Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 17 bis - Effetti del silenzio e dell'inerzia nei rapport i tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici 1 2Effetti del silenzio e dell'inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici12 1. Nei casi in cui e' prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Esclusi i casi di cui al comma 3, quando per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi e' prevista la proposta di una o piu' amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l'atto, la proposta stessa e' trasmessa entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest'ultima amministrazione. Il termine e' interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l'assenso, il concerto o il nulla osta e' reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; lo stesso termine si applica qualora dette esigenze istruttorie siano rappresentate dall'amministrazione proponente nei casi di cui al secondo periodo. Non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini3. 2. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. Esclusi i casi di cui al comma 3, qualora la proposta non sia trasmessa nei termini di cui al comma 1, secondo periodo, l'amministrazione competente puo' comunque procedere. In tal caso, lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, e' trasmesso all'amministrazione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne l'assenso ai sensi del presente articolo. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.4 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui e' prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta e' di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. 4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi. [1] Articolo inserito dall'articolo 3 della Legge 7 agosto 2015, n. 124. [2] Rubrica modificata dall'articolo 12, comma 1, lettera g), n. 1), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120. [3] Comma modificato dall'articolo 12, comma 1, lettera g), nn. 2) e 3), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76,convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120. [4] Comma modificato dall'articolo 12, comma 1, lettera g), n. 4), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120. InquadramentoL'articolo 17-bis, introdotto nella l. n. 241/1990 dall'articolo 3, comma 1, della l. n. 124/2015, disciplina l'istituto del silenzio-assenso tra Amministrazioni Pubbliche, prevedendo che, nei casi in cui sia necessaria l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di Amministrazioni Pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre Amministrazioni Pubbliche, le Amministrazioni o i gestori competenti comunichino il proprio assenso, atto di concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'Amministrazione procedente. La medesima regola è stata introdotta dall'articolo 12, comma 1, lettera g), n. 2) e 3), del d.l. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 120/2020, con riguardo ai casi in cui l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi preveda la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l'atto, dovendo, in questi casi, la proposta essere trasmessa entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest'ultima amministrazione. La norma precisa che qualora l'Amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso rappresenti esigenze istruttorie o richieda la modifica del provvedimento, il predetto termine di trenta giorni è interrotto, decorrendo nuovamente dalla ricezione degli elementi istruttori o del nuovo schema di provvedimento. Il legislatore del 2020 ha precisato che l'interruzione del termine di 30 giorni è configurabile a condizione che le esigenze istruttorie o le richieste di modifica siano puntualmente motivate e siano rappresentate e formulate prima della scadenza del termine stesso. La norma precisa, poi, che non sono ammesse ulteriori interruzioni dei termini. Qualora le Amministrazioni Pubbliche o i gestori di beni o servizi pubblici non abbiano manifestato entro il termine di 30 giorni l'assenso, il concerto o il nulla osta richiesto, lo stesso si intende acquisito secondo il paradigma del silenzio-assenso. Qualora, invece, la proposta da parte delle amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l'atto, nei casi in cui il procedimento per l'emanazione di un atto normativo o amministrativo la preveda, non sia stata trasmessa entro il termine di 30 giorni di cui all'art. 17-bis comma 1, l'Amministrazione procedente può, comunque, procedere, dovendo, poi, trasmettere lo schema di provvedimento corredato della relativa documentazione all'amministrazione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne l'assenso. In caso, invece, di disaccordo tra le amministrazioni coinvolte, è previsto l'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri che, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, decide le modifiche da apportare allo schema di provvedimento. Siffatta disciplina si applica anche per l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche, con la particolarità che, in questi casi, il termine entro il quale le amministrazioni competenti sono tenute a comunicare il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente, salvo che non sia previsto un termine diverso. Anche qualora il procedimento coinvolga interessi sensibili è prevista la regola del silenzio-assenso. Infine, si prevede espressamente che la disciplina di cui all'art. 17-bis non si applichi nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi. L'art. 17-bis ha una portata estremamente innovativa poiché prevede due meccanismi di semplificazione tra loro collegati: da un lato, un termine unico di trenta giorni (destinato a prevalere sui diversi termini previsti dalle vigenti disposizioni, tranne nel caso delle Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili,) entro il quale l'Amministrazione interpellata deve rendere il proprio assenso; dall'altro, in un'ottica di stigmatizzazione dell'inerzia, il silenzio-assenso in caso di comportamento omissivo dell'Amministrazione interpellata, consentendo all'Amministrazione procedente di adottare il provvedimento finale. Il nuovo paradigma dei rapporti tra Pubbliche Amministrazioni.Il Consiglio di Stato, nel parere reso all'esito dell'Adunanza della Commissione speciale del 23 giugno 2016, ha precisato che l'art. 17-bis riveste nei rapporti tra amministrazioni pubbliche una portata generale analoga a quella del nuovo articolo 21-nonies nei rapporti tra amministrazioni e privati. Ed invero, così come l'art. 21-nonies, nel fissare un termine finale generale per l'adozione di atti di autotutela (e, nel caso della SCIA, di atti repressivi, inibitori o conformativi), ha introdotto un nuovo paradigma nei rapporti nei rapporti esterni delle amministrazioni con i privati (Cons. St. par. 839/2016), del pari l'art. 17-bis, prevedendo la regola generale del silenzio-assenso endoprocedimentale, introduce un nuovo paradigma nei rapporti interni tra amministrazioni in tutti i casi in cui il procedimento amministrativo sia destinato a concludersi con una decisione pluristrutturata (nel senso che la decisione finale da parte dell'Amministrazione procedente richiede per legge l'assenso vincolante di un'altra Amministrazione). La ragione dell'istituto di semplificazione amministrativa del silenzio-assenso si rinviene nella contrarietà di fondo del legislatore nei confronti dell'inerzia amministrativa, che, tanto nei rapporti tra Pubbliche Amministrazioni, quanto nei rapporti tra Amministrazione e cittadino, viene stigmatizzata al punto tale da ricollegare al silenzio dell'Amministrazione interpellata la più grave delle «sanzioni» o il più efficace dei «rimedi», che si traduce, attraverso l'equiparazione del silenzio all'assenso, nella perdita del potere di dissentire e di impedire la conclusione del procedimento. Il triplice fondamento dell'istituto del silenzio-assenso.Il nuovo istituto del silenzio-assenso trova un triplice fondamento di natura rispettivamente eurounitaria, costituzionale e sistematica (Cons. St. par. 1640/2016). Sotto il profilo del diritto eurounitario, con riguardo ai limiti oggettivi del silenzio assenso previsti dall'ultimo comma dell'art. 17-bis, il riferimento è alla direttiva 2006/123/CE sui «Servizi nel mercato interno» (c.d. direttiva Bolkestein) che, infatti, limita il regime della previa autorizzazione amministrativa ai casi in cui essa è indispensabile ed introduce il «principio della tacita autorizzazione» (ovvero la regola del silenzio-assenso) «da parte delle autorità competenti allo scadere di un termine determinato» (considerando 43; art. 13, par. 4, della direttiva). Il tutto al fine di prevenire gli effetti negativi sul mercato derivanti dall'incertezza giuridica, anche sotto il profilo dell'incertezza temporale, delle procedure amministrative. Anche, quindi, in ambito europeo è sempre più avvertita l'esigenza di introdurre rimedi semplificanti per neutralizzare gli effetti negativi dell'inerzia dell'Amministrazione. Sul piano costituzionale, il fondamento del meccanismo di semplificazione deve rinvenirsi nel principio di buon andamento, di cui all'art. 97 Cost., letto in un'ottica moderna, che tenga conto dell'esigenza di assicurare il primato dei diritti della persona, dell'impresa e dell'operatore economico rispetto a qualsiasi forma di mero dirigismo burocratico. Ed invero, il nuovo istituto, prevenendo gli effetti preclusivi dell'inerzia nei rapporti tra amministrazioni, concorre comunque all'obiettivo di favorire la tempestiva conclusione dei procedimenti amministrativi e dunque, sotto tale profilo, all'attuazione del valore costituzionale del buon andamento dell'azione amministrativa, anche se, operando nei rapporti orizzontali tra amministrazioni, non vi è un immediato coinvolgimento diretto dei diritti del privato, a differenza di quello che accade rispetto al silenzio-assenso di cui all'articolo 20. In tal senso rileva la qualificazione dell'attività amministrativa come «prestazione» diretta a soddisfare diritti civili e sociali (art. 117, secondo comma, lett. m, Cost.), il cui livello essenziale può essere unitariamente predeterminato dallo Stato mediante la previsione di adeguati meccanismi di semplificazione. Sul piano sistematico, infine, il riferimento è al principio di trasparenza (anch'esso desumibile dall'art. 97 Cost.) che, specie dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, ormai informa come principio generale l'intera attività amministrativa e che impone all'Amministrazione, ancor prima di rendere ostensibili ai cittadini dati e documenti, di evitare qualsiasi forma di opacità o di ambiguità, assumendo decisioni espresse. Il silenzio è, invece, antinomico alla trasparenza, perché rappresenta un comportamento «opaco» e non ostensibile. L'introduzione, quindi, di rimedi di semplificazione dissuasivi e stigmatizzanti il silenzio contribuisce anche a dare piena attuazione al principio di trasparenza dell'azione amministrativa. Ambito soggettivo di applicazione.Con riguardo all'ambito soggettivo di applicazione dell'istituto, il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) ha chiarito che la disposizione è da intendersi applicabile anche: 1) alle Regioni e agli enti locali, considerato che la Corte Costituzionale ha ritenuto applicabile il limite stabilito dall'art. 117, secondo comma, lettera m), anche alle Regioni (e alle Province) ad autonomia differenziata, precisando che il parametro costituzionale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., postula tutele necessariamente uniformi su tutto il territorio nazionale, non potendo tale risultato essere assicurato dalla Regione, ancorché ad autonomia differenziata, la cui potestà legislativa è pur sempre circoscritta all'ambito territoriale dell'ente, nelle cui competenze legislative, peraltro, non risulta presente una materia riconducibile a quella prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. (Corte cost. n. 203/2012); 2) agli organi politici, deponendo in tal senso, oltre alla prevista competenza del Consiglio dei Ministri e del Presidente del Consiglio per la risoluzione dei conflitti, anche la stessa formulazione letterale dell'art. 17-bis, nella parte in cui fa riferimento, in senso ampio, ai procedimenti per l'adozione di provvedimenti normativi o amministrativi che prevedano l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche. Secondo la norma, quindi, a rilevare è la natura dell'atto da adottare (amministrativo o normativo) e non la natura dell'organo (amministrativo o politico) titolare della competenza «interna» nell'ambito della pubblica Amministrazione che di volta in volta viene in considerazione. Peraltro, il Ministro (o altro organo politico di altra amministrazione) è, comunque, un organo di una Pubblica amministrazione. Al riguardo, il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) ha precisato che, comunque, il meccanismo di cui all'art. 17-bis riguarda esclusivamente i procedimenti diretti all'adozione di atti amministrativi e normativi subprimari, mentre non può applicarsi a decisioni di carattere non amministrativo e a connotazione «politica» in senso stretto; 3) alle Autorità amministrative indipendenti, in ossequio sempre all'ampio tenore letterale della disposizione ed all'assenza di ragioni di incompatibilità desumibili dalla particolare autonomia caratterizzanti gli Enti in questione; 4) ai gestori di beni e servizi pubblici, anche quando siano titolari del procedimento (e debbano acquisire l'assenso di altre amministrazioni) e non solo quando siano chiamati a dare l'assenso nell'àmbito di procedimenti di altre Amministrazioni. La ragione si rinviene, secondo il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016), nella nozione (di matrice comunitaria ed ormai accolta dalla prevalente giurisprudenza) «oggettiva» e «funzionale» di pubblica Amministrazione, in virtù della quale si considera pubblica amministrazione ogni soggetto che, a prescindere dalla veste formale-soggettiva, sia tenuto ad osservare, nello svolgimento di determinate attività o funzioni, i princìpi del procedimento amministrativo. Il gestore, pertanto, negli ambiti e nei limiti in cui la sua attività è procedimentalizzata, va considerato pubblica amministrazione (in tal senso, art. 7, comma 2, c.p.a. secondo cui per pubbliche amministrazioni, ai fini del codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei princìpi del procedimento). Ambito oggettivo di applicazione.Secondo il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016), la norma si applica anche ai procedimenti diretti all'emanazione di atti normativi in virtù di un espresso riferimento testuale contemplato nel primo periodo dell'art. 17-bis comma 1. Con riferimento agli atti amministrativi il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) ha, poi, precisato che il silenzio assenso «orizzontale» previsto dall'art. 17-bis opera sempre nei rapporti tra Amministrazioni co-decidenti, quale che sia la natura del provvedimento finale che conclude il procedimento, non potendosi circoscrivere l'ambito di applicazione dell'istituto alle sole ipotesi di procedimenti preordinato all'adozione soltanto di autorizzazioni (atti che rimuovono un limite all'esercizio di un preesistente diritto), come, invece, si è soliti ritenere per l'art. 20 concernente il silenzio assenso verticale nei rapporti tra P.A. e privati. La nuova disposizione, quindi, si applica ad ogni procedimento (anche eventualmente a impulso d'ufficio) che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso. In tal senso si sono pronunciate anche le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, affermando che il meccanismo del silenzio-assenso tra amministrazioni di cui all'art. 17-bis, l. n. 241/1990, introdotto dalla l. n. 124/2015, si applica esclusivamente ai rapporti fra l'amministrazione “procedente” per l'adozione di un provvedimento definitivo e quelle chiamate a rendere “assensi, concerti o nulla osta” a questo prodromici, e non anche al rapporto “interno” fra le amministrazioni chiamate a co-gestire l'istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi nei confronti di un'amministrazione terza, come è nel caso della Regione e della Soprintendenza in relazione all'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Cons. St. IV, n. 2640/2021; Cons. St. IV, n. 3145/2021). L'ampiezza della disposizione in esame, consente al Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) di ritenere applicabile l'art. 17-bis anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali e la salute dei cittadini, sebbene queste ultime debbano esprimere il loro assenso in un termine diverso rispetto a quello di 30 giorni, previsto in generale e che può essere tanto più ampio, quanto più breve, prevalendo la disciplina prevista dalla legislazione speciale. Sul punto il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) precisa, poi, che la Corte Costituzionale ha ritenuto preclusa alla legislazione regionale la possibilità di introdurre ipotesi di silenzio assenso (ulteriori rispetto a quelle previste dalla legislazione statale) in procedimenti diretti alla tutela di interessi sensibili, ma, al contrario, non ha mai affermato l'impossibilità per il legislatore statale di prevedere casi di silenzio assenso anche in materie sensibili. Donde, la legittimità costituzionale dell'art. 17-bis. È evidente che l'applicazione della norma agli atti di tutela degli interessi sensibili è esclusa laddove la relativa richiesta non provenga dall'Amministrazione procedente, ma dal privato destinatario finale dell'atto, poiché in questi casi, venendo in rilievo un rapporto verticale, troverà applicazione l'art. 20 della l. n. 241/1990 (che esclude dal suo campo di applicazione gli interessi sensibili). Altro settore in cui non opera l'art. 17-bis è quello espressamente escluso dal diritto dell'Unione Europea in ragione della prevista necessità di un provvedimento espresso. Sul punto, il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) ha osservato che l'art. 17-bis prevede un'ipotesi di esclusione non di carattere innovativo, poiché anche in assenza di siffatta previsione, l'istituto in esame non sarebbe stato egualmente applicabile qualora in contrasto con il diritto dell'Unione Europea, in ragione della pacifica prevalenza di quest'ultimo sul diritto interno. Rapporto tra l'art. 17-bis e gli artt. 16 e 17Il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) ritiene che gli artt. 16 e 17 si riferiscano ad atti di altre amministrazioni da acquisire nella fase istruttoria, mentre l'art. 17-bis riguarda atti da acquisire nella fase decisoria, cioè dopo che l'istruttoria è conclusa, essendo in tal senso indicativo il riferimento allo schema di provvedimento contemplato proprio dalla norma da ultimo citata. L'art. 17-bis è, quindi, destinato ad applicarsi solo ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l'atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza co-decisoria. Ne consegue l'applicabilità della disposizione anche ai pareri vincolanti, e non, invece, a quelli puramente consultivi (non vincolanti) che rimangono assoggettati alla diversa disciplina di cui agli artt. 16 e 17 della l. n. 241/1990. Rapporto tra l'art. 17-bis e gli artt. 14 e ss.Dubbi interpretativi sussistono sui rapporti tra l'art. 17-bis e la conferenza di servizi semplificata asincrona, non essendo chiaro se i due istituti finiscano per sovrapporsi. Tuttavia, un criterio distintivo appare necessario, poiché, sebbene in entrambi i casi la decisione finale sia affidata al Presidente del Consiglio previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, la disciplina della conferenza di servizi sembra offrire maggiori garanzie procedimentali al fine di attuare il principio di leale collaborazione tra le diverse Amministrazioni coinvolte. Il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016), allora, ha chiarito che un primo criterio distintivo può rinvenirsi sul piano quantitativo, nel senso che l'art. 17-bis troverebbe applicazione certa nel caso in cui l'Amministrazione procedente debba acquisire l'assenso di una sola Amministrazione, mentre nel caso di assensi da parte di più Amministrazioni si dovrebbe operare in sede di conferenza di servizi. Tuttavia, il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) ha anche chiarito che, qualora l'art. 17-bis si ritenesse applicabile financo nelle ipotesi in cui occorra acquisire assensi di più Amministrazioni, si potrebbe sostenere che il silenzio assenso di cui all'art. 17-bis possa operare sempre (anche nel caso in cui siano previsti assensi di più amministrazioni) con la conseguenza che la sua eventuale formazione eviterebbe la necessità di convocare la conferenza di servizi che, a sua volta, andrebbe, dunque, convocata nei casi in cui il silenzio assenso, invece, non si è formato a causa del dissenso espresso dalle Amministrazioni interpellate, potendosi, pertanto, superare quel dissenso nell'ambito della conferenza appositamente convocata. Silenzio assenso e firma del provvedimento.Per quanto riguarda la firma del provvedimento, è sufficiente, da parte dell'Amministrazione procedente, l'invio formale del testo non ancora sottoscritto, in vista della successiva eventuale sottoscrizione di un testo condiviso, poiché nel caso in cui l'Amministrazione interpellata rimanga silente, il provvedimento potrà essere sottoscritto soltanto dall'Amministrazione procedente, dando atto, nelle premesse o in calce al provvedimento, dell'invio dello schema di provvedimento e del decorso del termine per il silenzio assenso. In questi casi, l'unica firma apposta dall'Amministrazione firmataria rende il provvedimento imputabile anche all'Amministrazione co-decidente rimasta inerte che, peraltro, potrà, comunque, procedere, spontaneamente, alla sottoscrizione del provvedimento stesso, esprimendo, con l'apposizione della firma tardiva, un tardivo assenso esplicito non illegittimo, né inutiliter datum, in quanto idoneo a contribuire alla stabilità e certezza dell'atto stesso. Ci si chiede, però, se l'assenso tacito esponga l'atto a censura di illegittimità per difetto di motivazione o carenza di istruttoria. Il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) ha chiarito che la regola del silenzio assenso presuppone la protrazione di un comportamento omissivo oltre un certo periodo di tempo. Donde, l'impossibilità di considerare la motivazione un elemento strutturale dell'atto tacito, potendosi, sul piano empirico, ritenere desumibile un'implicita manifestazione di assenso. A differente conclusione dovrebbe, invece, pervenirsi con riguardo al difetto di istruttoria, posto che il silenzio assenso maturato non sarebbe idoneo a colmare un vizio essenziale del procedimento in ragione della radicale assenza di adeguata preparazione dell'esercizio del potere. Autotutela.Il problema dell'autotutela va affrontato distinguendo la fase successiva all'adozione – anche formale – del provvedimento finale (sulla base del silenzio-assenso dell'Amministrazione interpellata) da quella compresa tra la formazione del silenzio-assenso (scaduto il termine previsto dall'art. 17-bis per l'espressione della posizione dell'amministrazione concertante) e l'adozione formale del provvedimento finale. Nel primo caso, deve applicarsi il principio del contrarius actus, secondo cui l'eventuale esercizio del potere di riesame in autotutela deve seguire il medesimo procedimento d'emanazione dell'atto che si intende rimuovere o modificare. Donde, la necessità che l'amministrazione autrice dell'assenso silenzioso non potrà limitarsi ad esprimere il proprio sopravvenuto dissenso, ma dovrà sollecitare l'avvio del procedimento di riesame, condotto dall'amministrazione procedente, secondo le regole dell'art. 21-nonies o 21-quinquies. Nel secondo caso, invece, consentire all'Amministrazione co-decidente di intervenire unilateralmente prima dell'adozione del provvedimento finale per ritirare il proprio assenso formatosi per silenzio significherebbe rendere l'istituto del silenzio assenso poco efficace. Donde, la necessità di considerare il termine assegnato per esprimersi sullo schema di provvedimento trasmesso di natura perentoria. Di conseguenza, il Consiglio di Stato (Cons. St. par. 1640/2016) ritiene che, una volta formatosi il silenzio assenso, l'Amministrazione co-decidente possa soltanto rappresentare all'Amministrazione che le abbia trasmesso lo schema di provvedimento non ancora formalmente adottato le ragioni di opportunità ed i profili di illegittimità che osterebbero alla non emanazione del provvedimento, spettando, quindi, all'Amministrazione procedente la decisione sul da farsi, ferma restando, anche in siffatte ipotesi, la possibilità di attivare i meccanismi di composizione dei dissensi tra amministrazioni di cui all'art. 17-bis comma 2. Questioni applicative.1) Il silenzio assenso di cui all'articolo 17-bis della legge 241 si applica anche ai procedimenti che si chiudono con atti generali disciplinanti la materia urbanistica? Secondo T.A.R. Bologna, I, 27 febbraio 2021, n. 153: l'art. 17-bis,l. n. 241/1990, che disciplina l'istituto del silenzio assenso tra Pubbliche amministrazioni, si applica anche ai procedimenti culminanti con l'adozione di atti generali disciplinanti la materia urbanistica. Ha chiarito il tribunale felsineo che si tratta di una fattispecie di silenzio con valore tipizzato di assenso, che matura tra amministrazioni pubbliche, oppure tra amministrazioni e soggetti gestori di beni o servizi pubblici, alle condizioni ed entro i limiti disegnati dalla specifica disposizione normativa. Per tale motivo viene definito come silenzio-assenso «interno», ossia che interviene all'interno del modulo procedimentale, oppure quale silenzio-assenso «orizzontale», in quanto concerne i rapporti tra più amministrazioni o enti pubblici e non involge il rapporto «verticale» con il destinatario del provvedimento (T.A.R. Bari, II, 6 febbraio 2020, n. 194). Pertanto, l'ambito di operatività di tale istituto di semplificazione attiene ai procedimenti (e decisioni) pluristrutturati, quando all'emanazione di un provvedimento finale partecipino più amministrazioni, ciascuna portatrice di un peculiare interesse pubblico, che cura nell'esercizio di proprie funzioni, ascritte dalla legge, in tal guisa che l'avviso espresso, con parere, o altra formula di assenso, da una amministrazione è parimenti vincolante, ai fini dell'emanazione della decisione finale. Ciò premesso, il T.A.R. ha concluso nel senso che non vi sono dubbi circa l'ambito oggettivo di applicazione della norma anche agli atti di pianificazione, quali atti amministrativi generali (Cons. St. VI, 8 giugno 2020, n. 3632) ed agli atti di assenso da parte di amministrazioni deputate alla cura di interessi c.d. sensibili, come espressamente stabilito dal comma terzo del richiamato art. 17-bis. Per ragioni letterali, sistematiche e teleologiche, deve ritenersi che l'istituto del silenzio assenso tra Pubbliche amministrazioni di cui all'art. 17 -bis , l. n. 241/1990 abbia una portata generalizzata, a prescindere dall'Amministrazione coinvolta o dalla natura del procedimento pluristrutturato preso in esame, risultando applicabile anche ai procedimenti diretti all'adozione di atti amministrativi generali, incidenti su interessi pubblici sensibili e all'esito di valutazioni discrezionali complesse (Cons. St. n. 4559/2020, in fattispecie relativa a procedimento di adeguamento di un piano comunale generale al piano paesaggistico territoriale). (2) E' applicabile il modulo del silenzio assenso di cui all'art. 17-bis l. n. 241 del 1990 al parere reso dalla Soprintendenza nel procedimento relativo all'autorizzazione paesaggistica? Cons. St., IV, 2 ottobre 2023, n. 8610, ha evidenziato che: a) l'istituto del silenzio assenso orizzontale è applicabile anche al parere della Soprintendenza; b) il parere della Soprintendenza reso tardivamente nell'ambito di una conferenza di servizi è tamquam non esset; c) il testo della legge, specie quando formulato mediante la c.d. tecnica per fattispecie analitica, fornisce la misura della discrezionalità giudiziaria; esso, come è stato autorevolmente osservato, rappresenta il punto fermo da cui occorre muovere nell'attività interpretativa e a cui, è necessario ritornare (all'esito del combinato ricorso a tutti gli altri canoni di interpretazione); d) non può ritenersi esistente un potere del giudice di decidere una controversia a lui sottoposta facendo diretta applicazione di un principio costituzionale (c.d unmittelbare drittwirkung), anche quando non si sia in presenza di una lacuna (e cioè quando esista una normativa di legge applicabile al caso, a meno che questa normativa non sia formulata attraverso il ricorso ad un principio o a una clausola generale); e) l'art. 17-bis è destinato ad applicarsi solo ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l'atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza co-decisoria e non anche nei casi in cui un'amministrazione abbia un ruolo meramente formale (come nel caso dello Sportello unico che si limita a raccogliere e trasmettere l'istanza all'Amministrazione unica decidente); f) il legislatore, attraverso gli istituti di semplificazione di cui agli artt. 14- bis) e 17-bis) ha cercato di raggiungere un delicato punto di equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e la, parimenti avvertita, esigenza di garantire una risposta (positiva o negativa) entro termini ragionevoli all'operatore economico, che, diversamente, rimarrebbe esposto al rischio dell'omissione burocratica. La protezione del valore paesaggistico attribuisce, infatti, all'autorità tutoria non solo diritti ma anche "doveri e responsabilità". In tale composito quadro, la competenza della Soprintendenza resta garantita sia pure entro termini stringenti entro i quali deve esercitare la propria funzione. Cionondimeno, in caso di mancata attivazione entro i termini, resta ferma la possibilità della Soprintendenza di poter agire in autotutela secondo il principio del contrarius actus; g) il definitivo superamento dell'indirizzo interpretativo contrario all'applicazione del silenzio assenso orizzontale al parere paesaggistico è stato formalmente sancito dalla introduzione dell'art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990. La lettera di tale disposizione, riferendosi espressamente alle fattispecie del silenzio maturato nel corso di una conferenza di servizi ex art. 14-bis e nell'ambito dell'istituto di cui all'art. 17- bis, è inequivocabile nell'affermare il principio (che non ammette eccezioni) secondo cui le determinazioni tardive sono irrilevanti in quanto prive di effetti nei confronti dell'autorità competente, e non soltanto privi di carattere vincolante. Nel caso di specie, la sezione ha respinto l'appello proposto dal Ministero avverso la sentenza di primo grado, con cui era stato accolto il ricorso proposto dalla parte privata. Secondo l'Avvocatura dello Stato, l'art. 17-bis della l. n. 241 del 1990, relativo al silenzio assenso endo-procedimentale, si applica soltanto ai rapporti orizzontali tra amministrazioni e non anche al procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, che invece si caratterizzerebbe come un procedimento mono-strutturato, in cui prevale la volontà di una singola pubblica amministrazione; con la conseguenza che il parere tardivo della Soprintendenza non sarebbe tamquam non esset e di esso il comune dovrebbe comunque tenere conto ai fini della determinazione in ordine al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica. La sezione, pur ricordando l'orientamento secondo cui il silenzio assenso di cui all'art. 17-bis non sarebbe applicabile al parere reso dalla Soprintendenza in sede di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (si tratterebbe, secondo tale ricostruzione, di un silenzio devolutivo, incompatibile col silenzio assenso) ritiene di dover aderire all'orientamento opposto, atteso che il parere della Soprintendenza è “espressione di una cogestione attiva del vincolo paesaggistico”, cui si applica l'art. 17-bis, diversamente dai pareri consultivi cui si applica il silenzio devolutivo di cui agli artt. 16 e 17 della l. n. 241 del 1990. Ne consegue che il parere tardivo è irrilevante. Secondo la sezione, il legislatore, attraverso gli istituti di semplificazione di cui agli artt. 14-bis) e 17-bis) ha cercato di raggiungere un delicato punto di equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e la, parimenti avvertita, esigenza di garantire una risposta (positiva o negativa) entro termini ragionevoli all'operatore economico, che, diversamente, rimarrebbe esposto al rischio dell'omissione burocratica. La protezione del valore paesaggistico attribuisce, infatti, all'autorità tutoria non solo diritti ma anche "doveri e responsabilità". In tale composito quadro, la competenza della Soprintendenza resta garantita sia pure entro termini stringenti entro i quali deve esercitare la propria funzione. Cionondimeno, in caso di mancata attivazione entro i termini, resta ferma la possibilità della Soprintendenza di poter agire in autotutela secondo il principio del contrarius actus.
L'articolo 17 bis della legge 241/1990 si applica anche al procedimento di autorizzazione paesaggistica? Positiva la risposta di Cons. St., VII, 2 febbraio 2024, n. 1093 che ha affermato l'operatività del silenzio assenso ex art. 17 bis della legge 241 anche nel procedimento di autorizzazione paesaggisticaex art. 146 d.lgs. n. 42/2004. Si riprende cos' la svolta impressa da Cons., Stato IV, n. 8610/2023, secondo cui l'istituto del silenzio assenso orizzontale ex art. 17 bis legge 241/1990 è applicabile anche al parere della Soprintendenza neiprocedimenti relativi alle autorizzazioni paesaggistiche ex art. 167 d.lgs. n. 42/2024 (vedi il relativo commento per più ampie citazioni). Il parere della Soprintendenza reso tardivamente nell'ambito di una conferenza di servizi è, quindi, tamquam non esset. Infatti, l'art. 17-bis è destinato ad applicarsi solo ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l'atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza co-decisoria e non anche nei casi in cui un'amministrazione abbia un ruolo meramente formale (come nel caso dello Sportello unico che si limita a raccogliere e trasmettere l'istanza all'Amministrazione unica decidente). BibliografiaCaringella, Manuale ragionato di diritto amministrativo, Roma, 2021. |