Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 23 - Ruolo dei dirigenti 1 (Art. 23 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 15 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 8 del d.lgs n. 387 del 1998)

Ciro Silvestro

Ruolo dei dirigenti 1

(Art. 23 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 15 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 8 del d.lgs n. 387 del 1998)

1. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica. I dirigenti della seconda fascia sono reclutati attraverso i meccanismi di accesso di cui all'articolo 28. I dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, in base ai particolari ordinamenti di cui all'articolo 19, comma 11, per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste dall'articolo 21 per le ipotesi di responsabilità dirigenziale, nei limiti dei posti disponibili, ovvero nel momento in cui si verifica la prima disponibilita' di posto utile, tenuto conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, della data di maturazione del requisito dei cinque anni e, a parita' di data di maturazione, della maggiore anzianita' nella qualifica dirigenziale2.

2. È assicurata la mobilità dei dirigenti, nei limiti dei posti disponibili, in base all' articolo 30 del presente decreto. I contratti o accordi collettivi nazionali disciplinano, secondo il criterio della continuità dei rapporti e privilegiando la libera scelta del dirigente, gli effetti connessi ai trasferimenti e alla mobilità in generale in ordine al mantenimento del rapporto assicurativo con l'ente di previdenza, al trattamento di fine rapporto e allo stato giuridico legato all'anzianità di servizio e al fondo di previdenza complementare. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica cura una banca dati informatica contenente i dati relativi ai ruoli delle amministrazioni dello Stato3.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 3, comma 4, della legge 15 luglio 2002, n. 145. Per il Regolamento relativo all'istituzione, l'organizzazione ed il funzionamento del ruolo dei dirigenti presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, vedi D.P.R. 23 aprile 2004 n. 108.

[2] Comma modificato dall'articolo 14-sexies del D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e successivamente dall'articolo 43, comma 1, del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. A norma dell'articolo 43, comma 2, del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, per i dirigenti ai quali sia stato conferito l'incarico di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto, il termine di cui al terzo periodo del presente comma, rimane fissato in tre anni. Comma successivamente modificato dall'articolo 2, comma 15 bis, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95.

Inquadramento

Il testo attuale dell'art. 23 del decreto n. 165 è il punto di arrivo di una altalenante vicenda normativa.

Con l'art. 23 del d.lgs. n. 29/1993, il legislatore delegato aveva previsto l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio – Dipartimento della Funzione Pubblica di un albo dei dirigenti in servizio nelle amministrazioni pubbliche, a fini conoscitivi e per consentire l'attuazione della disciplina in materia di mobilita. L'albo in questione è, tuttavia, rimasto solo sulla carta.

L'art. 15 del d.lgs. n. 80/1998, successivamente, sostituì il detto albo con un ruolo unico dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.

L'inedito istituto era volto ad eliminare uno dei fattori storici di rigidità della dirigenza statale, la polverizzazione, appunto, degli organici in tanti ruoli per ciascuna amministrazione e, talvolta, con più ruoli all'interno di una stessa amministrazione (Meoli, 1188; Stancanelli, 825).

A distanza di quattro anni, la l. n. 145/2002 ha operato un radicale ripensamento, cancellando il ruolo unico e tornando a prescrivere l'istituzione di ruoli distinti in ogni amministrazione, articolati nelle due fasce e con apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica.

Tramontata l'idea, alla base del ruolo unico, di promuovere la formazione di una dirigenza con competenze generaliste, forte, in particolar modo, di capacità direzionali e manageriali, si è così riproposto il sistema dei ruoli differenziati, ritenuto più funzionale alla esigenza di una più elevata specializzazione dei dirigenti (cfr. anche il d.P.R. n. 108/2004, «Regolamento recante disciplina per l'istituzione, l'organizzazione ed il funzionamento del ruolo dei dirigenti presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo») (Zoppoli, 1038).

La qualifica unica e il passaggio di fascia.

Le due fasce in cui è articolata la dirigenza statale contrattualizzata non si configurano stricto sensu come qualifiche, perché ad esse non corrispondono mansioni necessariamente distinte. Vige, quindi, un sistema centrato su una qualifica dirigenziale unica, nel contesto di un modello improntato ad una logica di tipo funzionale –organizzativo, e non più basato sullo status. Le relative fasce non costituiscono una mera graduazione di livelli di funzione e di responsabilità, atteso che alle stesse corrisponde un differente trattamento economico e che l'appartenenza all'una o all'altra non dipende dalla funzione al momento e concretamente rivestita.

In sostanza, non vi è più sopraordinazione tra i dirigenti in base alla qualifica dirigenziale posseduta, ma soltanto sopraordinazione tra gli uffici. Ciò è testualmente confermato dal comma 3 dell'art. 15 del d.lgs. n. 165, laddove viene statuito che in ciascuna struttura organizzativa non affidata alla direzione del dirigente generale, «il dirigente preposto all'ufficio di più elevato livello è sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di livello inferiore». Le fasce rilevano, invece, ai fini del conferimento degli incarichi: quelli di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale sono, comunque, in parte riservati (nella misura minima del 30%) ai dirigenti della prima fascia, mentre gli incarichi relativi alle figure dirigenziali preposte ad uffici apicali, con funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali generali (segretari generali, capi di dipartimenti o incarichi di livello equivalente), possono essere conferiti esclusivamente a dirigenti della prima fascia dei ruoli (laddove la scelta cada su un interno, cfr. i commi 3 e 4 dell'art. 19 del decreto n. 165).

Il comma 1 dell'art. 23 prosegue statuendo che sono iscritti nella seconda fascia i dirigenti reclutati attraverso i meccanismi di accesso previsti nell'art. 28 del decreto n. 165. L'art. 43, comma 1, del d.lgs. n. 150/2009, modificando proprio il comma 1 in esame, ha, poi, riportato a cinque anni (dai precedenti tre) il periodo di svolgimento di un incarico di livello generale da parte di un dirigente di seconda fascia (senza incorrere nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale) necessario a consentire il passaggio nella prima fascia. A tale meccanismo è stato aggiunto, dalla riforma Brunetta, un canale di accesso concorsuale alla prima fascia, introdotto con l'art. 28-bis del decreto n. 165.

Il disposto del comma 1 va, inoltre, combinato con quello dell'art. 19, comma 2, del decreto n. 165, che limita a tre anni la durata del primo conferimento di un incarico di ufficio dirigenziale generale (o equivalente) ad un dirigente appartenente alla seconda fascia. Ciò comporta che per passare alla prima fascia – in base al suddetto meccanismo «di scivolamento», che valorizza le concrete esperienze realizzate – è necessario per il dirigente aver ricevuto almeno due incarichi o essere stato almeno una volta confermato nello stesso incarico dirigenziale generale. Viene, così, impresso al sistema un tratto di maggiore rigore.

Con norma transitoria, il comma 2 dell'art. 43 d.lgs. n. 150/2009 ha anche sancito che «per i dirigenti ai quali sia stato conferito l'incarico di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti prima dell'entrata in vigore del presente decreto, il termine di cui all'art. 23, comma 1, terzo periodo, del d.lgs. n.165 del 2001, rimane fissato in tre anni».

Successivamente, l'art. 2, comma 15-bis, del d.l. n. 95/2012, ha aggiunto un ulteriore prescrizione in coda al comma 1 dell'art. 23. Il legislatore ha, infatti, curato di specificare che il transito dei dirigenti alla prima fascia, per scivolamento, si realizza «nei limiti dei posti disponibili, ovvero nel momento in cui si verifica la prima disponibilità di posto utile, tenuto conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, della data di maturazione del requisito dei cinque anni e, a parità di data di maturazione, della maggiore anzianità nella qualifica dirigenziale».

C. conti sez. centrale contr., n. 2/2009 ha, a suo tempo, sottolineato che «gli incarichi di consulenza, studio e ricerca di cui all'art. 19, comma 10, del d.lgs. n. 165/2001, in quanto previsti nella pianta organica della struttura ministeriale, rappresentando Uffici permanenti di svolgimento di funzioni, si configurano come equiordinati agli uffici con funzioni gestionali e si distinguono soltanto per la natura delle attività svolte e delle connesse responsabilità, nonché per l'entità dei beni strumentali di cui ogni ufficio necessita per il perseguimento degli obiettivi di volta in volta assegnati, con la conseguenza che l'ambito temporale maturato nelle anzidette funzioni dai dirigenti di seconda fascia, è idoneo requisito ai fini del transito nella prima fascia del ruolo dell'amministrazione nella quale svolgono l'incarico. L'evoluzione normativa ha progressivamente attenuato l'accennata “residualità ed accessorietà” degli incarichi di consulenza, studio e ricerca rispetto agli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali che caratterizzava la versione originaria del d.lgs. n. 29/1993, attenuazione che veniva confermata con la disciplina del ruolo unico sulla dirigenza delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, introdotta con il d.P.R. n. 150/1999. L'abolizione del ruolo unico della dirigenza ad opera della l. n.145/2002 e la conseguente istituzione dei singoli ruoli dirigenziali presso ciascuna Amministrazione dello Stato ha valorizzato la funzione di tale tipologia di incarichi confermando la necessità – peraltro già evidenziata in base al sistema previgente – di creare una corrispondenza tra gli incarichi di consulenza e l'organigramma dell'Amministrazione. Occorre inoltre rilevare che l'art. 23 d.lgs. n. 165/2001, nel delineare i presupposti per l'inquadramento nella prima fascia della qualifica dirigenziale, non richiede che il dirigente sia preventivamente sottoposto ad una procedura di valutazione, ma soltanto che durante il triennio il medesimo non sia incorso in ipotesi di responsabilità dirigenziale. Ciò in quanto la valutazione del dirigente, con particolare riferimento ai risultati raggiunti nello svolgimento dell'incarico dirigenziale generale viene condotta, ordinariamente, in base alle previsioni del d.lgs. n. 286/1999».

In dottrina si è, allo stato, osservato che, pur se nel quadro normativo successivo alla riforma Brunetta non sono state introdotte disposizioni formali e di principio su una diversificazione di ruolo e di status giuridico, la dirigenza si presenta maggiormente differenziata se si guarda all'esito finale del nuovo complessivo assetto regolativo. Si manifesta, infatti, una «stratificazione gerarchica derivante da una maggiore differenziazione interna; differenziazione che si è fatta strada già in vigenza del TUPI pre riforma, in via di aggiustamenti di fonte normativa, regolamentare e accorgimenti contrattuali collettivi, irradiandosi sulle altre dirigenze dalla dirigenza ministeriale (dove la diversificazione di ruolo era stata introdotta dalla riforma Frattini e dal d.P.R. n. 108/2004). La differenza tra alta e bassa dirigenza è oggi, in qualche modo, ratificata dalla riforma per la dirigenza statale. Valgano le disposizioni che, per la dirigenza statale, differenziano i criteri di accesso alle due fasce, seconda e prima (artt. 28 del Tupi novellato, soprattutto nella rubrica, e nuovo art. 28-bis che regola ex novo l'accesso alla dirigenza di prima fascia). Si tratta di una differenziazione che, con percorsi regolativi autonomi, si va affermando in quasi tutte le p.a., almeno quelle ad organizzazione complessa; e si rileva sia con riferimento al trattamento economico, sia alle responsabilità, ma anche alla disciplina di selezione e di conferimento dell'incarico. Nella prima fascia si concentrano i direttori generali e volte i vicedirettori, i capi struttura, i capi dipartimenti i dirigenti di struttura complessa con più spiccate funzioni manageriali e gestionali: tutto quel che, in varie disposizioni, il decreto definisce sincreticamente «i vertici dell'amministrazione» o dirigenti titolari di incarichi apicali; costoro, a vario livello, mantengono un rapporto diretto con il vertice politico, partecipando delle funzioni tecniche dell'organo di indirizzo politico amministrativo. Nella seconda fascia si concentra, invece, la dirigenza professionale (la più numerosa) con limitati compiti gestionali, composta da dipendenti di carriera immessi nell'organizzazione pubblica mediante una procedura selettiva concorsuale o comunque tendenzialmente meritocratica. Qualora, dunque, si continui a considerare la dirigenza nel suo insieme, secondo il noto richiamo mitologico, un Giano bifronte, questo significa che, nella prima fascia, si evidenziano di più i connotati della «testa manageriale»; nella seconda fascia i connotati della «testa del lavoratore subordinato», ancorché il dirigente svolga alte funzioni professionali e sia dotato di un certo potere di coordinamento, direzione e valutazione dei sottoposti. Si tratta, per altro, di un potere fortemente responsabilizzato e controllato dall'alta dirigenza, più ancora che dall'organo di indirizzo politico amministrativo che non esercita funzioni gestionali ma, in qualche modo, vi partecipa attraverso l'alta dirigenza che le condivide entrambe» (Caruso).

Il sistema di mobilità dirigenziale.

Anche il secondo comma dell'art. 23 in esame è stato oggetto di vari rimaneggiamenti.

Venuta meno con la scomparsa del ruolo unico l'intrinseca possibilità di mobilità dei dirigenti all'interno dello stesso, il comma 2 dell'art. 23 del decreto n. 165, come riformulato dalla l. n. 145/2002, si è preoccupato di assicurare un alternativo sistema di mobilità nell'ambito delle amministrazioni dello Stato (naturalmente, nei limiti dei posti dirigenziali ivi disponibili). I relativi provvedimenti andavano, infatti, «adottati, su domanda dell'interessato, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, sentite l'amministrazione di provenienza e quella di destinazione. La successiva novella sopravvenuta con il d.l. n. 136/2004 ha scelto di rinviare per la mobilità dei dirigenti, nel limite dei posti disponibili, alla generale disciplina di cui all'art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, invece che normarla direttamente.

I contratti o accordi collettivi nazionali disciplinano, secondo il criterio della continuità dei rapporti e privilegiando la libera scelta del dirigente, gli effetti connessi ai trasferimenti e alla mobilità in generale in ordine al mantenimento del rapporto assicurativo con l'ente di previdenza, al trattamento di fine rapporto e allo stato giuridico legato all'anzianità di servizio e al fondo di previdenza complementare. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica cura una banca dati informatica contenente i dati relativi ai ruoli delle amministrazioni dello Stato. La predetta banca dati ricalaca l'naloga soluzione già prevista nel 1998 per alimentare quel «mercato» della dirigenza che rappresentava l'obiettivo principe del ruolo unico. Quando, con la l. n. 145/2002, il legislatore ha deciso di optare per il sistema dei ruoli differenziati, alla banca dati informatica è residuata sostanzialmente una mera funzione statistico/conoscitivo.

Bibliografia

Caruso, Le dirigenze pubbliche tra nuovi poteri e responsabilità (Il ridisegno della governance nella p.a. italiane), in csdle.lex.unict.it, 2010; D'Alessio, Il nuovo statuto della funzione pubblica nella legge delega n. 124 del 2015: la dirigenza, in Le ist. del federalismo, 2015, 3, 593; Stancanelli, Il ruolo unico della dirigenza dello Stato, in Giornale di dir. amm., 1999, 9, 825; Zoppoli, Dal ruolo unico ai ruoli della dirigenza statale: e la «privatizzazione»?, in Il lavoro nelle p.a., 2002, 6, 1038.

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