficio giudiziario che soddisfa l'uniformità delle decisioni è solo quella che sia costruita sul punto variabile e che quando la tabella si discosti da questo criterio non sarebbe garantita la funzione per la quale è stata concepita, ossia l'uniformità e prevedibilità delle decisioni a garanzia del principio di eguaglianza.

E la tabella meneghina – che affida la liquidazione del danno da perdita parentale alla individuazione di valori monetari compresi tra un tetto minimo ed un tetto massimo separati da una assai significativa divergenza – costituirebbe “esclusivamente una perimetrazione della clausola generale di valutazione equitativa del danno e non una forma di concretizzazione tipizzata quale è la tabella basata sul sistema del punto variabile” (Cass. Civ., Sez. III, 21 aprile 2021 n. 10579).

Alla tabella milanese, conclude la Corte di Cassazione, è senz'altro da preferire “una tabella basata sul sistema a punti, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della peculiarità della situazione. In particolare, i requisiti che una tabella siffatta dovrebbe soddisfare sono i seguenti:

1) adozione del criterio a punto variabile;

2) estrazione del valore medio del punto dai precedenti;

3) modularità;

4) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi”.

La Corte non si è spinta al punto da individuare questi requisiti nella Tabella del Tribunale di Roma, che è quella che più si avvicinerebbe al modello ideale definito dai giudici di legittimità, ma una parte della dottrina ha visto nella decisione della Suprema Corte il superamento del modello meneghino a favore di quello romano (Molinari F., Il danno da perdita del rapporto parentale alimenta la diatriba tra le tabelle milanesi e quelle romane, in Giust. Civile.com, 17 dicembre 2021).

Tuttavia questa novità – dopo dieci anni di applicazione pressoché generalizzata e diffusa delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano – non è stata accolta con favore da tutti i giudici di merito ed ha generato un animato contrasto giurisprudenziale che, peraltro, è stato previsto dagli stessi ermellini nel momento in cui hanno avvertito la necessità di precisare che questo “mutamento evolutivo”, pur potendo avere un rilevante impatto su tutti quei giudizi ancora pendenti e nei quali il danno da perdita del rapporto parentale sia stato liquidato applicando le tabelle meneghine, non necessariamente esporrà quelle decisioni di merito a sicura riforma.

Occorrerà verificare, infatti, se il danno liquidato applicando una tabella diversa da quella basata sul sistema a punti è inferiore o comunque sproporzionato rispetto a quello cui si sarebbe pervenuto utilizzando la tabella in questione; e ciononostante la liquidazione non sarà censurabile se adeguatamente motivate le ragioni che la sorreggono.

Non sono mancate – però – le voci critiche (Ziviz P, “Misura per misura (del danno da perdita del rapporto parentale)”, in Resp. Civ. e prev., 3, 2021, pag. 815) e la sentenza in esame non costituisce un isolato orientamento, tutt'altro.

Pur volendo prescindere da altra successiva sentenza della Suprema Corte che, confermando la decisione del giudice di merito laddove aveva liquidato il danno parentale applicando le tabelle meneghine e non quelle romane, aveva precisato che le dette tabelle, non costituendo “concretizzazione paritaria dell'equità su tutto il territorio nazionale”, sono comunque “legittimamente adottabili come parametro di riferimento” (Cass. Civ., Sez. III, 5 maggio 2021 n. 11719 con considerazioni critiche circa la reale portata della decisione in Manzo V., “Il danno da perdita parentale. Liquidazione e personalizzazione”, in Giust. Civile.com 12 maggio 2021) e dando altresì atto di più recenti pronunce della Cassazione che hanno invece dato seguito al “mutamento evolutivo della giurisprudenza di legittimità” (Cass. Civ., Sez. III, 10 novembre 2021 n. 33005), appare opportuno segnalare che non pochi giudici di merito hanno continuato a preferire le tabelle milanesi, motivando le ragioni della loro scelta.

Si è innanzitutto evidenziato (Trib. Milano 7 luglio 2021 n. 5947 Est. Spera) che la Cassazione, stabilendo che anche il danno da perdita del rapporto parentale sia liquidato applicando una tabella basata sul punto variabile, non ha individuato nella tabella in uso presso il Tribunale di Roma quella che senz'altro soddisfa la uniformità e prevedibilità di queste liquidazioni e non ha neppure individuato il “regime transitorio” che disciplini le modalità di determinazione del danno parentale in attesa della nuova tabella.

Più esattamente, la Corte si sarebbe “limitata a disciplinare l'ipotesi in cui il giudice di merito si discosti dalla tabella a punto variabile e non invece l'ipotesi in cui manchi una tabella che fornisca i parametri di quantificazione del danno”; ma questa soluzione – secondo il tribunale meneghino - “non è affatto appagante, in quanto presuppone l'esistenza di una tabella a punto variabile allo stato inesistente” (Trib. Milano 7 luglio 2021 n. 5947 Est. Spera; in senso conforme anche Trib. Perugia 21 ottobre 2021 n. 1384 Est. Marzullo e Trib. Ravenna 17 settembre 2021 n. 659 Est. Vicini).

Secondo altri giudici, sono comunque pur sempre da preferire le tabelle meneghine perché quelle romane “considerano soltanto cinque fondamentali fattori che certamente influenzano l'entità del danno non patrimoniale e la conseguente misura del risarcimento ma che tuttavia non esauriscono la varietà e variabilità delle possibili situazioni e standardizzano in maniera eccessiva la misura del ristoro economico” (Trib. Palermo 7 gennaio 2022 n. 42 Est. Nozzetti, che ha ritenuto le tabelle del Tribunale di Roma eccessivamente rigide ed inappropriate ai fini della liquidazione del danno nel caso di morte intrauterina del feto).

Ancora, si è ritenuto, “in presenza di attuale contrasto giurisprudenziale e al fine di garantire continuità e omogeneità di pronuncia rispetto ai propri precedenti, di fare applicazione delle Tabelle del Tribunale di Milano, le quali forniscono comunque ogni elemento utile ai fini della determinazione del danno secondo le caratteristiche del caso specifico” (Trib. Lecce 10 dicembre 2021 n. 3333 Est. Mele) ovvero, in assenza di correzione e/o integrazione delle Tabelle Milanesi, si è confermata “l'adesione all'orientamento finora consolidato che prevede come la liquidazione in via equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c. del danno sia effettuata dal giudice previa individuazione dei parametri minimo e massimo indicati nelle citate tabelle” (Trib. Pavia 30 novembre 2021 n. 1487 Est. Cameli).

Giova segnalare in questa sede che sull'argomento è tornato il Tribunale di Modena, il quale ha motivato le ragioni del dissenso dal più recente orientamento della Cassazione con ulteriori argomenti di cui pare opportuno dare evidenza.

Si è infatti ritenuto di dovere muovere da una premessa che potremmo definire sistematica: “la uniforme risoluzione delle controversie presuppone una differenziazione, su un piano generale ed astratto, delle diverse ipotesi da trattare uniformemente” (Trib. Modena 15 dicembre 2021 n. 1688 – Est. Siracusano).

E se per il danno biologico è senz'altro giustificabile liquidare il risarcimento facendo ricorso al meccanismo del punto variabile, non potendo disconoscerei che la medesima percentuale di invalidità permanente genera conseguenze risarcitorie diverse a seconda dell'età del danneggiato, “nel caso della perdita del rapporto parentale, il pur comprensibile auspicio di tipizzazione delle ipotesi, per esempio attraverso la definizione di una casella cui ricondurre l'ipotesi della perdita di un genitore appartenente a una certa categoria su base di età per un figlio appartenente a una certa categoria su base di età, con ulteriore specificazione a seconda che vi sia o non vi sia convivenza, non riesce a dare nessuna ragione plausibile, se non per il fatto in sé della catalogazione, del fatto che il risarcimento sarà differente rispetto a quello che ci sarebbe stato se uno dei due soggetti fosse appartenuto a una diversa categoria su base di età”.

Detto altrimenti, “il tentativo di incasellare l'incasellabile costituisce l'apprezzabile sforzo di ancorare a dati oggettivi (l'età dei soggetti, la convivenza) la liquidazione equitativa del danno a fronte di una domanda di giustizia che si fonda sull'unicità e sull'irripetibilità di ogni relazione, che il più delle volte prescindono dal dato temporale”.

Sicché, “proprio l'unicità e l'irripetibilità delle situazioni rappresentano il comune denominatore che le rendono, tendenzialmente, ai fini del risarcimento del danno (ove intervenga la loro perdita), uguali, ed è questo il motivo per cui le tabelle del Tribunale di Milano, al momento, paiono più adeguate a determinare il risarcimento rispetto a quelle del Tribunale di Roma, in quanto più realistiche, per la loro semplicità che non coincide con una semplificazione”.

Peraltro, non può neanche ragionevolmente sostenersi che le tabelle milanesi “conducano ad un deficit di uniformità e prevedibilità” perché esse “individuano, sulla base delle rilevazioni, una media di risarcimento che, in quanto media, offre una ragionevole corrispondenza all'id quoad plerumque accidit ove si perda un congiunto con cui si abbia una certa relazione di parentela”.

Media risarcitoria che nella versione ultima delle tabelle milanesi, quella del 2021, è divenuta il valore base e costituisce il dato monetario suscettibile di aumento “non per il fatto di essere una perdita specifica, individuale e non surrogabile (tutte le perdite lo sono), ma per il fatto che quel rapporto presentava caratteri davvero eccezionali o straordinari”.

Infine, non è neppure trascurabile, e qui il Tribunale di Modena ribadisce un concetto già espresso nella sentenza in esame, che applicando le tabelle di Roma l'ammontare del risarcimento aumenta in maniera considerevole e che, applicato su larga scala, determinerebbe un incremento generalizzato delle liquidazioni: conseguenza, questa, che non sarebbe in linea con l'esigenza di contemperare l'interesse particolare del danneggiato con l'interesse ultra individuale e sociale degli assicurati alla sostenibilità dei premi assicurativi.

Si evince chiaramente da questa breve rassegna di merito che il revirement della Cassazione in materia di risarcimento del danno da perdita parentale non ha persuaso tutti.

Ma il dibattito alimentato dalla recente svolta della Suprema Corte – ancora una volta – riporta l'attenzione al cuore del problema: la difficoltà che incontra il giudice quando deve attribuire un valore monetario alla lesione di un bene non patrimoniale.

È stato infatti acutamente osservato (Comandé G., “Sofferenza interna, esterna e risarcimento integrale. Breve itinerario tra Civil e Commonwealth law”, in Riv. It. Media. Legale, n. 2, 2021, pag. 531) che “superata la necessaria presenza di una connessione / rappresentazione fisicamente percepibile, se non addirittura obiettivamente accertabile, della sofferenza quale limite alla risarcibilità, il danno non patrimoniale privo di tale ancoraggio rimane difficilmente rappresentabile con notevoli implicazioni sistematiche ed operative” e pone un problema reale, ossia il superamento della logica della giustizia del caso concreto per “garantire una effettiva parità di tutela fra situazioni parimenti meritevoli e permettere una sostenibilità del sistema”.

Rimane il fatto che, se il modo migliore per monetizzare il danno da perdita del rapporto parentale è costituito – alla luce del più recente orientamento della Cassazione – da una tabella basata sul sistema a punti che innanzitutto debba soddisfare il criterio “a punto variabile” e che in secondo luogo assuma un valore medio del punto estratto dai precedenti, non sembra priva di fondamento la tesi di quanti non riconoscono nelle tabelle elaborate dal Tribunale di Roma i tratti essenziali indicati dalla Suprema Corte.

Il valore del punto della tabella romana, infatti, è predeterminato ed immutabile (quelle attualmente in uso lo quantificano in € 9.806,70) mentre ciò che varia è la somma complessiva dei punti attribuiti a ciascuna situazione lesiva, oltre tutto – per ciò che concerne l'età della vittima e del congiunto – per fasce anagrafiche estremamente ampie a discapito della modularità. Inoltre, quel valore non sarebbe la risultante di una media ottenuta – come per le tabelle milanesi che monetizzano il danno biologico – da una indagine sull'ammontare dei risarcimenti liquidati dai giudici di merito sul territorio nazionale, bensì un valore recuperato dai precedenti decisi dal solo Tribunale di Roma.

Questo lo stato dell'arte, è concreto il rischio che – in attesa della predisposizione di una tabella conforme al dictum della Cassazione – quel dissenso di cui si è dato sopra brevemente conto possa acuirsi, a detrimento – verosimilmente - di quegli obiettivi (uniformità e prevedibilità delle liquidazioni) sottesi al nuovo corso della Suprema Corte.

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