Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 9 - Intervento nel procedimento 1

Luigi Tarantino

Intervento nel procedimento  1

 

1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.

Inquadramento

L'art. 9 l. n. 241/1990 afferma in via generale la facoltà di partecipazione al procedimento amministrativo dei soggetti, portatori di interessi pubblici o privati, nonché dei portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, ai quali possa derivare un pregiudizio dal provvedimento finale.

La partecipazione del privato nel procedimento ha uno scopo sia difensivo che collaborativo: lo stesso privato, infatti, ha la facoltà di rappresentare già in sede procedimentale i propri interessi, oggetto di un eventuale contenzioso, anticipando in tal modo il contraddittorio che altrimenti si radicherebbe solo in sede processuale.

Per altro verso, le informazioni apportate nel procedimento dal privato concorrono a completare l'istruttoria, orientando le scelte della p.a. attraverso una ponderata valutazione degli interessi coinvolti nel procedimento e concorrendo alla effettiva e concreta realizzazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa, «predicati dall'articolo 97 Cost. e quindi, in ultima analisi, alla corretta (e giusta) formazione della volontà di provvedere da parte della Pubblica Amministrazione» (T.A.R. Marche I, n. 14/2006; in termini, Cons. St. IV, n. 4480/2004; Cons. St. IV, n. 4479/2004).

La norma in commento, dunque, implementa il principio del contraddittorio procedimentale, sulla scorta del principio di democraticizzazione del procedimento che ispira tutta la l. n. 241, in guisa da fondare l'attività amministrativa sulla collaborazione e sul consenso invece che sul puro principio di legalità (Italia, Bassani, 183). In tal modo, inoltre, si allarga ancor più lo spettro dei cd. mezzi di tutela preventiva delle posizioni soggettive, garantendo l'immediata possibilità formale di introdurre nel procedimento la conoscenza, e quindi la valutazione, dei propri interessi (Italia, Bassani, 203).

I soggetti abilitati alla partecipazione procedimentale.

Le categorie dei soggetti titolari delle facoltà partecipative di cui all'art. 9 sono molteplici.

Il riferimento ai soggetti «portatori di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento», infatti, comprende sia i soggetti destinatari della comunicazione di avvio del procedimento, ex art. 7 (ovvero i destinatari diretti del provvedimento finale, gli interventori necessari ed i potenziali controinteressati), sia i soggetti che, pur non essendo ricompresi nel novero dei destinatari della comunicazione di cui all'art. 7, sono comunque titolari di interessi suscettibili di essere incisi dal provvedimento finale, seppur in via indiretta e mediata, anche se «ciò non impone l'assolvimento di uno specifico obbligo di comunicazione, di per sé illogico a fronte della pluralità di soggetti potenzialmente controinteressati ad ogni singolo procedimento, e comunque contrario al principio generale di divieto di aggravio del procedimento» (T.A.R. Liguria I, n. 104/2004).

In particolare, in questa seconda categoria rientrano, i portatori di interessi pubblici o privati, ove questi non siano individuabili a priori all'inizio del procedimento, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, «previa mediazione di strutture collettive (associazioni o comitati, nazionali o locali) in cui devono confluire i portatori degli interessi stessi, ad evitare disfunzioni causate dalla partecipazione c.d. selvaggia» (T.A.R. Puglia, Bari II, n. 466/2000).

Secondo l'opinione prevalente, l'art. 9, nel prevedere la facoltà di intervento nel procedimento dei soggetti «portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento», non riconosce di per sé legittimazione processuale a tutti i soggetti portatori di interessi collettivi che abbiano in concreto partecipato al procedimento (Caringella, 1154).

La norma in esame, infatti – a differenza di quelle che attribuiscono a specifici enti esponenziali di interessi collettivi la facoltà di partecipare ad un particolare procedimento – si limita a sancire un principio generale: ne consegue che è rimesso all'amministrazione procedente – ed eventualmente al g.a. – il compito di verificare case by case se il soggetto interveniente abbia effettiva legittimazione procedimentale e processuale, in quanto portatore di un interesse differenziato e qualificato (T.A.R. Liguria II, n. 311/2009; T.A.R. Lazio, Roma III, n. 5492/2008).

Sul punto vedi funditus infra.

In ogni caso, l'interesse alla partecipazione deve essere qualificato, non potendosi estendere il novero degli interessati al procedimento fino a ricomprendere il mero interesse al buon funzionamento ed alla legittimità dell'azione amministrativa. Secondo la giurisprudenza, infatti, «Ai sensi dell'art. 9 l. n. 241/1990, ai fini della partecipazione al procedimento amministrativo da parte di soggetti portatori di interessi pubblici o privati o di interessi diffusi costituiti in associazioni e comitati, non è sufficiente la sussistenza di un generico interesse alla trasparenza e al buon andamento dell'azione amministrativa, ma è necessario che sussista un interesse sostanziale, connesso allo specifico procedimento instaurato» (T.A.R. Emilia, Romagna I, n. 404/2018).

L'interesse, inoltre, non deve essere necessariamente patrimoniale, potendo avere anche natura morale (R. Galli, D. Galli, 634).

La partecipazione al procedimento implica un vero e proprio onere di attivazione del soggetto partecipante, non potendosi esaurire nella mera richiesta di intervento nel procedimento. Ne consegue che non si ha violazione dell'art. 9 l. n. 241/1990, allorché un soggetto abbia chiesto di intervenire nel procedimento e di prendere, a tal fine, visione degli atti, ma non si sia attivato, ai sensi degli art. 22 ss. della stessa legge, per ottenere la declaratoria del diritto all'accesso, né ha presentato memorie o documenti che la p.a. sarebbe stata tenuta a valutare ai sensi dell'art. 10 (Cons. St. V, n. 385/2005).

I portatori di interessi superindividuali.

Negli ultimi decenni, si è assistito a una crescita massiccia di interessi «adespoti (o diffusi)», cioè privi di titolare, almeno nella loro forma embrionale, che non coinvolgono più i singoli soggetti ma, in generale, interessi di matrice spiccatamente ultraindividuale. In sostanza, la caratteristica fondamentale di questa nuova realtà è di avere una portata ed un'incidenza che travalica il singolo individuo ma che, nello stesso tempo, lo coinvolge in quanto parte di una comunità minore rispetto a quella dello Stato.

La difficoltà si è posta nello sforzo concettuale di coniugare il fenomeno sociale dello sviluppo degli interessi superindividuali con l'arretratezza di una disciplina normativa ritagliata, specialmente nell'ambito del processo amministrativo, su situazioni soggettive di carattere marcatamente individuale. In particolare, l'interesse legittimo ha sempre rappresentato per la giurisprudenza un interesse individualizzato, differenziato, qualificato. Fallito il tentativo teso alla costruzione del tertium genus degli interessi superindividuali rispetto alle categorie tradizionali del diritto soggettivo e dell'interesse legittimo, dottrina e giurisprudenza hanno cercato di recuperare una dimensione collettiva dell'interesse legittimante il ricorso giudiziale, al fine di riconoscerne anche una autonoma tutelabilità in sede giurisdizionale.

La prima tappa di questa delicata operazione ricostruttiva, resa particolarmente complessa proprio dalle differenze strutturali esistenti, è consistita nel tentativo di ricondurre l'interesse superindividuale (rectius diffuso), non personalizzato e non differenziato, nella latitudine di quella posizione di vantaggio personale e differenziata rispetto alla massa indistinta di soggetti, id est l'interesse legittimo.

Lo sforzo interpretativo compiuto dalla giurisprudenza è approdato al risultato dato dall'aggiornamento e dall'attualizzazione della nozione di interesse legittimo ottenuto valorizzando la previsione di cui all'art. 2 Cost., nella parte in cui riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità. Si è ritenuto, cioè, di dover affrancare l'interesse legittimo dalla dimensione squisitamente individualistica e di calarlo in un ambito collettivo ove il soggetto esplica la propria personalità. In tal modo gli interessi diffusi sono stati ricondotti nel più ampio genus dell'interesse legittimo come inteso nella sua rinnovata veste.

Tuttavia, residuava l'ostacolo della natura adespota dell'interesse superindividuale che ne impediva una autonoma tutelabilità giurisdizionale. Per questa via, l'elaborazione dottrinale ha proposto la tesi della trasformazione dell'interesse diffuso in interesse collettivo (Cons. St. VI, n. 3507/2008).

Da un processo di soggettivizzazione o corporativizzazione degli interessi diffusi nascono quindi gli interessi collettivi, che dai primi si differenziano per essere comuni a più soggetti appartenenti ad una categoria o gruppo omogeneo stabilmente organizzato ed autonomamente individuabile impersonato da un ente esponenziale, che agisce statutariamente ed istituzionalmente per realizzare fini del gruppo stesso. Si tratta di interessi che trovano quindi una titolarità in enti esponenziali portatori di una posizione soggettiva giuridicamente rilevante, capaci di agire, a loro volta, distinti tanto dalla comunità generale quanto dai singoli associati dell'organizzazione. L'interesse collettivo può essere definito come l'interesse al corretto esercizio del potere amministrativo da parte di un'organizzazione di tipo associativo.

Secondo la dottrina amministrativistica, per consentire il passaggio da interessi diffusi nella comunità, privi di tutela, a interessi collettivi legittimi, dotati di tutela davanti al giudice amministrativo, occorre che essi siano non solo differenziati, in quanto riconducili ad un'organizzazione di tipo associativo distinta dalla collettività ma anche qualificati, nel senso di essere presi in considerazione dall'ordinamento, sia pur indirettamente.

La tutela procedimentale degli interessi collettivi.

Il dato di maggior rilievo consiste nel fatto che l'art. 9 non apre la partecipazione incondizionatamente ma, proprio per evitare disfunzioni legate ad un modello partecipatorio «selvaggio», richiede la necessaria mediazione di strutture collettive (associazioni e comitati, nazionali o locali) in cui devono confluire i portatori degli interessi diffusi.

Si è posta la questione di capire se la citata norma abbia introdotto una nuova prospettazione dell'interesse legittimo, etichettabile quale interesse partecipativo e se tale qualificazione etimologica sia in grado di rappresentare un'ipotesi di legittimazione al ricorso.

Secondo un primo orientamento la norma consentirebbe il superamento della tradizionale categoria dei requisiti di giuridicizzazione dell'ente esponenziale, sicché essa legittimerebbe non solo procedimentalmente ma anche processualmente i portatori di interessi diffusi (rectius collettivi). Dalla lettura dell'art. 9, i fautori di tale indirizzo hanno inferito che la facoltà degli enti esponenziali di partecipare al procedimento è destinata ad incidere profondamente sulla vexata quaestio della loro legittimazione processuale amministrativa. In altri termini, la circostanza che la legge ammetta una data organizzazione a partecipare alla fase di formazione di un atto, ne comporterebbe, de plano, la titolarità di un interesse qualificato e differenziato legittimante all'impugnazione del provvedimento lesivo (Cons. St. IV, n. 2174/2009).

Questa conclusione la si ricava dalla funzione dell'istituto della partecipazione procedimentale che è quella di consentire ai soggetti interessati la possibilità di anticipare la difesa degli interessi coinvolti alla fase prodromica all'emanazione del provvedimento, senza attendere l'instaurazione del giudizio.

A questa tesi si è contrapposto un modello interpretativo di segno opposto, che ha negato l'intima connessione tra il momento procedimentale e quello processuale proprio sulla scorta della diversità delle regole che li governano. L'art. 9 avrebbe esteso soltanto la platea dei soggetti i cui interessi debbono essere tenuti in considerazione dall'amministrazione procedente nel momento in cui decide di intervenire autoritativamente per il perseguimento di un proprio interesse pubblico. Il legislatore del ‘90 avrebbe, dunque, inciso esclusivamente nell'ambito della configurazione del procedimento attribuendo alla P.A. che procede, da un lato, l'onere di individuare gli interessi coinvolti nel procedimento al fine di invitare i titolari a parteciparvi e, per altro verso, consentendo a quei soggetti che non siano stati tempestivamente selezionati dall'autorità procedente, di non rimanere esclusi dal tavolo delle decisioni.

Per vero, questa tesi distingue, poi, a seconda che si tratti di legittimazione procedimentale di tipo difensivo ovvero collaborativo.

La prima permette di anticipare alla fase procedimentale, la tutela degli interessi la cui difesa sarebbe altrimenti rinviata alla sede processuale.

Diversamente, la seconda tipologia di partecipazione ricorre allorché l'associazione interviene in chiave collaborativa per offrire alla amministrazione quel patrimonio di conoscenze tecniche, quel know how, che la stessa possiede in relazione ad un determinato settore. Ebbene, anche a volere ammettere un parallelismo, i sostenitori di questo indirizzo non riscontrano alcun ostacolo nel ravvisare, in chiave difensiva, l'asserito automatismo tra partecipazione al procedimento e legittimazione all'impugnazione; al contrario, lo negano ove ricorra un intervento di tipo collaborativo. In quest'ultimo caso, infatti, la legittimazione a prendere parte al procedimento non può avere nessuno sbocco processuale per il semplice motivo che l'associazione non subisce la lesione di un interesse giuridicamente rilevante per effetto dell'adozione del provvedimento finale.

Casistica.

La casistica applicativa dell'art. 9 concernente, per lo più, l'indagine sulla legittimazione partecipativa degli enti collettivi, è assai ampia.

La giurisprudenza, ad esempio, ha escluso la legittimazione ex art. 9 del Codacons a partecipare, con scopo sollecitatorio o informativo, ai procedimenti disciplinari attivati o attivabili da un Consiglio dell'Ordine professionale, non essendo titolari di alcun interesse giuridico sostanziale leso dall'eventuale inerzia del Consiglio (T.A.R. Lazio, Roma III, n. 4878/2000).

Analogamente, è stato ritenuto inammissibile il ricorso giurisdizionale avverso la nomina dei componenti dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato elevato da parte di un'associazione esponenziale degli interessi di utenti e consumatori. Infatti, la giurisprudenza ha ritenuto l'atto di nomina dei componenti del collegio costituente l'Antitrust inidoneo a ledere gli interessi dei consumatori, essendo invece indispensabile l'esistenza di una «posizione differenziata e qualificata rispetto al provvedimento impugnato» (T.A.R. Lazio, Roma I, n. 13160/2005).

Con specifico riferimento agli enti locali, poi, la giurisprudenza non ha ritenuto l'amministrazione provinciale, in quanto portatrice, ex art. 9, di interessi diffusi estesi all'intero territorio provinciale, legittimata ad assumere iniziative processuali discriminatorie nei confronti di due plessi scolastici operanti nel suddetto territorio, agendo su pressione di centri di interesse agevolmente individuabili a vantaggio di uno e in danno dell'altro e, soprattutto, senza alcuna considerazione dei vantaggi che la popolazione studentesca locale riceverebbe dalla istituzione di un nuovo corso sperimentale (T.A.R. Puglia, Bari, I, n. 2992/2005).

Alle stesse conclusioni è poi giunta l'elaborazione pretoria in materia di revisione della pianta organica delle sedi farmaceutiche, ove non sussiste l'obbligo di osservanza delle garanzie partecipative, in ragione della natura programmatoria dell'atto in questione, nonché della circostanza che gli interessi della categoria sono assicurati dal parere dell'Ordine dei farmacisti (T.A.R. Veneto, Venezia II, n. 61/2005; T.A.R. Trentino Alto Adige, n. 156/2004; Cons. St. IV, n. 4343/2002).

In materia pubblicitaria, invece, deve essere consentita la partecipazione al procedimento di formazione del Piano generale degli impianti pubblicitari alle imprese già presenti nel mercato (T.A.R. Sicilia, Catania I, n. 598/2004).

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 6 del 20 febbraio 2020, ha sancito che gli enti associativi esponenziali, iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie, e in particolare l'azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità, indipendentemente da un'espressa previsione di legge in tal senso. Viene, così, ad essere definitivamente superato quell'orientamento che agganciava la legittimazione processuale all'espresso riconoscimento da parte del legislatore di tale facoltà da parte del legislatore secondo una metodica tassativa, che mal si attaglia a quei fenomeni di qualificazione e differenziazione ai quali si riconnette la titolarità di posizione giuridiche soggettive anche a favore degli enti collettivi e da cui discende per forza costituzionale la possibilità di adire il giudice.

Questioni applicative.

1) Ai fini partecipativi è necessaria una formale istanza di intervento?

La legge nulla dice in ordine alla necessità di proporre, ai fini dell'intervento nel procedimento, una istanza ad hoc indirizzata alla p.a. procedente; tuttavia, dal combinato disposto con il successivo art. 10 l. n. 241, che consente l'acquisizione dei diritti ivi indicati ai soggetti intervenuti e non già a quelli che intendono intervenire, sembrerebbe necessario un intervento formale che legittimi la successiva attività partecipativa.

Di qui, la necessità che l'istanza di intervento sia scritta (salvo diverse prassi interne delle singole amministrazioni), con l'indicazione del procedimento in cui si vuole intervenire e le motivazioni dell'intervento, in modo da consentire alla p.a. la valutazione dell'interesse partecipativo azionato e l'apporto collaborativo in funzione dell'atto finale.

Sembrerebbe, dunque, che l'intervento non possa essere effettuato mediante la presentazione delle memorie ex art. 10, che presuppongono invece che l'intervento sia già avvenuto (Italia, Bassani, 262).

Soggetto deputato a decidere sull'istanza di ammissione è il responsabile del procedimento, il quale, ex art. 6, lett. a) «valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione di provvedimento». L'eventuale provvedimento di esclusione adottato dallo stesso può essere impugnato immediatamente, in ossequio al principio generale di impugnabilità di atti endoprocedimentali immediatamente lesivi della sfera giuridica dell'interventore (Italia, Bassani, 266).

2) L'istanza di intervento deve essere notificata alle altre parti procedimentali?

La norma in commento tace in ordine alla necessità che l'istanza di intervento venga notificata alle altre parti procedimentali. A colmare la lacuna normativa, peraltro, soccorrono gli artt. 22 l. n. 241/1900: la disciplina sull'accesso, invero, mette qualunque interessato in grado di conoscere l'esistenza di interventori nel procedimento, con la conseguente superfluità di notificare agli altri soggetti coinvolti a vario titolo nel procedimento la domanda di intervento.

3) Che rapporto corre tra legittimazione procedimentale e legittimazione processuale?

La previsione, ex art. 9, della facoltà dei portatori degli interessi diffusi di partecipare al procedimento ha fatto sorgere la necessità di stabilire se tale partecipazione sia necessaria e sufficiente per riconoscere agli stessi la legittimazione processuale amministrativa.

Secondo un primo orientamento, l'attribuzione del diritto di partecipare al procedimento andrebbe considerata quale riconoscimento della titolarità di un sottostante interesse sostanziale al corretto esercizio dei poteri previsti dalla legge in materia, azionabile in giudizio.

Secondo l'opinione prevalente, invece, l'art. 9 l. n. 241/1990, nel prevedere la facoltà di intervento nel procedimento dei soggetti portatori di interessi diffusi, non riconosce di per sé legittimazione processuale a tutti i soggetti portatori di interessi collettivi che abbiano in concreto partecipato al procedimento. La norma in esame, infatti si limita a sancire un principio generale. È, quindi, rimesso rispettivamente all'Amministrazione procedente ed all'Autorità giudiziaria il compito di verificare nel singolo caso se il soggetto interveniente abbia effettiva legittimazione procedimentale e processuale. Ne consegue che la natura delle situazioni giuridiche soggettive non muta per effetto dell'intervento di fatto nel procedimento amministrativo.

Ne consegue che i titolari dell'interesse meramente partecipativo vulnerato non saranno comunque legittimati all'esperimento di un ricorso giurisdizionale inteso a far valere detto vizio di legittimità, non potendo dedurre la lesione, sul piano sostanziale e che, il vizio in questione, potrà essere ritualmente dedotto in giudizio ad opera dei soggetti che, pur non essendo stati direttamente vulnerati nel summenzionato diritto partecipativo, siano comunque legittimati all'impugnativa in quanto titolari di un interesse qualificato e differenziato alla stregua degli ordinari principi processuali.

Bibliografia

Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2021; Chieppa, Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2021; Ferrara, La partecipazione al procedimento amministrativo: un profilo critico, in Dir. amm., 2017, 209 ss.; Gagliardi, Intervento nel procedimento, giusto procedimento e tutela del contraddittorio, in Dir. amm., 2017, 373 ss.; Italia, Bassani, Procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti, Milano, 1995; R. Galli, D. Galli, Corso di diritto amministrativo, Padova, 2001.

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