Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 14 ter - Conferenza simultanea 1

Maurizio Francola

Conferenza simultanea  1

 

1. La prima riunione della conferenza di servizi in forma simultanea e in modalità sincrona si svolge nella data previamente comunicata ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 2, lettera d), ovvero nella data fissata ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 7, con la partecipazione contestuale, ove possibile anche in via telematica, dei rappresentanti delle amministrazioni competenti.

2. I lavori della conferenza si concludono non oltre quarantacinque giorni decorrenti dalla data della riunione di cui al comma 1. Nei casi di cui all'articolo 14-bis, comma 7, qualora siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il termine è fissato in novanta giorni. Resta fermo l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

3. Ciascun ente o amministrazione convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell'amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell'assenso.

4. Ove alla conferenza partecipino anche amministrazioni non statali, le amministrazioni statali sono rappresentate da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le predette amministrazioni, nominato, anche preventivamente per determinate materie o determinati periodi di tempo, dal Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, ove si tratti soltanto di amministrazioni periferiche, dal Prefetto. Ferma restando l'attribuzione del potere di rappresentanza al suddetto soggetto, le singole amministrazioni statali possono comunque intervenire ai lavori della conferenza in funzione di supporto. Le amministrazioni di cui all'articolo 14-quinquies, comma 1, prima della conclusione dei lavori della conferenza, possono esprimere al suddetto rappresentante il proprio dissenso ai fini di cui allo stesso comma.

5. Ciascuna regione e ciascun ente locale definisce autonomamente le modalità di designazione del rappresentante unico di tutte le amministrazioni riconducibili alla stessa regione o allo stesso ente locale nonché l'eventuale partecipazione delle suddette amministrazioni ai lavori della conferenza.

6. Alle riunioni della conferenza possono essere invitati gli interessati, inclusi i soggetti proponenti il progetto eventualmente dedotto in conferenza.

7. All'esito dell'ultima riunione, e comunque non oltre il termine di cui al comma 2, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all'articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.

Inquadramento

L'art. 14-ter disciplina la conferenza di servizi simultanea, o in modalità sincrona, prevedendo talune regole volte a favorire la celere definizione del procedimento.

La norma, infatti, prevede talune novità in relazione: 1) alla rappresentanza dell'Ente o dell'Amministrazione in seno alla conferenza di servizi; 2) alla ponderazione dei voti nell'ambito della conferenza di servizi; 3) alle modalità di voto (silenzio assenso); 4) alla partecipazione degli interessati

La rappresentanza nella conferenza di servizi simultanea

Ai sensi dell'art. 14-ter comma 3, ciascun ente o Amministrazione convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione della P.A. su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell'assenso.

Peculiarità della disciplina è il rappresentante unico nei casi in cui più amministrazioni statali debbano partecipare alla conferenza insieme ad amministrazioni non statali (art. 14-ter comma 4) ed anche per le amministrazioni regionali e degli enti locali (art. 14-ter comma 5).

Il rappresentante delle Amministrazioni statali, in questi casi, è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per gli enti periferici, dal dirigente dell'Ufficio territoriale dello Stato. Specifici ambiti di autonomia, poi, sono all'uopo riconosciuti a Regioni e enti locali nell'individuazione del proprio rappresentante in conferenza.

In passato è stato sostenuto che ad assumere rilievo fosse la manifestazione finale di volontà di ciascun ente partecipante, risultato che non era inficiato dalla presenza di più di un rappresentante per taluni enti, giustificabile per ragioni istruttorie.

Sennonché, adesso, l'art. 14-ter comma 5 prevede che ciascuna regione e ciascun ente locale definisce autonomamente le modalità di designazione del rappresentante unico di tutte le amministrazioni riconducibili alla stessa regione o allo stesso ente locale, nonché l'eventuale partecipazione delle suddette amministrazioni ai lavori della conferenza. Pertanto, la nuova disciplina rende di fatto obbligatoria la designazione di un unico rappresentante.

Ma la nuova disciplina ha destato più di una perplessità sul piano applicativo, al punto da indurre il Dipartimento per il coordinamento amministrativo, Ufficio per la concertazione amministrazione ed il monitoraggio, della Presidenza del Consiglio dei Ministri a chiedere taluni chiarimenti al Consiglio di Stato, in ordine ai seguenti quesiti: 1) quale sia l'ambito di applicazione dell'espressione «amministrazioni statali» contenuta nel comma 4; 2) se nella conferenza di servizi indetta da un'amministrazione statale il rappresentante unico rappresenti anche l'amministrazione procedente o solamente le amministrazioni statali diverse da quella procedente; 3) quale sia l'ambito di applicazione dell'istituto della conferenza di servizi e più in particolare del rappresentante unico in relazione ai contenuti dell'art. 29-quater del d.lgs. n. 152/2006 (codice ambiente); 4) infine, se il rappresentante unico dello Stato, dopo aver reso il proprio parere, possa successivamente modificarlo.

Il Consiglio di Stato, all'esito dell'Adunanza della Commissione Speciale del 29 marzo 2018, ha reso il parere n. 1127 del 27 aprile 2018, rispondendo ai predetti quesiti che:

1) l'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 distingue in modo chiaro, da un lato, le amministrazioni pubbliche in generale, e dall'altro le amministrazioni dello Stato in senso proprio, precisando poi che le prime comprendono le seconde al punto da configurare le stesse amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo soggetti distinti dalle amministrazioni dello Stato in senso stretto. Pertanto, nell'ambito della conferenza di servizi deve ritenersi che l'ente pubblico non economico possa essere presente come soggetto a sé stante e diverso dal rappresentante del Ministero titolare della vigilanza sull'ente stesso, onde evitare che l'ente pubblico vigilato sia presente con il rappresentante dell'ente pubblico vigilante.

2) Per quanto riguarda la possibilità che nella conferenza di servizi indetta da un'amministrazione statale il rappresentante unico rappresenti anche l'amministrazione procedente o solamente le amministrazioni statali diverse da quella procedente, in ossequio al contenuto formale del quesito, il Consiglio di Stato propende per la prima delle soluzioni, che tiene ancora ben distinti i ruoli del rappresentante unico delle amministrazioni statali e dell'amministrazione statale procedente, anche quando quest'ultima è chiamata ad esprimere, altresì, atti di assenso, pena, altrimenti, uno sdoppiamento delle funzioni in capo allo stesso soggetto difficilmente comprensibile. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha precisato che le scelte procedurali del legislatore non escludono che si possa giungere a configurare un rappresentante unico completamente coincidente anche con l'Amministrazione procedente, mancando tra l'altro una norma che espressamente lo vieti.

3) Per quanto riguarda l'ambito di applicazione dell'istituto della conferenza di servizi e più in particolare del rappresentante unico nel caso previsto dell'art. 29-quater del d.lgs. n. 152/2006, il Consiglio di Stato, con riferimento allo specifico caso sottoposto al suo parere, ritiene che oggetto della conferenza di servizi sia l'originaria domanda dell'interessato al rilascio dell'AIA, mentre la «proposta» dell'ISPRA rappresenta uno degli apporti istruttori necessari per decidere, e non come tale l'oggetto della conferenza stessa. Il termine «proposta», riferito ad un atto di avviso qualificato e contrapposto a quello di «parere», utilizzato per l'apporto dell'Agenzia regionale ovvero provinciale, può trovare giustificazione in base alla diversa natura dei soggetti coinvolti, dato che l'ISPRA è un ente non economico statale, mentre le agenzie sono articolazioni degli enti locali di rispettivo riferimento. Donde, la conclusione secondo cui l'ISPRA ha pieno titolo per partecipare alla conferenza con un proprio rappresentante, distinto dal rappresentante unico delle amministrazioni statali.

4) Per quanto riguarda, infine, la possibilità che il rappresentante unico dello Stato, dopo aver reso il proprio parere, lo modifichi, in seguito ad elementi emersi o evidenziati da un'amministrazione diversa da quella dello Stato, fin quando non sia adottata la determinazione motivata di conclusione della conferenza prevista dall'art. 14-ter, comma 7, il Consiglio di Stato, anzitutto, osserva che la posizione del rappresentante unico giuridicamente rilevante è quella risultante dal verbale conclusivo della conferenza, e sulla base della quale si forma la determinazione finale, mentre non è giuridicamente rilevante il modo in cui il rappresentante è giunto a formularla, ovvero se egli l'abbia espressa una volta per tutte ovvero l'abbia elaborata nel corso della discussione, per successive puntualizzazioni o per modifica di una diversa posizione inizialmente manifestata.

Pertanto, il Consiglio di Stato ritiene che il rappresentante unico possa, sino a chiusura della conferenza, rivedere la propria posizione.

Ruolo e responsabilità del rappresentante unico.

Il Consiglio di Stato ha precisato che il «rappresentante» unico non sarebbe tale se non dovesse in qualche modo prendere conoscenza del punto di vista delle amministrazioni che rappresenta e farsene portavoce nel corso della conferenza, pur non costituendo un mero «nuncius» delle medesime.

Ne segue che, pur nel silenzio dell'art. 14-ter, il rappresentante deve ritenersi tenuto a sentire, in sede preparatoria e non necessariamente con i crismi della formalità, le amministrazioni in questione prima che la conferenza si svolga, anche al fine di stabilire i margini operativi del suo agire, che deve essere necessariamente connotato da un minimo di flessibilità.

È, però, del tutto possibile che si verifichi il caso in cui nel corso della conferenza stessa altre amministrazioni presenti rendano noti elementi nuovi, che rendano necessaria una valutazione ulteriore.

In tal caso, il rappresentante dovrà, eventualmente richiedendo a tal fine un breve rinvio della discussione, comunicare quanto emerso alle amministrazioni interessate, consultandole velocemente, e tener conto dei rilievi ulteriori che esse dovessero formulare.

In questo caso, però, non si avrebbe un «nuovo parere», ma semplicemente una modalità ulteriore di giungere all'unico atto di assenso rilevante, ovvero quello che risulta dal verbale conclusivo della conferenza, che in ipotesi si chiuderebbe solo dopo aver dato al rappresentante unico la possibilità di consultarsi ulteriormente con le amministrazioni rappresentate.

Il tutto, dunque, deve essere valutato nel caso concreto.

Tuttavia, qualora siffatte modalità non fossero rispettate, come nel caso in cui il rappresentante unico si esprima nella conferenza senza alcun previo raccordo con le amministrazioni rappresentate, fatta salva l'eventuale responsabilità personale, amministrativa o disciplinare, del rappresentante stesso, non si addiverrebbe per ciò solo all'invalidità della determinazione conclusiva della conferenza.

Costituisce, infatti, principio generale dell'ordinamento che, in mancanza di norme specifiche, nella fattispecie non sussistenti, i rapporti interni fra rappresentato e rappresentante siano inopponibili a chi entra in relazione giuridica con questi (Cons. St. Commissione speciale, parere 1127/2018).

La delega al rappresentante.

Il rappresentante unico deve essere munito dei poteri di firma, in grado di obbligare validamente l'ente. Risulta evidente, pertanto, come non si tratti di una delega limitata conferita dalla amministrazione, ma di poteri di vera e propria rappresentanza.

Il potere di rappresentanza deve essere acquisito preventivamente dal momento della nomina, in modo che in ogni fase della conferenza la volontà dell'ente venga validamente manifestata dal rappresentante, mediante un'investitura ad hoc dall'organo competente (Forlenza, 117).

La giurisprudenza ha, pertanto, ritenuto che eventuali profili di illegittimità degli atti di delega possano essere oggetto di censura in sede di impugnazione autonoma (Cons. St. VI, n. 4568/2003).

Al riguardo, la giurisprudenza si è pronunciata sui poteri esercitabili in conferenza dal Sindaco del Comune, precisando che la conferenza di servizi, essendo un istituto di semplificazione procedimentale, è inidonea ad incidere sull'assetto e sul riparto delle competenze all'interno delle singole amministrazioni e dei relativi organi (Cons. St. V, n. 4780/2004).

Ne consegue che anche le competenze dei singoli funzionari deputati alla delega restano inalterate. Donde, la necessità che la partecipazione dei rappresentanti sia coerente alla funzione attribuita alla conferenza, considerato che la conferenza di servizi, sia con funzione istruttoria che decisoria, costituisce un modulo organizzativo di semplificazione ed ottimizzazione temporale del procedimento al fine del miglior raccordo delle amministrazioni nei procedimenti pluristrutturati destinati a concludersi con decisioni connotate da profili di complessità; pertanto, tale modalità di svolgimento dell'azione amministrativa presuppone e conserva integri i poteri e le competenze delle amministrazioni partecipanti, alle quali restano imputati gli atti e le volontà espresse nel corso della conferenza (Cons. St. V, n. 8080/2003).

Nella prassi, comunque, i poteri di rappresentanza in sede di conferenza vengono generalmente conferiti al dirigente preposto al procedimento od al responsabile del servizio, titolare della rappresentanza che discende dal rapporto organico.

La natura «qualificata» di tale partecipazione, in ogni caso, non toglie che il soggetto a questo deputato possa partecipare alla conferenza assistito, per comprovate ragioni istruttorie (Cons. St. VI, n. 4568/2003), dai propri collaboratori, privi di capacità di esprimere valutazioni in nome e per conto della p.a. di appartenenza (T.A.R. Lazio, Roma, I, n. 62/1995).

In ogni caso, l'art. 14-ter comma 4 prevede che, ferma restando l'attribuzione del potere di rappresentanza al rappresentante unico, le singole amministrazioni statali possono, comunque, intervenire ai lavori della conferenza in funzione di supporto.

Infine, occorre ricordare che la richiamata norma riconosce alle amministrazioni di cui all'art. 14-quinquies co. 1 (ossia preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini) la facoltà di esprimere il proprio dissenso al rappresentante unico.

Termine di conclusione dei lavori

In generale, i lavori della conferenza simultanea e in modalità sincrona si concludono non oltre quarantacinque giorni decorrenti dalla data della prima riunione, ovvero in 90 giorni nei casi di cui all'art. 14-bis, comma 7 qualora siano coinvolte Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

Il termine previsto dall'art. 14-ter, comma 1, della l. n. 241/1990, in materia di svolgimento della conferenza di servizi non ha alcuna caratterizzazione come termine perentorio, non essendo espressamente denominato in tal senso dalla legge, né essendo prevista alcuna altra sanzione o diverso sviluppo procedimentale per la inosservanza del termine. In mancanza di una espressa previsione contraria, alla violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non consegua l'illegittimità dell'atto tardivo, trattandosi di una regola di comportamento e non di validità dell'atto. (Cons. St. II, n. 8383/2021).

La decisione finale

Per adottare la determinazione conclusiva della conferenza di servizi simultanea, il responsabile del procedimento tiene conto delle posizioni prevalenti espresse dai rappresentanti unici delle amministrazioni statali, regionali e degli enti locali coinvolti. Non è, dunque, prevista una votazione nella quale si possano definire maggioranze e minoranze.

Per «posizioni prevalenti» devono considerarsi quelle «che hanno un peso specifico superiore alle altre per l'importanza degli interessi tutelati in relazione al caso concreto e al risultato collegato del procedimento in esame» (Presidenza Consiglio dei ministri, «Linee guida operative» 10 gennaio 2013).

Spetta, dunque, al responsabile del procedimento esercitare un potere discrezionale bilanciando le ragioni manifestate in seno alla conferenza, verificando in che termini si delinei la prevalenza del soddisfacimento degli interessi in gioco. Pertanto, il ruolo assunto dall'amministrazione procedente non è meramente notarile, ma di sintesi delle ragioni emerse, dovendone ponderare l'effettiva rilevanza per come sono state in concreto prospettate, al fine di esprimere un giudizio di prevalenza (Cons. St., n. 4374/2014).

Questa circostanza induce ad attribuire rilevanza al «peso specifico» che la singola amministrazione partecipante ai lavori della conferenza possiede e al ruolo da essa svolto nello specifico affare amministrativo trattato in conferenza. Quindi, va effettuata una valutazione anche sostanziale e non solo un conteggio numerico (Caringella, Protto, 176).

Come affermato da autorevole dottrina (Cerulli Irelli, in Santini, 67), dunque, mentre il criterio della maggioranza è eminentemente soggettivo, nel senso che ad ogni Amministrazione partecipante corrisponde un voto, si può ritenere che il criterio della prevalenza vada riferito al tipo e all'importanza delle attribuzioni di ciascuna Amministrazione con riferimento alle questioni in oggetto. Ne deriva che per stabilire quale sia la posizione prevalente, l'Amministrazione procedente che è responsabile di questa determinazione, dovrà avere riguardo alle singole posizioni che le diverse Amministrazioni coinvolte assumono in sede di conferenza con riferimento al potere che ciascuna di esse avrebbe di determinare l'esito, positivo o negativo, del procedimento, in base alle singole leggi di settore di cui si tratta.

Il legislatore, dunque, è passato dal criterio dell'unanimità a quello della maggioranza, sino all'altro (attuale) della posizione prevalente.

Sul punto la giurisprudenza ritiene che la conferenza di servizi decisoria risulta caratterizzata da una struttura dicotomica, articolata in una fase che si conclude con la determinazione della conferenza con valenza endoprocedimentale, ed in una successiva fase che si conclude con l'adozione del provvedimento finale, con valenza esoprocedimentale ed esterna, riservata all'Autorità procedente previa valorizzazione delle risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti ivi espresse, regola, quest'ultima, dal contenuto flessibile, in quanto, rispetto alla rigidità del metodo maggioritario, resta ferma l'autonomia del potere provvedimentale dell'Autorità procedente, purché supportato da adeguata motivazione, essendo possibile una valutazione in concreto, in ragione degli interessi coinvolti, dell'importanza dell'apparato della singola autorità e della tipologia del loro eventuale dissenso (Cons. St. VI, n. 5084/2013; Cons. St. V, n. 6 273/2018).

Quella delle posizioni prevalenti costituisce, dunque, una regola dal contenuto flessibile, che, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, consente di valutare in concreto, in ragione della natura degli interessi coinvolti, l'importanza dell'apporto delle singole autorità e la tipologia di eventuali dissensi, i quali non costituiscono manifestazione di attività provvedimentale, ma di un giudizio formulato in vista di un confronto dialettico, che concorre, per la parte di competenza dell'autorità che lo esprime, a formare il giudizio complessivo posto a fondamento del provvedimento conclusivo (Cons. St. V, n. 6273/2018; Cons. St. VI, n. 5084/2013; Cons. St. VI, n. 1023/2006). A tale regola non si sottrae neppure la conferenza di servizi prevista del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12, comma 3, ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica richiesta per la realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, la quale ha natura decisoria, svolgendosi con le modalità di cui della l. n. 241/1990, artt. 14 e segg. e sostituendo a tutti gli effetti ogni autorizzazione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle Amministrazioni partecipanti (T.A.R. Campania, Salerno I, n. 1634/2012). La previsione di tale strumento mira, infatti, a favorire le iniziative volte alla realizzazione dei predetti impianti, semplificando il procedimento autorizzativo e concentrando in una unica sede l'apporto valutativo di tutte le Amministrazioni interessate (T.A.R. Lombardia, Brescia, I, n. 1726/2011). Nella dialettica degli interessi coinvolti, il parere negativo opposto da una delle Amministrazioni partecipanti non può, dunque, produrre l'effetto di impedire la prosecuzione del procedimento, ma svolge una mera funzione di rappresentazione degli interessi affidati alla tutela dell'ente che lo esprime, ed è conseguentemente rimesso alla valutazione discrezionale dell'autorità decidente, la quale rimane libera di recepire o meno quanto osservato nel parere (T.A.R. Puglia, Lecce I, n. 357/2011; T.A.R. Lazio, Latina, n. 1345/2009; T.A.R. Marche, Ancona, n. 1233/2001).

Pertanto, secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente, la determinazione di approvazione dell'esito della conferenza di servizi è soggetta ad un obbligo di autonoma e specifica motivazione solo nell'ipotesi in cui disattenda in tutto o in parte le risultanze della conferenza di servizi e le posizioni prevalenti emerse in quella sede. Di converso, laddove la determinazione finale recepisca le risultanze della conferenza, l'onere di motivazione previsto dall'art. 14-ter, comma 6-bis, della l. n. 241/90 può essere soddisfatto per relationem, mediante il semplice richiamo ai verbali della conferenza stessa ovvero ai pareri resi dalle amministrazioni partecipanti (T.A.R. Lazio, Roma II, n. 9588/2020; T.A.R. Lombardia, Brescia I, n. 123/2021).

Assenso e competenza.

Si considera acquisito l'assenso senza condizioni del rappresentante che non abbia partecipato alle riunioni (assenza-assenso) ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso la propria posizione (silenzio-assenso), ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza. Tale disposizione di chiusura lascia impregiudicati gli effetti delle dichiarazioni di dissenso motivato espresse prima della conclusione dei lavori della Conferenza: coloro che hanno reso tali dichiarazioni potranno esperire i rimedi di cui all'art. 14-quinquies.

La giurisprudenza, al riguardo, ha precisato che tutte le Amministrazioni coinvolte sono tenute a partecipare alla conferenza e ad esprimere in tale sede anche i pareri di cui sono investiti per legge, secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento di semplificazione procedimentale previsto dalla legge. Il parere negativo espresso al di fuori della conferenza, infatti, è illegittimo per incompetenza alla stregua di un atto adottato da un'Autorità priva di potere in materia (Cons. St. V, n. 6 273/2018; C.G.A.R.S. n. 295/2008).

Modalità di convocazione della conferenza simultanea.

Con riguardo alle modalità di convocazione della conferenza simultanea occorre sottolineare che l'art. 9 co. 1 della l. n. 69/2009 ha aggiunto alla fine del comma 1 dell'art. 14-ter, della l. n. 241/1990 la locuzione: «e può svolgersi per via telematica», così consentendo il ricorso alla c.d. teleconferenza.

Peraltro, già precedentemente alla novella del 2009 non si escludeva la possibilità che i lavori della conferenza potessero espletarsi anche ricorrendo all'utilizzo dei mezzi telematici. Al contrario, l'art. 14-ter l. n. 241/1990 prevedeva già la possibilità di utilizzare mezzi telematici per l'indizione della conferenza di servizi, ma non prevedeva che, l'intera conferenza potesse svolgersi anche attraverso mezzi telematici.

La l. n. 241/1990, peraltro, non esige che la conferenza di servizi debba necessariamente tenersi con la presenza fisica dei rappresentanti delle amministrazioni in un unico luogo; per cui le amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi potevano decidere, a maggioranza, di espletare le riunioni in teleconferenza.

Siffatta prassi è stata ritenuta legittima dalla giurisprudenza, essendo ammissibile esprimere valutazioni in sede di conferenza di servizi anche attraverso la trasmissione di note scritte, considerata l'assenza di formalismo della conferenza, in ragione del principio secondo cui «le forme stesse vanno osservate nei limiti in cui siano strumentali all'obiettivo perseguito» (T.A.R. Puglia, Lecce I, n. 530/2009).

Peraltro, già con la l. n. 15/2005 era stato inserito, nell'art. 14 l. n. 241/1990, il comma 5-bis, a norma del quale, previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni.

La nuova previsione è, dunque, riconducibile nell'ambito del processo di informatizzazione dell'amministrazione di cui al d.lgs. 12 febbraio 1993 n. 39 (recante «Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche»), rilevando, in tal senso, anche l'art. 3-bis l. n. 241/1990 (introdotto con la l. n. 15/2005 e modificato dall'art. 12 d.l. 76/2020, conv. con modif. in l. 120/2020), secondo cui, per conseguire una maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche agiscono mediante strumenti informatici e telematici, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.

La conferenza telematica, pertanto, si inquadra non solo come fisiologico adattamento dell'operato concreto delle amministrazioni pubbliche all'evoluzione delle tecniche di comunicazione, ma altresì quale efficace strumento di semplificazione (Figorilli, F. Santini).

Sul punto occorre sottolineare che una parte della dottrina ha sollevato dubbi sull'efficacia di tale strumento, posto all'interno di un modello le cui possibilità di successo si basano proprio sul «confronto (fisico) diretto e dialettico tra le varie amministrazioni portatrici di interessi» (M. Santini, 36).

Tuttavia, trattasi di rilievi critici non condivisibili se si pensa che l'interlocuzione comunicativa, tra le varie amministrazioni rappresentate, che si realizza in una videoconferenza, è quasi corrispondente all'incontro fisico che si svolge in un'unica sede spaziale.

Questioni applicative.

1) Quale la vera natura della determinazione motivata di conclusione della conferenza?

Si è osservato innanzi che, all'esito della conferenza, la P.A. procedente, adotta la determinazione motivata di conclusione la quale sostituisce tutti gli atti di assenso espressi dalle amministrazioni e dai gestori di beni e servizi coinvolti nel procedimento.

Quanto all'efficacia della stessa, il comma 3 dell'art 14 -quater distingue due ipotesi: in caso di approvazione unanime, la determinazione, acquista immediata efficacia; ove, invece, sia stata approvata sulla scorta delle posizioni prevalenti, l'efficacia è sospesa in presenza di atti di dissenso qualificati (14-quinquies) per il periodo necessario ad esprimere i rimedi da approntare.

La determinazione motivata di conclusione, che non ha bisogno più di un atto successivo che la recepisca ed esterni, perde la connotazione di atto endoprocedimentale, risultando a tutti gli effetti il momento terminale della conferenza quale atto conclusivo con efficacia esterna. Essa assume quindi valore provvedimentale, con carattere di immediata lesività, e, in quanto tale, suscettibile di immediata impugnazione. Questa viene meno nel caso in cui le amministrazioni dissenzienti abbiano attivato i rimedi previsti dall'art. 14 quinquies, determinando la sospensione dell'efficacia della determinazione.

Il peso della determinazione finale è stato evidenziato, da ultimo, da Corte cost., 25 gennaio 2019, n. 9 , la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. b), e dell'art. 10, comma 1, lett. d), n. 9), della legge della Regione Lombardia n. 36/2017 in riferimento all'art. 117, comma 2, lett. m) Cost. La norma regionale censurata è stata ritenuta lesiva della competenza legislativa statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in quanto prevedeva che qualora la determinazione da assumere in conferenza di servizi presupponga o implichi anche l'adozione di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, tale provvedimento è acquisito prima della convocazione della conferenza di servizi o successivamente alla determinazione motivata di conclusione della stessa conferenza. In caso di acquisizione successiva del provvedimento di cui al precedente periodo, l'efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi è sospesa nelle more della formalizzazione dello stesso provvedimento. Premesso che la riconducibilità delle norme statali interposte ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, comma 2, lett.m ), Cost. non comporta di per sé l'automatica illegittimità costituzionale delle norme regionali che differiscano da esse, la Consulta ha affermato che, «nel caso di specie, è agevole constatare che il legislatore regionale (...) si pone in una logica che, lungi dal potenziare o sviluppare il disegno di semplificazione e accelerazione definito dal legislatore statale, finisce con il vanificare il senso stesso della conferenza e l'efficacia della sua determinazione conclusiva. In base alla previsione regionale contestata, infatti, la decisione dell'organo di indirizzo politico mantiene la sua autonomia e può arrivare a stravolgere, dall'esterno, l'esito della conferenza, giacché le valutazioni espresse da detto organo (siano esse assunte prima o dopo lo svolgimento della conferenza) prevalgono su quelle degli altri partecipanti».

Sulla natura dell'atto adottato all'esito della conferenza vanno svolte alcune considerazioni aggiuntive.

Se la conferenza è istruttoria non c'è dubbio che, come anticipato supra, si tratta di un provvedimento monostrutturato, soggettivamente imputabile solo all'amministrazione procedente.

Più opaca è la tematica per la conferenza decisoria relativa a procedimenti pluristrutturati.

Esclusa, come detto, la soluzione dell'atto imputabile all'organo collegiale, diverse tesi si contendono il campo.

Una prima tesi reputa che la determinazione conclusiva sia un atto di esternazione di un accordo ex articolo 15 della l. n. 241. Questa tesi, che fa leva sul rinvio contenuto nell'art. 15 all'art. 14, produce la conseguenza dell'applicazione della disciplina sostanziale e processuale in tema di accordi.

La tesi non convince in quanto, sul piano letterale, sopravvaluta il riferimento contenuto nell'art. 15, alla conferenza di servizi. Ne deriva che, pur se la conferenza condivide dell'accordo la logica di semplificazione e negoziazione, si tratta di uno strumento diverso perché postula il confronto, non il necessario incontro delle volontà. Di qui la diversità sia dei presupposti che della disciplina.

La seconda tesi, prevalente e preferibile, parla allora di una determinazione concordata che sfocia in un atto contestuale e plurimo: un atto oggettivamente e soggettivamente complesso, scindibile in più determinazioni esoprocedimentali, autonome anche se convergenti, imputabili alle singole amministrazioni.

È un meccanismo basato sulla contestualizzazione di diverse volontà, tenendo ferma l'autonomia e separata imputazione di ciascuna di esse: un fascio di decisioni, con imputazione parcellizzata a ciascuna amministrazione. Le volontà, pur se convergenti, sono isolabili e distinguibili. E ogni atto conosce il suo autonomo regime sostanziale.

Di qui il più volte ricordato profilo della legittimazione processuale di tutte le amministrazioni le cui determinazioni sono state formalmente sostituite dall'atto finale. E tanto, sembra potersi dire, anche nel caso in cui l'amministrazione sia stata dissenziente, in quanto il dissenso non toglie il dato oggettivo dell'imputazione dell'atto all'amministrazione titolare di competenza in quella materia.

Non manca una tesi mista, per cui si tratterebbe di un atto complesso solo in caso di unanimità; e, in caso contrario, di atto imputabile solo, a seconda delle sottotesi, all'amministrazione procedente o a quelle consenzienti.

È una tesi che non convince in quanto si scontra con l'unitarietà del modello giuridico e sopravvaluta il dato volontaristico per escludere l'imputazione, anche alle amministrazioni consenzienti, di atti che, invece, sono ad esse riferibili sulla base del dato oggettivo della riferibilità al loro centro di competenza e di interessi.

Bibliografia

Caringella, Protto, Il nuovo procedimento amministrativo, Roma, 2009; Figorilli, Santini, Le novità della legge 18 giugno 2009, n. 69, in Urb. app., 2009, 8, 913; Forlenza, «Interessi prevalenti» con la conferenza di servizi, in Guida dir., 2000, n. 46, 117; 117; Santini, La conferenza di servizi, Roma, 2008.

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