Decreto legislativo - 30/07/1999 - n. 286 art. 5 - La valutazione del personale con incarico dirigenziale (1).La valutazione del personale con incarico dirigenziale (1). [ 1. Le pubbliche amministrazioni, sulla base anche dei risultati del controllo di gestione, valutano, in coerenza a quanto stabilito al riguardo dai contratti collettivi nazionali di lavoro, le prestazioni dei propri dirigenti, nonché i comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organizzative ad essi assegnate (competenze organizzative). 2. La valutazione delle prestazioni e delle competenze organizzative dei dirigenti tiene particolarmente conto dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione. La valutazione ha periodicità annuale. Il procedimento per la valutazione è ispirato ai princìpi della diretta conoscenza dell'attività del valutato da parte dell'organo proponente o valutatore di prima istanza, della approvazione o verifica della valutazione da parte dell'organo competente o valutatore di seconda istanza, della partecipazione al procedimento del valutato. 3. Per le amministrazioni dello Stato, la valutazione è adottata dal responsabile dell'ufficio dirigenziale generale interessato, su proposta del dirigente, eventualmente diverso, preposto all'ufficio cui è assegnato il dirigente valutato. Per i dirigenti preposti ad uffici di livello dirigenziale generale, la valutazione è adottata dal capo del dipartimento o altro dirigente generale sovraordinato. Per i dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni ed ai quali si riferisce l'articolo 14, comma 1, lettera b), del decreto n. 29, la valutazione è effettuata dal Ministro, sulla base degli elementi forniti dall'organo di valutazione e controllo strategico. 4. La procedura di valutazione di cui al comma 3, costituisce presupposto per l'applicazione delle misure di cui all'articolo 21, commi 1 e 2, del decreto n. 29, in materia di responsabilità dirigenziale. In particolare, le misure di cui al comma 1, del predetto articolo si applicano allorché i risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione o il mancato raggiungimento degli obiettivi emergono dalle ordinarie ed annuali procedure di valutazione. Tuttavia, quando il rischio grave di un risultato negativo si verifica prima della scadenza annuale, il procedimento di valutazione può essere anticipatamente concluso. Il procedimento di valutazione è anticipatamente concluso, inoltre nei casi previsti dal comma 2, del citato articolo 21, del decreto n. 29. 5. Nel comma 8 dell'articolo 20 del decreto n. 29, sono aggiunte alla fine del secondo periodo le seguenti parole: ", ovvero, fino alla data di entrata in vigore di tale decreto, con provvedimenti dei singoli Ministri interessati". Sono fatte salve le norme proprie dell'ordinamento speciale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, in materia di valutazione dei funzionari diplomatici e prefettizi. ] (1) Articolo abrogato dall'articolo 30, comma 4, lettera c), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. InquadramentoL'art. 5 del d.lgs. n. 286/1999 disciplinava quella particolare tipologia di controllo interno rappresentata dalla valutazione del personale con incarico dirigenziale, avente la finalità di valutare, appunto, le prestazioni lavorative della dirigenza delle amministrazioni pubbliche (art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 286/1999). Il predetto art. 5 del d.lgs. n. 286/1999 è stato tuttavia abrogato, a decorrere dal 30 aprile 2010, dall'art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 150/2009, contenente «Attuazione della l. n. 15/2009, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni» (c.d. «Riforma Brunetta»): per effetto di tale abrogazione la disciplina della valutazione della dirigenza è attualmente ricondotta nell'ambito della misurazione e valutazione della performance individuale prevista dall'art. 9 del d.lgs. n. 150/2009 con riferimento sia ai dirigenti che al personale responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità. Posta la descritta evoluzione normativa in materia di valutazione della dirigenza, nel presente lavoro si darà conto, innanzitutto, della disciplina originariamente contenuta nell'art. 5 del d.lgs. n. 286/1999 (paragrafo 2) e di quella attualmente contemplata dal d.lgs. n. 150/2009 in tema di misurazione e valutazione delle performance (paragrafo 3). Inoltre, sarà affrontato il tema del ruolo della dirigenza nella valutazione del personale dipendente (paragrafo 4) e della qualità dei servizi pubblici sia nell'ambito del d.lgs. n. 286/1999 (art. 11) che nel d.lgs. n. 150/2009 (quale obiettivo del sistema di misurazione e valutazione delle performance). La valutazione del personale con qualifica dirigenziale nel d.lgs. n. 286/1999Come anticipato nel precedente paragrafo 1, all'art. 5 del d.lgs. n. 286/1999 era affidata la disciplina della peculiare tipologia di controllo interno rappresentata dalla valutazione del personale con incarico dirigenziale. Questa tipologia di controllo si proponeva la finalità di valutare le prestazioni lavorative della dirigenza delle amministrazioni pubbliche, secondo quanto stabilito dall'art. 1, comma 1, lett. c), dello stesso d.lgs. n. 286/1999. Tuttavia, tale disciplina è stata abrogata dal d.lgs. n. 150/2009 nell'ambito di una riforma organica del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 1, d.lgs. n. 150/2009), che si pone come traguardo la promozione del merito all'interno delle medesime amministrazioni mediante l'introduzione di un nuovo sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale, nonché l'accertamento delle responsabilità legate a inefficienza e scarsa produttività. Rinviando al paragrafo successivo l'esame della disciplina attuale della valutazione della dirigenza come contenuta nel d.lgs. n. 150/2009, in questa sede ci si soffermerà brevemente su quella originariamente recata dall'abrogato art. 5 del d.lgs. n. 286/1999. Preliminarmente occorre rilevare che una prima forma di valutazione della dirigenza era prevista dall'art. 20 del d.lgs. n. 29/1993, il quale aveva sancito espressamente la responsabilità dei dirigenti in ordine al risultato dell'attività svolta dagli uffici ai quali i medesimi dirigenti erano preposti. Rispetto al precedente impianto normativo, poi, già il d.lgs. n. 286/1999 ha rappresentato un'evoluzione, sviluppata lungo due direttrici. Per un verso, il Legislatore delegato ha inserito la valutazione della dirigenza nell'ambito del complessivo sistema dei controlli interni, concepito come un sistema integrato nel quale le diverse attività di controllo interagiscono tra loro: sotto questo aspetto, l'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 286/1999 stabiliva chiaramente che le pubbliche amministrazioni valutavano le prestazioni dei propri dirigenti, nonché i comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organizzative ad essi assegnate (competenze organizzative) anche sulla base degli esiti del controllo di gestione. Per altro verso, poi, lo stesso Legislatore ha fissato il principio della necessaria separazione tra le strutture addette al controllo di regolarità amministrativa e contabile, da un lato, e le strutture incaricate dello svolgimento del controllo di gestione, del controllo strategico e della valutazione della dirigenza, dall'altro (art. 1, comma 2, lett. e), d.lgs. n. 286/1999). Poste le predette direttrici, il sistema di valutazione dirigenziale inglobava un doppio parametro di giudizio: i comportamenti tenuti dal dirigente e i risultati conseguentemente prodotti dal medesimo. In particolare, la verifica di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 286/1999 mirava a valutare i comportamenti adottati dal dirigente nel perseguimento degli obiettivi assegnati, nonché i risultati prodotti, col fine ultimo di valutare la capacità manageriale, gestionale, organizzativa, di relazione e motivazionale del dirigente pubblico. Le novità introdotte dal d.lgs. n. 150/2009L'art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 150/2009 ha abrogato l'art. 5 del d.lgs. n. 286/1999, riconducendo la valutazione della dirigenza nell'ambito del complessivo ciclo di gestione delle performance introdotto dallo stesso d.lgs. n. 150/2009. Quello che emerge dal nuovo tessuto normativo è, dunque, un sistema di valutazione del personale con incarico dirigenziale legato ad un «più moderno meccanismo di valutazione delle performance del personale pubblico, individuato nella misurazione, valutazione e trasparenza delle performance» (Lombardi, 202). Nello specifico, ai sensi dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 150/2009 la misurazione e la valutazione della performance individuale dei dirigenti e del personale responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità risulta collegata ai parametri di seguito esposti. In primo luogo, vengono in rilievo gli indicatori di performance relativi all'ambito organizzativo di diretta responsabilità, ai quali è attribuito dal Legislatore un peso prevalente nella valutazione complessiva. In secondo luogo, attenzione è riservata al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate, nonché ai comportamenti organizzativi richiesti per il più efficace svolgimento delle funzioni assegnate. In terzo luogo, rilevanza è attribuita alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi. Infine, qualora la procedura di misurazione e valutazione della performance individuale riguardi dirigenti titolari di incarichi conferiti ai sensi dell'art. 19, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 165/2001, in aggiunta ai parametri prima evidenziati occorrerà fare riferimento pure al raggiungimento degli obiettivi individuati nella direttiva generale per l'azione amministrativa e la gestione e nel Piano della performance, nonché alla realizzazione degli obiettivi specifici indicati nel contratto individuale riferito al singolo dirigente. Come si evince dalla lettura del testo normativo in commento, il Legislatore ha delineato il sistema di misurazione e valutazione della performance secondo una logica aziendalistica, facendo leva sul concetto di amministrazione di risultato: nel predetto sistema un ruolo preminente è riconosciuto all'organo di indirizzo politico-amministrativo di ciascuna amministrazione, alla dirigenza e agli Organismi indipendenti di valutazione della performance (OIV) che, ai sensi dell'art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 150/2009, sostituiscono i servizi di controllo interno, comunque denominati, previsti dal d.lgs. n. 286/1999 nella materia in esame. Tra i compiti assegnati agli Organismi indipendenti di valutazione della performance (OIV), che i medesimi Organismi svolgono in piena autonomia, rientrano in particolare: a) il monitoraggio del funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e dell'integrità dei controlli interni; b) l'elaborazione di una relazione annuale sullo stato dei controlli interni, cui accede eventualmente la formulazione di proposte e raccomandazioni da indirizzare ai vertici amministrativi; c) la tempestiva comunicazione delle eventuali criticità riscontrate ai competenti organi di governo ed amministrazione, nonché alla Corte dei conti e al Dipartimento della funzione pubblica (art. 14, comma 4, d.lgs. n. 150/2009). Come anticipato, tra i parametri cui è collegata la misurazione e valutazione della performance individuale ex art. 9, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 150/2009 vi è il raggiungimento di specifici obiettivi individuali. Qualora il dirigente non raggiunga gli obiettivi prefissati, egli incorre in responsabilità ai sensi dell'art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, come modificato dall'art. 41 del d.lgs. n. 150/2009. In particolare, la responsabilità dirigenziale di cui al citato art. 21, comma 1, è prevista con riferimento alle ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi, accertato attraverso le risultanze del «sistema di valutazione di cui al Titolo II del decreto legislativo di attuazione della l. n. 15/2009»; nonché di inosservanza delle direttive imputabili al dirigente. A fronte delle suddette condotte lo stesso art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 prevede l'applicazione della sanzione rappresentata dalla impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. Peraltro è previsto che, in relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione possa, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui all'art. 23 del d.lgs. n. 165/2001, ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Questioni applicative1) Quale è il ruolo della dirigenza nella valutazione del personale? Il d.lgs. n. 150/2009 valorizza il ruolo proattivo riservato alla figura del dirigente nell'ottica del miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico da parte delle pubbliche amministrazioni. Tale ruolo risulta coerente con l'evoluzione dell'attività amministrativa che progressivamente si è sempre più trasformata in attività di servizi forniti al pubblico (ad esempio, istruzione, trasporto, assistenza sanitaria, tutela ambientale), da valutare secondo i parametri della sana gestione finanziaria a fronte degli obiettivi fissati e delle risorse impiegate per il funzionamento dei servizi medesimi (D'Auria, 3). Al dirigente è infatti richiesto di prevenire rischi o problemi futuri pianificando anticipatamente gli opportuni interventi correttivi, nonché di procedere ad adeguate, coerenti e differenziate valutazioni del personale dipendente attraverso il riconoscimento dei meriti, legando le progressioni di carriera (orizzontali e verticali) al risultato concretamente ottenuto. Tale ruolo del dirigente è finalizzato a rendere effettive le previsioni di cui all'art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 150/2009, secondo cui «le amministrazioni pubbliche promuovono il merito e il miglioramento della performance organizzativa e individuale, anche attraverso l'utilizzo di sistemi premianti selettivi, secondo logiche meritocratiche, nonché valorizzando i dipendenti che conseguono le migliori performance attraverso l'attribuzione selettiva di incentivi sia economici sia di carriera». Conseguentemente è vietata la distribuzione in maniera indifferenziata o sulla base di automatismi di incentivi e premi collegati alla performance in assenza delle verifiche e delle attestazioni relative al sistema di misurazione e valutazione previsto dal d.lgs. n. 150/2009 (art. 18, comma 2, d.lgs. n. 150/2009). In altri termini, se la valutazione dei risultati conseguiti dalla pubblica amministrazione è uno dei fini cui tende l'operato della dirigenza, a monte di tale processo valutativo si pone l'assegnazione al personale di obiettivi (di gruppo e, nell'ambito di questi, individuali) chiari e misurabili, il cui perseguimento non può che essere prodromico rispetto alla valutazione finale della prestazione del dipendente pubblico. L'art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 150/2009 prevede, infatti, che i dirigenti procedano alla misurazione e valutazione della performance individuale del personale sulla base del sistema di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 150/2009, collegando tale verifica al raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o individuali, alla qualità del contributo assicurato alla performance dell'unità organizzativa di appartenenza, nonché alle competenze dimostrate ed ai comportamenti professionali e organizzativi. La valutazione del personale dipendente è affidata al dirigente, che vi provvede unitamente all'Organismo indipendente di valutazione (OIV): a quest'ultimo Organismo, infatti, è assegnato il compito di garantire la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, con particolare riferimento alla significativa differenziazione dei giudizi di cui all'art. 9, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 150/2009, nonché dell'utilizzo dei premi di cui al Titolo III del medesimo decreto legislativo (art. 14, comma 4, lett. d), d.lgs. n. 150/2009). Il ruolo rivestito dal dirigente pubblico è, dunque, composito: da un lato, egli è controllore dei risultati del personale dipendente, e in quanto tale è responsabile dei risultati prestazionali ottenuti dalla Pubblica Amministrazione; dall'altro lato, però, egli è anche soggetto controllato in relazione agli obiettivi perseguiti e ai risultati prodotti. Tale ruolo risulta in linea con il generale intento perseguito dal Legislatore con il d.lgs. n. 150/2009: come osservato dalla dottrina, infatti, la ratio sottesa al predetto intervento legislativo è quella di «perseguire un forte recupero della capacità produttiva del settore pubblico [...] soprattutto attraverso la formulazione di più efficaci meccanismi di responsabilizzazione dei dipendenti pubblici (in primis, dei dirigenti) e di incentivazione selettiva delle migliori prestazioni» (Lombardi, 203). La riforma attuata con il d.lgs. n. 150/2009 ha attribuito agli esiti dell'attività di misurazione e valutazione un peso significativo, facendo derivare dagli stessi sia effetti positivi, come l'erogazione di premi e incentivi, sia effetti negativi, quali l'irrogazione di sanzioni o le penalizzazioni ai fini della progressione di carriera (D'Alterio, 78). 2) Cosa si intende per qualità dei servizi pubblici nel d.lgs. n. 286/1999 e nel d.lgs. n. 150/2009? La riforma introdotta con il d.lgs. n. 150/2009 porta a compimento il percorso di miglioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini dalle pubbliche amministrazioni, che il d.lgs. n. 286/1999 aveva indicato con la previsione contenuta nell'art. 11, rubricato appunto «Qualità dei servizi pubblici». Per qualità dei servizi si intende l'insieme degli aspetti e delle caratteristiche dei servizi stessi, da cui dipende l'idoneità a soddisfare completamente un determinato bisogno. In questa prospettiva, il richiamato art. 11 del d.lgs. n. 286/1999 dispone – limitatamente alla parte di esso ancora in vigore – che i servizi pubblici nazionali e locali siano erogati con modalità che promuovano il miglioramento della qualità dei servizi medesimi e assicurino la tutela dei cittadini e degli utenti, nonché la loro partecipazione (nelle forme, anche associative, riconosciute dalla legge) alle inerenti procedure di valutazione e definizione degli standard qualitativi. A tanto si aggiunge che sono in ogni caso fatte salve le funzioni e i compiti legislativamente assegnati, per alcuni servizi pubblici, ad autorità indipendenti. Come risulta evidente, l'obiettivo del Legislatore è quello di realizzare un deciso processo di modernizzazione della pubblica amministrazione, promuovendo l'impiego, da parte di essa, di modalità di rilevazione sistematica della qualità dei servizi pubblici (nazionali e locali) come percepita dai cittadini/utenti. A questi fini, viene incoraggiata la partecipazione proprio dei cittadini/utenti alle procedure di valutazione e definizione degli standard qualitativi, utilizzando al meglio le risorse disponibili, così seguendo il solco già tracciato dall'art. 12 del d.lgs. n. 29/1993 e dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994, che avevano individuato la partecipazione e l'ascolto dei cittadini quali strumenti utili a verificare la qualità e l'efficacia dei servizi pubblici erogati dalla P.A. In altri termini, mediante lo svolgimento di apposite indagini di c.d. «customer satisfaction», da effettuare rispetto ai singoli servizi pubblici, risulta necessario verificare i seguenti profili: lo scostamento tra i bisogni del cittadino ed il punto di vista della pubblica amministrazione; lo scostamento tra le attese del cittadino e i livelli di servizio definiti; lo scostamento tra i livelli di servizio definiti (e promessi) e le prestazioni effettivamente fornite, ascrivibile a disservizi nei processi di produzione e di erogazione dei servizi; infine, lo scostamento tra le prestazioni effettivamente erogate e la percezione del cittadino, il cui grado di soddisfazione dipende anche da aspetti soggettivi e relativi alla propria personale esperienza di fruizione del servizio (si veda in tal senso la «Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica sulla rilevazione della qualità percepita dai cittadini» del 24 marzo 2004). Dopo il d.lgs. n. 286/1999, il successivo d.lgs. n. 150/2009 ha esplicitamente annoverato il miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche e il raggiungimento di elevati standard qualitativi dei servizi pubblici tra gli obiettivi della riforma (art. 1, comma 2), da realizzare attraverso la misurazione e valutazione delle performance (art. 3). Nell'ambito dei «principi generali» della riforma, anzi, l'art. 3 del d.lgs. n. 150/2009 annovera al primo posto proprio il principio per il quale «La misurazione e la valutazione della performance sono volte al miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche, nonché alla crescita delle competenze professionali, attraverso la valorizzazione del merito e l'erogazione dei premi per i risultati perseguiti dai singoli e dalle unità organizzative in un quadro di pari opportunità di diritti e doveri, trasparenza dei risultati delle amministrazioni pubbliche e delle risorse impiegate per il loro perseguimento (art. 3, comma 1, d.lgs. n. 150/2009). Anche sotto tale aspetto, dunque, il Legislatore mira ad avvicinare l'amministrazione agli amministrati, che divengono così una «risorsa strategica» per valutare la rispondenza dei servizi erogati ai bisogni reali della collettività. In ultimo, si evidenzia che l'esigenza di garantire la qualità dei servizi è avvertita anche nell'ambito degli Enti locali: in questo senso, l'art. 147, comma 2, lett. e), TUEL disciplina il controllo della qualità dei servizi erogati dagli Enti locali sia direttamente che attraverso organismi gestionali esterni, attraverso l'impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni all'Ente. BibliografiaD'Alterio, Controllore ideale vs controllore reale: lo stato dell'arte, in Aziendaitalia, 2021, 78; D'Auria, La valutazione dei dirigenti, in Schlitzer (a cura di), Il sistema di controlli interni nelle pubbliche amministrazioni, Milano, 2002, 3; Lombardi, Il sistema dei controlli amministrativi e contabili, in Ferrari, Madeo, Manuale di contabilità pubblica, Milano, 2019, 202-203. |