Legge - 24/11/1981 - n. 689 art. 17 - Obbligo del rapporto.

Alessandra Petronelli

Obbligo del rapporto.

Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra l'ipotesi prevista nell'art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto1.

Deve essere presentato al prefetto il rapporto relativo alle violazioni previste dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, dal testo unico per la tutela delle strade, approvato con R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740, e dalla L. 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.

Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all'ufficio regionale competente2.

Per le violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco.

L'ufficio territorialmente competente è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione.

Il funzionario o l'agente che ha proceduto al sequestro previsto dall'articolo 13 deve immediatamente informare l'autorità amministrativa competente a norma dei precedenti commi, inviandole il processo verbale di sequestro.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, in sostituzione del D.P.R. 13 maggio 1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri, previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti abbiano regolato diversamente la competenza 3.

Con il decreto indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative alla esecuzione del sequestro previsto dall'articolo 13, al trasporto ed alla consegna delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione delle cose confiscate. Le regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine previsto dal comma precedente  4.

Inquadramento

A norma dell'art. 17, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione amministrativa deve presentare rapporto all'autorità competente, per materia o per territorio, ad applicare la relativa sanzione amministrativa.

La trasmissione di tale rapporto riveste un ruolo fondamentale nel procedimento sanzionatorio amministrativo: esso rappresenta infatti l'anello di congiunzione tra l'organo che ha eseguito l'accertamento ed effettuato la contestazione dell'illecito amministrativo e l'autorità competente a verificare la fondatezza dell'attività accertativa svolta e la conseguente sussistenza dell'illecito contestato al trasgressore.

Come confermato dalla sua collocazione sistematica, l'art. 17 rappresenta la linea di demarcazione tra le due macrofasi del procedimento sanzionatorio: la prima fase, accertamento e contestazione dell'illecito, si conclude proprio con la trasmissione del rapporto all'autorità competente ad irrogare la sanzione; la seconda fase procedimentale, destinata a concludersi con l'emanazione di un provvedimento di ingiunzione o archiviazione, determina la conclusione del procedimento sanzionatorio.

La trasmissione del rapporto

La l. n. 689/1981 pone a carico dell'organo accertatore il compito di presentare il rapporto all'ufficio competente a decidere il procedimento amministrativo sanzionatorio.

Nel nostro ordinamento vige un principio di doverosità dell'esercizio dei poteri pubblici e dell'azione sanzionatoria, il quale assume rango costituzionale con riferimento all'esercizio dell'azione penale (art. 112 Cost.) (Sandulli, 198).

In materia di illeciti amministrativi, lo specifico obbligo di inviare il rapporto a carico del funzionario o dell'agente che ha accertato l'infrazione amministrativa è codificato dall'art. 17; sia pure con le dovute differenziazioni, siffatto obbligo appare la trasposizione in campo amministrativo punitivo del corrispondente obbligo di trasmettere la notizia o denuncia di reato posto dalla legge penale a carico della polizia giudiziaria o dei pubblici ufficiali.

Il tempo entro il quale deve essere trasmesso il rapporto

Ai sensi del primo comma della norma in commento, il rapporto relativo alla violazione amministrativa accertata deve essere presentato «qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta».

La lettera della legge sembra imporre all'organo accertatore di adempiere l'obbligo di trasmissione solo quando sia inutilmente decorso il termine di sessanta giorni che la legge accorda all'interessato per il pagamento in misura ridotta: in questa ottica, l'organo accertatore dovrà quindi attendere lo spirare del termine previsto dall'art. 16 della l. n. 689/1981 e, solamente allo spirare di questo termine, potrà procedere ad informare l'autorità amministrativa competente; diversamente, si avrebbe una inutile trasmissione di una documentazione che potrà invece concludersi nella sua fase iniziale.

Nella prassi, tuttavia, si pongono non pochi problemi applicativi: il termine per presentare gli scritti difensivi da parte del trasgressore ai sensi dell'art. 18 è di trenta giorni decorrenti dalla contestazione o notifica della violazione; di conseguenza, se l'organo accertatore attende il più lungo termine di sessanta giorni per trasmettere il rapporto, potrà accadere che l'autorità amministrativa competente a decidere il procedimento sanzionatorio riceva memorie difensive e richiesta di audizione personale in ordine a procedimenti sanzionatori di cui ignora l'esistenza, non essendole ancora stato inviato il rapporto ai sensi dell'art. 17. D'altra parte, molto spesso il cittadino incorre nell'errore di trasmettere la prova dell'avvenuto pagamento in misura ridotta non già all'organo accertatore ma all'autorità amministrativa competente ad emettere l'ordinanza di ingiunzione o di archiviazione.

Per tale ragione, trova sempre più adesioni la tesi – seguita anche dalla prassi applicativa – secondo cui la trasmissione degli atti all'autorità competente a decidere il procedimento sanzionatorio debba avvenire con celerità e, dunque, senza attendere il decorso dei sessanta giorni accordati al trasgressore per il pagamento in misura ridotta (Bartolini, 389; Scalese, 90; Carrato, 51).

In tal caso, dunque, se l'organo accertatore – nel breve arco di tempo necessario a predisporre la trasmisione del rapporto – ha notizia dell'avvenuto pagamento in misura ridotta, non dovrà procedere all'invio degli atti ai sensi dell'art. 17; diversamente, potrà procedere alla trasmissione degli atti all'amministrazione competente ad emanare l'ordinanza di ingiunzione o archiviazione, sebbene non sia ancora spirato il termine contemplato dall'art. 16 della l. n. 689/1981.

La forma e il contenuto del rapporto

Dalla lettera della legge risulta che il rapporto consiste in un atto e/o documento predisposto da chi ha eseguito l'accertamento e la contestazione dell'illecito ed indirizzato a chi deve valutare la fondatezza dell'accertamento medesimo, al fine di applicare o meno la sanzione amministrativa.

La legge in commento si limita, tuttavia, a menzionare il rapporto senza però disciplinarne forma e contenuto.

Si ritiene che il legislatore del 1981 abbia utilizzato il termine «rapporto» in senso tecnico, secondo una terminologia in uso nel vecchio codice di procedura penale (art. 2): infatti, come in campo processual-penalistico, l'art. 2 dell'allora vigente codice di procedura penale indicava il «rapporto» come l'atto con cui trasmettere la notitia criminis all'autorità giudiziaria, allo stesso modo in campo amministrativo punitivo l'art. 17 menziona il rapporto come l'atto con cui l'organo accertatore fa conoscere l'illecito amministrativo accertato all'autorità amministrativa competente a decidere il procedimento.

Tali considerazioni interpretative trovano la propria ragion d'essere negli artt. 331 e 332 del nuovo codice di procedura penale che, pur con la mutata terminologia di «denuncia», fanno riferimento all'atto con cui viene comunicata la notitia criminis da parte della polizia giudiziaria o degli incaricati di pubblico servizio.

Il «rapporto», dunque, rappresenta l'atto con cui vengono esposte in maniera dettagliata le risultanze dell'accertamento e gli elementi che hanno portato a contestare l'illecito ad un determinato trasgressore.

In ordine alla redazione del rapporto, la legge non prevede una forma vincolata: di conseguenza, esso può consistere in un'apposita annotazione a corredo dell'atto di contestazione oppure può consistere nel mero invio del processo verbale di contestazione.

In ordine al contenuto, il rapporto deve sostanzialmente comprendere gli elementi menzionati dal vecchio art. 2 c.p.p. ossia:

a. le generaltà del trasgressore;

b. gli elementi essenziali dell'illecito;

c. gli atti di accertamento compiuti.

La legge richiede, inoltre, che il rapporto sia trasmesso unitamente alla prova delle eseguite contestazioni e notifiche ribadendo, in tal modo, che l'organo competente ad eseguire la notifica corrisponde a quello che ha effettuato l'accertamento.

Si può in conclusione ritenere che l'adempimento previsto dalla norma in commento assume una valenza strategica ciò in quanto l'amministrazione competente deve essere messa in grado di verificare il percorso logico giuridico che ha condotto l'organo accertatore – attraverso lo svolgimento degli atti di accertamento di cui all'art. 13 della l. n. 689/1981 ad acclarare la sussistenza di una condotta illecita e ad imputarla ad un determinato trasgressore.

Questioni applicative

1) Cosa si intende per luogo in cui è stata commessa la violazione?

Ai sensi del quinto comma dell'articolo in commento, l'ufficio territorialmente competente a decidere del procedimento sanzionatorio è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione.

Detto criterio, apparentemente chiaro e di semplice applicazione, ha posto, nella pratica, non poche difficoltà interpretative.

La norma in esame, infatti, è stata oggetto di numerose pronunce del giudice di legittimità che è possibile ricondurre a due diversi filoni interpretativi.

Per il primo indirizzo, facente capo alla sentenza Cass. S.U., n. 4131/1988, da un'analisi sistematica della normativa in materia di illeciti amministrativi discende che il luogo di commissione della violazione non può che individuarsi in quello dell'accertamento compiuto dagli organi a ciò deputati, dovendosi ritenere infungibili tali organi, e gli atti da essi posti in essere, in quanto per legge unici attributari del relativo potere. Ne consegue che la violazione amministrativa, indipendentemente dalla sua natura istantanea o permanente, deve ritenersi commessa al tempo e nel luogo dell'accertamento.

Secondo l'altro indirizzo ermeneutico – originato dalla sentenza Cass. n. 1876/2000, – il criterio del luogo dell'accertamento, ricavato sistematicamente dalla precedente giurisprudenza, pur essendo in sé valido, necessita di alcune precisazioni, non potendosi totalmente obliterare il tenore letterale della norma di cui all'art. 17 l.n. 689/1981 facente espresso riferimento al luogo di commissione dell'illecito. Con tale pronuncia, la Suprema Corte, se da un lato ribadisce che l'Autorità amministrativa competente ad emanare l'ordinanza-ingiunzione va individuata sulla base del luogo in cui è avvenuto l'accertamento, dall'altro richiede che ciò avvenga sul presupposto che in detto luogo l'illecito sia stato, almeno in parte, consumato. Diversamente opinando, oltre alla totale elusione del dato testuale, non potrebbe sfuggirsi alla conseguenza, nell'ipotesi in cui l'organo accertatore abbia una limitata competenza territoriale, della nullità (o dell'inesistenza) dell'atto di accertamento posto in essere da quest'ultimo, ove l'illecito non risulti commesso, neanche parzialmente, nel luogo del compiuto acclaramento.

In definitiva, il criterio del luogo dell'accertamento della violazione non si sostituisce a quello del luogo di commissione emergente dalla lettera della legge (art. 17 l. n. 689/1981) «ma lo presuppone, regolando il possibile concorso di competenze territoriali, qualora la consumazione della violazione non si esaurisca nel territorio di una sola Autorità». Tale ultima precisazione va però rettamente intesa per evitare di stravolgere il senso della pronuncia: con essa, infatti, la Cassazione non ha inteso assegnare al criterio del luogo dell'accertamento, adottato dalla giurisprudenza anteriore, una funzione meramente sussidiaria ed integrativa del criterio testuale del luogo di commissione, apprezzabile unicamente nel caso in cui vi sia l'esigenza di risolvere un conflitto di competenze territoriali, ma ne ha ribadito validità e primario rilievo, limitandosi a subordinarne l'applicabilità al presupposto dell'avvenuta commissione in quel luogo di tutta o di parte della condotta tipica, onde salvaguardare il dato letterale dell'art. 17 l. n. 689/1981 e scongiurare il rischio dell'invalidità degli atti compiuti da organi accertatori aventi una limitata competenza territoriale.

La giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza Cass. 1876/2000 , ha prevalentemente fatto proprio il criterio enucleato da quest'ultima, in molti casi recependolo pedissequamente (Cass. n. 3751/2000) in altri specificandolo ulteriormente, ma sempre in senso conforme (Cass. n. 18075/2004).

Con queste ultime pronunce la Suprema Corte ha precisato che «il luogo della commissione dell'illecito è da reputarsi coincidente con il luogo dell'accertamento in relazione al presumibile perfezionarsi dell'infrazione nel posto in cui ne vengono acclarati gli elementi costitutivi, ovvero venga constatata parte della condotta attiva o passiva del trasgressore in sé idonea ad integrare contegno sanzionabile» con esclusione dell'operatività del criterio nel caso in cui la stessa imputazione indichi un luogo di commissione del fatto diverso da quello dell'accertamento, relegando questo a mero luogo di reperimento delle prove di un illecito commesso altrove».

Dunque il luogo di commissione dell'illecito è identificato da quello dell'accertamento, purché vi si sia svolta, almeno in parte, la condotta tipica; la risoluzione del possibile concorso di competenze territoriali delle Autorità amministrative nel cui ambito risulti commesso il fatto (ad esempio nel caso di illecito permanente) dovrà quindi considerarsi un effetto eventuale derivante dall'applicazione del criterio, non già il suo presupposto di operatività.

Bibliografia

Bartolini, Il codice delle violazioni amministrative, Piacenza, 2005; Bellè, Il sistema sanzionatorio amministrativo del codice della strada, Padova, 2001; Capaccioli, Principi in tema di sanzioni amministrative: considerazioni introduttive, in Aa.Vv., Le sanzioni in materia tributaria: atti del Convegno tenuto a San Remo nel 1978, Milano, 1979; Carrato, L'opposizione alle sanzioni amministrative, Milano, 2003; Dolcini, Paliero, I «principi generali» dell'illecito amministrativo nel disegno di legge «Modifiche al sistema penale», in Riv. it. dir. e proc. pen., 1980; Girola, Sanzioni penali e sanzioni amministrative, in Rivista di diritto pubblico, 1929; Sandulli, Le sanzioni amministrative pecuniarie. Principi sostanziali e procedimentali, Napoli, 1983; Sandulli, Sanzione (Sanzioni amministrative), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992; Scalese, Le opposizioni alle sanzioni amministrative, Roma, 2001.

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