Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 43 - Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva (Art. 47-bis del d.lgs n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 7 del d.lgs n. 396 del 1997, modificato dall'art. 44, comma 4 del d.lgs n. 80 del 1998; Art. 44 comma 7 del d.lgs n. 80 del 1998, come modificato dall'art. 22, comma 4 del d.lgs n. 387 del 1998) (A)1Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva (Art. 47-bis del d.lgs n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 7 del d.lgs n. 396 del 1997, modificato dall'art. 44, comma 4 del d.lgs n. 80 del 1998; Art. 44 comma 7 del d.lgs n. 80 del 1998, come modificato dall'art. 22, comma 4 del d.lgs n. 387 del 1998) (A)1 1. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato. 2. Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area partecipano altresì le confederazioni alle quali le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva ai sensi del comma 1 siano affiliate. 3. L'ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla base della rappresentatività accertata per l'ammissione alle trattative ai sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell'area contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito. 4. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano i comparti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o riguardanti più comparti, le confederazioni sindacali alle quali, in almeno due comparti o due aree contrattuali, siano affiliate organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi del comma 1. 5. I soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all'articolo 40, commi 3-bis e seguenti, dai contratti collettivi nazionali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 42, comma 7, per gli organismi di rappresentanza unitaria del personale2. 6. Agli effetti dell'accordo tra l'ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative, previsto dall'articolo 50, comma 1, e dei contratti collettivi che regolano la materia, le confederazioni e le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale ai sensi dei commi precedenti, hanno titolo ai permessi, aspettative e distacchi sindacali, in quota proporzionale alla loro rappresentatività ai sensi del comma 1, tenendo conto anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture organizzative nel comparto o nell'area. 7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe è assicurata dall'ARAN. I dati relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna amministrazione nell'anno considerato sono rilevati e trasmessi all'ARAN non oltre il 31 marzo dell'anno successivo dalle pubbliche amministrazioni, controfirmati da un rappresentante dell'organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la riservatezza delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di indicare il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei dati relativi alle deleghe l'ARAN si avvale, sulla base di apposite convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle pubbliche amministrazioni. 8. Per garantire modalità di rilevazione certe ed obiettive, per la certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali controversie è istituito presso l'ARAN un comitato paritetico, che può essere articolato per comparti, al quale partecipano le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale. 9. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe. Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell'area. 10. Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in ogni caso quando la contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel comitato, la deliberazione è adottata su conforme parere del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro - CNEL, che lo emana entro quindici giorni dalla richiesta. La richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al CNEL entro cinque giorni dalla ricezione. 11. Ai fini delle deliberazioni, l'ARAN e le organizzazioni sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle seconde è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti. 12. A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di informazione e di accesso ai dati, nel rispetto della legislazione sulla riservatezza delle informazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive disposizioni correttive ed integrative. 13. Ai sindacati delle minoranze linguistiche della Provincia di Bolzano e delle regioni Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia, riconosciuti rappresentativi agli effetti di speciali disposizioni di legge regionale e provinciale o di attuazione degli Statuti, spettano, eventualmente anche con forme di rappresentanza in comune, i medesimi diritti, poteri e prerogative, previsti per le organizzazioni sindacali considerate rappresentative in base al presente decreto. Per le organizzazioni sindacali che organizzano anche lavoratori delle minoranze linguistiche della provincia di Bolzano e della regione della Val d'Aosta, i criteri per la determinazione della rappresentatività si riferiscono esclusivamente ai rispettivi ambiti territoriali e ai dipendenti ivi impiegati. _______________ (A) in riferimento alla misurazione della rappresentatività sindacale ai sensi del presente articolo vedi: Circolare ARAN - Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. 12/12/2017 n. 2. [1] In riferimento al presente articolo vedi l'articolo 31-quinquies, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. [2] Comma modificato dall'articolo 64, comma 1, del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, l'articolo 11-bis, comma 2, del D.L. 29 settembre 2023, n.132, convertito con modificazioni dalla Legge 27 novembre 2023, n.170. InquadramentoL'art. 2, comma 1, lettera b) della l. n. 421/1992, ha indirizzato il legislatore della riforma dl pubblico impiego a «prevedere criteri di rappresentatività ai fini dei diritti sindacali e della contrattazione compatibili con le norme costituzionali». Il d.lgs. n. 29/1993 ha confermato il criterio della maggiore rappresentatività, già previsto dall'art. 19 dello Statuto dei lavoratori e dalla normativa del pubblico impiego di cui alla l. n. 93/1983, rinviando la sua definizione ad un successivo accordo tra Presidente del Consiglio e confederazioni maggiormente rappresentative, individuate secondo la previgente normativa. Il referendum dell'11 giugno 1995, abrogando parzialmente l'art. 19 dello Statuto e investendo anche l'art. 47 del d.lgs. n. 29/1993, ha creato un vuoto normativo, colmato dal d.lgs. n. 396/1997 che ha introdotto l'art. 47-bis nel d.lgs. n. 29/1993, trasfuso nell'art. 43 del decreto n. 165. Secondo quanto sottolineato da Corte cost. n. 492/1995, «la rilevanza del diverso grado di rappresentatività delle associazioni di categoria – prevista frequentemente per diverse finalità e con formule non sempre uguali nella legislazione ordinaria – viene riferita dalle disposizioni a vari elementi di carattere anche indiziario. Proprio dalla molteplicità di questi elementi consegue che il predetto principio resta un parametro giuridicamente rilevante anche per quelle norme che fanno rinvio alla nozione contenuta nell'art. 19 dello Statuto dei lavoratori (l. n. 300/1970). Ed invero, pur se l'espressione “confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale” di cui alla disposizione sopra citata è stata abrogata dal d.P.R. n. 312/1995 in esito al referendum indetto col d.P.R. 5 aprile 1995, il criterio del grado di rappresentatività continua ad avere la sua rilevanza in forza dell'altro indice previsto dalla stessa norma, e precisamente di quello che fa riferimento alle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva. Viene così valorizzata l'effettività dell'azione sindacale – desumibile dalla partecipazione alla formazione della normativa contrattuale collettiva – quale presunzione di detta “maggiore rappresentatività”. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riguardo alle rappresentanze sindacali nel pubblico impiego (art. 47 nel testo risultante dal decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546), pur considerando gli effetti del referendum indetto con il citato d.P.R. 5 aprile 1995». La dottrina ha, a sua volta, rimarcato che la previsione di specifici criteri di rappresentatività nel pubblico impiego si presenta necessaria in quanto la relativa contrattazione collettiva non è un fenomeno completamente lasciato alla volontà delle parti, per cui il modello delineato dall'art. 19 dello Statuto, che si basa sull'effettività, ovvero sulla effettiva partecipazione alla contrattazione collettiva, poco si addice ad una contrattazione sottoposta a precise procedure e stringenti controlli. Le stesse norme sui diritti sindacali nel pubblico impiego richiedono una misurazione quantitativa della rappresentatività e non un giudizio sintetico sulla «maggiore rappresentatività» (D'Antona, 52). La rappresentatività a cui il legislatore ha finito per fare riferimento nel decreto n. 165 presenta varie sfaccettature. Essa rileva come «rappresentatività sufficiente», per l'ammissione alle trattative nazionali e per l'esercizio dei diritti sindacali; come «rappresentatività complessiva» ai fini della valida sottoscrizione del contratto nazionale ed infine come «rappresentatività comparata», per la fruizione dei permessi o aspettative sindacali. «La nuova disciplina in materia di rappresentatività sindacale delle organizzazioni sindacali operanti nel settore pubblico, recata dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ha determinato criteri oggettivi di misurazione della rappresentatività stessa non solo ai fini della partecipazione alla contrattazione collettiva, ma anche per la titolarità e l'esercizio dei diritti sindacali. Ne consegue che viene meno ogni discrezionalità della pubblica amministrazione, dovendosi la stessa limitare a verificare, attraverso un mero accertamento tecnico, la sussistenza obiettiva dei dati richiesti ai fini della titolarità e dell'esercizio delle prerogative sindacali» (Cons. St. IV, n. 3698/2010). Da qui la considerazione che «la tutela della pretesa del sindacato di essere ammesso a partecipare alle trattative per la stipula dei contratti collettivi nazionali spetta al giudice ordinario, atteso che, nel vigente assetto delle relazioni negoziali con le p.a., i sindacati sono titolari di veri e propri diritti soggettivi in base alla rappresentatività, non degradabili, per effetto di atti autoritativi o unilaterali della p.a., ad interessi legittimi». Così T.A.R. Lazio, Roma III, n. 1413/1998. La «rappresentatività sufficiente»Il comma 1 dell'art. 43 in commento prevede che l'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area per la dirigenza una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale (c.d. rappresentatività sufficiente). Tale accertamento è relativo esclusivamente ai comparti e alle aree di contrattazione nella loro globalità/unicità, senza alcun riferimento a specifiche tipologie professionali. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Secondo quanto precisato da Cons. St. I, n. 868/2001, «all'espressione “totale delle deleghe” contenuta nell'art. 43, comma 1, d.lgs. n. 165/2001, non sembra possa attribuirsi, nel caso della pur legittima presenza di deleghe “plurime” provenienti da uno stesso soggetto delegante, una portata normativa che consenta di ridurla ad una statuizione che riporti, in ogni caso, il significato della disposizione stessa ad un'espressione equivalente, in sostanza, al totale dei “deleganti” (o comunque ad un'espressione che introduca “ope legis” – ove necessario – una sorta di “limite” o “tetto” al totale delle deleghe espresse)». La norma del comma 1 fa riferimento oltre al dato associativo, anche al dato elettorale che serve ad incrementare la democraticità all'interno del sindacato. Tale dato è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato. Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area partecipano, altresì, le confederazioni alle quali le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione, ai sensi del comma 1, siano affiliate (comma 2). A ciò si aggiunga la disposizione di cui al comma 4, che stabilisce la partecipazione alla trattativa intercompartimentale o per i contratti quadro delle confederazioni che abbiano organizzazioni sindacali rappresentative affiliate in almeno due comparti o aree contrattuali. La rappresentatività delle confederazione discende, quindi, da quella delle organizzazioni di area/comparto affiliate. In tema, va segnalata Pret. Catania decreto 19 febbraio 1999, secondo cui la normativa di riforma ha creato una sorta di sbarramento per le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione, stante l'evidente necessità di evitare la eccessiva frammentazione sindacale che si sarebbe realizzata collegando la rappresentatività sindacale semplicemente al concetto di categoria (e non al comparto). La differente disciplina rispetto al settore privato trova la sua ratio nella imprescindibile esigenza di garanzia del buon andamento della pubblica amministrazione, principio costituzionale espresso dall'art. 97. Tale esigenza di buon andamento della p.a. non può ritenersi venuta meno con la cosiddetta privatizzazione del rapporto di lavoro che non ha certamente comportato una assimilazione tout court dei due rapporti stante le differenze evidenti fra il settore pubblico e quello privato essendo diverse le finalità perseguite e l'assetto organizzativo. Ed allora, venendo in considerazione due situazioni di partenza differenti – il settore privato ed il settore pubblico – la diversità della disciplina introdotta sul piano sindacale non può ritenersi lesiva del principio di uguaglianza dettato dall'art. 3 Cost. Né la illegittimità della disciplina è ravvisabile nella non coincidenza fra i soggetti chiamati alla contrattazione collettiva e quelli chiamati alla individuazione dei comparti. Esiste in questo assunto un salto logico non dimostrato mancando la prova che il comparto, così come individuato, sia talmente ampio rispetto alle differenti categorie in esso rappresentate da violare i diritti sindacali di organizzazioni che rappresentino una categoria specifica ma di ridotte dimensioni. In assenza di una specifica prova in tal senso può ritenersi che l'ulteriore sbarramento quantitativo sia stato dettato dall'esigenza di evitare una eccessiva frammentazione nell'ambito delle organizzazioni sindacali partecipanti alla stipulazione dei suddetti accordi secondo una scelta non censurabile e motivata dalla particolare organizzazione della pubblica amministrazione, dalle esigenze e finalità dalla stesa perseguite che la rendono del tutto differente dal settore privato. Né il richiamo alle confederazioni nazionali va inteso come obbligo delle organizzazioni di confederarsi in violazione dell'art. 39 Cost. che sancisce la libertà dei sindacati di organizzarsi liberamente, rimanendo ogni organizzazione libera di svolgere attività sindacale, potendo semmai la norma incidere sull'esercizio dei diritti sindacali che in specifici casi concreti può limitare il piccolo sindacato attraverso la previsione di sbarramenti da ritenersi legittimi stante l'assenza di una prova specifica volta a dimostrare la preordinata discriminazione legislativa a danno delle organizzazioni sindacali non confederate e ad esclusivo vantaggio di queste ultime. La «rappresentatività complessiva».Oltre al meccanismo della «rappresentatività sufficiente», necessario per l'ammissione alle trattative, il legislatore ha introdotto il meccanismo della «rappresentatività complessiva», ai fini della valida sottoscrizione del contratto. Tale rappresentatività è determinata dal fatto che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo, rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell'area contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito. Tale criterio, dunque, ha imposto un'ulteriore legittimazione del sindacato, fungendo da contrappeso al rischio di una frammentazione sindacale connessa al criterio della rappresentatività sufficiente che propone soglie piuttosto basse. Il comma 5 dell'art. 43 precisa, infine, che i soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all'art. 40, comma 3, dai contratti collettivi nazionali, fermo restando quanto previsto dall'art. 42, comma 7 per gli organismi di rappresentanza unitaria del personale. Ai sensi del comma 6, «agli effetti dell'accordo tra l'ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative, previsto dall'art. 50, comma 1, e dei contratti collettivi che regolano la materia, le confederazioni e le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale ai sensi dei commi precedenti, hanno titolo ai permessi, aspettative e distacchi sindacali, in quota proporzionale alla loro rappresentatività ai sensi del comma 1, tenendo conto anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture organizzative nel comparto o nell'area». Il nuovo sistema collega, quindi, strettamente la fruizione delle prerogative sindacali alla rappresentatività, come ribadito da Cass. sez. lav., n. 3095/2018: «la legislazione che riguarda il rapporto di lavoro pubblico assume carattere di specialità sotto diversi profili rispetto al modello della l. n. 300/1970, al quale pure è ispirata nel riprendere le forme di tutela delle libertà e dell'attività sindacale. Infatti, il superamento della soglia minima di rappresentatività obiettivamente misurata è condizione necessaria e sufficiente per essere ammessi alle trattative negoziali e, quindi, alla fruizione delle relative prerogative i cui costi diretti ed indiretti (come avviene per le aspettative) sono a carico delle pubbliche amministrazioni. In definitiva le norme in esame (ed i CCNQ che ne sono derivati) delimitano legittimamente e coerentemente il numero dei soggetti sindacali che possono accedere ai benefici in questione. Pertanto, mentre è vero che le aspettative non retribuite nel contesto della l. n. 300/1970 sono svincolate dalla rappresentatività, nel sistema del pubblico impiego la fruibilità di tali prerogative, in applicazione dell'art. 43 più volte citato, è riconosciuta solo a quei soggetti che sulla base delle regole sono individuati come interlocutori della parte pubblica rappresentata dall'A.Ra.N. ed ammessi alle trattative per la stipula dei contratti collettivi di lavoro». Infine, il comma 13 dell'art. 43 fa da collegamento tra normativa nazionale e norme sulle minoranze linguistiche della Provincia di Bolzano e delle regioni Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia. I dati sui voti e sulle deleghe.I commi 7-12 dell'art. 43 sono dedicati al tema della raccolta e verifica dei dati su voti e deleghe. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe è assicurata dall'ARAN. I dati relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna amministrazione nell'anno considerato sono rilevati e trasmessi all'ARAN non oltre il 31 marzo dell'anno successivo dalle pubbliche amministrazioni, controfirmati da un rappresentante dell'organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la riservatezza delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di indicare il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei dati relativi alle deleghe l'ARAN si avvale, sulla base di apposite convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle pubbliche amministrazioni. Per garantire modalità di rilevazione certe ed obiettive, per la certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali controversie è istituito presso I'ARAN un comitato paritetico, che può essere articolato per comparti, al quale partecipano le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe. Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell'area. Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in ogni caso quando la contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel comitato, la deliberazione è adottata su conforme parere del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro – CNEL, che lo emana entro quindici giorni dalla richiesta. La richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al CNEL entro cinque giorni dalla ricezione. Ai fini delle deliberazioni, I'ARAN e le organizzazioni sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle seconde è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti. A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di informazione e di accesso ai dati, nel rispetto della legislazione sulla riservatezza delle informazioni. La trattativa su tavoli separati.La giurisprudenza ha ritenuto «valido il principio secondo cui, in difetto del concorso della volontà delle oo.ss. interessate, è legittima la trattativa su tavoli separati. La previsione legislativa che impone all'ARAN di verificare, prima della sottoscrizione di contratti collettivi, che le organizzazioni sindacali aderenti all'ipotesi di accordo collettivo rappresentino, nel loro complesso, almeno il cinquantuno per cento nel comparto o nell'area di contrattazione, comporta l'ammissibilità di delegazioni sindacali anche non unitarie ed esclude comunque che la parte sindacale debba agire con le modalità tipiche degli organi collegiali nelle trattative con la parte pubblica» (Pret. Roma, 22 settembre 1998; Trib. Roma, 22 marzo 1997). Non costituisce, quindi, comportamento antisindacale, in violazione degli art. 97 Cost. e 6 l. n. 93/1983, la condotta del datore di lavoro pubblico che svolge trattative a tavoli separati con le varie organizzazioni sindacali, quando ciò non sia dovuto ad un intento discriminatorio, ma dipenda dall'impossibilità di riunire tutte le parti attorno ad un unico tavolo (Pret. Ravenna, 7 agosto 1995). Definita «la nozione di delegazione sindacale come luogo di coagulo delle forze sindacali e come luogo di contrapposizione delle stesse rispetto ai rappresentanti del datore di lavoro, la circostanza che nell'ambito di trattativa negoziale la delegazione sindacale sia ripartita per tavoli separati ove contestualmente le forze sindacali agiscono non impinge contro alcun dato normativo, essendo la sua esistenza o no indifferente sul piano giuridico sempre che, in concreto, nello svolgersi di trattative a tavoli separati, non si manifesti un comportamento atto ad impedire ad un sindacato di fare sentire e valere le proprie ragioni o idoneo a togliergli di fatto, marginalizzandolo, la propria capacità negoziale» (Pret. Palermo, 10 gennaio 1991). BibliografiaD'Antona, Lavoro pubblico e diritto del lavoro: la seconda privatizzazione del pubblico impiego nelle «Leggi Bassanini», in Il lavoro nelle p.a.,1998, 35. |