Legge - 24/11/1981 - n. 689 art. 23 - Giudizio di opposizione 1.Giudizio di opposizione 1. [Il giudice, se il ricorso è proposto oltre il termine previsto dal primo comma dell'art. 22, ne dichiara l'inammissibilità con ordinanza ricorribile per cassazione. Se il ricorso è tempestivamente proposto, il giudice fissa l'udienza di comparizione con decreto, steso in calce al ricorso, ordinando all'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima della udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonchè alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso ed il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e all'autorità che ha emesso l'ordinanza. La prova scritta della conoscenza del ricorso e del decreto equivale alla notifica degli stessi2. Tra il giorno della notificazione e l'udienza di comparizione devono intercorrere i termini previsti dall'art. 163- bis del codice di procedura civile3. L'opponente e l'autorità che ha emesso l'ordinanza possono stare in giudizio personalmente; l'autorità che ha emesso l'ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati. Se alla prima udienza l'opponente o il suo procuratore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza appellabile, convalida il provvedimento opposto, ponendo a carico dell'opponente anche le spese successive all'opposizione 4. Nel corso del giudizio il giudice dispone, anche d'ufficio, i mezzi di prova che ritiene necessari e può disporre la citazione di testimoni anche senza la formulazione di capitoli. Appena terminata l'istruttoria il giudice invita le parti a precisare le conclusioni ed a procedere nella stessa udienza alla discussione della causa, pronunciando subito dopo la sentenza mediante lettura del dispositivo. Tuttavia, dopo la precisazione delle conclusioni, il giudice, se necessario, concede alle parti un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive e rinvia la causa alla udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine per la discussione e la pronuncia della sentenza. Il giudice può anche redigere e leggere, unitamente al dispositivo, la motivazione della sentenza, che è subito dopo depositata in cancelleria. A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti si provvede d'ufficio. Gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta. Con la sentenza il giudice può rigettare l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese di procedimento o accoglierla, annullando in tutto o in parte l'ordinanza o modificandola anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta. Nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l'art. 113, secondo comma, del codice di procedura civile5. Il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell'opponente. ]La sentenza è inappellabile ma è ricorribile per cassazione] 6 7.] 8
[1] La Corte Costituzionale, con sentenza 5 febbraio 1992, n. 62, (in Gazz. Uff., 4 marzo, n. 10), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non consente ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nel processo di opposizione ad ordinanze-ingiunzioni applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua italiana, nonchè di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell'autorità giudiziaria e le risposte della controparte. [2] Comma modificato dall'articolo 56, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69. [3] Comma sostituito dall'articolo 99, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. [4] La Corte Costituzionale, con sentenza 28 novembre 1990, n. 534, (in Gazz. Uff., 12 dicembre 1990, n. 49), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l'illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall'opponente. Successivamente la stessa Corte Costituzionale, con sentenza 11 dicembre 1995, n. 507, (in Gazz. Uff., 27 dicembre 1995, n. 53), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l'amministrazione irrogante abbia omesso il deposito dei documenti di cui al secondo comma dello stesso art. 23. Da ultimo il presente comma è stato modificato dall'articolo 26, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. [5] Comma modificato dall'articolo 99, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. [6] Comma abrogato dall'articolo 26, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. [7] Articolo modificato dall'articolo 99, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, che ha sostituito la parola “pretore”, con la parola “giudice”. [8] Articolo abrogato dall'articolo 34, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 1° settembre 2011, n. 150. InquadramentoGli artt. 22 e 22-bis della l. n. 689/1981 – che per organicità di trattazione saranno esaminati congiuntamente – disciplinano il giudizio di opposizione all'ordinanza di ingiunzione. In particolare, ai sensi dell'art. 22 comma 1 della l. n. 689/1981, contro l'ordinanza ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca, gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. L'opposizione è regolata dall'art. 6 del d.lgs. n. 150/2011. L'opposizione all'ordinanza-ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa (che non ha natura di impugnazione dell'atto della P.A.) introduce un ordinario giudizio di cognizione sul fondamento della pretesa dell'autorità amministrativa, nel quale le vesti sostanziali di attore e convenuto, anche ai fini della ripartizione dell'onere della prova spettano, rispettivamente, alla P.A. e all'opponente. Il contenuto specifico dell'atto di opposizione si ripercuote sulle singole richieste finali (costituenti il c.d. petitum immediato) che vengono formulate al giudice competente e che si traducono, in generale, nell'invocare l'annullamento totale o parziale del provvedimento sanzionatorio, nella domanda di riduzione della sanzione irrogata od anche nella declaratoria della cessazione della materia del contendere per eventi sopravvenuti (es. la morte del trasgressore), previa, se del caso, la proposizione dell'istanza tendente all'ottenimento della sospensione dell'esecutività del provvedimento impugnato. Ad ogni modo – e nonostante l'attuale applicabilità del rito del lavoro alla stregua e nei limiti di quanto previsto nell'art. 2 del d. lgs. n. 150/2011- è indiscutibile che l'individuazione dell'oggetto e del contenuto dell'opposizione assume una determinata e puntuale rilevanza per le parti e per il giudice, atteso che i principi generali del divieto di mutamento della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato impongono, anche in questa materia speciale, di indicare, con sufficiente certezza, i limiti dei contenuti oggettivi e dei profili soggettivi della controversia. Con il procedimento dettato dalla l. n. 689/1981 l'ordinamento fornisce tutela giurisdizionale contro le pretese sanzionatorie della Pubblica Amministrazione: l'azione esperita in seno a detto procedimento è un'azione costitutiva, in quanto volta ad ottenere la rimozione di un provvedimento che costituisce espressione del potere autoritativo della P.A. Il giudizio di opposizione a sanzione amministrativa si configura, dunque, come un giudizio rivolto ad accertare il fondamento della pretesa sanzionatoria e investe la legittimità formale e sostanziale di detto provvedimento, con l'esclusione del potere del giudice di rilevare d'ufficio, fuori dai limiti dell'oggetto dello stesso giudizio così delimitato, eccezioni relative a vizi del provvedimento o del procedimento che ne ha preceduto l'emanazione, salvo che essi incidano sull'esistenza dell'atto impugnato. Quanto alla posizione dell'opponente, il suo oggetto è delimitato dalla causa petendi fatta valere con l'opposizione e, quanto alla posizione della P.A., dal divieto di dedurre motivi diversi da quelli enunciati nell'ordinanza di ingiunzione. All'Amministrazione che viene a rivestire – dal punto di vista sostanziale e non formale – la posizione di attrice, incombe l'obbligo di fornire la prova adeguata circa la fondatezza della sua pretesa. All'opponente, al contrario, spetta provare le circostanze contrapposte a quelle allegate dall'amministrazione. D'altra parte, alla modificazione delle regole normali in ordine all'allegazione delle prove non corrisponde una modificazione delle regole ordinarie in tema di onere probatorio: se, infatto, l'opponente ha sollevato contestazioni sui fatti costitutivi del suo obbligo, tali contestazioni non onerano l'opponente anche alla prova dell'inesistenza dei fatti costitutivi del suo obbligo; al contrario, la prova dell'esistenza dei fatti costitutivi dell'obbligo si pone a carico della P.A. La competenzaAi sensi dell'art. 22-bis, l. n. 689/1981, la competenza a conoscere il ricorso contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca è attribuita al giudice di pace. Sussiste invece la competenza del tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia: a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro; b) di previdenza e assistenza obbligatoria; c) di urbanistica ed edilizia; d) di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; e) di igiene degli alimenti e delle bevande; f) di società e di intermediari finanziari; g) tributaria e valutaria. Sussiste ancora la competenza del tribunale: a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a € 15.493,00; b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a € 15.493,00; c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal r.d. n. 1736/1933, dalla l. n. 386/1990, e dal d.lgs.. n. 285/1992. Quanto alla competenza per territorio, per le opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni è funzionalmente competente, ai sensi dell'art. 22 l. n. 689/1981, il giudice del luogo della commessa violazione ed a questo criterio di competenza territoriale non deroga l'art. 25 c.p.c., che prevede la competenza del giudice del luogo ove ha sede l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie.» (Cass. I, n. 14828/2006). L'incompetenza per territorio va eccepita dalla parte (e quindi dalla P.A.) non essendo possibile per il giudice rilevarla d'ufficio: peraltro, poiché nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa non è previsto come nel rito ordinario il deposito necessario di una comparsa di risposta, deve ritenersi che sarà possibile eccepire l'incompetenza anche in prima udienza. La competenza territoriale, così come delineata in generale, ha – secondo la consolidata giurisprudenza (Cass. S.U., n. 4131/1988) – carattere funzionale ed inderogabile, con conseguente assoggettamento al regime preclusivo attuale stabilito dall'art. 38, comma 1, c.p.c., nel senso che l'inerente rilievo officioso o l'eccezione di parte attinenti all'eventuale incompetenza devono intervenire, per qualificarsi tempestivi, entro la prima udienza di trattazione, le cui attività, nel rito già disciplinato dalla l. n. 689 del 1981 e, ora, negli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 150/2011, si concentrano ordinariamente nella prima udienza (in senso contrario, Poli 139, 140). Se la sanzione incide su diritti soggettivi dell'individuo la competenza è del tribunale. La Suprema Corte ha stabilito che «sull'opposizione proposta avverso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, irrogata dal questore, ai sensi dell'art. 32 della l. n. 157/1992, per avere esercitato la caccia in forma diversa da quella prescelta ai sensi dell'art. 12, comma 5, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di atto vincolato potenzialmente lesivo di posizioni di diritto soggettivo» (Cass. S.U., n. 16411/2007). Inoltre, in materia di sanzioni amministrative, il giudice territorialmente competente a decidere sulla opposizione ad ordinanza ingiunzione di cui all'art. 22 della l. n. 689/1981è quello del luogo di accertamento dell'infrazione, presuntivamente ritenuto coincidente con quello di commissione dell'illecito, o quello del luogo di commissione del fatto, quando questo risulti pacificamente diverso da quello dell'accertamento; quando sussista una pluralità di luoghi di commissione dell'infrazione, la competenza territoriale è stabilita dal luogo di accertamento dell'illecito (Cass. VI, ord. n. 7397/2014). La forma dell'opposizioneL'opposizione si propone mediante ricorso, al quale dovrà essere allegata l'ordinanza notificata. Nel nuovo regime normativo individuato negli artt. 6 e 7 del d. lgs. n. 150/2011non è più propriamente previsto l'obbligo, a carico della parte ricorrente, di allegare al ricorso la copia dell'ordinanza o del verbale di accertamento impugnati (e, perciò, all'inosservanza di questo accorgimento non è ricondotta una specifica sanzione di inammissibilità dell'opposizione). Tuttavia, è verosimile che – nella prassi giurisdizionale – risulti fisiologico che l'opponente, unitamente al ricorso, depositi anche la copia del provvedimento impugnato con l'inerente relata di notifica, e ciò proprio al fine di evitare – in radice – la possibilità che il giudice possa pervenire ad una pronuncia di inammissibilità per impossibilità di accertare documentalmente la tempestività della proposizione del ricorso. Ricorso e documentazione andranno inserite, con un indice, in un fascicolo presentato presso la cancelleria (rectius: ufficio del ruolo generale) del giudice competente. L'opponente e l'autorità amministrativa che ha emesso l'ordinanza possono stare in giudizio personalmente; l'Amministrazione può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati. Quando è stato nominato un difensore o un procuratore, le notificazioni e le comunicazioni nel corso del procedimento sono effettuate nei suoi confronti secondo le modalità stabilite dal c.p.c. Quando l'opposizione non sia presentata da un avvocato, l'opponente deve dichiarare la propria residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito: se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente vengono eseguite mediante deposito in cancelleria. Ci si è chiesti se può considerarsi valida un'opposizione introdotta con atto di citazione invece che con ricorso. Si ritiene in tal caso di poter applicare l'art. 156, comma 3 c.p.c. che detta il principio generale secondo cui nessun atto può essere dichiarato nullo se raggiunge lo scopo previsto per l'atto conforme al modello legislativo (c.d. principio del raggiungimento dello scopo). Dunque affinché l'opposizione proposta con citazione possa ritenersi valida dovrà essere necessariamente iscritta al ruolo nel termine previsto dalla legge per l'opposizione (30 giorni dalla notifica dell'ordinanza opposta). In tema di opposizione a sanzione amministrativa, grava sull'opponente l'onere della prova di aver tempestivamente proposto l'opposizione, sicché al fine di consentire il controllo in ordine a tale tempestività, egli è tenuto ad allegare copia dell'atto opposto a lui notificato; la mancata allegazione della relata di notifica del provvedimento opposto non costituisce, tuttavia, di per sé, prova della non tempestività dell'opposizione, tale da giustificare una dichiarazione di inammissibilità. Ne consegue che, soltanto ove in prosieguo di giudizio, a causa della mancata acquisizione della copia dell'ordinanza notificata, permanga e diventi definitiva l'impossibilità di controllo (anche di ufficio) della tempestività dell'opposizione, il ricorso andrà dichiarato, con sentenza, inammissibile (Cass. II, n. 1279/2007). Dunque è sempre necessaria la preventiva instaurazione del contraddittorio mediante la fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, a pena di nullità dell'intero procedimento, salva la deroga espressamente prevista dall'art. 23 l. 689/81 riguardante l'esclusivo caso della tardiva proposizione dell'opposizione, cui segue la declaratoria d'inammissibilità dell'opposizione. Non potrebbe perciò il giudice di pace dichiarare l'inammissibilità del ricorso, non per la tardiva proposizione dello stesso, ma per ragioni attinenti alla fondatezza dell'applicazione della sanzione. Va anche segnalato che l'opposizione ritualmente proposta rende irrilevanti eventuali difetti di notifica del provvedimento che si impugna: secondo la Cassazione, infatti, «la nullità della notifica del verbale di accertamento di violazioni amministrative è sanata, per il raggiungimento dello scopo, dalla proposizione di una tempestiva e rituale opposizione, a norma dell'art. 22 della l. n. 689/1981, atteso che l'art. 18, comma 4, della stessa legge, disponendo che la notificazione è eseguita nelle forme richieste dall'art. 14, il quale al quarto comma richiama le modalità previste dal codice di rito, rende applicabile l'art. 160 del codice, che fa salva l'applicazione dell'art. 156 sulla rilevanza della nullità» (Cass. II, n. 11548/2007). Nel caso in cui si impugni una cartella esattoriale emessa ai fini per la riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie, è ammissibile l'opposizione ai sensi della l. n. 689/1981 soltanto ove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogatale, in quanto sia mancata la notificazione dell'ordinanza-ingiunzione o del processo verbale di contestazione: in tal caso l'opposizione consente all'interessato di recuperare il mezzo di tutela previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori. Qualora invece la cartella esattoriale sia stata notificata per attivare il procedimento esecutivo di riscossione della sanzione, la cui debenza è stata già definitivamente accertata, il destinatario che voglia contestare l'esistenza del titolo esecutivo può esperire l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. ovvero, se intenda dedurre vizi formali della cartella, l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., secondo le forme ordinarie (Cass. II, n. 5871/2007). Il termine per la proposizione della opposizione Ai sensi dell'art. 22 della l. 689/1981, l'opposizione va presentata entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento; il termine è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero. Bisogna rilevare sul punto che il mancato rispetto del termine di trenta giorni per proporre ricorso in opposizione non determina la decadenza dalla opposizione e l'inammissibilità del ricorso eventualmente proposto, qualora sia errata l'indicazione, nell'atto amministrativo, del termine d'impugnazione entro il quale proporre ricorso, purché il termine più ampio indicato nel verbale di accertamento notificato sia stato rispettato, atteso che il vizio contenuto nell'atto integra non la nullità bensì una mera irregolarità del provvedimento, che impedisce il verificarsi di preclusioni processuali a seguito del mancato rispetto, da parte dell'interessato, del termine di cui alla disposizione citata (così Cass. I, n. 22478/2006). Inoltre, in materia di sanzioni amministrative, la previsioneexart. 196 codice della strada che prevede il principio di solidarietà tra proprietario e conducente responsabile della violazione comporta comunque l'emissione di due distinti provvedimenti irrogativi delle sanzioni rispetto ai quali ciascuno degli obbligati è titolare di un'autonoma facoltà di opposizione, assoggettata al termine di decadenza previsto dall'art. 203 dello stesso codice; pertanto, chi abbia fatto decorrere inutilmente tale termine non può avvalersi della sentenza favorevole emessa nei confronti dell'altro coobbligato, non prevedendo la normativa di settore alcuna correlazione tra i due provvedimenti ed essendo inoperante l'art. 1306 c.c., applicabile esclusivamente alle obbligazioni solidali di fonte privatistica (Cass. II, n. 20006/2007; Cass. n. 8881/2006). La fissazione dell'udienza Quando il ricorso è tempestivamente proposto, il giudice fissa l'udienza di comparizione con decreto, steso in calce al ricorso, ordinando all'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell'udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso e il decreto con cui il giudice fissa l'udienza di comparizione sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e ai soggetti di cui al comma 4-bis, anche a mezzo di fax o per via telematica all'indirizzo elettronico comunicato ai sensi dell'art. 7 del regolamento di cui al d.P.R. n. 123/2001, comma 3-bis. Tra il giorno della notificazione e l'udienza di comparizione devono intercorrere termini liberi non superiori a trenta giorni, se il luogo della notificazione si trova in Italia, o di sessanta giorni, se si trova all'estero. Se il ricorso contiene istanza di sospensione del provvedimento impugnato, l'udienza di comparizione deve essere fissata dal giudice entro venti giorni dal deposito dello stesso. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che il giudice, concorrendo gravi e documentati motivi, disponga diversamente nella prima udienza di comparizione, sentite l'autorità che ha adottato il provvedimento e la parte ricorrente, con ordinanza motivata e impugnabile con ricorso in tribunale. Il ricorso ed il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all'autorità che ha emesso l'ordinanza. Se manca la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio le notificazioni al ricorrente si eseguono presso la cancelleria del giudice adito. Alla notifica è equiparata la sottoscrizione dell'opponente per presa visione del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di comparizione (Cass. n. 8870/2001). Le parti processuali e il giudizio Legittimato a proporre opposizione è il soggetto nei confronti del quale la sanzione è stata irrogata. La giurisprudenza ha, al riguardo, precisato che la legittimazione non deriva dall'interesse di mero fatto che il soggetto può avere alla rimozione del provvedimento (quale ad esempio l'interesse ad eliminare la condizione per l'esercizio dell'eventuale azione di regresso), ma dall'interesse giuridico che il soggetto ha alla rimozione di un provvedimento del quale è destinatario diretto (così Cass. n. 3137/1993). In un caso, infatti, la S.C. ha confermato la sentenza di merito con la quale era stata dichiarata l'improcedibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva dell'opponente, comodatario del veicolo in relazione al quale era stata accertata la violazione, ed obbligato contrattualmente nei confronti della proprietaria a pagare le eventuali sanzioni amministrative attinenti alla circolazione del veicolo stesso (Cass. I, n. 325/2007). Dunque «il conducente del veicolo con il quale sia stata commessa l'infrazione è privo di legittimazione a proporre opposizione all'ordinanza-ingiunzione emessa soltanto a carico del proprietario del veicolo, responsabile in solido della violazione, trovando, in questo caso, la legittimazione a ricorrere fondamento nell'esistenza di un interesse giuridico alla rimozione di un atto del quale il ricorrente sia destinatario, mentre il fatto di essere esposto ad una eventuale azione di regresso integra un semplice interesse di fatto» (Cass. n. 18474/2005). Nel procedimento di opposizione al provvedimento irrogativo di una sanzione amministrativa pecuniaria, altra parte necessaria è l'Amministrazione. La P.A., pur essendo formalmente convenuta in giudizio, assume sostanzialmente la veste di attrice; spetta, quindi, ad essa, ai sensi dell'art. 2697 c.c., fornire la prova dell'esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata e della loro riferibilità all'intimato, mentre compete all'opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi o estintivi (Cass. I, n. 5277/2007). Va altresì evidenziato che nel giudizio di opposizione, ai sensi della l. n. 689/1981, l'autorità che ha emesso il provvedimento sanzionatorio è legittimata passiva necessaria anche se instaurato a seguito di notifica della cartella o dell'avviso di mora emessi dal concessionario della riscossione, poiché questi è un semplice adiectus solutionis causa e, come tale, non può essere considerato litisconsorte necessario, con la conseguenza che, di fronte a una opposizione proposta esclusivamente nei suoi confronti il giudice non è tenuto a integrare il contraddittorio nei confronti dell'autorità che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, ma deve dichiarare il difetto di legittimazione passiva. Tuttavia, essendo la notifica del ricorso introduttivo eseguita dall'ufficio del giudice, l'erronea indicazione del soggetto passivamente legittimato non può essere ascritta all'opponente nei casi in cui egli ha effettuato delle indicazioni sulla base delle quali è possibile risalire automaticamente al soggetto legittimato (come nel caso in cui l'opponente indichi l'organo di polizia accertatore della violazione che ha redatto il verbale, consentendo così all'ufficio di individuare nel Ministro sovraordinato il soggetto a cui notificare l'opposizione) (Cass. n. 23701/2004, e Cass. I, n. 22617/2006). La legge tace sulle forme della costituzione dell'autorità opposta: quel che è certo che non sussiste un obbligo in tal senso essendo solo previsto un temine di deposito di atti, peraltro non perentorio, con possibilità per il giudice di rinnovare l'ordine di produzione dei documenti medesimi (in tal senso Cass. n. 9310/1992), e con possibilità per la P.A. di costituirsi in udienza, anche precisando le proprie deduzioni a verbale, senza una vera e propria comparsa. La Cass. II, n. 13975/2006, ha stabilito che «In tema di giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, regolato dagli artt. 22 e 23 della l. n. 689/1981, l'inosservanza da parte dell'amministrazione del termine per il deposito dei documenti relativi all'infrazione fissato in dieci giorni prima dell'udienza di comparizione dall'art. 23, secondo comma, l. n. 689/1981, non implica decadenza, in difetto di espressa previsione di perentorietà, né detto deposito tardivo fa venir meno la presunzione di veridicità dei fatti attestati dai verbalizzanti come avvenuti in loro presenza». Precisa ancora l'art. 23 che «l'opponente e l'autorità che ha emesso l'ordinanza possono stare in giudizio personalmente; l'autorità che ha emesso l'ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati.» Non sembra pertanto possibile ipotizzare, per il ricorrente la possibilità di farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto, visto che l'art. suddetto prevede solo per la P.A. la possibilità di una delega ad un funzionario e limitandosi a consentire all'opponente di ricorrere alla difesa tecnica di un avvocato. L'art. 23, ora abrogato, prevedeva che: «se alla prima udienza l'opponente o il suo procuratore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza appellabile, convalida il provvedimento opposto, ponendo a carico dell'opponente anche le spese successive all'opposizione. Nell'originaria formulazione la prescrizione non lasciava adito a dubbi: non comparendo l'opponente in prima udienza il giudice doveva convalidare il provvedimento opposto: successivamente la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno modificato le cose. La Corte cost., con sentenza n. 534/1990, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui prevede che il giudice convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l'illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall'opponente. Successivamente la Corte, cost. n. 507/1995, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo articolo, nella parte in cui prevede che il giudice convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l'amministrazione irrogante abbia omesso il deposito dei documenti di cui al secondo comma di questo articolo. Attualmente, dopo gli interventi della Corte Costituzionale e dell'orientamento della Cassazione nonché a seguito dell'avvenuta abrogazione dell'art. 23, la mancata comparizione dell'opponente, senza che venga allegato un legittimo impedimento, all'udienza di prima comparizione non è più motivo sufficiente per la convalida del provvedimento amministrativo impugnato. Ne discende che l'emanazione della ordinanza di convalida (che costituisce provvedimento decisorio, non revocabile dal giudice che lo ha emesso) è subordinata alle seguenti tre condizioni: 1) mancata comparizione dell'opponente o del suo procuratore; 2) non fondatezza dell'opposizione sulla base dei motivi di ricorso e dei documenti prodotti; 3) deposito da parte dell'amministrazione irrogante di copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, alla contestazione e alla notificazione della violazione. Ne consegue che il giudice, ove ritenga di convalidare il provvedimento opposto, deve motivare in ordine a tutti e tre i presupposti sopra indicati non potendo motivare la convalida solo per la mancata comparizione dell'opponente (così Cass. n. 1246/2008). «Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, la mancata comparizione dell'opposto alla prima udienza o alle udienze successive non equivale alla rinuncia alle difese svolte con l'atto di costituzione (sulla base di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di pace che aveva accolto l'opposizione motivando sulla base della mancata comparizione della P.A. opposta, che si era costituita resistendo all'opposizione) (Cass. II, n. 2365/2007). Va però segnalata la statuizione di Cass. II, n. 6415/2007, che dispone che: «nel giudizio di opposizione avverso i provvedimenti irrogativi di sanzioni amministrative, disciplinato dagli artt. 22 e 23 della l. n. 689/1981, l'ordinanza di cui al quinto comma del citato art. 23, con la quale il giudice convalida il provvedimento impugnato per mancata comparizione alla prima udienza dell'opponente che non abbia fatto pervenire tempestiva notizia di un suo legittimo impedimento, è sufficientemente motivata ove (come verificatosi nella specie) il giudice dia atto di aver valutato la documentazione prodotta e di averne tratto il convincimento della non manifesta illegittimità del provvedimento stesso in relazione alle censure mosse dall'opponente, senza necessità di dettagliato riferimento e di specifica puntuale disamina in ordine a ciascuna delle doglianze stesse, poiché, diversamente opinando, verrebbe frustrata la ratio sottesa alla predetta norma, intesa alla sollecita definizione dei procedimenti nei quali la parte attrice abbia omesso di darvi impulso così manifestando la propria carenza di effettivo interesse, con negativi riflessi anche sulla durata del singolo giudizio e sui tempi di trattazione degli altri procedimenti che siano stati, invece, correttamente coltivati. Ne consegue che, allorquando il giudice abbia adottato, ai fini della suddetta convalida, una motivazione che risponda ai riferiti requisiti minimi, non si prospetta possibile in sede di legittimità sindacarne la persuasività sotto il profilo della completezza valutativa o della sua esattezza». Chiaramente nel giudizio di opposizione ad ordinanza – ingiunzione, potranno essere assunti come testimoni i verbalizzanti, i quali non sono portatori di un interesse che ne legittimerebbe la partecipazione al giudizio (Cass. II, n. 5402/2006). La sentenza Appena terminata l'istruttoria il giudice invita le parti a precisare le conclusioni ed a procedere nella stessa udienza alla discussione della causa, pronunciando subito dopo la sentenza mediante lettura del dispositivo. Tuttavia, dopo la precisazione delle conclusioni, il giudice, se necessario, concede alle parti un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive e rinvia la causa all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine per la discussione e la pronuncia della sentenza. «Nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione che irroga una sanzione amministrativa, l'omessa lettura del dispositivo in udienza, prevista dall'art. 23 della l. n. 689/1981, determina la nullità della sentenza, nullità che sussiste anche nel giudizio svoltosi davanti al giudice di pace sebbene le norme sul procedimento, davanti a tale giudice non prevedano la lettura del dispositivo in udienza» (Cass. I, n. 19920/2007). Ha inoltre affermato la Suprema Corte che «nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, la sentenza che contenga esclusivamente un richiamo ai verbali di contestazione redatti dagli agenti accertatori è nulla, non essendo sufficiente tale riferimento ad integrare il requisito della concisa esposizione dei motivi di fatto di cui all'art. 132, n. 4, c.p.c., in quanto, non contenendo alcuna enunciazione delle circostanze nelle quali sarebbero avvenute le violazioni contestate, non consente di comprendere le ragioni della decisione» (Cass. II, n. 4385/2007). La l. n. 120/2010 ha stabilito che, in caso di rigetto del ricorso, il giudice di pace determina l'importo della sanzione e impone il pagamento della somma con sentenza immediatamente eseguibile. Il pagamento della somma deve avvenire entro i trenta giorni successivi alla notificazione della sentenza e deve essere effettuato a vantaggio dell'amministrazione cui appartiene l'organo accertatore, con le modalità di pagamento da questa determinate. In caso di rigetto del ricorso, il Giudice di Pace non può escludere l'applicazione delle sanzioni accessorie o la decurtazione dei punti dalla patente di guida. La sentenza con cui è accolto o rigettato il ricorso è trasmessa, entro trenta giorni dal deposito, a cura della cancelleria del giudice, all'ufficio o comando da cui dipende l'organo accertatore Quanto alle spese di lite, il giudice, accogliendo l'opposizione può condannare la P.A. alla rifusione delle spese di lite, qualora l'opponente si sia avvalso dell'assistenza tecnica di un avvocato, ovvero compensare le spese medesime. Non può invece il giudice liquidare le spese in favore della P.A. quando questa stia in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario delegato, ma soltanto, eventualmente, il rimborso delle spese, ove documentate e richieste. E ciò anche se il funzionario delegato abbia il titolo di avvocato ma partecipi al giudizio in qualità di dirigente amministrativo e non anche come difensore in senso tecnico, in virtù di procura conferita ex art. 83 c.p.c. (Cass. II, n. 18066/2007). 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