Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 14 - Indirizzo politico-amministrativo (Art. 14 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 8 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall'art. 9 del d.lgs n. 80 del 1998)

Ciro Silvestro

Indirizzo politico-amministrativo

(Art. 14 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 8 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall'art. 9 del d.lgs n. 80 del 1998)

1. Il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo 4, comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche sulla base delle proposte dei dirigenti di cui all'articolo 16:

a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l'attività amministrativa e per la gestione;

b) effettua, ai fini dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi della lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), del presente decreto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e successive modificazioni ed integrazioni, ad esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento degli uffici di cui al comma 2; provvede alle variazioni delle assegnazioni con le modalità previste dal medesimo decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, tenendo altresì conto dei procedimenti e subprocedimenti attribuiti ed adotta gli altri provvedimenti ivi previsti.

2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. All'atto del giuramento del Ministro, tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine, conferiti nell'ambito degli uffici di cui al presente comma, decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro. Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si provvede al riordino delle segreterie particolari dei Sottosegretari di Stato. Con decreto adottato dall'autorità di governo competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera n) della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consistente in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale. Con effetto dall'entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma sono abrogate le norme del regio decreto legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la costituzione e la disciplina dei gabinetti dei Ministri e delle segreterie particolari dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato 12 34.

3. Il Ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente, che determinino pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri del relativo provvedimento. Resta salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, lett. p) della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresì salvo quanto previsto dall'articolo 6 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni ed integrazioni, e dall'articolo 10 del relativo regolamento emanato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità.

[1] Comma modificato dall'articolo 1, comma 24-bis, del D.L. 18 maggio 2006, n. 181, con la decorrenza indicata dal comma 24-ter del medesimo articolo 1. A norma dell' articolo 9, comma 2, del D.L. 31 maggio 2010 , n. 78, le indennita' corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri di cui al oresente comma, sono ridotte del 10 per cento .

[2] L'articolo 31, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 ha disposto che il personale addetto agli uffici preposti all'attività di valutazione e controllo strategico non può superare il numero massimo di unità pari al 10 per cento di quello complessivamente assegnato agli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

[3] Per il regolamento di organizzazione degli uffici di cui al presente comma vedi:

D.P.R. 22 settembre 2000, n. 451, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, successivamente abrogato e sostituito dal D.P.R. 3 luglio 2003, n. 227, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'economia e delle finanze.

D.P.R. 6 marzo 2001, n. 216, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della sanità successivamente abrogato e sostituito dal D.P.R. 12 giugno 2003, n. 208, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute.

D.P.R. 6 marzo 2001, n. 230, relativo agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri.

D.P.R. 6 marzo 2001, n. 243, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro dei lavori pubblici.

D.P.R. 6 marzo 2001, n. 245, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'ambiente, successivamente ridefinito Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, come modificato dal D.P.R. 15 febbraio 2006, n. 183.

D.P.R. 24 aprile 2001, n. 225, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro dei trasporti e della navigazione.

D.P.R. 24 aprile 2001, n. 320, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

D.P.R. 3 maggio 2001, n. 291, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro del commercio con l'estero.

D.P.R. 14 maggio 2001, n. 258, relativo agli uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro delle comunicazioni.

D.P.R. 14 maggio 2001, n. 303, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle politiche agricole e forestali.

D.P.R. 17 maggio 2001, n. 297, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro del lavoro.

D.P.R. 24 maggio 2001, n. 233, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro degli affari esteri.

D.P.R. 6 luglio 2001, n. 307, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro per i beni e le attività culturali.

D.P.R. 25 luglio 2001, n. 315, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia.

D.P.R. 7 settembre 2001, n. 398, relativo agli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno.

D.P.R. 21 marzo 2002, n. 98, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'interno.

D.P.R. 26 marzo 2002, n. 128, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

D.P.R. 14 ottobre 2003 n. 316, relativo agli uffici di diretta collaborazione del vice Ministro delle attività produttive.

D.P.R. 24 febbraio 2006, n.162, relativo agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della difesa.

Inquadramento

I temi centrali della riforma della dirigenza sviluppatasi a partire dal d.lgs. n. 29/1993 vanno individuati nella distinzione funzionale tra politica ed amministrazione e nella privatizzazione del rapporto di lavoro dirigenziale e dei poteri mediante i quali sono esercitate le prerogative datoriali-manageriali. Su questi due pilastri si è declinata l'attribuzione ai dirigenti, in via esclusiva, della diretta attuazione delle politiche pubbliche, cioè dell'attività gestionale di amministrazione concreta; agli organi di vertice, generalmente di estrazione politica, compete, invece, la funzione di indirizzo politico amministrativo e di controllo (cfr. l'art. 4 d.lgs. n. 165/2001).

Il dettato del comma 1 dell'art. 14 del decreto n. 165 si apre con il richiamo all'esercizio da parte del Ministro delle «funzioni di cui all'articolo 4, comma 1». La norma manifesta un valore aggiunto laddove reca due importanti precisazioni. Il Ministro esercita le proprie funzioni, come indicate alle successive lettere a) e b), anche sulla base delle proposte dei dirigenti degli uffici dirigenziali generali (cfr. il successivo art. 16). La definizione delle conseguenti determinazioni avviene, poi, periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio.

Il Ministro, quindi:

a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l'attività amministrativa e per la gestione. I caratteri di queste ultime sono specificati dall'art. 8 del d.lgs. n. 286/1999. La norma richiamata definisce le direttive documento base per la programmazione e la definizione degli obiettivi delle unità dirigenziali di primo livello. In tema, si veda ora il rilievo del Ciclo di gestione della performance e del Piano della performance, di cui rispettivamente agli artt. 4 e 10 del d.lgs. n. 150/2009. Il Piano della performance è, in particolare, il documento programmatico su base triennale che individua, entro il 31 gennaio di ogni anno, gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi e definisce gli indicatori per la misurazione e valutazione della performance dell'amministrazione, nonché gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori. Il Piano è, appunto, definito dall'organo di indirizzo politico-amministrativo in collaborazione con i vertici dell'amministrazione, secondo gli indirizzi impartiti dal Dipartimento della funzione pubblica;

b) assegna ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle amministrazioni una quota-parte delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità.

Prerogative del ministro e sfera gestionale.

la giurisprudenza ha stigmatizzato che «il potere ministeriale di impartire «direttive generali» deve tradursi in direttive di carattere generale aventi funzione di alta direzione e coordinamento, senza vincolare le scelte propriamente gestionali: ne consegue, l'illegittimità di una direttiva che si traduca in veri e propri «comandi»», ad es. fissando limiti massimi quantitativi. (T.A.R. Lazio, Roma III, n. 2765/2001).

Ancora, «l'attività programmatica attribuita ai ministri dal d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29 non può avere che natura normativa, perché nell'ipotesi in cui tendesse alla concreta cura di un singolo interesse pubblico sarebbe in stridente contrasto sia con il criterio direttivo di cui alla lett. g) n. 1 art. 2 l. delega del 23 ottobre 1992 n. 421 sia con il dato letterale dell'art. 14 comma 1 lett. a) d.lgs. n. 29 cit., nel testo sostituito dall'art. 8 d.lgs. n. 546/1993, ov'è prescritto che il ministro, nell'esercizio delle sue funzioni d'indirizzo politico, “emana le conseguenti direttive generali” (C. conti sez. centrale contr., n. 39/1995).

Ulteriore profilo è che «fino a che il Ministro non abbia provveduto a definire gli obiettivi ed i programmi dell'azione amministrativa ai sensi dell'art. 14 d.lgs. n. 29/1993, pur non potendosi affermare che sia totalmente interdetta ai dirigenti ogni attività di gestione, sussiste comunque un impedimento alla effettuazione di quelle spese che non derivino da una precostituita destinazione normativa, ma che richiedano per la loro effettuazione una ulteriore specificazione nonché la determinazione di priorità operative (C. conti sez. centrale contr., n. 35/1996). «Il decreto con il quale ciascun Ministro, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 29/1993, determina gli obiettivi e le priorità dell'azione amministrativa e impartisce ai dirigenti le necessarie direttive, costituisce presupposto necessario per lo svolgimento della successiva attività di gestione, in quanto antecedente necessario dei successivi decreti di assegnazione a ciascun dirigente delle risorse di bilancio da utilizzare; pertanto, in assenza della programmazione ministeriale, e ferma restando in tal caso la responsabilità politica del Ministro, i dirigenti possono unicamente emettere provvedimenti di gestione relativamente al precedente esercizio finanziario nonché effettuare, sulla competenza del nuovo esercizio, esclusivamente spese obbligatorie ovvero attività diretta al soddisfacimento di diritti di terzi già in precedenza maturati (C. conti sez. centrale contr., n. 104/1995).

Peraltro, dopo il d.lgs. n. 150/2009 (c.d. riforma Brunetta), sull'insieme delle funzioni di indirizzo e gestione si innesta una rinnovata organizzazione dell'attività di controllo/monitoraggio, supporto e «accompagnamento» del funzionamento complessivo del sistema, collegata, ma in qualche modo autonoma dalle stesse, ed esercitata da un attore integrato nel sistema di governance interno: l'Organismo indipendente di valutazione della performance (OIV) sostitutivo dei vecchi nuclei di valutazione, ex art. 14 del d.lgs. n. 150/2009. All'OIV è assegnata la funzione di garantire ed implementare l'orientamento alla performance dell'attività delle amministrazioni. Gli OIV «operano dall'interno, ma non partecipano alla gestione né all'indirizzo; essi sono collocati in posizione di indipendenza dal vertice politico amministrativo – pur se nominati dallo stesso – per garantire il buon esercizio delle funzioni di governo attivo, attraverso una attività di garanti del funzionamento del sistema in posizione di «cooperazione continua» con chi gestisce (la dirigenza manager) e chi programma e indirizza (l'organo politico amministrativo)» (Caruso).

La funzione di indirizzo e programmazione affidata alla politica ed implementata dal decreto n. 150/2009 viene, quindi, a svolgersi con un più marcato connotato tecnico. Si tratta «della programmazione strategica e dell'attuazione del programma politico, secondo linee di indirizzo e obiettivi (cfr. l'art. 5 del d.lgs. n. 150/2009) «chiari e distinti nei mezzi e nei risultati, che devono ispirarsi alle direttive/principi vincolanti, del merito e della trasparenza» (Caruso).

Si veda, al riguardo, anche il dettato del comma 1 dell'art. 15 del d.lgs. n. 150/2009, secondo cui «l'organo di indirizzo politico-amministrativo promuove la cultura della responsabilità per il miglioramento della performance, del merito, della trasparenza e dell'integrità». In tale ambito, il successivo comma 2 specifica che l'organo di indirizzo politico-amministrativo di ciascuna amministrazione: a) emana le direttive generali contenenti gli indirizzi strategici; b) definisce in collaborazione con i vertici dell'amministrazione il Piano della performance e la relativa Relazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettere a) e b); c) verifica il conseguimento effettivo degli obiettivi strategici; d) definisce il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità di cui all'articolo 11, nonché gli eventuali aggiornamenti annuali.

La diretta collaborazione.

Una volta distinta la responsabilità per l'indirizzo politico dalla responsabilità per la gestione amministrativa, è emersa la necessità di “attrezzare” l'attività di indirizzo con apposite strutture, distinte quanto a funzioni e organizzazione dagli uffici di line. Ciò per rendere disponibili le competenze e le professionalità necessarie alla determinazione degli indirizzi e delle priorità, al monitoraggio del processo di attuazione, al controllo dei risultati, all'accumulo di conoscenze ed esperienze, alla correzione e continua verifica delle scelte fatte (e del modo di fare le scelte).

Il comma 2 dell'art. 14 dispone, quindi, che per l'esercizio delle funzioni attribuitegli, il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione. L'esclusiva funzione degli stessi è ravvisabile nel porsi come strumento sia di definizione e di attuazione dell'indirizzo politico-amministrativo, a supporto delle decisioni dal vertice politico, sia – nel perseguire tale puntuale attuazione – di raccordo con la struttura amministrativa propriamente intesa.

Tali strutture sono istituite e disciplinati con regolamento governativo adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della l. n. 400/1988. La relativa normativa attuativa ha segnato la definitiva trasformazione della veste delle strutture direttamente serventi il Ministro, da uffici di supporto dell'»opera personale del ministro» (come si esprimeva il regio decreto 10 luglio 1924, n. 1110) a uffici di staff, ovvero “facilitatori di funzioni», con il compito di coadiuvare il ministro nella programmazione, nell'indirizzo e nel controllo dell'attività di gestione rimessa ai dirigenti.

Gli uffici di diretta collaborazione con il Ministro, «in quanto chiamati a svolgere istituzionalmente attività strumentale all'opera degli organi politici di vertice, possono essere assoggettati ad un regime organizzativo derogatorio rispetto alle regole valide per le normali strutture ministeriali, informate al principio di separatezza fra le attribuzioni dirigenziali e quelle ministeriali, senza, peraltro, essere sottratti alla normativa di principio, valida per tutte le amministrazioni contenuta nel d.lgs. 29/1993» (C. conti sez. centr. contr., n. 16/2001).

Per la concreta conformazione degli uffici di staff è garantita una ampia possibilità di scelta al vertice politico, sia pure entro un quadro definito. La disciplina generale indica, infatti, gli uffici necessari e le funzioni minime, ma consente articolazioni e arricchimenti a seconda delle esigenze (cfr. i princìpi e criteri direttivi di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 300/1999). Sul piano organizzativo, i nuovi uffici di staff sono stati strutturati superando, sostanzialmente, la tradizionale diarchia fra ufficio di gabinetto e ufficio legislativo, con l'individuazione del gabinetto quale centro unitario di imputazione e di organizzazione, ferma restando la possibilità di differenziare l'articolazione interna. Per quanto riguarda, invece, i titolari degli uffici, liberando i requisiti richiesti – “expertise”, professionalità, competenza – dalla necessaria corrispondenza con specifiche figure professionali (cfr. ancora l'art. 7 del d.lgs. n. 300/1999), si è accentuato il carattere fiduciario della scelta del titolare.

Come evidenziato da C. conti sez. centr. contr., n. 24/2001, «ai sensi dell'art. 7 d.lgs. n. 300 del 1999, la costituzione e la disciplina degli uffici di diretta collaborazione con i vertici politici dei ministeri di nuova istituzione deve essere attuata tramite distinti regolamenti governativi di delegificazione, uno per ciascuna amministrazione emessi su proposta dei diversi ministri interessati da adottare con le procedure previste dall'art. 17 comma 4-bis l. n. 400 del 1988; pertanto, non è legittimo l'intervento in materia di un regolamento generale governativo, neppure al limitato fine di dettare una normativa transitoria per la eliminazione di duplicazioni funzionali, regolamento emesso oltretutto, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, non potendosi ritenere equivalente alla proposta dei ministri competenti l'assenso tacito di questi ultimi desumibile dalla loro mancata obiezione al provvedimento in sede di riesame da parte del Consiglio dei ministri».

Il personale degli staff

Agli uffici di diretta collaborazione sono assegnati (nei limiti stabiliti dal regolamento di disciplina): dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della l. n. 127/1997. La norma richiamata sancisce che, laddove speciali disposizioni legislative o regolamentari prevedano l'utilizzo presso altre pubbliche amministrazioni di un contingente di personale fuori ruolo o in comando, la concessione degli stessi assume i contorni di un atto necessitato/dovuto. Le amministrazioni di appartenenza sono, infatti, tenute ad adottare il relativo provvedimento entro quindici giorni dalla richiesta.

Una specifica peculiarità si rinviene riguardo il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli. Tale trattamento, «consistente in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale».

Coerente rispetto alle funzioni degli uffici in questione è l'introduzione (operata dal comma 24-bis dell'art. 1, d.l. n. 181/2006) di un meccanismo di decadenza automatica dagli incarichi. Novellando il comma 2 dell'art. 14 del decreto 165, il legislatore ha prescritto che «all'atto del giuramento del Ministro, tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine, conferiti nell'ambito degli uffici di cui al presente comma, decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro».

La disposizione contempla, in sostanza, un sistema di spoils system (condizionato alla mancata conferma) applicato alle assegnazioni di personale, compresi gli incarichi di livello dirigenziale, riferiti agli uffici di diretta collaborazione con il Ministro (Di Casola, 1055).

Su tale novella si è espressa Corte cost. n. 304/2010. Il Giudice delle leggi ha statuito che «le funzioni di indirizzo politico-amministrativo – una volta abbandonato il modello incentrato esclusivamente sul principio della responsabilità ministeriale, che negava, di regola, attribuzioni autonome ed esterne agli organi burocratici – sono nettamente separate dall'attività gestionale che i dirigenti svolgono mediante apposite strutture organizzative (cosiddetti uffici di line). In questo ambito, gli uffici di diretta collaborazione con il Ministro (cosiddetti uffici di staff), nella configurazione che di essi ha dato la normativa vigente, svolgono una attività di supporto strettamente correlata all'esercizio delle predette funzioni di indirizzo politico-amministrativo. Emerge, quindi, come gli uffici di diretta collaborazione svolgano un'attività strumentale rispetto a quella esercitata dal Ministro, collocandosi, conseguentemente, in un contesto diverso da quello proprio degli organi burocratici. Detti uffici, infatti, sono collocati in un ambito organizzativo riservato all'attività politica con compiti di supporto delle stesse funzioni di governo e di raccordo tra queste e quelle amministrative di competenza dei dirigenti. In questa prospettiva, non assume rilievo la distinzione funzionale tra le attribuzioni del Ministero e quelle degli uffici in esame, dovendo, al contrario, sussistere tra loro una intima compenetrazione e coesione che giustifichi un rapporto strettamente fiduciario finalizzato alla compiuta definizione dell'indirizzo politico-amministrativo. La separazione di funzioni necessaria per assicurare il rispetto, in particolare, dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, deve essere assicurata, pertanto, esclusivamente tra l'attività svolta dai Ministri, con il supporto degli uffici di diretta collaborazione, e quella esercitata dagli organi burocratici, cui spetta la funzione di amministrazione attiva». Chiarito ciò, deve ritenersi costituzionalmente legittima la disposizioni di legge (articolo 1, comma 24-bis, del d.l. n. 181/2006, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 233/2006) che prevede la interruzione del rapporto in corso con il personale, compreso quello dirigenziale, assegnato agli uffici di diretta collaborazione al momento del giuramento di un nuovo Ministro, ove non confermato entro trenta giorni dal giuramento stesso. La previsione in esame, infatti, si giustifica in ragione del rapporto strettamente fiduciario che deve sussistere tra l'organo di governo e tutto il personale di cui esso si avvale per svolgere l'attività di indirizzo politico-amministrativo. [...] Né si potrebbe obiettare che quanto sin qui esposto non varrebbe per tutto il personale, ma soltanto, avendo riguardo alla specifica controversia in esame, per il capo di Gabinetto. L'attuale configurazione degli uffici di diretta collaborazione impedisce, infatti, in linea con i compiti ad essi assegnati, di scindere l'attività di chi svolge funzioni “apicali” da quella espletata dal personale addetto allo stesso ufficio. In definitiva, pertanto, la unitarietà degli uffici stessi giustifica, pur nella diversità dei compiti del personale ad essi assegnato, un trattamento normativo omogeneo in relazione alle modalità di cessazione degli incarichi conferiti».

La messa in sicurezza degli atti dei dirigenti dai poteri di intervento del Ministro

La prima formulazione del d.lgs. n. 29/1993 suscitava molti germi di dubbio in ordine ai poteri rimasti in capo ai Ministri relativamente agli atti dei dirigenti. La normativa risultava assolutamente laconica sul tema. Era previsto il divieto dell'avocazione, salvo casi eccezionali di urgenza, ma nulla si diceva in merito al permanere del potere ministeriale di annullamento, revoca o riforma, così come in ordine al potere di decisione dei ricorsi gerarchici sugli atti dirigenziali.

L'attuale formulazione del comma 3 dell'art. 14 del decreto n. 165, debitore delle modificazioni apportate dal d.lgs. n. 80/1998, ha operato una radicale trasmutazione del potere di intervento del ministro, confinandolo a ipotesi residuali e tassative.

Il legislatore ha specificato che l'autorità ministeriale ha perso il potere di revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. Viene, quindi, interdetto al ministro di intervenire con un qualsiasi provvedimento che comporti una valutazione di merito in tema di gestione.

Tuttavia, la recessione del rapporto di gerarchia non può pregiudicare la continuità dell'azione amministrativa, sicché la seconda parte del comma 3 prevede una sorta di actio interrogatoria, stabilendo che in caso di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti e i provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente, che determinano pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro non ha facoltà di avocare l'atto ma può nominare, previa contestazione (fatti salvi i casi di urgenza), un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio del Ministri del relativo provvedimento.

La non ingerenza dell'organo politico viene garantita nella sua massima estensione, atteso che al Ministro spetta unicamente il ricorso al commissario ad acta.

Fermo è rimasto, invece, il potere governativo di annullamento straordinario per motivi di legittimità (volto a tutelare l'unità dell'ordinamento, ex art. 2, comma 3, lett. p) della l. n. 400/1988), come pure il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità. Tale strumento, in quanto limitato al solo sindacato estrinseco di legittimità, è stato reputato non incompatibile con il nuovo modello dei rapporti tra organo politico e dirigenti. Il d.lgs. n. 165/2001 fa, inoltre, specificamente salvi anche i poteri di annullamento del Ministro dell'interno nei confronti di alcuni provvedimenti dei prefetti e di atti delle autorità di pubblica sicurezza. Il riferimento è all'art. 6 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (r.d. n. 773/1931) e all'art. 10 del relativo regolamento (r.d. n. 635/1940).

Quanto al potere di decisione su ricorso gerarchico è l'art. 16 d.lgs. n. 165/2001 ad aver espressamente sancito la caducazione del potere di decisione ministeriale del ricorso gerarchico avverso gli atti dirigenziali. La norma richiamata, per un verso, considera definitivi gli atti adottati dai dirigenti preposti ad uffici dirigenziali generali, quindi gli atti dirigenziali promanati dalla figura di vertice non sono più sindacabili in sede amministrativa; per altro verso, gli atti non definitivi emanati da dirigenti non preposti a uffici dirigenziali generali sono sindacabili con ricorso rivolto al titolare dell'ufficio di livello sopraordinato. È così esclusa la possibilità di intervento diretto del Ministro, in sede di decisione del ricorso gerarchico, sul merito delle scelte dirigenziali.

A diverse conclusioni è giunta l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato riguardo il potere ministeriale di decisione sui ricorsi gerarchici impropri. Ad avviso dei magistrati di Palazzo Spada, le norme che contemplano tali ricorsi, di carattere eccezionale, rimandano ad un rapporto interorganico tra plessi diversi e non già ad un rapporto gerarchico in senso stretto: la specialità del rimedio, quindi, prevarrebbe sul principio della definitività degli atti dirigenziali (Cons. St., Ad. gen., n. 7/1999).

Bibliografia

Caruso, Le dirigenze pubbliche tra nuovi poteri e responsabilità (Il ridisegno della governance nella p.a. italiane), in csdle.lex.unict.it, 2010; Di Casola, Le dirigenze pubbliche nei recenti interventi normativi: funzioni e rapporto con la politica, in Le ist. del federalismo, 2009, 5-6, 1031.

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