Legge - 24/11/1981 - n. 689 art. 14 - Contestazione e notificazione 1 .Contestazione e notificazione1. La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa. Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento. Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all'autorità competente con provvedimento dell'autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione. Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione. Quando la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, si osservano le modalità previste dall' articolo 137 , terzo comma, del medesimo codice2. Per i residenti all'estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell'articolo 22 per il giudizio di opposizione. L'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto3. [1] Per una deroga alle disposizioni di cui al presente articolo, vedi l'articolo 23, comma 2, del D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni dalla Legge 3 luglio 2023, n. 85. [2] Comma modificato dall'articolo 174, comma 11, del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196. Successivamente, l'articolo 174 del D.Lgs. 196/2003 è stato abrogato dall'articolo 27, comma 1, lettera c), numero 3), del D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101. [3] A norma dell'articolo 103, comma 6-bis, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, il termine di cui al presente articolo, è sospeso dal 23 febbraio 2020 al 31 maggio 2020. InquadramentoIl procedimento sanzionatorio, iniziato con l'accertamento di cui all'art. 13, prosegue con la contestazione dell'illecito nei confronti del trasgressore. La contestazione è la comunicazione fatta al destinatario dopo l'accertamento di un procedimento amministrativo sanzionatorio a suo carico; si tratta di un istituto teso a garantire il soggetto circa la natura, il contenuto sanzionatorio, le modalità di estinzione dell'obbligazione e della possibilità di proporre ricorso. Esso consiste in un atto in forma scritta, firmato dall'accertatore, in cui si dà atto della trasgressione accertata e del fatto che la stessa è stata contestata; a tal proposito, si precisa che la forma scritta è un requisito essenziale per l'esistenza dell'atto. La contestazione costituisce una condizione di procedibilità ed estende perciò la sua validità all'intero procedimento. Essa può essere sostituita dalla notificazione, che assume il significato di contestazione successiva, entro i termini perentori previsti. Le modalità di contestazione dell'illecitoL'art. 14 in commento stabilisce che la violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente e se non avviene la contestazione immediata, occorre procedere alla notificazione degli estremi della violazione; nel primo caso, il verbale conterrà sia l'accertamento sia la contestazione, nel secondo caso invece, il verbale conterrà gli estremi della violazione e, separatamente, le prove dell'avvenuta notifica. In particolare, qualora non vi fosse contestazione immediata, gli estremi della violazione devono essere notificati agli interessati entro 90 giorni, se il trasgressore è residente in Italia, ed entro 360 giorni, se residente all'estero. Resta fermo che, idealmente, accertamento e contestazione sono attività diverse, tanto che si viola l'art. 14, «tutte le volte in cui la sanzione venga irrogata per una fattispecie» che risulta «diversa da quella attribuita al trasgressore in sede di contestazione»: fatto accertato e contestato, in pratica, devono sempre coincidere; diversamente, si viola il diritto di difesa in senso sostanziale e non solamente nel nomen juris della violazione (Cass. n. 10145/2006). L'errata indicazione degli elementi fondamentali come la localizzazione, la norma violata, la descrizione del fatto illecito e le modalità di estinzione, può essere sanata dall'organo accertatore con una nuova contestazione, da notificarsi entro i termini perentori previsti, in cui sia corretto l'errore e indicati i motivi del nuovo procedimento. Per l'esistenza giuridica del verbale occorre la sottoscrizione dell'agente accertatore mentre del rifiuto o dell'impossibilità di sottoscrivere da parte del trasgressore dovrà essere dato atto nel verbale stesso. La notificaLa notifica ha la medesima funzione della contestazione immediata e perciò dovrà avvenire solo nei confronti delle persone cui non è stata effettuata la contestazione. Qualora non sia stata possibile la contestazione immediata dell'infrazione, al trasgressore, e ai soggetti obbligati in solido con questi al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, deve essere notificato il verbale di contestazione contenente l'indicazione delle ragioni pur le quali non è stata effettuata la contestazione immediata; essa consisterà o in uno degli originali o in una copia autentica del verbale di accertamento (al quale va eventualmente allegata la verbalizzazione contenente gli elementi mancanti), o in un verbale diverso rispetto a quest'ultimo, purché in esso siano specificati gli elementi indispensabili a garantire la completezza della contestazione e ad assicurare l'esercizio del diritto di difesa. La notifica non è obbligatoria nel caso in cui la connessione obiettiva con un reato (art. 24 l. n. 689/1981) sposti la competenza in capo al giudice penale. La notificazione può avvenire alternativamente tramite il funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione, l'ufficiale giudiziario, il messo notificatore o il servizio postale; infatti, qualora la contestazione non avvenga nell'immediatezza, la notificazione della violazione può essere eseguita anche da un soggetto diverso da quello che ha proceduto alla rilevazione dell'infrazione. L'atto di notificazione dell'infrazione, deve contenere le indicazioni sufficienti ad assicurare la tempestiva difesa dell'interessato. Le contestazioni e notificazioni delle infrazioni al codice della stradaAlcune particolarità in merito all'istituto della contestazione e notificazione emergono in relazione all'accertamento di illeciti amministrativi di cui al Codice della Strada. Il Codice della Strada ha disegnato un sistema sanzionatorio che solo in parte si richiama alle regole della l. n. 689/1981, distinguendosene per vari aspetti. Innanzitutto, il verbale di accertamento non costituisce solo un atto interno al procedimento sanzionatorio, ma è suscettibile, ove non sia fatto oggetto di ricorso al Prefetto o non sia effettuato il pagamento in misura ridotta, di acquisire efficacia di titolo esecutivo: per questa ragione è possibile proporre ricorso al Prefetto (art. 203 C.d.S.) o al giudice di pace (art. 204). Inoltre, la contestazione immediata della violazione (ove possibile), ritenuta facoltativa per le sanzioni amministrative disciplinate dalla l. n. 689/1981, è considerata essenziale per la validità del verbale d'accertamento delle violazioni al codice della strada. Quest'ultima affermazione richiede tuttavia alcune precisazioni. Inizialmente la giurisprudenza riteneva che la mancata contestazione immediata delle violazioni al codice della strada, pur quando possibile, non viziasse il verbale di accertamento; tale orientamento era fondato su una lettura degli articoli 200 e 201 del Codice della Strada come norme sostanzialmente equivalenti all'art. 14 l. n. 689/1981. Questo orientamento è stato oggetto di rivisitazione critica ad opera della Cassazione (sez. III, 18 giugno 1999, n. 6123), che ha posto in evidenza la diversa formulazione dell'art. 201 del Codice della Strada rispetto all'art. 14 l. n. 689/1981: la prima disposizione prevede infatti che la notificazione del verbale si abbia solo «qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata», e che comunque sia necessaria «l'indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata», con la conseguenza che, laddove, in base all'apprezzamento del Prefetto o del giudice, tale possibilità esista, la mancata contestazione immediata invalida il verbale di accertamento. L'orientamento in esame non sembrava tuttavia estensibile alle violazioni accertate mediante autovelox, in quanto l'art. 384, lettera e) del d.P.R. 495/1992 (regolamento di esecuzione del codice della strada) indica fra i casi di materiale impossibilità della contestazione immediata l'accertamento delle violazioni tramite apparecchiature che «consentono il rilevamento il rilevamento dell'illecito in un momento successivo ovvero dopo che il veicolo oggetto del rilievo sia già a distanza dal posto di accertamento o comunque nell'impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari». Sulla questione è intervenuto anche il Legislatore, il quale ha previsto una deroga ex lege all'obbligo della contestazione immediata: con l'art. 4 del d.l. n. 121/2002, conv. con l. n. 168/2002, essa non è necessaria quando le violazioni degli articoli 142 (divieto di sorpasso) e 148 (eccesso di velocità) del Codice della Strada vengono accertate mediante apparecchi di controllo del traffico installati sulle strade individuate con un decreto del Prefetto per ciascuna provincia. Le strade devono essere individuate sulla base di due parametri: l'elevato tasso di incidenti e la difficoltà o l'impossibilità della contestazione immediata. Questa deroga non priva, tuttavia, il trasgressore di ogni possibilità di difesa: infatti, egli può comunque far valere la mancata contestazione immediata, laddove il decreto del Prefetto risulti illegittimo; ove il giudice verifichi tale illegittimità, può disapplicare il decreto del Prefetto ex art. 4 l. n. 2248/1865 e decidere la controversia come se questo non vi fosse (quindi applicando la regola generale della contestazione immediata exarticoli 200-201 del Codice della Strada). Questioni applicative1) È valida la notificazione della violazione nelle mani del portiere? Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza Cass. S.U. , 11332 del 2005, hanno stabilito che in caso di notifica nelle mani del portiere, l'ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell'inutile tentativo di consegna a mani proprie per l'assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l'atto, onde, nel riferire al riguardo, sebbene non debba necessariamente fare uso di formule sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l'assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal secondo comma dell'art. 139 cod. proc. civ., la successione preferenziale dei quali è tassativamente prevista. È pertanto nulla la notificazione nelle mani del portiere quando la relazione dell'ufficiale giudiziario non contenga l'attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata. 2) Il procedimento sanzionatorio antitrust soggiace ai principi generali di immediatezza della contestazione e di certezza temporale della procedura sanzionatoria? Secondo Cons. St. VI, n. 512/2020, le norme di principio, relative ad una immediatezza della contestazione o comunque ad una non irragionevole dilatazione dei suoi tempi, contenute nel Capo I della l. n. 689/1981, sono dotate di applicazione generale dal momento che, in base all'art. 12, le stesse devono essere osservate con riguardo a tutte le violazioni aventi natura amministrativa per le quali è applicata la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro, compresa la materia dell'Antitrust. In termini applicativi, il fatto che l'Autorità Antitrust deliberi l'avvio dell'istruttoria a distanza di vari mesi – ma non di vari anni – dalla segnalazione della possibile infrazione non può essere considerato come una violazione dei diritti delle imprese coinvolte, né un superamento dei termini procedimentali, in quanto la stessa valutazione dell'esigenza di avviare o meno l'istruttoria può presentarsi complessa; di conseguenza, il termine di novanta giorni previsto dal comma 2 dell'art. 14, l. n. 689 del 1981 inizia a decorrere solo dal momento in cui è compiuta – o si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere, anche in relazione alla complessità della fattispecie – l'attività amministrativa intesa a verificare l'esistenza dell'infrazione, comprensiva delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi dell'infrazione stessa. Ha chiarito il Supremo Consesso Amministrativo che (l'intento del Legislatore è stato quello di assoggettare ad un statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative, sia che siano attinenti a reati depenalizzati sia che conseguano ad illeciti qualificati «ab origine» come amministrativi, con la sola eccezione delle violazioni disciplinari e di quelle comportanti sanzioni non pecuniarie. La preventiva comunicazione e descrizione sommaria del fatto contestato con l'indicazione delle circostanze di tempo e di luogo (idonee ad assicurare, già nella fase del procedimento amministrativo anteriore all'emissione dell'ordinanza-ingiunzione, la tempestiva difesa dell'interessato), attiene ai principi del contraddittorio ed è garantito dalla l. n. 689/1981, attraverso la prescrizione di una tempestiva contestazione la cui l'osservanza è assicurata mediante la previsione espressa dell'inapplicabilità della sanzione. Il termine per la contestazione delle violazioni amministrative ha infatti pacificamente natura perentoria avendo la precisa funzione di garanzia di consentire un tempestivo esercizio del diritto di difesa. L'ampia portata precettiva è esclusa soltanto dalla presenza di una diversa regolamentazione da parte di fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre deroga alla norma generale e di principio. Lo stesso art. 31 della l. n. 287/1990 prevede infatti l'applicazione delle norme generali di cui alla l. n. 689/1981 «in quanto applicabili». Ebbene, con specifico riferimento alla disciplina della potestà sanzionatoria dell'Autorità non emergono le condizioni per derogare al sistema di repressione degli illeciti amministrativi per mezzo di sanzione pecuniaria ivi delineato. Il d.P.R. n. 217/1998 non reca indicazione di alcun termine per la contestazione degli addebiti, e quindi non può far ritenere «diversamente stabilita» la scansione procedimentale e, quindi, inapplicabile il termine di cui si discute. Tale interpretazione è preferibile anche in quanto orientata dalla sicura ascendenza costituzionale del principio di tempestività della contestazione, posto a tutela del diritto di difesa. 3) L' articolo 14 della legge 689/1981 esprime un principio generale applicabile anche alle sanzioni edilizie? Secondo Cons. Stato, sez. II, 20 gennaio 2023, n. 714, il Commissario ad acta, nominato allo scopo di dare seguito al procedimento demolitorio, senza effettuare la materiale demolizione, ritraendo i propri poteri e dall'atto di nomina e, quanto al contenuto, dalla sentenza, deve effettuare tutti gli adempimenti preliminari alla stessa, ivi compresa la messa a conoscenza formale delle conseguenze dell'inottemperanza mediante notifica del relativo verbale, che assume una valenza assimilabile alla contestazione di cui all'art. 14 della l. n. 689 del 1981. Solo all'esito della stessa possono essere irrogate le due sanzioni previste dell'acquisizione del bene al patrimonio, nel caso di specie dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, e del pagamento di sanzione pecuniaria, anche nella misura massima prevista. Secondo la sentenza in esame l'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede, quale conseguenza della mancata ottemperanza all'ordine di demolizione, due distinte e autonome sanzioni, delle quali la prima, concretizzantesi nell'acquisizione automatica al patrimonio del comune dell'opera abusiva e della relativa area di sedime, per la particolare afflittività che la connota deve necessariamente essere letta in armonia con i principi affermati con riferimento alle sanzioni “sostanzialmente penali dalla C.G.U.E. (v. sentenze 4 marzo 2014, r. n. 18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhine c. Russia; v. anche Corte di giustizia UE, grande sezione, 5 giugno 2012, n. 489, nella causa C- 89/10). La previsione, contenuta nel comma 4, della «previa notifica all'interessato», rende il verbale di accertamento, oltre che mero atto istruttorio endoprocedimentale che costituisce titolo «per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente», assimilabile, mutatis mutandis , al verbale di contestazione dell'illecito ex art. 14 della l. n. 689 del 1981, stante che è solo a far data dallo stesso che il proprietario, astrattamente ignaro della vicenda fino a tale momento, viene messo in condizione di chiarire la propria posizione, scongiurando l'effetto acquisitivo (ma non, ovviamente, quello demolitorio). Solo così è possibile recuperare quel necessario elemento di raccordo tra i due snodi che tipicamente connotano ogni procedimento sanzionatorio, ovvero la fase affidata agli organi di vigilanza, deputata all'acquisizione di elementi istruttori, e la successiva, avente natura lato sensu contenziosa e decisoria, preordinata all'adozione, da parte dell'autorità titolare della potestà sanzionatoria, del provvedimento di irrogazione della stessa. D'altro canto, la natura sanzionatoria autonoma dell'acquisizione al patrimonio, da sempre riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa (da ultimo, v. ex multis C.g.a., 25 marzo 2022, n. 373; nonché Corte cost., ordinanza n. 82 del 15 febbraio 1991, riferita all'art. 15, comma 3, della l. 28 gennaio 1977, n.10, cui la norma attuale è sostanzialmente omologata), che impone le riflessioni sostanziali e procedurali effettuate, ha trovato conferma con l'aggiunta al predetto art. 31 dei commi 4 bis, 4 ter e 4 quater, per effetto dell'art.17, comma 1, lett. q-bis), della legge 11 novembre 2014, n.164, di conversione, con modifiche, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, che hanno previsto, come detto, l'ulteriore e autonoma sanzione per il medesimo fatto illecito della corresponsione di una somma di danaro compresa tra euro duemila (2.000/00) e euro ventimila (20.000/00), i cui proventi sono a destinazione vincolata. 4) Come incide la buona fede soggettiva del privato in sede dei esercizio dei poteri comunali in materia edilizia? Secondo Cons. Stato, sez. II, 20 gennaio 2023, n. 714, la sanzione acquisitiva al patrimonio dell'ente, in caso di inottemperanza dell'ordine di demolizione dell'abuso edilizio, non può essere comminata nei confronti del proprietario del fondo incolpevole dell'abuso edilizio, cui è rimasto del tutto estraneo. Diversamente è a dire per la sanzione demolitoria, la cui natura “reale” e ripristinatoria dello stato dei luoghi per come preesistente all'illecito, la rende impermeabile al necessario previo accertamento di profili di responsabilità colpevole del proprietario, anche ove subentrato all'autore dell'abuso. Un'interpretazione orientata al rispetto dei principi espressi dalle Corti nazionali e sovranazionali impone, ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative privative della proprietà del bene, quale l'acquisizione al patrimonio comunale in conseguenza di inottemperanza a ingiunzione a demolire, la necessità della sussistenza dell'elemento soggettivo, almeno di carattere colposo, da parte del soggetto proprietario che le subisce, che deve essere messo a conoscenza, mediante la previa verifica dell'accertamento dell'inottemperanza, delle conseguenze della mancata demolizione spontanea, giusta la loro innegabile gravità. La necessità che il completo verificarsi dell'effetto traslativo formi oggetto di un atto amministrativo risponde all'esigenza di garantire il principio eurounitario di stabilità e certezza delle posizioni giuridiche e il principio di buona amministrazione. Per addivenire allo stesso vanno rispettati i passaggi procedurali a garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti, anche in funzione della maggiore economicità dell'esecuzione spontanea della intimata demolizione - essa, sì, sanzione reale - da parte dell'avente titolo. Il rispetto delle scansioni procedurali costituisce il giusto punto di incontro fra le contrapposte esigenze avute a mente dal legislatore, ovvero da un lato il rispetto dell'ordinato sviluppo del territorio, di cui il previo titolo edilizio costituisce garanzia primaria, dall'altro la tutela della proprietà. Il Commissario ad acta, nominato allo scopo di dare seguito al procedimento demolitorio, senza effettuare la materiale demolizione, ritraendo i propri poteri e dall'atto di nomina e, quanto al contenuto, dalla sentenza, deve effettuare tutti gli adempimenti preliminari alla stessa, ivi compresa la messa a conoscenza formale delle conseguenze dell'inottemperanza mediante notifica del relativo verbale, che assume una valenza assimilabile alla contestazione di cui all'art. 14 della l. n. 689 del 1981. Solo all'esito della stessa possono essere irrogate le due sanzioni previste dell'acquisizione del bene al patrimonio, nel caso di specie dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, e del pagamento di sanzione pecuniaria, anche nella misura massima prevista. Secondo la sentenza in esame l'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede, quale conseguenza della mancata ottemperanza all'ordine di demolizione, due distinte e autonome sanzioni, delle quali la prima, concretizzantesi nell'acquisizione automatica al patrimonio del comune dell'opera abusiva e della relativa area di sedime, per la particolare afflittività che la connota deve necessariamente essere letta in armonia con i principi affermati con riferimento alle sanzioni “sostanzialmente penali dalla C.G.U.E. (v. sentenze 4 marzo 2014, r. n. 18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhine c. Russia; v. anche Corte di giustizia UE, grande sezione, 5 giugno 2012, n. 489, nella causa C- 89/10). La previsione, contenuta nel comma 4, della «previa notifica all'interessato», rende il verbale di accertamento, oltre che mero atto istruttorio endoprocedimentale che costituisce titolo «per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente», assimilabile, mutatis mutandis , al verbale di contestazione dell'illecito ex art. 14 della l. n. 689 del 1981, stante che è solo a far data dallo stesso che il proprietario, astrattamente ignaro della vicenda fino a tale momento, viene messo in condizione di chiarire la propria posizione, scongiurando l'effetto acquisitivo (ma non, ovviamente, quello demolitorio). Solo così è possibile recuperare quel necessario elemento di raccordo tra i due snodi che tipicamente connotano ogni procedimento sanzionatorio, ovvero la fase affidata agli organi di vigilanza, deputata all'acquisizione di elementi istruttori, e la successiva, avente natura lato sensu contenziosa e decisoria, preordinata all'adozione, da parte dell'autorità titolare della potestà sanzionatoria, del provvedimento di irrogazione della stessa. D'altro canto, la natura sanzionatoria autonoma dell'acquisizione al patrimonio, da sempre riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa (da ultimo, v. ex multis C.g.a., 25 marzo 2022, n. 373; nonché Corte cost., ordinanza n. 82 del 15 febbraio 1991, riferita all'art. 15, comma 3, della l. 28 gennaio 1977, n.10, cui la norma attuale è sostanzialmente omologata), che impone le riflessioni sostanziali e procedurali effettuate, ha trovato conferma con l'aggiunta al predetto art. 31 dei commi 4 bis, 4 ter e 4 quater, per effetto dell'art.17, comma 1, lett. q-bis), della legge 11 novembre 2014, n.164, di conversione, con modifiche, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, che hanno previsto, come detto, l'ulteriore e autonoma sanzione per il medesimo fatto illecito della corresponsione di una somma di danaro compresa tra euro duemila (2.000/00) e euro ventimila (20.000/00), i cui proventi sono a destinazione vincolata. Tar Lazio, sez. I, ord. 1 agosto 2023, n. 12962, ha, da ultimo, rimesso alla Corte di giustizia UE la questione circa la compatibilità con il diritto euro-unitario dell'applicazione dell'art. 14 l. n. 689 del 1981 alle procedure antitrust. È rimessa alla Corte di giustizia UE la seguente questione pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE: “Se l'art. 102 Tfue, letto alla luce dei principi di tutela della concorrenza ed effettività dell'azione amministrativa, debba essere interpretato nel senso che osti a una normativa nazionale, quale quella discendente dall'applicazione dell'art. 14 l. 24 novembre 1981, n. 689 – come interpretata nel diritto vivente – che impone all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di avviare il procedimento istruttorio per l'accertamento di un abuso di posizione dominante entro il termine decadenziale di novanta giorni, decorrente dal momento in cui l'Autorità ha la conoscenza degli elementi essenziali della violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito”. Il Tar per il Lazio ha evidenziato che viene spesso argomentato come l'inerzia dell'Agcm determinerebbe un vulnus agli interessi pubblici alla cui cura essa è preposta, sicché il termine sarebbe posto anche al fine di sollecitare un pronto intervento repressivo, evitando così il consolidarsi dell'affidamento dell'impresa, ma che, tuttavia, l'applicazione di un termine decadenziale per l'avvio del procedimento istruttorio, a fronte di condotte illecite ancora in corso, apparirebbe, per certi versi, contraddittoria ed illogica, atteso che determina una sostanziale impossibilità per l'Autorità di reprimere fatti illeciti che continuano ad offendere l'interesse pubblico che la medesima autorità è istituzionalmente deputata a curare. Infine, in relazione all'esigenza di certezza del diritto, il Tar per il Lazio ha osservato come l'ordinamento italiano già preveda, proprio onde evitare contestazioni che sopraggiungano dopo un tempo eccessivamente lungo, un diverso termine di prescrizione quinquennale dalla cessazione della condotta illecita (art. 28 l. n. 689 del 1981). 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