Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 55 sexies - Responsabilita' disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione e limitazione della responsabilita' per l'esercizio dell'azione disciplinare1(A)

Ciro Silvestro

Responsabilita' disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione e limitazione della responsabilita' per l'esercizio dell'azione disciplinare1(A)

1. La violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno, comporta comunque, nei confronti del dipendente responsabile, l'applicazione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all'entita' del risarcimento, salvo che ricorrano i presupposti per l'applicazione di una piu' grave sanzione disciplinare2.

2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell'ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall'amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, e' collocato in disponibilita', all'esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilita', e si applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all'articolo 33, comma 8, e all'articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali puo' avvenire l'eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale e' collocato in disponibilita', il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.

3. Il mancato esercizio o la decadenza dall'azione disciplinare, dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare, inclusa la segnalazione di cui all'articolo 55-bis, comma 4, ovvero a valutazioni manifestamente irragionevoli di insussistenza dell'illecito in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili, l'applicazione della sospensione dal servizio fino a un massimo di tre mesi, salva la maggiore sanzione del licenziamento prevista nei casi di cui all'articolo 55-quater, comma 1, lettera f-ter), e comma 3-quinquies. Tale condotta, per il personale con qualifica dirigenziale o titolare di funzioni o incarichi dirigenziali, e' valutata anche ai fini della responsabilita' di cui all'articolo 21 del presente decreto. Ogni amministrazione individua preventivamente il titolare dell'azione disciplinare per le infrazioni di cui al presente comma commesse da soggetti responsabili dell'ufficio di cui all'articolo 55-bis, comma 43.

4. La responsabilita' civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceita' nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare e' limitata, in conformita' ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave.

 

---------------

(A) In riferimento al presente articolo, vedi: Circolare del Ministero della Difesa 11 febbraio 2011, n. 9226.

Inquadramento

Anche la vicenda normativa relativa all'art. 55-sexies del d.lgs. n. 165/2001 si è svolta tra le riforme Brunetta e Madia: inserito nel corpo del decreto n. 165 da parte del d.lgs. 150/2009, è stato poi modificato dal d.lgs. n. 75/2017. Oggetto della norma sono alcune fattispecie legali di infrazioni legate alla esigenza di porre rimedio a comportamenti individuali che possono ripercuotersi negativamente sul funzionamento delle amministrazioni.

Il comma 1 dell'art. 55-sexies statuisce che al dipendente è comunque comminata la sospensione dal servizio (con privazione della retribuzione per un periodo da tre giorni a tre mesi) nel caso in cui dalla violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa derivi la condanna della P.A. al risarcimento del danno. La sospensione è in proporzione all'entità del risarcimento, mentre è fatta salva l'ipotesi «che ricorrano i presupposti per l'applicazione di una più grave sanzione disciplinare».

In dottrina si è evidenziato che «le peculiarità di tale previsione sono almeno due: anzitutto, l'avverbio comunque lascia intendere l'automatismo nell'applicazione della sanzione, tracciando, di conseguenza, un perimetro assai limitato per l'azione della pubblica amministrazione anche con riferimento alla species della sanzione applicabile che può essere solo la sospensione. Il secondo elemento peculiare riguarda il parametro per l'applicazione del criterio di proporzionalità per la graduazione della sanzione, che non è la gravità della violazione ma l'entità del risarcimento del danno che la pubblica amministrazione è stata condannata a pagare in conseguenza della violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa. Si tratta di una fattispecie sanzionatoria attraverso la quale si inasprisce ulteriormente il potere disciplinare della Pubblica Amministrazione rendendone automatico l'esercizio, ma che richiede, ai fini dell'irrogazione della sanzione, l'integrazione di due presupposti precisi: l'accertata violazione degli obblighi contrattuali e una condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno che deve essere causalmente derivante dalla suddetta violazione. Al verificarsi dei due presupposti, l'esercizio del potere disciplinare è certo così come è certa la sanzione applicabile (la sospensione), salva la previsione della possibilità che si debba applicare una sanzione più grave (sospensione di durata superiore a tre mesi e licenziamento)» (Militello).

Per il comma 2 dell'art. 55-sexies, «fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell'ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall'amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all'esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all'art. 33, comma 8, e all'art. 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l'eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti». Peraltro, il collocamento in disponibilità non è una nuova sanzione disciplinare, ma una misura gestionale, che si affianca alle sanzioni già previste.

Il comma 3, disciplina, invece, la responsabilità per il mancato esercizio o la decadenza dall'azione disciplinare, dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare ovvero a valutazioni manifestamente irragionevoli di insussistenza dell'illecito in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare. Ai soggetti responsabili è applicata la sospensione dal servizio fino a un massimo di tre mesi, salva la maggiore sanzione del licenziamento prevista nei casi di cui all'art. 55-quater, comma 1, lettera f – ter), e comma 3-quinquies. Il licenziamento è, infatti, disposto, nel caso di cui all'art. 55-quater, comma 1, lettera f –ter, quando il soggetto responsabile del mancato esercizio o della decadenza dall'azione disciplinare agisce con dolo o colpa grave; ovvero, nel caso di cui all'art. 55-quater, comma 3- quinquies, in relazione ai dirigenti che non attivano il procedimento disciplinare o la sospensione cautelare nelle ipotesi di cui all'art. 55-quater, comma 3-bis, ossia di fronte a un caso di accertamento in flagranza della falsa attestazione della presenza in servizio.

Per il personale con qualifica dirigenziale o titolare di funzioni o incarichi dirigenziali, il fatto è valutato anche ai fini della responsabilità dirigenziale. Ogni amministrazione individua preventivamente il titolare dell'azione disciplinare per le predette infrazioni commesse da soggetti responsabili dell'ufficio competente per i procedimenti disciplinari.

Parte della dottrina ha rilevato che se l'art. 55-sexies, comma 3, concorre a ribadire la sostanziale obbligatorietà dell'avvio dell'azione disciplinare, «tuttavia la circostanza che il dirigente non sia più competente ad irrogare le sanzioni disciplinari (tranne il caso del rimprovero verbale) porta a ravvisare un potenziale ampliamento del margine di esercizio del potere direttivo per una possibile composizione della situazione sul piano organizzativo senza l'attivazione di un procedimento disciplinare. Con tutta evidenza la considerazione non è riferibile alle ipotesi di macroscopico inadempimento e, quindi, in concreto, ai casi di potenziale applicabilità delle sanzioni più gravi. Tuttavia nei casi «minori», a fronte di una rapida e proficua soluzione sul piano organizzativo, si potrebbe ravvisare senza dubbio un «giustificato motivo» idoneo ad escludere una possibile responsabilità del dirigente (e più in generale del responsabile della struttura) per mancato avvio del procedimento disciplinare. Ciò ovviamente sulla base della prova dell'avvenuta soluzione della criticità o, comunque, della dimostrazione della congruità della soluzione ipotizzata. [...] Si aggiunga che mentre la precedente formulazione attribuiva rilievo disciplinare alle «valutazioni sull'insussistenza dell'illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate» la nuova fa riferimento a «valutazioni manifestamente irragionevoli di insussistenza dell'illecito», sì da ampliare gli spazi per una eventuale giustificazione della ritenuta insussistenza di una condotta disciplinarmente rilevante idonea ad attivare la segnalazione disciplinare. Dunque, se alcuni margini di maggiore autonomia gestionale sono ravvisabili in capo ai dirigenti, è del pari ovvio che l'inerzia non può trovare neppure nelle novellate disposizioni alcuna giustificazione» (Boscati). Il dirigente, quindi, non può essere privato del potere gestionale di ritenere se il fatto abbia rilevanza disciplinare, oppure no; e cioè di soppesare, secondo il suo personale stile di leader, ma pure di buon padre di famiglia, se l'infrazione meriti, o meno, una sanzione, evitando ogni rigore inflessibile.

Dubbi sono stati espressi, d'altro canto, dal Consiglio di Stato, con il parere Cons. St. comm. spec., n. 916/2017, in relazione all'inasprimento eccessivo e automatico delle sanzioni disciplinari «a carico dei soggetti che non attivino tempestivamente e/o efficacemente il procedimento disciplinare, con la previsione indifferenziata di una sospensione dal servizio sino al massimo di tre mesi anche a carico di soggetti responsabili che non rivestano una posizione dirigenziale». Tale disciplina, «nella misura in cui pare configurare un automatismo sanzionatorio a carico dei soggetti responsabili, senza graduarne responsabilità e colpevolezza nel cattivo esercizio dell'azione disciplinare, necessita pertanto di una rivisitazione, anche per fugare i possibili rischi di incostituzionalità». Nel parere in oggetto si rinviene anche la sottolineatura che appare «eccessivamente rigido il meccanismo automatico di tali sanzioni disciplinari. La complessiva formulazione della fattispecie sembra introdurre invero una forma di responsabilità oggettiva che mal si concilia con l'elemento soggettivo che deve necessariamente connotare l'illecito, anche in relazione alla funzione non meramente repressiva, ma di preventiva responsabilizzazione nella consapevolezza della conseguente sanzione. Sotto altro profilo, una simile formulazione acuisce il rischio della «fuga» dall'assunzione di una così delicata funzione (l'esercizio dell'azione disciplinare) o, ancora, quello di un esercizio rispettoso esclusivamente dell'elemento formalistico, senza alcun miglioramento del complessivo standard di rendimento del pubblico dipendente. La previsione di sanzioni significative e la predisposizione di un adeguato procedimento per la relativa irrogazione non può essere esclusivamente finalizzata all'esercizio del potere punitivo, ma deve costituire anche, in un'ottica generale e preventiva, un deterrente per futuri comportamenti inadeguati o illeciti».

La limitazione della responsabilità civile dei dirigenti

Il comma 4 dell'art. 55-sexies prevede la esplicita limitazione della responsabilità civile, eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare, ai soli casi di dolo o colpa grave. Tale disposizione, già enucleabile dai principi generali in materia, stigmatizza la preoccupazione del legislatore di «non esporre» eccessivamente il dirigente in relazione all'esercizio dell'azione disciplinare, qualora le sanzioni comminate in buona fede risultino illegittime. La norma è apparsa tesa ad allentare le possibili riserve del dirigente nell'accedere in particolare alle più gravi sanzioni disciplinari.

Bibliografia

Boscati, La riforma mancata: il ruolo della dirigenza pubblica nei nuovi assetti, in lavoropubblicheamministrazioni.it, 2017; Militello, Etica comportamentale, procedimento disciplinare e sanzioni. L'homo novus nel pubblico impiego?, in Caruso (a cura di), Il lavoro pubblico a vent'anni dalla scomparsa di Massimo D'Antona, in csdle.lex.unict.it, 2019.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario