Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 17 - Valutazioni tecniche 1Valutazioni tecniche 1
1. Ove per disposizione espressa di legge o di regolamento sia previsto che per l'adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza dell'amministrazione procedente nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell'amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica in caso di valutazioni che debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini. 3. Nel caso in cui l'ente od argano adito abbia rappresentato esigenze istruttorie all'amministrazione procedente, si applica quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 16. [1] Rubrica inserita dall'articolo 21, comma 1, lettera v), della legge 11 febbraio 2005, n. 15. InquadramentoPur trattandosi della medesima ratio che presiede all'art. 16 in materia di acquisizione di pareri, il legislatore del 1990 ha previsto, all'art. 17, una disciplina differente in ragione della peculiarità dei c.d. «pareri tecnici», nei quali la valutazione non attiene all'opportunità dell'azione amministrativa, ma a considerazioni rese col supporto di scienze, arti e professioni extragiuridiche. Per questo l'art. 17 sancisce la diversa regola del c.d. «silenzio devolutivo», disponendo che l'amministrazione procedente non possa prescindere – a differenza di quanto previsto per i pareri ex art. 16 – dalla valutazione tecnica richiesta, dovendo, in caso di inerzia dell'organo tecnico, acquisirla aliunde. L'art. 17, nello specifico, concede all'organo consulente termini più ampi – novanta giorni in luogo dei venti di cui all'articolo precedente (così come modificato dall'art. 8, l. n. 69/2009) – per fornire il parere richiesto, con la precisazione che in caso di inerzia, l'amministrazione richiedente ha la facoltà di rivolgersi ad organo diverso, purché dotato di capacità o competenze equivalenti, ovvero ad istituti universitari, per ottenere la valutazione richiesta (T.A.R. Veneto, Venezia II, n. 4094/2006; T.A.R. Campania, Napoli II, n. 337/1996; Cons. St., Ad. gen., n. 3/1994). Anche le c.d. valutazioni tecniche di cui all'art. 17 l. n. 241/1990, al pari dei pareri, si concretano in atti strumentali del procedimento, nonché in dichiarazioni di giudizio. Esse differiscono dai pareri in quanto, con le valutazioni, l'Amministrazione procedente richiede un accertamento tecnico complesso di fatti o situazioni materiali, che può essere svolto esclusivamente da organismi altamente specializzati. In altre parole, mentre il parere interviene su uno schema di decisione già teoricamente completo, la valutazione tecnica ha a che fare con un presupposto della decisione stessa. Da tale distinzione strutturale consegue la differente disciplina all'uopo dettata dall'art. 17. La disposizione in esame, infatti, precisa che nelle ipotesi in cui, per disposizione espressa di legge o di regolamento, sia previsto che per l'adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi, i quali non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza dell'Amministrazione procedente nei termini di legge (ovvero, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta), il responsabile del procedimento deve rivolgersi, al fine di ottenere le predette valutazioni tecniche, ad altri organi dell'Amministrazione, ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari. La disposizione appena richiamata non si applica – come nel caso dei pareri – in caso di valutazioni demandate ad amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini. La dottrina ha individuato i tratti caratterizzanti l'istituto in esame nella situazione prodromica di incertezza relativa alla fattispecie oggetto della valutazione, nella dichiarazione di scienza in cui consiste l'accertamento dell'organo tecnico e nell'effetto preclusivo che essa produce nei confronti del fatto accertato (Falzea, in Franchini, Lucca, Tessaro, 879). Di guisa che la p.a. non possa revocarne in dubbio le relative risultanze. Sulla base di tale analisi, parte della dottrina ha ricondotto le valutazioni tecniche al concetto di atto di accertamento, sottolineando che sotto un profilo dogmatico la riconduzione della fattispecie di valutazione tecnica al concetto di accertamento, segnatamente in riferimento all'effetto preclusivo che gli è proprio, viene spiegato con il carattere riservato dell'apprezzamento compiuto dall'amministrazione nell'esplicazione delle sue facoltà tecniche (Falzea, in Franchini, Lucca, Tessaro, 880). La differenza tra parere (ex art. 16) e valutazione tecnica (ex art. 17)In primo luogo si osserva che soltanto per le valutazioni tecniche è previsto in capo al responsabile del procedimento l'obbligo, in caso di inerzia degli organi consultivi, di richiedere in via surrogatoria ad enti od organi dell'amministrazione, muniti della qualificazione e competenza necessarie, le valutazioni non rese nei termini indicati dalla legge. Dunque, il legislatore sembra, da un lato, ricondurre nella categoria dei pareri i soli atti consultivi attinenti ai profili di mera convenienza amministrativa del provvedimento da adottare, sottoponendo invece, dall'altro, gli atti consultivi aventi contenuto tecnico al regime delle valutazioni tecniche. La l. n. 241/1990 ha, infatti, previsto una disciplina differenziata a seconda che il parere richiesto dalla p.a. procedente abbia natura amministrativa (art. 16) ovvero tecnica (art. 17), considerato che i pareri sono atti di apprezzamento, esplicativi cioè di un giudizio (e non di volizione) resi dagli organi dell'amministrazione che esercitano una funzione consultiva. Donde, la necessità di distinguere il parere amministrativo dalle valutazioni tecniche, al fine di individuare la relativa disciplina applicabile. La giurisprudenza ha individuato una serie di criteri distintivi sulla base di talune considerazioni di massima che di seguito di riportano: a) apporti di carattere discrezionale o «consigli» non perentori sul futuro contenuto del provvedimento conclusivo non si conciliano con il carattere tecnico del parere; b) la significativa presenza di membri non qualificati tecnicamente in seno all'organo consultivo esclude che l'attività consultiva possa assumere carattere tecnico; c) la ratio dell'intervento consultivo può essere talora quella di assicurare omogeneità a decisioni affidate ad amministrazioni diverse; d) qualora il parere ripercorra tutte le fasi procedimentali esprimendo in relazione ad esse una valutazione di carattere generale, la valutazione deve considerarsi un parere «puro» (Cons. St. comm. spec., n. 480/2001). Dai pareri in senso proprio si distinguono poi i «pareri-nota», i quali si sostanziano in atti di apprezzamento che qualsiasi organo od ente può emanare, indipendentemente da una previsione legislativa, su richiesta di un'altra amministrazione o d'ufficio. Se in passato le previsioni dell'art. 16 non sembravano tuttavia riguardare i pareri nota, che il soggetto adito in via consultiva non aveva l'obbligo di rendere (Giannini, 125) nulla vieta di ritenere oggi che la previsione concernente i pareri facoltativi coinvolga anche tale menzionata categoria (Caringella, Protto, 196). Altra differenza tra pareri e valutazioni tecniche si coglie sul piano della responsabilità del responsabile del procedimento per omessa richiesta agli organi competenti delle valutazioni tecniche necessarie od opportune, non essendo stato richiamato dall'art. 17 anche l'art. 16 comma 2. Donde, i dubbi sulla configurabilità della predetta responsabilità, sebbene sembrerebbe doverla ammettere in ragione della atipicità caratterizzante la responsabilità civile di cui all'art. 2043 c.c. La giurisprudenza ha coordinato la categoria dei pareri con quella delle valutazioni tecniche, ritenendo pacifico il principio in base a cui l'organo di amministrazione attiva nella fase istruttoria del procedimento può munirsi ai fini del decidere – a sua discrezione ed indipendentemente da espressa previsione normativa – di valutazioni, sotto il profilo tecnico o giuridico, provenienti da altri organi con specifica qualificazione, i quali sono quindi chiamati ad esprimere il proprio avviso sull'oggetto del provvedere, che ha natura di parere facoltativo perché non obbligatoriamente previsto da norma di legge o di regolamento e che non vincola l'organo al quale è rilasciato. È, quindi, ammissibile che un «parere» possa contenere (ed, al limite, consistere in) una valutazione tecnica (Cons. St. V I, n. 754/2008). Questioni applicative.1) Quali problemi si pongono in caso di contestazione dei giudizi relativi alla sussistenza di infermità da causa di servizio ai fini della concessione dell'equo indennizzo? Osserva la giurisprudenza che l'individuazione delle categorie di menomazioni, alle quali vanno ascritte le diverse forme invalidanti riconosciute dipendenti da infermità contratta per causa di servizio, rientra nella specifica ed esclusiva competenza del C.p.p.o., il quale gode di amplissima discrezionalità tecnica nello svolgimento di tale funzione e può, pertanto, non solo motivatamente disattendere l'avviso espresso dalla C.m.o., ma anche assegnare una determinata patologia ad una categoria di menomazioni diversa e inferiore a quella nella quale essa risulta menzionata in tabella, ove il quadro clinico generale giustifichi tale conclusione (T.A.R. Campania, Napoli IV, 6.7.2012, n. 3277, ma anche T.A.R. Puglia, Bari I, 14.5.2013, n. 1927). Per contro, appare chiaro che parere e provvedimento finale costituiscono pur sempre due atti distinti, giacché l'eventuale laconicità dei pareri obbligatori non rifluisce ex se nell'illegittimità del provvedimento finale a meno che lo stesso non possa dirsi autonomamente inficiato da vizio di difetto di motivazione; pertanto, ove i pareri siano stati espressi secondo modalità ovvero in forma superficiale, il provvedimento finale ben può autonomamente reggersi ove la motivazione adottata sia comunque congrua e idonea a superare gli eventuali deficit motivazionali degli atti endoprocedimentali (T.A.R. Abruzzo, L'Aquila I, 12 gennaio 2008). In ogni caso, è pacifico che la facoltà della p.a. di discostarsi dal parere debba essere supportata da un congruo impianto motivazionale: ex multis v. T.A.R. Marche, Ancona I, 24 ottobre 2007, n. 1778, che si è espressa sulla possibilità di disattendere un parere obbligatorio ma non vincolante: «L'art. 18, l. n. 157 del 1992, consente l'incremento del numero delle giornate di caccia nei mesi di ottobre e novembre, sentito l'Infs e tenuto conto delle consuetudini locali; ne discende, in applicazione dei principi generali in ordine al rapporto tra il provvedimento finale ed il contenuto del parere obbligatorio ma non vincolante, che laddove l'avviso dell'organismo tecnico non concluda in modo favorevole alla proposta e l'amministrazione intenda comunque procedere nella sua scelta, le è imposto l'onere di farsi carico delle osservazioni procedimentali e di merito e quindi di esprimere le valutazioni che l'hanno portata a disattendere il parere. Analogo onere motivazionale sussiste anche rispetto ad un parere di contenuto interlocutorio, laddove l'organismo consultivo evidenzi l'impossibilità di esprimere una qualunque valutazione per l'assenza di studi in merito». BibliografiaCaringella, Protto, Il nuovo procedimento amministrativo, Roma, 2009; Franchini, Lucca, Tessaro, Il nuovo procedimento amministrativo. Commentario coordinato della legge 241/1990 riformata dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15 e dalla legge 14 maggio 2005n. 80, Padova, 2008; Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1993. |