Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 26 - Obbligo di pubblicazione1Obbligo di pubblicazione1
[ 1. Fermo restando quanto previsto per le pubblicazioni nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dalla legge 11 dicembre 1984, n. 839, e dalle relative norme di attuazione, sono pubblicati, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse. ] 2 2. Sono altresì pubblicate, nelle forme predette, le relazioni annuali della Commissione di cui all'articolo 27 e, in generale, è data la massima pubblicità a tutte le disposizioni attuative della presente legge e a tutte le iniziative dirette a precisare ed a rendere effettivo il diritto di accesso. 3. Con la pubblicazione di cui al comma 1, ove essa sia integrale, la libertà di accesso ai documenti indicati nel predetto comma 1 s'intende realizzata. [1] Rubrica inserita dall'articolo 21, comma 1, lett. ff), della legge 11 febbraio 2005, n. 15. [2] Comma abrogato dall'articolo 53, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33. InquadramentoL'articolo 26 della legge sul procedimento amministrativo prevede l'obbligo di pubblicazione, in capo alle Amministrazioni di tutti gli atti e le disposizioni relative all'attuazione del diritto di accesso. Si tratta, per la verità, di una disposizione ormai desueta e superata dalla più recente disciplina in materia di trasparenza amministrativa, come introdotta dal d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, e da ultimo modificata dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97. La ratio della normaAl pari delle norme che lo precedono, l'art. 26 persegue uno scopo preciso: la conoscibilità dell'azione amministrativa. È necessario sottolineare che si tratta di una «conoscibilità» e non quindi di una «conoscenza»: in questo senso la disposizione normativa in esame realizza la «suscettibilità, giuridica e pratica, di essere oggetto di conoscenza, di apprensione, di percezione, da parte di soggetti, determinati e no» (Corletto, 1). Tale conoscibilità si realizza attraverso l'evoluzione della concezione tradizionale della pubblicità amministrativa verso una visione più moderna dell'informazione pubblica. Al riguardo, svariate risultano essere le elaborazioni dottrinali della nozione di pubblicità. Per quanto afferisce a siffatta categoria concettuale, si può rilevare come alla stessa siano state ricondotte in via generale le «misure di conoscenza», intendendosi per tali quegli strumenti ovvero quelle attività discendenti da soggetti pubblici o privati al fine di rendere noti fatti giuridici a soggetti terzi, in ragione appunto dell'importanza giuridica che assume nell'ordinamento la conoscibilità di tali fatti giuridici. Tuttavia, il concetto di pubblicità, nel più ristretto ambito del diritto amministrativo, viene anche associato alla teoria generale dell'atto amministrativo, con particolare riferimento alle questioni collegate al perfezionamento, all'efficacia ovvero all'impugnabilità dello stesso atto, fino ad arrivare nello specifico alla categoria dei procedimenti amministrativi dichiarativi, ossia a quei procedimenti tesi ad attribuire certezza ad un fatto attraverso la sua rappresentazione (Giannini, 471). In quest'ambito, si inserisce la nozione di pubblicità dell'azione amministrativa, principio fatto proprio dall'art. 1, comma 1, l. n. 241/1990, quale corollario dei principi di trasparenza ed imparzialità sanciti dalla Costituzione. Pertanto, la conoscibilità dell'azione amministrativa costituisce un presupposto giuridico essenziale attraverso cui è possibile garantire un ordinamento giuridico democratico. Più precisamente, il grado di democratizzazione di uno Stato è direttamente proporzionale al grado di controllo che il cittadino può esercitare sull'azione amministrativa, quale estrinsecazione delle istituzioni e degli apparati statali (Mammuccari, 795). Sulla scorta di tanto, è possibile ritenere che la legge sul procedimento amministrativo, in generale, la normativa sul diritto di accesso e con essa l'articolo in commento, in particolare, realizzino il punto di partenza del lungo e impervio percorso che ha portato all'attuale visione della comunicazione istituzionale intesa quale funzione indefettibile dell'ordinamento amministrativo. A tal proposito, attenta dottrina ha osservato che «oggi per le amministrazioni non soltanto comunicare è indispensabile, ma addirittura si può dire che vale anche per esse il principio più generale, valido per tutti i soggetti, secondo il quale è impossibile non comunicare» (Aa.Vv., 29). Nel quadro dell'azione legislativa volta al conseguimento della conoscibilità del potere pubblico, occorre avere riguardo anche al d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, con il quale è stato istituito l'ufficio per le relazioni con il pubblico (U.R.P.), con la finalità di favorire una partecipazione del soggetto all'attività amministrativa. Detta linea normativa è stata peraltro rintracciata dalla dottrina nella carta dei servizi pubblici (d.P.C.M. 27 gennaio 1994), resa obbligatoria dal legislatore con la l. n. 273/1995, nonché nel sistema normativo costituito dalle leggi Bassanini, che, concorrendo in modo fondamentale alla semplificazione dell'azione amministrativa, ha contribuito positivamente ad una concreta attuazione del principio di trasparenza dell'azione amministrativa nel nostro ordinamento. Nella stessa direzione, si muove la l. n. 150/2000, recante la disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni. Tale legge ha inteso trasformare la comunicazione istituzionale da semplice attività in «funzione amministrativa» esprimendo con ciò, in ossequio alla tradizionale concezione giuspubblicistica, una potestà in cui il dovere di comunicare rappresenta un vincolo per l'amministrazione ed una garanzia per il cittadino. Alla luce di tali coordinate normative, si evince l'intento del legislatore di offrire ai soggetti coinvolti le linee guida verso l'estrinsecazione del principio di trasparenza quale «modalità indiretta per assicurare la legittimità dell'azione amministrativa» (Cons. St. VI, n. 1204/1996). La conoscibilità del documento: dalle tradizionali modalità pubblicitarie ai canali webL'intervento riformatore operato dal legislatore con la l. n. 15/2005 non ha modificato nel contenuto il testo dell'art. 26 della l. n. 241/1990, apponendovi soltanto la rubrica «Obbligo di pubblicazione». Invero, il legislatore ha inteso perseguire il più alto grado di pubblicità dell'attività posta in essere dalla Pubblica Amministrazione attraverso le prescrizioni contenute nella norma, considerando la stessa una «tappa» del lungo cammino verso la «democratizzazione dell'attività amministrativa» (Spagnuolo 24; Cogliani, 944). In particolare, l'art. 26 garantisce il diritto all'informazione che costituisce corollario della stessa libertà di manifestazione del pensiero. Dunque, per «informazione», si intende la circolazione delle informazioni non solo su istanza di parte tramite il diritto di accesso ex art. 22 della l. n. 241/1990, ma anche per determinazione autonoma della Pubblica Amministrazione in osservanza dell'art. 26 de quo. Ebbene, l'articolo in commento stabilisce, innanzitutto, che sono pubblicati, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che regola in generale l'organizzazione, le funzioni, gli obiettivi, i procedimenti di una Pubblica Amministrazione, ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse. Pertanto, attraverso questa norma, il legislatore ha introdotto l'obbligo di pubblicazione della maggior parte degli atti amministrativi a contenuto generale, presumendo forme di pubblicità dell'attività della P.A. che si affiancano a quelle già disciplinate dalla l. 11 dicembre 1984, n. 839, ed alle relative norme di attuazione per le pubblicazioni nella Gazzetta Ufficiale. In tal senso, sia l'obbligo di pubblicazione, sia il dettato del comma 1, testimoniano una sostanziale ascrizione del contenuto della norma alle tradizionali forme di «pubblicità-evidenziazione tipica» che comprendono accanto alla pubblicazione, la comunicazione e la notificazione (Tomei, 116). Tuttavia, l'articolo de quo se ne differenzia per il carattere peculiare della sua appartenenza al sistema illustrato dal capo V della l. n. 241/1990. Ed invero, le ipotesi di divieto previste dall'art. 24, comma 1, lett. c) della stessa legge, nel momento in cui prescrivono delle forme di esclusione operanti nella fase preparatoria di determinati documenti amministrativi, costituiscono indubbiamente una funzione di controbilanciamento. In altri termini, gli stessi documenti cui non è possibile accedere in quanto inerenti all'attività della Pubblica Amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, sono soggetti ad un obbligo di pubblicazione successivo alla loro emanazione. Lo stesso bilanciamento di interessi è da rinvenire nel raffronto tra l'art. 26, comma 1 e l'art. 24, comma 3: anche in tale ipotesi, se, da un lato, è impossibile controllare, mediante l'accesso, l'operato delle Pubbliche Amministrazioni, viceversa, il divieto prescritto soggiace ad un temperamento in virtù dell'obbligo imposto alle stesse di rendere conoscibile tramite la pubblicazione un'ampia gamma di documenti contenenti atti-fonte. In definitiva, si registra un significativo contenimento delle attività legate all'accesso ai documenti amministrativi comportando, dunque, sia un vantaggio per le amministrazioni che non debbono impiegare risorse per un'informazione frammentata destinata al singolo soggetto interessato, sia per i cittadini che dispongono in tal modo di misure conoscitive di più agevole fruizione (Bohyny, 79). Va poi osservato che il legislatore, sebbene abbia decretato indubbiamente l'obbligo di pubblicazione di un considerevole numero di documenti amministrativi a contenuto generale, ha demandato alle singole amministrazioni la determinazione delle modalità di pubblicazione degli atti senza fissare i criteri guida a cui le stesse devono attenersi per realizzare compiutamente l'obiettivo della pubblicità, così come previsto dalla norma in esame (Caringella, Garofoli, Sempreviva, 542). Sul punto, non vi è dubbio che la norma si presti a plausibili critiche, stante la possibile mancanza di coordinazione delle procedure di pubblicazione stabilite dalle amministrazioni e dalla difficile reperibilità delle informazioni. Ebbene gli artt. 53 e 54 del d.lgs. n. 82/2005 offrono una soluzione al problema, imponendo alle amministrazioni di effettuare la pubblicazione di cui all'art. 26 sui siti web di cui sono precisate le caratteristiche ed i contenuti. Nello specifico, il comma 1 dell'art. 53 cit. impone il rispetto dei principi di accessibilità, di «elevata usabilità e reperibilità», di completezza di informazione, affidabilità, chiarezza di linguaggio, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità ed interoperabilità. L'art. 54 cit. prescrive, inoltre, che i siti istituzionali delle amministrazioni centrali debbano «necessariamente» contenere dati che il d.lgs. n. 33/2013 definisce «pubblici». Sulla scorta di tanto, va però considerata una duplice conseguenza inerente all'aspetto pratico della questione: se da un lato, infatti, si verifica una maggiore reperibilità del documento dovuta alla diffusione della tecnologia informatica che rappresenta per molti utenti lo strumento privilegiato, d'altro canto, corrisponde a ciò una simmetrica difficoltà nel provare impedimenti che hanno determinato la mancata acquisizione del dato informativo. La nuova pubblicità legale via internet In materia di pubblicità legale è intervenuto il legislatore del 2009 con l'obiettivo di modernizzare l'azione amministrativa mediante il ricorso agli strumenti ed alla comunicazione informatica: ai sensi dell'art. 32 della l. n. 69/2009 a decorrere dal 1º gennaio 2010 è riconosciuto effetto di pubblicità legale agli atti e ai provvedimenti pubblicati dalle amministrazioni e dagli enti pubblici sui propri siti informatici, in modo da eliminare gli sprechi connessi al mantenimento delle pubblicazioni legali in forma cartacea, che, conseguentemente, non hanno più efficacia. Inoltre, sarà possibile per le pubbliche amministrazioni ricorrere a forme di pubblicità integrativa sui quotidiani, a scopo di maggiore diffusione e nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio. Peraltro, anche gli atti e i provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica e bilanci delle amministrazioni e degli enti pubblici che siano tenuti alla pubblicazione sulla stampa devono essere pubblicati sui siti informatici. In ogni caso, anche per ovvie ragioni di compatibilità con la normativa comunitaria in materia di appalti, è fatta salva la pubblicità legale sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea e su quella della Repubblica italiana, nonché quella effettuata sui siti informatici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (art. 32, comma 7). Si tratta a ben vedere di una vera e propria rivoluzione per l'amministrazione pubblica: il legislatore, pur se motivato dall'esigenza di «eliminare gli sprechi», prende atto che l'unico modo di assicurare davvero la conoscibilità di norme, atti e provvedimenti è la diffusione con gli strumenti informatici: viene così conferita centralità ai siti istituzionali degli enti che diventano a tutti gli effetti, il principale mezzo per ottenere informazioni e consultare documenti. Tuttavia, dal punto di vista pratico, si rileva un profilo problematico in ordine alla previsione relativa alla sostituzione di tutti gli ordinari strumenti di pubblicità legale con i siti internet: tale importante innovazione, se da un lato, assicura un indubbio risparmio per le casse pubbliche, dall'altro lato, ove la normativa non sia adeguatamente attuata, rischia di complicare la vita di cittadini e imprese. Infatti, l'assenza di un portale unico potrebbe rendere eccessivamente dispendiosa la ricerca di atti e provvedimenti. Per questo motivo, è previsto che il C.N.I.P.A. (oggi DigitPA ai sensi del d.lgs. n. 177/2009) realizzi e gestisca una vera e propria directory dei siti delle pubbliche amministrazioni – c.d. portale di accesso ai siti – al fine di garantire e facilitare l'accesso alle pubblicazioni. Questioni applicative.1) «Libertà di accesso» in luogo di «diritto di accesso»: una modifica alla disciplina prevista dal Capo V della l. n. 241/1990? La formula utilizzata dal comma 3 dell'art. 26 attraverso la quale si intende realizzata la «liberta» di accesso ai documenti indicati nel comma 1 dell'art. 26, presta il fianco a plausibili perplessità. La norma in esame sembra rendere per così dire «inoperanti», in caso di pubblicazione, le altre disposizioni in tema di accesso, posto che secondo tale forma di pubblicità degli atti, l'amministrazione ha ormai dato piena conoscibilità agli stessi. Tuttavia, l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato ha interpretato il comma 3 dell'articolo 26 nel senso che, anche in casi di atti sottoposti a regime di pubblicazione «l'interessato il quale presenti istanza motivata ha diritto ad ottenere, senz'altro, l'accesso, senza che possa essergli opposta alcuna limitazione» (Cons. St., Ad gen., n. 7/1987; in dottrina, Corso, Teresi, 141). In senso contrario, una parte della giurisprudenza ha argomentato che l'accesso non può essere utilmente esercitato «relativamente a quegli atti o documenti per i quali sia prevista, ai sensi dell'art. 26 della l. n. 241/1990, una specifica procedura di pubblicazione integrale, atteso che tale pubblicazione realizza, appunto, la libertà di accesso» (T.A.R. Lazio, Roma I, n. 177/1996). Così opinando, si può osservare come all'indeterminatezza dei soggetti interessati al dato conoscitivo del comma 1, corrisponda l'opponibilità ai richiedenti l'accesso dell'avvenuta pubblicazione mediante le modalità stabilite dai singoli ordinamenti. Di qui, posta la ratio di fondo della norma de qua, che consente all'interessato di apprendere il dato direttamente dalla fonte di cognizione senza ricorrere ad una determinata procedura, si può ritenere che il peculiare utilizzo dell'espressione «libertà» di accesso in luogo di «diritto di accesso» non produca sul piano sostanziale alcun risultato destabilizzante dell'assetto generale del capo V della l. n. 241/1990. Sul piano procedurale, il termine libertà conferisce dunque all'accesso una maggiore facilità di apprensione del dato conoscitivo. Pertanto, l'istanza di accesso proposta nei riguardi di atti oggetto di pubblicazione implicherà, in ogni caso, per l'amministrazione l'onere di indicare in modo esatto, rigoroso e collaborativo il tipo di supporto sul quale è presente il documento, fatte salve comunque le novità sul tema dell'informazione amministrativa mediante l'ausilio di canali digitali (Bohyny, 81). BibliografiaAa.Vv., La funzione di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, a cura di Arena, Rimini, 2001; Bohyny, La nuova disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi, a cura di Tomei, Padova, 2007; Caringella, Garofoli, Sempreviva, L'accesso ai documenti amministrativi, Milano, 2007; Cogliani, Commentario alla legge sul procedimento amministrativo: l. n. 241 del 1990 e successive modificazioni, Padova, 2007; Corletto, Pubblicità degli atti amministrativi, in Enc. giur., XXV, 1991, 1; Corso, Teresi, Procedimento amministrativo e accesso ai documenti, Commento alla legge 7 agosto 1990, n. 241, Rimini, 1991; Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1993, II; Mammuccari, La nuova disciplina dell'azione amministrativa, a cura di Tomei, Verona, 2005; Spagnuolo, La comunicazione negli enti locali, Rimini, 2001; Tomei, La conoscenza. Profili pubblicistici, Torino, 1990. |