Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 24 - Trattamento economico (Art. 24 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 13 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall'art. 16 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato prima dall'art. 9 del d.lgs n. 387 del 1998 e poi dall'art. 26, comma 6 della legge n. 448 del 1998)

Ciro Silvestro

Trattamento economico

(Art. 24 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 13 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall'art. 16 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato prima dall'art. 9 del d.lgs n. 387 del 1998 e poi dall'art. 26, comma 6 della legge n. 448 del 1998)

1. La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite , alle connesse responsabilita' e ai risultati conseguiti. La graduazione delle funzioni e responsabilità ai fini del trattamento accessorio è definita, ai sensi dell'articolo 4, con decreto ministeriale per le amministrazioni dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le altre amministrazioni o enti, ferma restando comunque l'osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze1.

1-bis. Il trattamento accessorio collegato ai risultati deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva del dirigente considerata al netto della retribuzione individuale di anzianita' e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell'onnicomprensivita' 2.

1-ter. I contratti collettivi nazionali incrementano progressivamente la componente legata al risultato, in modo da adeguarsi a quanto disposto dal comma 1-bis, entro la tornata contrattuale successiva a quella decorrente dal 1° gennaio 2010, destinando comunque a tale componente tutti gli incrementi previsti per la parte accessoria della retribuzione. La disposizione di cui al comma 1-bis non si applica alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale e dall'attuazione del medesimo comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica3.

1-quater. La parte della retribuzione collegata al raggiungimento dei risultati della prestazione non puo' essere corrisposta al dirigente responsabile qualora l'amministrazione di appartenenza, decorso il periodo transitorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, non abbia predisposto il sistema di valutazione di cui al Titolo II del citato decreto legislativo 4.

2. Per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale ai sensi dell'articolo 19, commi 3 e 4, con contratto individuale è stabilito il trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, e sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, ed i relativi importi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri per l'individuazione dei trattamenti accessori massimi, secondo principi di contenimento della spesa e di uniformità e perequazione5.

3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza6.

4. Per il restante personale con qualifica dirigenziale indicato dall'articolo 3, comma 1, la retribuzione è determinata ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 7, della legge 6 marzo 1992, n. 216 nonché dalle successive modifiche ed integrazioni della relativa disciplina.

5. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie, nell'ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di personale di cui all'articolo 3, indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi comunque determinatisi a partire dal febbraio 1993 e secondo i criteri indicati nell'articolo 1, comma 2, della legge 2 ottobre 1997, n. 334.

6. I fondi per la perequazione di cui all'articolo 2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334, destinati al personale di cui all'articolo 3, comma 2, sono assegnati alle università e da queste utilizzati per l'incentivazione dell'impegno didattico dei professori e ricercatori universitari, con particolare riferimento al sostegno dell'innovazione didattica, delle attività di orientamento e tutorato, della diversificazione dell'offerta formativa. Le università possono destinare allo stesso scopo propri fondi, utilizzando anche le somme attualmente stanziate per il pagamento delle supplenze e degli affidamenti. Le università possono erogare, a valere sul proprio bilancio, appositi compensi incentivanti ai professori e ricercatori universitari che svolgono attività di ricerca nell'ambito dei progetti e dei programmi dell'Unione europea e internazionali. L'incentivazione, a valere sui fondi di cui all'articolo 2 della predetta legge n. 334 del 1997, è erogata come assegno aggiuntivo pensionabile.

7. I compensi spettanti in base a norme speciali ai dirigenti dei ruoli di cui all'articolo 23 o equiparati sono assorbiti nel trattamento economico attribuito ai sensi dei commi precedenti7.

8. Ai fini della determinazione del trattamento economico accessorio le risorse che si rendono disponibili ai sensi del comma 7 confluiscono in appositi fondi istituiti presso ciascuna amministrazione, unitamente agli altri compensi previsti dal presente articolo8.

[9. Una quota pari al 10 per cento delle risorse di ciascun fondo confluisce in un apposito fondo costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Le predette quote sono ridistribuite tra i fondi di cui al comma 8, secondo criteri diretti ad armonizzare la quantità di risorse disponibili.] 9

[5] Comma modificato dall'articolo 34 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223.

Inquadramento

La retribuzione del personale con qualifica di dirigente remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti al dirigente nonché qualsiasi incarico conferito in ragione del proprio ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso la quale si presta servizio. Essa è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti, in funzione di differenziazione e di incentivazione (art. 24, comma 1, d.lgs. n. 165).

La graduazione delle funzioni e responsabilità, ai fini del trattamento accessorio, è definita dalle amministrazioni pubbliche con provvedimento dei rispettivi organi di governo (per lo Stato con decreto ministeriale), ferma restando l'osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate dal Presidente del Consiglio dei Ministro di concerto con il Ministro dell'economia.

In tema si segnala Corte cost. n. 18/2013 che ha statuito l'illegttimità costituzione di una norma di legge regionale laddove era previsto che «il trattamento economico dei dirigenti di Area Funzionale è definito dall'Ufficio di Presidenza», poiché la disciplina del trattamento economico dei dirigenti deve essere ritenuta compresa nella materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.».

Per i limite massimo retributivo per tutto il personale pubblico, fissato in 240.000 euro (parametro di riferimento, il trattamento economico spettante al primo presidente della Corte di cassazione) cfr. gli art. 23-bis e 23-ter del d.l. n. 201/2011, il d.P.C.M. 23 marzo 2012 e le previsioni dell'art. 1, commi 471-474, l. n. 147/2013, e dell'art. 13, d.l. n. 66/2014. La legittimità costituzionale di tali disposizioni è confermata da Corte cost. n. 27/2022. Per la rideterminazione del limite massimo in relazione agli incrementi medi calcolati dall'Istat, cfr. l'art. 1, comma 68, l. n. 234/2021.

Posizione e risultato.

Le fonti legali e contrattuali distinguono, in primo luogo, nella struttura della retribuzione della dirigenza, tra parte fissa e parte variabile.

La parte fissa è costituita sostanzialmente dallo stipendio tabellare e voci collegate, dalla retribuzione di posizione di parte fissa e da altre voci con carattere di fissità e continuatività; quella variabile contempla retribuzione di posizione parte variabile e di risultato.

Vanno, poi, identificate la componente stipendiale fondamentale e le componenti retributive accessorie collegate alla pesatura delle posizioni lavorative e ai risultati (retribuzione di posizione e di risultato).

La retribuzione di posizione dirigenziale «costituisce una voce della retribuzione mensile, ma si differenzia dalla precedente indennità di funzione – che era unica per tutti i dirigenti appartenenti ad una stessa fascia (prima o seconda classe) – in quanto va correlata alle peculiari funzioni assegnate ed alle connesse responsabilità, che vanno valutate in relazione ai servizi resi e/o da rendere, “lato sensu”, ai cittadini, ora che esiste un'unica qualifica dirigenziale. Le amministrazioni, inoltre, devono attribuire un valore economico ad ogni singola posizione dirigenziale prevista nell'assetto organizzativo dell'ente, sulla base delle risultanze della graduazione delle funzioni». Così T.A.R. Sicilia, Catania III, n. 1228/2002. La graduazione, «quale provvedimento amministrativo di natura costitutiva e non meramente ricognitiva delle funzioni svolte dai dirigenti, rappresenta il presupposto indefettibile ai fini della corresponsione dell'indennità di posizione» (Cons. St., n. 4072/2000); in sede di graduazione delle posizioni dirigenziali e di conseguente attribuzione dei valori economici, l'amministrazione datrice di lavoro svolge un'attività che si concreta non in una scelta ovvero in una valutazione comparativa tra soggetti ben individuati, ma in una semplice graduazione delle posizioni organizzative senza alcun riferimento ai singoli dirigenti preposti alle diverse strutture (Cons. St. IV, n. 3259/2000). Per T.A.R. Calabria, Reggio Calabrian. 761/2004, «la valutazione degli specifici contenuti di ciascuna posizione dirigenziale risulta caratterizzata da una latissima discrezionalità, con la conseguenza che, non solo appare nei fatti difficilmente immaginabile una reale identità di funzioni tra diversi dirigenti, ma qualsiasi apprezzamento espresso al riguardo dall'amministrazione potrebbe essere censurato in sede giurisdizionale solo sotto il profilo dell'eccesso di potere per manifesta illogicità o palese travisamento dei fatti». Anche Cons. St. V, n. 3365/2006 ribadisce che «non è illegittima la previsione di un'amplissima fascia di retribuzioni di posizione, nell'ambito dell'unica qualifica dirigenziale, atteso che la finalità della normativa in materia è proprio quella di evitare appiattimenti retributivi, premiando il merito e la professionalità. Né è illegittimo il metodo “Hay”, usato per individuare le varie posizioni dirigenziali. Il ricorso a determinati parametri di riferimento e a determinate metodologie, al fine di individuare i criteri per l'attribuzione dell'indennità in questione, comporta apprezzamenti e valutazioni di merito insindacabili, tranne che nel caso di manifesti vizi di illogicità».

L'indennità di risultato ha, invece, carattere premiale, visto che la relativa attribuzione dipende dalla positiva valutazione dei risultati delle attività svolte dal dirigente (Cass. sez. lav., n. 12206/2016; Cass. sez. lav., n. 14949/2015).

Dopo l'intervento della riforma Brunetta del 2009, la legge prescrive che la parte collegata ai risultati deve costituire almeno il 30% della retribuzione complessiva del dirigente (considerata al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell'onnicomprensività). È questo il contenuto del comma 1-bis dell'art. 24 in commento.

A tale disposizione fanno seguito due ulteriori commi (1-ter e 1-quater), aggiunti dal legislatore delegato del 2009.

Il primo indica una direttrice di marcia ai contratti collettivi nazionali, che incrementano progressivamente la componente legata al risultato, in modo da adeguarsi a quanto disposto dal comma 1-bis». Viene anche precisato che: «la disposizione di cui al comma 1-bis non si applica alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale e dall'attuazione del medesimo comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Con una norma di salvaguardia, il comma 1-quater dell'art. 24 vieta di corrispondere, al dirigente responsabile, la retribuzione di risultato «qualora l'amministrazione di appartenenza, decorso il periodo transitorio di sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della delega di cui alla l. 4 marzo 2009, n. 15, non abbia predisposto il sistema di valutazione di cui al Titolo II del citato decreto legislativo».

Trattamento economico per gli incarichi dirigenziali di livello apicale e per le categorie in regime di diritto pubblico.

Per gli incarichi degli uffici dirigenziali di livello generale e apicale (normati dai commi 3 e 4 dell'art. 19 del decreto n. 165), con contratto individuale è stabilito il trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, e sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, ed i relativi importi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri per l'individuazione dei trattamenti accessori massimi, secondo principi di contenimento della spesa e di uniformità e perequazione (veri paletti all'autonomia negoziale, aggiunti dal d.l. n. 223/2006).

Il legislatore ha ritenuto che la negoziazione su base individuale possa, per gli incarichi di livello più alto, adeguare al meglio il trattamento economico all'incarico conferito. D'altronde, l'esclusione di una contrattazione collettiva riservata ai dirigenti di massimo livello evita talune ambiguità, fra le quali la possibile confusione di ruoli (potendo diventare i dirigenti titolari degli uffici di massima rilevanza le naturali controparti di sé stessi) (Zilio Grandi).

Il comma quarto dell'art. 24 rinvia, poi, per la determinazione della retribuzione del personale dirigenziale appartenente alle categorie rimaste in regime di diritto pubblico, ex art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, all'art. 2, commi 5 e 7, della l n. 216/1992, nonché alle successive modifiche ed integrazioni della relativa disciplina. Secondo il meccanismo individuato dalla normativa richiamata, il trattamento economico retributivo, fondamentale ed accessorio è aggiornato annualmente con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, nel rispetto delle norme generali vigenti, in ragione della media degli incrementi retributivi realizzati, secondo le procedure e con le modalità previste dalle norme vigenti, dalle altre categorie di pubblici dipendenti nell'anno precedente».

A seguire, il comma 5 dell'art. 24 riguarda i meccanismi e le risorse per assicurare in caso di perequazione, il riequilibro «del trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi comunque determinatesi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell'art. 1, comma 2, della l. n. 334/1997».

In modo analogo, il comma 6 dell'art. 24 detta indicazioni specifiche per il personale di cui all'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 (professori e ricercatori universitari).

Il principio di onnicomprensività

Il terzo comma dell'art. 24 positivizza uno dei principi cardine del trattamento economico dei dirigenti, il principio dell'onnicomprensività. Il trattamento economico sia fondamentale che accessorio remunera non solo tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal decreto 165, ma anche qualsiasi incarico ai medesimi conferito in ragione dell'ufficio. Anzi, per l'applicabilità del principio di cui al comma in esame è sufficiente che l'incarico sia comunque conferito dall'amministrazione presso cui si presti servizio direttamente o per sua designazione.

Laddove l'erogatore del compenso, correlato all'incarico conferito, sia un soggetto terzo, viene previsto che i compensi dovuti siano corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscano nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza.

Ancora in applicazione del principio dell'onnicomprensività, il comma settimo dell'articolo in commento precisa che «i compensi spettanti in base a norme speciali ai dirigenti dei ruoli di cui all'art. 23 o equiparati sono assorbiti nel trattamento economico attribuito ai sensi dei commi precedenti». Il comma ottavo, in chiusura della norma in esame, specifica che le risorse con cui ciascuna amministrazione erogava i compensi di cui al menzionato comma settimo, confluiscono, ai fini della determinazione del trattamento economico accessorio, in appositi fondi istituiti presso ciascuna amministrazione, insieme «agli altri compensi previsti dal presente articolo».

Sulla latitudine del principio di onnicomprensività è intervenuto il parere Cons. St., Commissione speciale pubblico impiego, n. 173/2005, secondo cui il principio dell'onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti «risulta ispirato al soddisfacimento di una pluralità di esigenze, ed in ispecie risulta legato con un rapporto di stretta conseguenzialità alla particolare posizione che assumono i dirigenti, nell'ambito dell'organizzazione della pubblica amministrazione, specie dopo la riforma relativa alla «privatizzazione» del rapporto di pubblico impiego. La corresponsione di un trattamento economico onnicomprensivo appare peraltro coerente con i fondamentali principi di correttezza e di trasparenza che debbono caratterizzare l'organizzazione dei pubblici uffici, e si palesa, altresì, maggiormente rispondente all'opportunità di consentire un più equo e favorevole trattamento previdenziale e pensionistico per il personale in questione». Di seguito, viene specificato che il regime di onnicomprensività è pienamente applicabile:

– agli incarichi conferiti in ragione dell'ufficio», ossia agli incarichi strettamente connessi alla pubblica funzione esercitata dal dirigente, il cui svolgimento può, fra l'altro, riflettersi direttamente sul raggiungimento degli obiettivi assegnati al medesimo dirigente (come ad es. nel caso di inserimento, negli organi di taluni enti, dei dirigenti titolari di determinate funzioni pubbliche, in applicazione di specifiche disposizioni normative); questo genere di incarichi è funzionale (e accessorio) all'esecuzione dell'incarico principale;

– agli incarichi conferiti ai dirigenti «su designazione» dell'Amministrazione di servizio, effettuata sulla base di una valutazione discrezionale in ordine alle qualità professionali possedute dal soggetto che dovrà rappresentare l'Amministrazione stessa e curare gli interessi pubblici ad essa istituzionalmente affidati (ad es., è il caso della partecipazione a conferenze di servizi), atteso che trattasi di attività connesse in maniera più o meno diretta al rapporto organico tra il dirigente e l'Amministrazione; tali incarichi sono in realtà la diretta emanazione di compiti prettamente dirigenziali rientranti tra le normali incombenze del lavoro svolto, non attribuibili che all'organo gestionale;

– agli incarichi «comunque» conferiti dall'Amministrazione di appartenenza; è, infatti, da escludere che possa configurarsi, in una simile fattispecie, una prestazione imposta per unilaterale volontà di una delle parti, atteso che trattasi pur sempre di incarichi che debbono essere accettati dall'interessato e quest'ultimo, pertanto, può liberamente determinarsi nel senso di rifiutare l'ulteriore aggravio del carico di lavoro. Deve tenersi conto, inoltre, dalle previsioni contrattuali secondo cui, allo scopo di remunerare il maggiore impegno e la maggiore responsabilità dei dirigenti che svolgono detti incarichi aggiuntivi, viene loro corrisposta, ai fini del trattamento accessorio, oltre alla retribuzione di posizione e di risultato, una quota, in ragione del loro apporto, della somma che confluisce nel fondo di attuazione del principio di onnicomprensività. Può ritenersi che una simile previsione, consentendo un trattamento differenziato e di particolare favore per i dirigenti maggiormente impegnati, sia comunque idonea a soddisfare esigenze di carattere sostanzialmente perequativo.

Bibliografia

Zilio Grandi, Il trattamento economico dei dirigenti pubblici tra legge, contrattazione e giurisprudenza, in arca.unive.it, 2002.

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