Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 14 - Conferenze di servizi12

Maurizio Francola

Conferenze di servizi12

 

1. La conferenza di servizi istruttoria può essere indetta dall'amministrazione procedente, anche su richiesta di altra amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, quando lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, ovvero in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati. Tale conferenza si svolge con le modalità previste dall'articolo 14-bis o con modalità diverse, definite dall'amministrazione procedente.

2. La conferenza di servizi decisoria è sempre indetta dall'amministrazione procedente quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all'acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici. Quando l'attività del privato sia subordinata a più atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti, di competenza di diverse amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, da una delle amministrazioni procedenti34.

3. Per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi l'amministrazione procedente, su motivata richiesta dell'interessato, corredata da uno studio di fattibilità, può indire una conferenza preliminare finalizzata a indicare al richiedente, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivo, le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari pareri, intese, concerti, nulla osta, autorizzazioni, concessioni o altri atti di assenso, comunque denominati. L'amministrazione procedente, se ritiene di accogliere la richiesta motivata di indizione della conferenza, la indice entro cinque giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta stessa. La conferenza preliminare si svolge secondo le disposizioni dell'articolo 14-bis, con abbreviazione dei termini fino alla metà. Le amministrazioni coinvolte esprimono le proprie determinazioni sulla base della documentazione prodotta dall'interessato. Scaduto il termine entro il quale le amministrazioni devono rendere le proprie determinazioni, l'amministrazione procedente le trasmette, entro cinque giorni, al richiedente. Ove si sia svolta la conferenza preliminare, l'amministrazione procedente, ricevuta l'istanza o il progetto definitivo, indice la conferenza simultanea nei termini e con le modalità di cui agli articoli 14-bis, comma 7, e 14-ter e, in sede di conferenza simultanea, le determinazioni espresse in sede di conferenza preliminare possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nel successivo procedimento anche a seguito delle osservazioni degli interessati sul progetto definitivo. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto di fattibilità tecnica ed economica, al fine di indicare le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente.

4. Qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto, vengono acquisiti nell'ambito di apposita conferenza di servizi, convocata in modalità sincrona ai sensi dell'articolo 14-ter, secondo quanto previsto dall'articolo 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 1525.

5. L'indizione della conferenza è comunicata ai soggetti di cui all'articolo 7, i quali possono intervenire nel procedimento ai sensi dell'articolo 9.

 

[3] In riferimento alle disposizioni di cui al presente comma, vedi l'articolo 13, comma 1, del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120, come modificato dall'articolo 51, lettera g) del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla Legge 29 luglio 2021, n. 108.

[4] A norma dell'articolo 10, comma 4, del D.L. 14 marzo 2025, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 maggio 2025, n. 69, fino al 31 dicembre 2026, la conferenza di servizi decisoria di cui al presente comma si svolge ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120.

Inquadramento

La conferenza di servizi è un istituto di semplificazione procedimentale derivante dalla prassi amministrativa e divenuta, con il tempo, un vero e proprio modello di azione amministrativa, tendente, in presenza dei diversi interessi cui sono preposte le amministrazioni, alla ricerca e prevalenza dell'interesse pubblico dominante.

Da istituto di carattere pratico e settoriale, infatti, la conferenza di servizi è divenuta un modello di carattere generale, cui ricorrere ogni qualvolta sia necessario acquisire il consenso di più amministrazioni su un progetto od un'iniziativa pubblica (D'Orsogna, 63, 64).

Il primo riconoscimento normativo della conferenza di servizi quale istituto di diritto positivo si rinviene nella l. n. 1822/1939, in materia di trasporti in concessione. Essa prevedeva, infatti, nell'ambito del procedimento amministrativo di concessione di autolinee, una conferenza formale in contraddittorio, denominata «riunione compartimentale», in quanto si svolgeva presso il compartimento dell'amministrazione della motorizzazione (Giannini, 174).

Le prime applicazioni in tema di conferenza di servizi, simili all'attuale modello generale, previsto dall'art. 14 della l. n. 241/1990, risalgono, invece, ai primi anni cinquanta nel settore dell'urbanistica. Tali strumenti erano informali, in quanto non previsti da una legge, ma sorti in maniera spontanea all'interno dei complessi procedimenti di redazione ed approvazione dei piani urbanistici, al fine di accelerare e razionalizzare lo svolgimento degli stessi (Cuccia, 21 ss.).

Inoltre, nel periodo compreso tra la fine degli anni ottanta ed i primi anni novanta sono state emanate numerose leggi speciali contemplanti conferenze di servizi di settore, tra le quali si evidenzia, in particolare, la l. n. 441/1987, in tema di smaltimento di rifiuti.

Negli anni 90, infine, la conferenza di servizi ha assunto nel nostro sistema una valenza generalizzata, evolvendo da misura eccezionale, quale era nella menzionata legislazione speciale, ad istituto generale del procedimento amministrativo (Talani, 34).

Va evidenziato, però, che, nonostante la generalizzazione dell'istituto, il legislatore ha sempre mostrato, sin dall'emanazione della l. n. 241/1990, una certa propensione a disegnare specifici modelli di conferenza in settori speciali, con caratteri di differenziazione più o meno marcati rispetto all'istituto generale. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, alla l. n. 396/1990 (interventi su Roma capitale), al d.P.R. n. 447/1998 (sportello unico per le attività produttive); alla conferenza in materia di contratti pubblici (e segnatamente per i lavori pubblici), così come disciplinata dalla l. n. 109/1994, c.d. legge Merloni, confluita poi nel codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006 ed oggi d.lgs. n. 50/2016); alla conferenza di servizi in materia di localizzazione di opere pubbliche o di interesse statale (d.P.R. n. 383/94), di concessione di beni del demanio marittimo (d.P.R. n. 509/1997) e di realizzazione delle grandi infrastrutture di carattere strategico (d.l. n. 190/2002), in particolare nel settore dell'energia (d.l. n. 7/2002, c.d. «sbloccacentrali» e d.l. n. 330/2004).

Una parte della dottrina ha, quindi, avanzato qualche perplessità in merito ad una così accentuata tendenza del legislatore alla tipizzazione di conferenza di servizi «speciali». In tal modo, infatti, il massiccio impianto normativo settoriale in materia, se pur lodevole nell'intento di adattare l'istituto in esame alle specificità di determinate tipologie procedimentali, rischiava, tuttavia, di produrre una fuga dal modello procedimentale generale di cui alla l. n. 241/1990 (Santini, 3), vanificandone la portata precettiva generale.

L'istituto.

La l. n. 241/1990 individua come strumento principale di coordinamento e di accelerazione dei tempi delle decisioni amministrative la conferenza di servizi (Capo IV rubricato Semplificazione amministrativa).

L'istituto della conferenza di servizi rappresenta, infatti, un fondamentale strumento di semplificazione procedimentale, poiché consente, in un'unica sede, l'esame contestuale di una pluralità di interessi pubblici coinvolti nel medesimo procedimento amministrativo o in più procedimenti amministrativi connessi che, in mancanza di istituti di connessione procedimentale come quello in esame, sarebbero svolti autonomamente nel medesimo procedimento amministrativo o in più procedimenti amministrativi, in un ordine sequenziale poco o mal coordinato.

Da un punto di vista descrittivo, la conferenza di servizi consiste in una o più riunioni dei rappresentanti degli uffici o delle amministrazioni di volta in volta interessate che sono chiamate a confrontarsi e a esprimere il proprio punto di vista e, nel caso di conferenza decisoria, anche a deliberare (Clarich, 260).

L'istituto, dunque, costituisce «un modello procedimentale in cui una delle funzioni principali è proprio quella di coordinamento e organizzazione dei fini pubblici» (Cons. St. V, n. 1543/2005, Cons. St. VI, n. 7217/2006, Cons. St. IV, n. 1644/2007), in ossequio ai criteri di economicità, celerità, efficacia e buon andamento che devono ispirare l'attività amministrativa (Cons. St. IV, n. 2874/2004, Cons. St. VI, n. 847/2003; Cons. St. V, n. 1078/2000).

La logica sottesa a tale modello procedimentale, come evidenziato dal Consiglio di Stato nel parere n. 890 del 2016, è proprio quella di valorizzare la valenza dinamica del procedimento rispetto a quella statica dei singoli provvedimenti in successione tra loro e di sostituire ad una serie di valutazioni separate di singoli interessi pubblici – in cui ciascuna amministrazione tende ad assolutizzare quello per la tutela della quale è preposta, ponendo se stessa al centro del problema – un dialogo tra amministrazioni che conduce ad una valutazione unica, globale e contestuale di tutti gli aspetti coinvolti. Poiché unico è il risultato finale cui si mira, unico è il tessuto di interessi su cui si incide ed unica è, spesso, la pretesa sostanziale del privato o dell'impresa che ha richiesto l'(articolato, se non frammentato) intervento pubblico (Cons. St. parere n. 890/2016).

Anche la dottrina è del medesimo avviso, rinvenendo le ragioni dell'istituto nell'esigenza di ricomporre la frammentazione dell'azione amministrativa, in parte fisiologica in conseguenza del principio di decentramento territoriale di cui all'art. 5 Cost., in virtù del quale su aspetti intimamente connessi è necessario il concorso di più livelli di governo, statale, regionale, locale (Santini, 1). Tali funzioni, poi, sono state vieppiù potenziate dalle modifiche apportate all'istituto dalla l. n. 15/2005, per assicurare maggiore funzionalità e per adeguare la conferenza al nuovo assetto dei poteri e delle competenze disegnato dal nuovo titolo V della Cost. (Tubertini, 557).

Ed invero, in dottrina è stato autorevolmente affermato che la conferenza di servizi è un procedimento tipizzato rientrante nella categoria dei «procedimenti di coordinamento infrastrutturale», che sono volti a realizzare la reductio ad unum del pluralismo amministrativo per mezzo della partecipazione dei soggetti pubblici coinvolti nella vicenda procedimentale (Merusi, 21 ss.).

La Corte Costituzionale ha, infine, sancito la legittimità ed utilità dell'istituto, affermando che la conferenza risponde all'esigenza di accelerare i tempi del procedimento, acquisendo contestualmente le determinazioni spettanti a ciascuna amministrazione interessata, previo dialogo e reciproca interlocuzione, in virtù dell'effettività della cooperazione in vista di obiettivi comuni (Corte Cost. n. 79/1996).

Per tali ragioni, la conferenza di servizi ha, da sempre, costituito oggetto di particolare interesse da parte del legislatore, come può agevolmente desumersi dai molteplici interventi normativi succedutisi negli anni. Il legislatore, infatti, è intervenuto più volte a modificare, anche in minima parte, la disciplina, nella dichiarata ottica di migliorare e accelerare l'azione amministrativa, mediante l'utilizzo efficiente degli strumenti di semplificazione delle procedure.

Tra i tanti interventi legislativi di modifica della l. n. 241/1990 sul punto, si rammentano, per l'ampiezza delle novelle apportate, le seguenti: l. n. 537/1993; d.l. n. 163/1995; l. n. 340/2000; l. n. 15/2005; d.l. n. 78/2010; d.lgs. n. 127/2016; d.lgs. n. 104/2017.

In particolare, il d.lgs. n. 127/2016, attuativo della c.d. legge Madia (7 agosto 2015, n. 124), ha totalmente riscritto l'istituto in esame, evidenziandone le potenzialità e risolvendo alcune discrasie emerse dall'applicazione della disciplina previgente, soprattutto con riguardo alla casistica in tema di dissenso qualificato ovvero di coinvolgimento delle Amministrazioni preposte alla cura di interessi costituzionalmente rilevanti (ambiente, salute, incolumità pubblica ecc.).

Tipologie di conferenza di servizi.

In generale, la conferenza di servizi, come dispone l'articolo 14, si distingue in tre tipologie fondamentali: la conferenza istruttoria (art. 14, comma 1), quella decisoria (art. 14, comma 2) e quella preliminare (art. 14, comma 3).

Conferenza di servizi istruttoria.

La Conferenza di servizi istruttoria è facoltativa (chiarisce la norma che la stessa «può essere indetta») ed è generalmente utilizzata, anche su richiesta di altra Amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, nei casi in cui si ritenga opportuno un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, ovvero in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati.

La scelta delle relative modalità di svolgimento è rimessa alla discrezionalità della P.A. procedente, che può eventualmente adottare lo schema procedimentale stabilito per la conferenza decisoria ai sensi del successivo art. 14-bis, ovvero definire modalità diverse.

Con la conferenza di servizi istruttoria, viene consentita la partecipazione anche ad amministrazioni che non derivino la loro legittimazione direttamente da altra esplicita disposizione di legge. In tal modo, si prescinde dall'investitura formale assumendo rilievo la verifica della titolarità di un interesse in funzione collaborativa o difensiva e la conseguente opportunità di audizione del rappresentante dell'amministrazione.

In proposito, la dottrina ha, però, affermato che non sono legittimate a partecipare alla conferenza le amministrazioni tutrici di interessi pubblici non coinvolti dal progetto di intervento amministrativo, in quanto l'oggetto materiale della conferenza è costituito dagli interessi pubblici, primari e secondari, coinvolti (Cugurra, 85).

La conferenza istruttoria si conclude con una relazione finale che tiene conto delle risultanze emerse nel corso dell'istruttoria e dei pareri acquisiti nella sede coordinata di valutazione degli interessi.

Tuttavia, come chiarito dalla giurisprudenza, le determinazioni assunte in sede di conferenza «non incidono sulla necessità dell'emanazione del provvedimento finale, la cui competenza rimane in capo all'amministrazione procedente» (T.A.R. Puglia, Bari, n. 2102/2009).

La decisione, infatti, è monostrutturata, dovendo essere adottata soltanto dall'Amministrazione procedente ed essendo, dunque, esclusivamente a quest'ultima imputabile. L'Amministrazione procedente, peraltro, non è vincolata in alcun modo dal punto di vista espresso in sede istruttoria (Caringella, 1019), il cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni sono soltanto uno degli elementi che la p.a. deve valutare (Cons. St. V, n. 212/1999; Cons. St. IV, n. 5296/2001).

La conferenza di servizi istruttoria consente, quindi, lo svolgimento dell'istruttoria procedimentale in sede di conferenza, al fine di valutare contestualmente tutti gli interessi rilevanti nel procedimento, anche ove essi siano coinvolti in più provvedimenti amministrativi tra loro connessi, mediante la partecipazione delle amministrazioni alle quali è affidata la cura di questi ultimi. Le determinazioni assunte in sede di conferenza, in ogni caso, non incidono sulla necessità dell'emanazione del provvedimento finale, la cui competenza rimane in capo all'amministrazione procedente (T.A.R. Puglia, Bari I, n. 2102/2009; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 291/2007; T.A.R. Sicilia, Catania, II, n. 1254/2007), la quale, peraltro, rimane libera di determinare il contenuto del provvedimento, salvo il generale obbligo di motivazione a sostegno delle ragioni per le quali abbia deciso di discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria.

Ai fini dell'adozione della decisione, non è richiesta, ovviamente, l'unanimità dei consensi, poiché la conferenza non è un mezzo di manifestazione del consenso come per le decisioni polistrutturate.

Conferenza di servizi decisoria.

La conferenza decisoria, invece, presenta delle caratteristiche maggiormente complesse, tenuto conto che, in tale ipotesi, lo strumento di semplificazione è utilizzato come luogo di co-decisione effettiva rispetto alla composizione degli interessi pubblici e privati emersi nel corso dell'istruttoria. L'art. 14, comma 2, infatti, impone la conferenza decisoria (letteralmente la norma dispone che essa «è sempre indetta») quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all'acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse Amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici.

Rispetto alle precedenti formulazioni della norma in commento, non si ravvisano più limiti all'obbligatorietà, né in termini temporali (l'obbligo di indizione, sorgeva allo spirare del termine di trenta giorni dalla richiesta di parere, intesa, concerto, nulla osta o altro atto di assenso), né tantomeno in termini sostanziali, considerato che, nella disciplina previgente, l'obbligatorietà veniva meno nei casi in cui, nel predetto termine di trenta giorni, fosse intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate. Inoltre, quando l'attività del privato è subordinata a più atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti, di competenza di diverse PP.AA., la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, da una delle Amministrazioni procedenti.

Deve osservarsi che, nelle versioni precedenti, la lettera della norma, volutamente indeterminata e generale, ricomprendeva tutti gli atti di assenso, di qualunque forma e tipologia, ad esclusione dei pareri non vincolanti, i quali (attenendo alla fase istruttoria) dovevano essere acquisiti prima dell'avvio dei lavori della conferenza in quanto non costituivano espressione di amministrazione attiva, nonché gli atti di controllo, in quanto si riteneva contraddittorio far partecipare all'adozione del provvedimento gli stessi organi deputati al controllo degli atti delle amministrazioni coinvolte.

Il tenore letterale della formulazione attuale dell'art. 14 comma 2 l. n. 241/1990 non consente, invece, distinzioni di sorta, ricomprendendo espressamente anche i pareri.

Si è soliti distinguere la c.d. conferenza decisoria interna, che ricorre ogniqualvolta la conclusione positiva del procedimento sia subordinata all'acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici, dalla c.d. conferenza decisoria esterna, che, invece, ricorre nel diverso caso in cui sia l'attività del privato ad essere subordinata a più atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti di competenza di diverse amministrazioni pubbliche, potendo, in quest'ultimo caso la conferenza di servizi essere convocata da una delle amministrazioni procedenti anche su richiesta dell'interessato.

Le determinazioni della conferenza decisoria assumono natura pluristrutturata, posto che il provvedimento finale sostituisce le decisioni delle amministrazioni partecipanti, rendendolo, pertanto, immediatamente impugnabile.

In ogni caso, deve sottolinearsi che il verbale dei lavori della conferenza non è in sé impugnabile: secondo la giurisprudenza, infatti, anche la conferenza decisoria «ha natura endoprocedimentale, trovando il suo ineludibile compimento in un provvedimento conclusivo ad efficacia esterna dell'amministrazione procedente stessa» (T.A.R. Lazio, Roma II, n. 2815/2008; T.A.R. Toscana, Firenze II, n. 384/2007; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 291/2007; T.A.R. Toscana II, n. 383/2007; T.A.R. Toscana II, n. 4274/2006). Ed invero, come è stato precisato, «All'indomani della nuova disciplina della Conferenza di servizi introdotta dalla l. n. 340/00, appare chiara la scelta del legislatore, confermata dalla riforma attuata dalla l. n. 15/2005, di mantenere uno iato sistematico fra fase procedimentale, che si conclude con la determinazione conclusiva della Conferenza, e successiva fase provvedimentale, con la conseguenza che i verbali di conclusione dei lavori della Conferenza, anche se decisoria, non assurgono al rango di provvedimenti conclusivi del procedimento, ma sono ascrivibili fra gli atti meramente endoprocedimentali, come tali non autonomamente impugnabili» (Cons. St. VI, n. 5620/2008).

Trattasi di un orientamento consolidato, anche recentemente ribadito, essendo ormai pacifico che, ai sensi degli artt. 14-bis, 14-ter e 14-quater l. n. 241/1990, l'atto conclusivo dei lavori della conferenza di servizi si concreta in un atto istruttorio endoprocedimentale a contenuto consultivo, perché l'atto conclusivo del procedimento è il provvedimento finale a rilevanza esterna con cui l'Amministrazione c.d. procedente decide a seguito di una valutazione complessiva, ed è contro di esso, in quanto atto direttamente e immediatamente lesivo, che deve dirigersi l'impugnazione (T.A.R. Sicilia, Catania, I, n. 452/2017; Cons. St. V, n. 6192/2013).

Conferenza di servizi preliminare.

Il comma 3 dell'art. 14, reca la disciplina della conferenza di servizi preliminare, che può essere indetta, per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell'interessato, prima della presentazione di un'istanza o di un progetto definitivo – infatti ha natura predecisoria – al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, all'atto dell'effettiva presentazione, i necessari atti di assenso.

La conferenza preliminare si svolge sulla base degli atti disponibili.

Qualora sia indetta (poiché non sussiste alcun obbligo in tal senso, essendo rimessa alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione procedente), la conferenza di servizi segue le regole di cui all'art. 14-bis l. n. 241/1990, con l'abbreviazione, però, dei termini sino alla metà.

Ove si sia svolta la conferenza di servizi preliminare, l'amministrazione procedente, ricevuta l'istanza o il progetto definitivo, è tenuta ad indire la conferenza simultanea nei termini e con le modalità di cui agli articoli 14-bis, comma 7, e 14-ter ed in sede di conferenza simultanea, le determinazioni espresse in sede di conferenza preliminare possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nel successivo procedimento anche a seguito delle osservazioni degli interessati al progetto definitivo.

Si prevede, inoltre, che nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico la conferenza di servizi si esprima sul progetto di fattibilità tecnica ed economica, al fine di indicare le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente.

La giurisprudenza ritiene che la conferenza di servizi preliminare, o predecisoria, si collochi a mezza via tra la conferenza istruttoria e quella decisoria. Si tratterebbe, infatti, di un modulo procedimentale che svolge la funzione di fornire indicazioni sulle condizioni per poter giungere ad una decisione favorevole. L'effetto specifico di tale tipo di conferenza di servizi sarebbe, quindi, da circoscrivere ad un autovincolo interno di natura istruttoria che, sia pur con forti limitazioni, non esclude decisioni difformi in sede di conferenza di servizi decisoria. Per tali motivi è stata esclusa addirittura l'impugnabilità della determinazione conclusiva della conferenza di servizi preliminare (T.A.R. Campania, Napoli I, n. 5 236/2019).

Peraltro, va chiarito che il modulo tradizionale di svolgimento della conferenza di servizi preliminare prevede la partecipazione del privato alla stessa solo come osservatore, trattandosi di un modulo procedimentale di coordinamento tra pubbliche amministrazioni, cui il privato rimane spettatore (Cons. St. comm. spec., n. 431/2016).

Conferenza di servizi e VIA

L'articolo 14 disciplina inoltre, al comma 4, un particolare meccanismo di conferenza di servizi (che potrebbe rappresentarne una quarta autonoma tipologia) nell'ipotesi di progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale (VIA). La norma rinvia all'art. 27-bis d.lgs. n. 152/2006.

La ragione di tale previsione speciale si ravvisa nell'esigenza, data l'ontologica delicatezza degli interessi ambientali, che la procedura di valutazione di impatto ambientale debba necessariamente «costituire un procedimento autonomo rispetto a quello per il quale è stata indetta la conferenza, ordinariamente svolto ab aexterno rispetto ai lavori della stessa» (T.A.R. Puglia, Lecce, n. 59/2008).

Sul punto occorre precisare che le Regioni hanno margini di discrezionalità limitata nel disciplinare il procedimento di VIA.

La Corte Costituzionale, infatti, ha recentemente dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3 l.r. Molise n. 17/2019, nella parte in cui, aggiungendo il comma 2-bis all'art. 8 l.r. Molise n. 21/2000, prevede che resta in capo alla Giunta regionale la presa d'atto del provvedimento di VIA nel rispetto dei termini dell'articolo 27-bis del d.lgs. n. 152/2006, anziché prevedere che resta fermo che il provvedimento di VIA è adottato all'esito dei lavori della conferenza di servizi e confluisce nel provvedimento autorizzatorio unico regionale, ai sensi dell'art. 27-bis del d.lgs. n. 152/2006. L'articolo impugnato, nel richiamare l'art. 27-bis cod. ambiente riferendosi solamente al rispetto dei termini di conclusione del procedimento, anziché al rispetto della procedura prevista, disattende la disciplina statale, che ha definito la «struttura» del procedimento, imponendo l'esame contestuale dei diversi punti di vista e investendo così anche la «qualità» delle valutazioni effettuate in conferenza. Il carattere obbligatorio della convocazione della conferenza di servizi, nella procedura prodromica all'adozione del provvedimento autorizzatorio unico regionale, comprensivo della VIA e degli altri titoli abilitativi, rende pertanto la disposizione impugnata incompatibile con l'art. 117, comma 2, lett. s), Cost., che riserva in via esclusiva allo Stato la materia della tutela dell'ambiente (sentt. nn. 198, 246 del 2018; 9, 93, 178 del 2019; 106, 258 del 2020) (Corte cost. n. 53/2021).

Il tema dei rapporti tra esito della Conferenza di servizi e determinazione finale dell'Amministrazione procedente è stato, da ultimo, esaminato dal Consiglio di Stato (Cons. St. IV, n. 2733/2020), in tema autorizzazione unica ambientale che, con una recente pronuncia, ha affermato i seguenti principi di diritto:

a) anche dopo le modificazioni introdotte dal d.lgs. n. 127/2016, la determinazione motivata di conclusione del procedimento, in conferenza di servizi, conserva autonoma e diretta valenza provvedimentale, e non può considerarsi mera «trascrizione» del verbale conclusivo della conferenza;

b) la conferenza di servizi c.d. supplementare altro non è che ulteriore sviluppo della conferenza di servizi, acquisite le integrazioni istruttorie intese a pervenire alla determinazione finale, all'esito della quale viene emanato il provvedimento finale di rilascio dell'autorizzazione unica ambientale;

c) sebbene il procedimento di autorizzazione unica ambientale (ivi compreso quello di rinnovo e riesame di cui all'art. 29-octies del d.lgs. n. 152/2006), sia improntato, per motivi di speditezza, sul modello procedimentale della conferenza di servizi, nondimeno ha propria specificità e struttura e termini propri, in quanto l'autorizzazione unica ambientale costituisce il provvedimento finale di un procedimento, nel quale convergono tutti gli atti di autorizzazione, di valutazione e di assenso afferenti i campi dell'ambiente, dell'urbanistica, dell'edilizia, delle attività produttive;

d) l'autorizzazione integrata ambientale non costituisce quindi la mera “sommatoria” dei provvedimenti di competenza degli enti chiamati a partecipare alla Conferenza di servizi, ma è un titolo autonomo caratterizzato da una disciplina specifica che consente la costruzione e la gestione dell'impianto alla stregua delle prescrizioni e delle condizioni imposte dall'autorizzazione medesima. In sostanza, le determinazioni delle amministrazioni coinvolte vengono “assorbite” nel provvedimento conclusivo, con la conseguenza che l'efficacia delle prime non può che soggiacere al regime previsto per il secondo, non potendovi essere una pluralità di termini di efficacia, suscettibile di ledere il principio di certezza delle situazioni giuridiche, in contrasto con la ratio di semplificazione e concentrazione sottesa all'individuazione dello specifico modulo procedimentale rappresentato dalla conferenza dei servizi ed alla unicità del provvedimento conclusivo»:

e) in ogni caso la scadenza del termine di cui all'art. 14-ter l. n. 241/1990, non determina alcuna invalidità del provvedimento finale, ma il solo obbligo di adottare il medesimo.

Conferenza in forma semplificata e in forma simultanea.

I nuovi articoli 14-bis e 14-ter l. n. 241/1990, così come modificati dal d.lgs. n. 127/2016, prevedono due modalità di svolgimento della conferenza di servizi: la conferenza di servizi in forma semplificata e in modalità asincrona; e la conferenza di servizi in forma simultanea ed in modalità sincrona.

a) La conferenza asincrona è oggi la regola, quale nuovo modello procedimentale, una conferenza-non conferenza che assume la portata di istituto di teoria generale teso al perseguimento del principio di buon andamento della P.A. e semplificazione dell'azione amministrativa.

Rappresenta il modello di riferimento non solo per la conferenza istruttoria, secondo quanto previsto dall'art. 14 comma 1, ma anche per la conferenza c.d. decisoria, salvo ricorra una delle ipotesi di cui all'art. 14-bis comma 6 e 7.

Il progetto di semplificazione è attuato attraverso l'eliminazione delle riunioni e degli incontri contestuali tra le Amministrazioni partecipanti. La conferenza simultanea è invece prevista per i procedimenti più complessi, o al fine di consentire l'esame contestuale degli interessi coinvolti. La partecipazione delle amministrazioni coinvolte è consentita anche attraverso il ricorso a modalità telematiche.

L'intera organizzazione della conferenza rientra tra le competenze dell'amministrazione procedente, la quale comunica oggetto della determinazione rendendo edotte le amministrazioni delle informazioni necessarie. Queste, a loro volta, entro il termine perentorio di 15 giorni, possono chiedere chiarimenti ed integrazioni documentali all'amministrazione procedente ove non sia possibile reperire autonomamente tali informazioni. Entro il termine di 45 giorni, anch'esso perentorio, devono rendere le proprie determinazioni in ordine alla decisione finale, sempre nel rispetto del termine finale di conclusione del procedimento.

Ove le amministrazioni non comunichino le proprie determinazioni entro il termine previsto dalla legge, o qualora le stesse non presentino i requisiti di cui al comma 3 dell'art. 14, l'assenso si considera acquisito senza condizioni (c.d. meccanismo del silenzio assenso implicito).

b) La conferenza in forma simultanea e in modalità sincrona è disciplinata dall'art. 14-ter, che prevede il ricorso a tale modello, anche per via telematica, quando sia necessario a causa della particolare complessità dei procedimenti.

La conferenza simultanea in modalità sincrona, infatti, può rappresentare la necessaria evoluzione della conferenza semplificata ex art 14-bis comma 2 lett. b), ma può costituire anche la scelta diretta quando la determinazione da assumere risulta particolarmente complessa.

Il termine di conclusione dei lavori è fissato in 45 giorni decorrenti dalla data della prima riunione ed è elevato a 90 giorni ove siano presenti amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini.

La determinazione finale, che produce gli effetti di cui all'art. 14-quater, è adottata sulla scorta delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni coinvolte per il tramite del proprio rappresentante unico. Si è inteso, quindi, a differenza del passato, dare rilievo al valore qualitativo delle posizioni e non alla mera maggioranza numerica.

Riguardo alla formazione dell'assenso, il nuovo art. 14-ter comma 7 individua i casi in cui si acquisisce senza condizioni: ove il rappresentante unico non abbia partecipato alla riunione; ove pur partecipandovi non abbia espresso la propria posizione secondo quanto previsto dal comma 3 art. 14-ter; oppure in caso di dissenso immotivato o attinente a questioni non oggetto della conferenza. Il dissenso, quindi, deve essere, a pena di inammissibilità, espresso, congruamente motivato e pertinente (14-quater).

L'articolo 12 del decreto legge Semplificazioni n. 76/2020 (conv. della l. n. 120/2020) ha stabilito che i provvedimenti, le autorizzazioni, i pareri, i nulla osta e gli atti di assenso comunque denominati, adottati dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 14-ter, comma 2, 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, nonché i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi adottati dopo la scadenza dei termini di cui all'articolo 19, commi 3 e 6-bis, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni. Con riferimento alla conferenza di servizi, il nuovo comma 8- bis dell'articolo 2 della l. n. 241 è volto a garantire certezza giuridica riguardo alla mancata adozione, nei termini previsti, dei provvedimenti di competenza, allo scopo di rendere effettivo l'atto di assenso comunque denominato, acquisito « per silentium ».

La conferenza di servizi straordinaria per l'emergenza Covid

L'articolo 13 del d.l. n. 76/2020 (conv., con modif., dalla l. n. 120/2020 e successivamte modificato dall'art. 51 del d.l. n. 77/2021, convertito con modif. dalla l. n. 108/2021) definisce una procedura di conferenza di servizi straordinaria, per un tempo determinato fino al 30 giugno 2023, al fine di introdurre semplificazioni procedimentali volte a fronteggiare gli effetti negativi, di natura sanitaria ed economica, derivanti dalle misure di contenimento e dall'emergenza sanitaria globale del COVID-19.

In particolare, in tutti i casi in cui debba essere indetta una conferenza di servizi decisoria ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della l. n. 241/1990, è in facoltà delle amministrazioni procedenti di adottare lo strumento della conferenza semplificata. La disposizione prevede, altresì, che la conferenza operi secondo una tempistica particolare rispetto a quanto attualmente prescritto per il rilascio delle determinazioni di competenza da parte delle amministrazioni partecipanti; viene fissato, infatti, per tutte le amministrazioni il termine di sessanta giorni.

Inoltre, laddove al termine della conferenza semplificata sia necessario procedere con la conferenza simultanea di cui all'art. 14-ter, l'amministrazione procedente svolge entro trenta giorni decorrenti dalla scadenza del termine per il rilascio delle determinazioni di competenza delle singole amministrazioni, una riunione da tenersi esclusivamente in modalità telematica, nella quale si considera in ogni caso acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni che non abbiano partecipato alla riunione ovvero, pur partecipandovi, non abbiano espresso la propria posizione, ovvero abbiano espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza. Attraverso tale riunione l'amministrazione procedente prende atto delle posizioni delle amministrazioni e procede, senza ritardo, alla stesura della determinazione motivata di conclusione della conferenza.

Il comma 2, con riferimento ai casi di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legge, prevede, infine, che, ove si renda necessario riconvocare la conferenza di servizi sul livello successivo di progettazione, tutti i termini siano ridotti della metà e gli ulteriori atti di autorizzazione, di assenso e i pareri comunque denominati, eventualmente necessari in fase di esecuzione, siano rilasciati in ogni caso nel termine di sessanta giorni dalla richiesta.

Lo Sportello unico per le attività produttive.

Merita un cenno, infine, il c.d. sportello unico per le attività produttive, disciplinato dagli artt. 23,24 e 25 d.lgs. n. 112/98 e dal d.P.R. n. 447/98, come modificato dal d.P.R. n. 440/2000.

L'istituto in oggetto è ispirato ad esigenze di semplificazione e razionalizzazione dell'attività amministrativa mediante la riduzione e riunificazione dei procedimenti. Anche in tale ipotesi, peraltro, lo strumento con il quale attuare tale intento acceleratorio è la conferenza di servizi di cui alla l. n. 241/1990.

In particolare, l'art. 23 attribuisce ai Comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi compreso il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie.

Compito dello Sportello Unico, dunque, è quello di acquisire la pluralità di assensi che devono essere resi dalle amministrazioni, rimanendo l'unico interlocutore del cittadino, mediante un meccanismo di unificazione funzionale (T.A.R. Liguria, Genova I, n. 198/2009).

Questione tradizionalmente assai dibattuta riguardava la natura giuridica dello Sportello Unico, non essendo chiaro se tale istituto costituisse, al pari di quanto accade per la conferenza di servizi, un modello procedimentale di semplificazione, ovvero se modificasse in via sostanziale il riparto di competenze.

Sul punto si è espressa la Corte Costituzionale, la quale ha affermato che la disciplina sullo Sportello Unico configura una sorta di «procedimento di procedimenti», cioè un iter procedimentale unico in cui confluiscono e si coordinano gli atti e gli adempimenti facenti capo a diverse competenze, richiesti dalle norme in vigore affinché l'insediamento produttivo possa legittimamente essere realizzato. A seguito dell'istituzione dello Sportello Unico, in definitiva, quelli che erano autonomi provvedimenti, ciascuno dei quali adottato sulla base di un procedimento a sé stante, diventano «atti istruttori» al fine dell'adozione dell'unico provvedimento conclusivo: ciò, tuttavia, non significa che vengano meno le distinte competenze e responsabilità delle amministrazioni deputate alla cura degli interessi pubblici coinvolti (Corte cost. n. 376/2002).

Natura giuridica della conferenza di servizi.

La qualificazione giuridica della conferenza di servizi è stata oggetto di accese dispute poiché dalla sua qualificazione discendono conseguenze importanti in punto di disciplina.

Secondo una prima tesi, la conferenza sarebbe un organo straordinario (G. Taccogna in Tubertini, 557), distinto ed autonomo rispetto alle singole p.a. che la compongono, con la conseguenza che le sue determinazioni sono da ritenersi immediatamente impugnabili ed imputabili alla conferenza e non già alle singole p.a. che vi partecipano (T.A.R. Liguria, I, n. 1080/2005; Cons. St. VI, n. 1443/2004).

Sul piano processuale, quindi, il ricorso, avverso atti della conferenza, deve essere ritualmente notificato alla conferenza medesima e non già a ciascuna delle singole amministrazioni che ad essa partecipano (T.A.R. Marche, Ancona, n. 1233/2001; T.A.R. Veneto, I, n. 565/1992), posto che il provvedimento è imputato alla conferenza come organo autonomo, che acquisisce, di conseguenza, legittimazione passiva autonoma.

Secondo altra tesi, la conferenza di servizi sarebbe qualificabile sotto il profilo funzionale quale «modulo procedimentale», ossia metodo di coordinamento dei poteri e di raccordo delle competenze, assumendo rilevanza sul piano della concreta dinamica procedurale (D'Orsogna, 213).

La conferenza, pertanto, si atteggerebbe solo a modulo procedimentale, non costituendo un ufficio speciale della p.a., autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano (T.A.R. Toscana, Firenze II, n. 1505/2009).

A tale conclusione si giunge poiché riconoscere natura collegiale alla conferenza significherebbe privare i suoi membri della legittimazione processuale a vedere riconosciuti i motivi di dissenso in siffatta sede espressi, imprescindibilmente legati all'autonoma soggettività amministrativa dei soggetti che siedono in conferenza in rappresentanza di altrettante autonome amministrazioni e/o uffici. Da ultimo, poi, la conclusione opposta contrasterebbe con il sistema di riparto di cui all'art. 117 Cost., con il principio di sussidiarietà ex art. 118 cost. e con il principio di pari dignità istituzionale tra gli enti che compongono la Repubblica, ex art. 5 Cost. (Santini, 12).

Ne consegue, dunque, che la conferenza produce effetti di natura meramente procedimentale, i quali, poi, si riverberano sull'atto finale (salvo la particolare ipotesi della conferenza di servizi decisoria) (T.A.R. Sardegna, Cagliari I, n. 2108/2006, T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, n. 291/2007, T.A.R. Campania, Salerno I, n. 2001/2007; Cons. St. IV, n. 8259/2006; Cons. St. IV, n. 3169/2001; Cons. St. IV, n. 1193/1999, Cons. St. VI, n. 7217/2006, Cons. St. IV, n. 8259/2006, Cons. St. IV, n. 1644/2007).

La conferenza di servizi, pertanto, non assurge al rango di organo collegiale autonomo e distinto rispetto alle singole amministrazioni che vi partecipano, avendo consistenza di mera modalità di semplificazione dell'azione amministrativa, finalizzata, nella sua accezione decisoria, alla più celere formazione di atti complessi, ossia di atti per la cui formazione è necessario il concorso della volontà di più amministrazioni ovvero di organi della stessa amministrazione, ben potendo tale volontà essere manifestata anche in forma tacita e non contestuale. Ne deriva la piena legittimità dell'espressione della volontà di un'amministrazione attraverso la trasmissione del proprio avviso positivo (o atto di assenso) determinatosi al di fuori della conferenza di servizi.

La conferenza è, pertanto, essenzialmente un luogo per l'acquisizione dell'assenso delle amministrazioni o degli organi interessati ad un procedimento e non un collegio che funziona secondo il metodo deliberativo della discussione e deliberazione tipico degli organi collegiali (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, n. 1359/2009; T.A.R. Lazio, Roma II, n. 135/2009; Cons. St. IV, n. 1644/2007; T.A.R. Liguria, I, n. 849/2000; Cons. St. IV, n. 1193/1999).

L'utilizzo della conferenza, inoltre, non comporta modificazione o sottrazione delle competenze, né modificazione della natura o tipo d'espressione volitiva o di scienza che le amministrazioni sono tenute ad esprimere secondo la disciplina di più procedimenti amministrativi connessi o di un solo procedimento nel quale siano coinvolti vari interessi pubblici (T.A.R. Calabria, Catanzaro I, n. 1014/2009; Cons. St. V, n. 2107/2007; conforme Cons. St. VI, n. 316/2004).

Gli atti adottati dalla conferenza di servizi assumono, quindi, valore meramente prodromico rispetto all'atto finale, con la conseguenza che la competenza del soggetto investito del potere di approvazione dell'atto finale va accertata con riferimento al momento in cui esso viene adottato, e non all'epoca di svolgimento della relativa conferenza di servizi (Cass. S.U., n. 4813/2006).

Ed invero, è stato financo affermato, con riguardo al rapporto tra esiti della conferenza di servizi e provvedimento conclusivo, che «il provvedimento conclusivo, quando non ribalti le decisioni prese in sede di Conferenza, è atto meramente confermativo e consequenziale delle determinazioni assunte in sede di conferenza» (T.A.R. Lombardia, Brescia I, 9 ottobre 2009, n. 1737).

Sul piano processuale, deve, quindi, ritenersi ammissibile il ricorso che non sia stato notificato a tutte le autorità che hanno partecipato alla conferenza di servizi le quali non sono qualificabili come controinteressate al ricorso, mentre il gravame deve essere notificato alle autorità, tra quelle partecipanti che, mediante lo strumento della conferenza di servizi, abbiano adottato un atto con rilevanza esoprocedimentale, il quale, in difetto del ricorso alla conferenza, si sarebbe dovuto impugnare da parte di chi avesse inteso contestarlo, in quanto lesivo della propria sfera giuridica (T.A.R. Toscana, Firenze II, n. 1505/2009; T.A.R. Abruzzo, Pescara I, n. 875/2007; T.A.R. Campania, Salerno I, n. 2001/2007; Cons. St. IV, n. 8259/2006; Cons. St. IV, n. 2107/2005; T.A.R. Toscana, Firenze I II, n. 1162/2004; T.A.R. Marche, Ancona, n. 976/2004; Cons. St. IV, n. 3169/2001; T.A.R. Liguria, Genova I, n. 1652/2003; Cons. St. IV, n. 1193/1999).

Tale impostazione, peraltro, è conforme all'art. 14-ter co. 7, che attribuisce all'amministrazione procedente la competenza ad adottare «la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all'articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti». D'altro canto, è il provvedimento finale di cui al comma 6-bis, e solo questo, a sostituire, a tutti gli effetti, «tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati» (art. 14-quater, comma 1).

Secondo, infine, una terza tesi, c.d. intermedia, la conferenza di servizi si sostanzierebbe ordinariamente in un mero modulo procedimentale, salvo specifiche eccezioni ex lege che conferirebbero alla conferenza natura di organo autonomo (come il caso di concessioni demaniali marittime per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica di diporto ex art. 5 comma 6 d.P.R. n. 509/1997) (T.A.R. Campania, Napol i VII, n. 10641/2005).

Comunque, anche accogliendo la tesi che esclude il carattere di organo della conferenza, il suo funzionamento deve essere regolato in base alle norme relative al funzionamento degli organi collegiali, ove non previsto diversamente. Pertanto:

a) la convocazione della conferenza va effettuata con congruo anticipo, da valutarsi in ragione del numero delle pp.aa. che partecipano e della complessità del procedimento;

b) i singoli rappresentanti delle p.a. devono ottenere l'autorizzazione ad esprimere la volontà dell'ente;

c) l'oggetto dell'ordine del giorno deve essere chiaro e non può essere mutato, salvo che per mutuo assenso di tutte le p.a. convocate;

d) nel verbale deve darsi atto delle ragioni che hanno portato all'indizione della conferenza, nonché giustificare la legittimazione dei singoli rappresentanti.

In conclusione deve rilevarsi che, secondo ormai la consolidata giurisprudenza amministrativa, nel caso di ricorso alla Conferenza di Servizi, il gravame deve essere notificato a tutte quelle amministrazioni che, nell'ambito della Conferenza, abbiano espresso pareri o determinazioni che si sarebbe dovuto impugnare autonomamente se gli stessi fossero stati adottati al di fuori di tale peculiare modulo procedimentale in quanto aventi uno specifico contenuto lesivo della sfera di interessi della parte ricorrente (Cons. St. IV, n. 3646/2014; Cons. St. IV, n. 5985/2019).

La partecipazione alla conferenza di servizi di soggetti diversi dalle p.a.

Un aspetto problematico a lungo discusso in dottrina e giurisprudenza riguarda la possibilità che alla conferenza partecipi anche il privato interessato.

Secondo una prima tesi, la partecipazione di soggetti diversi dalle p.a. coinvolte nel procedimento era da escludersi, in ragione della ratio dell'istituto, finalizzata a consentire l'esame contestuale di un'istanza da parte di tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento (T.A.R. Campania, Napoli I V, n. 13382/2003; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 90/2008).

Secondo altra tesi, invece, la partecipazione dei privati – in funzione collaborativa – alla conferenza di servizi non era preclusa, non potendosi considerare interdetta dalla mancanza di un'esplicita indicazione legislativa in tal senso (T.A.R. Puglia, Lecce I, n. 359/2003).

Il contrasto è stato risolto dalla l. n. 69 del 2009, che ha inserito nell'art. 14-ter i nuovi commi 2-bis e 2-ter, prevedendo espressamente che alla conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e 14-bis sono convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza, con facoltà di partecipazione senza diritto di voto.

Il legislatore, pertanto, poneva un vero e proprio obbligo di convocazione in seno alla conferenza dei soggetti proponenti il progetto, pur escludendo espressamente che potessero esprimere il proprio voto.

Infine, con il d.lgs. n. 127/2016, l'intero articolo 14 è stato riscritto, prevedendosi, per quanto di interesse in questa sede, al comma 5 che l'indizione della conferenza è comunicata ai soggetti di cui all'art. 7 i quali possono intervenire nel procedimento ai sensi dell'art. 9.

Questioni applicative.

1) Organo o modulo?

Si è già detto che, per quanto concerne la natura giuridica, dottrina e giurisprudenza si attestano su due posizioni opposte.

Una parte della dottrina ritiene che la conferenza dia origine a un organo amministrativo collegiale di carattere straordinario e, di conseguenza, autonomo rispetto alle amministrazioni di cui si compone. Essa diventerebbe autonomo centro d'imputazione, a cui l'atto adottato andrebbe riferito sia a fini sostanziali che sul piano processuale.

L'opposta tesi, peraltro prevalente e sostenuta anche dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 79/1996) e del Consiglio di Stato (Cons. St. IV, n. 54/2016), sostiene che si tratta di un semplice modulo organizzatorio funzionale alla semplificazione e alla riduzione delle tempistiche procedimentali, assolutamente privo di una propria individualità. Rifiutando l'approccio basato sulla «personificazione della conferenza», si rileva che la conferenza non è centro di imputazione di atti o effetti perché non ha né la forma né la sostanza di un soggetto o di un organo. Anzi è un modello organizzatorio di snellimento e raccordo, scelto proprio perché diverso e più elastico di un organo collegiale (pur se di questo riecheggia alcune movenze sul piano funzionale: la convocazione, l'ordine del giorno, la votazione, la discussione). Tale schema procedurale non produce, quindi, lo spostamento delle competenze dalle singole amministrazioni alla conferenza, ma configura solo un diverso modo di esercizio del potere da parte delle singole amministrazioni nell'ambito della conferenza.

Da ciò ne deriva che le singole autorità amministrative restano gli unici centri di imputazione volontaristica, lasciando così immutate le competenze e la relativa legittimazione passiva. La paternità dell'atto, adottato all'esito della conferenza decisoria, va pertanto attribuita non alla conferenza, che non esiste quale soggetto o organo autonomo, ma alle singole amministrazioni che, avvalendosi di tale modulo, hanno adottato atti con valenza esoprocedimentale. Donde, l'attribuzione della qualifica di legittimati passivi, in caso di impugnazione dell'esito decisorio della conferenza, a siffatte specifiche amministrazioni e non alla conferenza in quanto tale.

Più precisamente, nella conferenza istruttoria l'atto finale risulta imputato solo all'unica amministrazione che adotta il provvedimento finale; nella conferenza decisoria l'atto finale è imputato alle singole amministrazioni che attraverso essa esprimono la loro volontà provvedimentale, gli atti eso-procedimentali.

2) La conferenza di servizi è davvero neutrale?

La Consulta ritiene rispettato, alla stregua delle considerazioni svolte, il principio di legalità, di cui all'art. 97 Cost., e di autonomia delle regioni e degli enti locali dopo la modifica del Titolo V della parte II della Costituzione (articolo 118 Cost.), in quanto la conferenza non comporta nessuno spostamento di competenze ma una differente modalità di esercizio del potere.

Se tuttavia è pacifico, ormai, che la conferenza non ha una soggettività autonoma in quanto si tratta di un modulo procedimentale, è meno certo che tale modulo abbia carattere neutrale e spessore asettico.

La tesi dell'«indifferenza» della conferenza rispetto al quadro legale delle competenze e dei poteri è infatti sconfessata, nella sua impostazione più pura, dalla circostanza che, a differenza dell'impostazione originaria, sia stato oggi superato il principio dell'unanimità e la decisione venga presa in base alla posizione prevalente. È evidente, così, che la singola amministrazione non ha più il potere di negare, con effetto inibitorio, l'atto di assenso nell'esercizio del suo potere di amministrazione attiva, in quanto il suo dissenso può essere superato attraverso una ponderazione comparativa che conduca ad un esito diverso. Di qui la trasformazione del suo apporto da potere di amministrazione attiva (ove l'assenso è necessario) in funzione in senso lato consultiva (in seno alla quale il dissenso è motivatamente superabile, a determinate condizioni, secondo un meccanismo simile a quello del parere obbligatorio ma non vincolante).

Il carattere non neutrale della conferenza è confermato dalla previsione di un rappresentante unico delle amministrazioni statali, che sostituisce, in sede di conferenza i rappresentanti di singoli enti. È evidente l'incisione del modello legale delle competenze, e, quindi, il carattere non neutrale, ma innovativo, di un modulo procedimentale che espropria le singole amministrazioni del potere di valutazione autonomo e individuale.

Ne risulta confermato che la conferenza di servizi è un modello non personificato di organizzazione e semplificazione che, in modo non propriamente neutrale, incide in senso degradatorio sulla forza del potere unilaterale delle singole amministrazioni.

3) Che rapporto corre tra la conferenza di servizi e l'art. 17- bis della l. n. 241/1990 sul silenzio nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici?

Terminata la disamina della disciplina della conferenza di servizi, è ora necessario soffermarsi su un aspetto problematico rappresentato dal controverso rapporto tra il nuovo art. 17-bis, inserito nel corpo della l. n. 241/1990 dall'art. 3 della l. n. 124/2015, e la disciplina della conferenza di servizi. Analizzando la disciplina sembra che l'ambito di applicazione dell'art. 17 -bis (vedi commento) coincida con le ipotesi di conferenza obbligatoria (decisoria).

Esso stabilisce che, nelle ipotesi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche o di gestori di beni e servizi, al fine di adottare provvedimenti amministrativi o normativi di competenza di altre P.A., le amministrazioni devono comunicare il proprio assenso nel termine di 30 giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, con la relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Trascorso inutilmente il suddetto termine di 30 giorni, che può essere interrotto per far fronte a motivate esigenze istruttorie dell'amministrazione, l'assenso si intende acquisito.

Sui rapporti tra l'art. 17-bis e la disciplina della conferenza di servizi, la giurisprudenza ha chiarito che la disciplina in questione trova applicazione quando l'assenso da acquisire provenga da una sola amministrazione, mentre, nel caso in cui sia necessario una pluralità di assensi, si debba procedere con la convocazione di una nuova conferenza di servizi.

Si osserva inoltre che, pur essendoci un'apparente identità tra il richiamato art. 17-bis e la disciplina della conferenza di servizi, in specie quella asincrona, diverso è il regime del superamento del dissenso previsto dal comma 2 dell'articolo in esame e dall'art 14- quinquies.

Entrambe le disposizioni attribuiscono la competenza ad adottare la decisione finale al Presidente del Consiglio dei Ministri, ma, nell'ambito della conferenza di servizi, si assiste alla sussistenza di maggiori garanzie procedimentali e di una maggiore complessità, anche in attuazione del principio di leale collaborazione tra pubbliche amministrazioni.

Bibliografia

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