Correttezza e buona fede in tema di RCA e risarcimento del danno da sinistro stradale

14 Aprile 2022

Improponibile la domanda del danneggiato di un sinistro stradale che, prima di instaurare il relativo giudizio, non abbia messo a disposizione dell'Assicurazione il veicolo per l'ispezione.
Massima

“Affinché la procedura di risarcimento descritta dall'art. 145 Cod. Ass. possa operare è indispensabile che la Compagnia assicuratrice sia posta in condizione di adempiere al dovere e, cioè, di formulare un'«offerta congrua»; ciò richiede sia un presupposto formale, ovvero la trasmissione di una richiesta contenente elementi sufficienti a permettere all'assicuratore di accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l'offerta, sia un requisito sostanziale, integrato dalla collaborazione tra danneggiato e assicuratore della RCA nella fase stragiudiziale alla luce dei principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.); viene meno, dunque, a tale dovere di collaborazione - subendone, come conseguenza, l'improponibilità della domanda risarcitoria - il danneggiato che si è sottratto all'ispezione del mezzo, attività utile alla ricostruzione della dinamica dell'incidente e alla formulazione di una congrua offerta risarcitoria”.

Il caso

Nel caso di specie, un uomo, rimasto coinvolto in un sinistro stradale, conveniva avanti al Giudice di Pace il responsabile civile dell'incidente e la di lui Compagnia di assicurazione, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni materiali subiti dalla propria autovettura.

Il Giudice di Pace dichiarava improponibile la domanda attorea, vista la mancata coincidenza della targa del veicolo incidentato indicata, rispettivamente, nella richiesta stragiudiziale trasmessa alla Compagnia di assicurazione e nell'atto di citazione. Instaurato il giudizio d'appello, il Tribunale rigettava il gravame e confermava l'improponibilità della domanda risarcitoria, motivandola, tuttavia, sul diverso presupposto - oggetto di eccezione della Compagnia assicuratrice sin dal giudizio di primo grado - della mancata messa a disposizione del veicolo ante causam per la perizia dei danni.

La causa giungeva in Cassazione.

La questione

Nella sentenza qui esaminata, la Suprema Corte si pronuncia confermando e specificando la rilevanza dei criteri di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c. e 1375 c.c., indicando le conseguenze alle quali il danneggiato può andare incontro nel caso in cui non abbia messo a disposizione della Compagnia il veicolo ex artt. 145 e 148 CdA.

Le soluzioni giuridiche

Secondo la Suprema Corte, l'art. 145 Cod. Ass. presenta un chiaro intento deflattivo, essendo evidente la sua finalità di razionalizzazione del contenzioso giudiziario che, nella materia dei sinistri stradali, risulta notoriamente inflazionato anche da liti bagatellari.

In tal senso, il procedimento ex art. 148 CdA, nel prescrivere una partecipazione attiva dell'Assicuratore alla trattativa ante causam, mira a propiziare una conciliazione precontenziosa. Affinché la procedura di risarcimento descritta nella norma ora citata possa operare – continua la Corte - è indispensabile, però, che la Compagnia assicuratrice sia posta in condizione di adempiere al dovere impostole, formulando un'offerta congrua, e ciò impone due presupposti: un presupposto “formale", ovvero la trasmissione di una richiesta contenente elementi (indicati nell'art. 148 CdA) sufficienti a permettere all'Assicuratore di accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l'offerta; nonché un requisito “sostanziale”, ossia un'attività di collaborazione tra danneggiato e Assicuratore della RCA (nella fase stragiudiziale), governata da comportamenti conformi ai canoni di correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.) (così, anche Cass. civ., Sez. III, n. 1829/2018).

Viene meno, dunque, a tale dovere di collaborazione — subendone, come conseguenza, l'improponibilità della domanda risarcitoria — il danneggiato che si sia sottratto all'ispezione del veicolo, attività utile alla ricostruzione della dinamica dell'incidente e alla formulazione di una congrua offerta risarcitoria.

Pertanto, conclude la Corte, non può dubitarsi del fatto che l'esito dell'improcedibilità della domanda - quale conseguenza del rifiuto a consentire di ispezionare (per poi periziare) il mezzo incidentato - sia conforme all'interpretazione "teleologica" dell'art. 145 Cod. Ass. (recentemente, anche Cass., Sez. VI-3, ord. 3 giugno 2021, n. 15445).

In senso contrario, non può darsi rilievo alla circostanza, sulla quale, invece, insiste il ricorrente, cioè che la Società assicuratrice sarebbe stata in possesso di tutti gli elementi per formulare l'offerta transattiva e che il soggetto assicurato avrebbe contestato la propria responsabilità: aspetti dai quali si pretenderebbe di desumere la volontà dell'Assicuratore di non addivenire ad alcuna transazione.

Osservazioni

Nella pronuncia qui esaminata, la Suprema Corte non ha ritenuto di accogliere le deduzioni del ricorrente secondo cui il giudice d'appello, nel ritenere legittima la doglianza della Compagnia assicuratrice attinente alla mancata messa a disposizione del veicolo, avrebbe errato nello stabilire che l'Assicuratore possa eccepire l'improcedibilità della domanda qualora - pur a fronte del comportamento renitente del danneggiato – la stessa sia, comunque, in possesso di tutte le informazioni utili per la formulazione dell'offerta.

Secondo la Corte, infatti, la condotta ostativa del danneggiato non avrebbe consentito all'Assicuratore di ricostruire la dinamica del sinistro, valutare le responsabilità, stimare i danni e formulare l'offerta.

Come noto, nel rapporto tra danneggiato e Assicuratore va rispettato il principio di buona fede e correttezza, che si esprime nella disponibilità e collaborazione del danneggiato agli adempimenti posti a carico dell'Assicuratore dal Codice delle assicurazioni, al fine di giungere ad una conciliazione precontenziosa.

La buona fede contrattuale consiste, in particolare, nella reciproca lealtà di condotta e rappresenta il fondamentale canone di correttezza al quale tutte le parti di un rapporto contrattuale devono necessariamente ispirarsi ed attenersi.

La definizione che la dottrina (secondo la nota definizione di C.M. BIANCA, Diritto civile. Il contratto, 3, Milano 1987, 473) e la giurisprudenza prevalenti condividono è considerare il concetto di buona fede come «l'obbligo derivante da un principio generale di solidarietà di ciascuna parte di salvaguardare l'utilità dell'altra parte, nei limiti in cui ciò non importi un apprezzabile sacrificio».

La buona fede oggettiva si pone, pertanto, non soltanto come regola di comportamento integrativa della disciplina negoziale stabilita dalle parti, ma contribuisce a definire l'effettivo contenuto delle rispettive obbligazioni, svolgendo, altresì, la funzione di metro oggettivo di valutazione a posteriori di un determinato atto o comportamento (nel caso di specie, la mancata messa a disposizione de veicolo), consentendo al giudice un contemperamento dei reciproci interessi contrapposti.

In conclusione, in armonia coi predetti principi generali, la Cassazione sottolinea l'importanza della partecipazione attiva del danneggiato alla procedura di risarcimento, parametrandola ai requisiti di buona fede e correttezza: ciò, in armonia con l'art. 145 Cod. Ass. che, in combinato disposto con l'art. 148 CdA, è funzionale ad una chiara finalità deflativa e razionalizzatrice del contenzioso, soprattutto per i sinistri stradali bagatellari.

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