Decreto legislativo - 30/07/1999 - n. 286 art. 6 - La valutazione e il controllo strategico.La valutazione e il controllo strategico. 1. L'attività di valutazione e controllo strategico mira a verificare, in funzione dell'esercizio dei poteri di indirizzo da parte dei competenti organi, l'effettiva attuazione delle scelte contenute nelle direttive ed altri atti di indirizzo politico. L'attività stessa consiste nell'analisi, preventiva e successiva, della congruenza e/o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate dalle norme, gli obiettivi operativi prescelti, le scelte operative effettuate e le risorse umane, finanziarie e materiali assegnate, nonché nella identificazione degli eventuali fattori ostativi, delle eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione, dei possibili rimedi. [2. Gli uffici ed i soggetti preposti all'attività di valutazione e controllo strategico riferiscono in via riservata agli organi di indirizzo politico, con le relazioni di cui al comma 3, sulle risultanze delle analisi effettuate. Essi di norma supportano l'organo di indirizzo politico anche per la valutazione dei dirigenti che rispondono direttamente all'organo medesimo per il conseguimento degli obiettivi da questo assegnatigli.] (1) [ 3. Nelle amministrazioni dello Stato, i compiti di cui ai commi 1 e 2 sono affidati ad apposito ufficio, operante nell'ambito delle strutture di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto n. 29, denominato servizio di controllo interno e dotato di adeguata autonomia operativa. La direzione dell'ufficio può essere dal Ministro affidata ad un organo monocratico o composto da tre componenti. In caso di previsione di un organo con tre componenti viene nominato un presidente, ferma restando la possibilità di ricorrere, anche per la direzione stessa, ad esperti estranei alla pubblica amministrazione, ai sensi del predetto articolo 14, comma 2, del decreto n. 29. I servizi di controllo interno operano in collegamento con gli uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. Essi redigono almeno annualmente una relazione sui risultati delle analisi effettuate, con proposte di miglioramento della funzionalità delle amministrazioni. Possono svolgere, anche su richiesta del Ministro, analisi su politiche e programmi specifici dell'amministrazione di appartenenza e fornire indicazioni e proposte sulla sistematica generale dei controlli interni nell'amministrazione.] (2) (1) Comma abrogato dall'articolo 30, comma 4, lettera d), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. (2) Comma modificato dall'articolo 31, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, e successivamente abrogato dall'articolo 30, comma 4, lettera d), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. InquadramentoL'art. 6 del d.lgs. n. 286/1999 disciplina il controllo strategico delle pubbliche amministrazioni. Il concetto di controllo strategico, al pari del controllo interno di gestione di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 286/1999, è mutuato dalla realtà aziendalistica: esso, infatti, è uno strumento di valutazione tipico della realtà aziendale, che pone in correlazione programmi e risultati effettivamente conseguiti, tendendo alla concreta ottimizzazione delle scelte politiche che, a monte, determinano i contenuti dell'attività. Con l'introduzione del controllo strategico nel sistema dei controlli interni, il Legislatore del 1999 ha inteso potenziare nel sistema pubblico i meccanismi di verifica dell'attuazione dei programmi politici, al fine di offrire un ulteriore contributo alla concretizzazione dei principi di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa, in attuazione del principio del buon andamento proclamato dall'art. 97 Cost. e dall'art. 1 della l. n. 241/1990. Questo intervento normativo si spiega in ragione del contestuale processo di dequotazione dei controlli di pura legittimità degli atti, già avviato con la l. n. 20/1994, poi perfezionato con il federalismo amministrativo avviato dalla Legge Bassanini e concluso con la l. cost. n. 3/2001, di riforma del Titolo V della Costituzione, che ha soppresso i controlli statali sulle Regioni (ex art. 125 Cost.) e quelli regionali sugli atti degli enti locali (art. 130 Cost.) (Caringella, 137). I controlli di pura legittimità, infatti, si erano rivelati insufficienti (stante l'adesione dell'Italia ai più rigidi parametri finanziari europei) e inidonei ad assicurare l'efficienza dell'azione amministrativa, a causa dell'effetto interdittivo che da essi ne discendeva. La riforma del 1999 ha così segnato una significativa inversione di tendenza, con un progressivo ridimensionamento dei controlli preventivi e repressivi (sugli atti) ed un incremento dei controlli collaborativi, volti ad attuare una verifica qualitativa dell'agire amministrativo. Si è delineato così un nuovo modo di amministrare, che ha richiesto il potenziamento dei controlli sui risultati della gestione della res publica. I controlli sulle pubbliche amministrazioni sono stati così adeguati all'evoluzione della realtà amministrativa, che da almeno mezzo secolo si era trasformata in attività di servizi al pubblico (d'istruzione, di trasporto, di assistenza sanitaria, di tutela ambientale, etc.), da valutare con i parametri della «sana gestione finanziaria» a fronte degli obiettivi stabiliti e delle risorse investite per il loro funzionamento (D'Auria, 3). Si è così assistito al passaggio ad un'amministrazione «di risultati», nella quale l'oggetto del controllo è il corretto uso delle risorse pubbliche. Il d.lgs. n. 286/1999 è stato poi modificato ed integrato dal d.lgs. n. 150/2009 (cd. Decreto Brunetta) in materia di misurazione, valutazione e trasparenza della performance. In particolare, il decreto Brunetta ha ricondotto ad un sistema maggiormente integrato di controlli le originarie quattro forme di controllo (suddivise in due sottoinsiemi, da un lato il controllo di regolarità sugli atti, con un ruolo di garanzia del principio di legalità; dall'altro lato tutte le altre forme di controllo, dirette piuttosto all'azione amministrativa). Tanto, secondo parte della Dottrina, ha contribuito «ad accorciare la distanza tra modello ideale e modello reale, risolvendo alcune problematiche emerse nell'attuazione del d.lgs. 286/1999» (D'Alterio, 76). Ambito di applicazioneIl controllo strategico si applica a tutte le pubbliche amministrazioni. Si tratta invero di un sistema obbligatorio per i Ministeri, mentre è motivatamente derogabile per le altre amministrazioni. Tale sistema di verifica è altresì applicabile alle amministrazioni regionali che, nell'ambito della loro autonomia organizzativa e legislativa, abbiano deciso di realizzarlo. Per ciò che attiene agli enti locali, invece, la disciplina del controllo strategico è contenuta negli artt. 147 e 147-ter del d.lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL): come si vedrà nel successivo paragrafo 7, il Legislatore ha conferito agli enti locali ampia autonomia, sia di carattere normativo (relativamente alla regolamentazione interna del funzionamento dei sistemi di controllo) sia di carattere organizzativo (legata alla struttura interna dell'ente, che deve essere idonea al puntuale funzionamento dei controlli). Finalità, funzione e definizioneSecondo quanto stabilito dall'art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 286/99, il controllo strategico è finalizzato a valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi e altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. In altre parole, il controllo in esame si preoccupa della realizzazione degli obiettivi finali, di medio e lungo termine, fissati in sede politica e consente di verificare l'adeguatezza e il mantenimento di congruità di tali obiettivi, monitorando che i presupposti di certe scelte siano rimasti attuali (Pozzoli, 230). Il controllo strategico è, quindi, uno strumento di supporto per gli organi di indirizzo politico. Tale controllo è teso a «misurare» l'efficienza nel rendimento dei servizi pubblici, di cui i cittadini fruiscono a fronte del concorso alla spesa pubblica, con le risorse finanziarie proprie e in ragione della capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost. Ciò spiega l'interesse della collettività al corretto uso delle risorse pubbliche da parte della pubblica amministrazione, piuttosto che all'astratta legalità dell'azione amministrativa. La funzione del controllo strategico, come quella del controllo gestionale, è fornire supporto e collaborazione agli organi di vertice della P.A., al fine di accertare il livello di realizzazione degli obiettivi programmati, «non in termini di mera esecuzione delle decisioni politiche, quanto in termini di ragionevolezza e non contestabilità delle decisioni amministrative assunte conformemente ai parametri assegnati dall'ordine politico» (Lombardi, 197). La finalità perseguita è l'accertamento di un soddisfacente grado di coerenza tra gli obiettivi prefissati e i risultati conseguiti, al fine di assicurare l'autonomia decisionale dei dirigenti e la responsabilità politica degli organi di governo nella fissazione degli obiettivi (Lombardi, 197). L'attività di valutazione e controllo strategicoIl controllo strategico è svolto da un organo interno al soggetto controllato (che è la stessa Pubblica amministrazione) ed ha come parametro di riferimento l'amministrazione nella sua interezza. Come quello direzionale, tale controllo ha natura collaborativa e non afflittivo-repressiva: si tratta, infatti, di un controllo che ha la finalità di supportare e migliorare l'attività gestionale del soggetto controllato e si conclude con la formulazione di raccomandazioni e pareri, volti a ottimizzarne la gestione. L'attività di valutazione e controllo strategico è un processo articolato in varie fasi, analiticamente delineate dal primo comma dell'art. 6 del d.lgs. n. 286/99, che consistono: a) nell'analisi, preventiva e successiva, della congruenza e/o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate dalle norme, gli obiettivi operativi prescelti, le scelte operative effettuate e le risorse assegnate; b) nell'identificazione degli eventuali fattori ostativi; c) nell'identificazione delle eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione; d) nell'individuazione dei possibili rimedi. I parametri di tale tipologia di controllo sono le missioni affidate dalle norme alle amministrazioni, gli obiettivi operativi prescelti (corrispondenti agli interessi individuati in sede di programmazione strategica), le scelte operative effettuate e le risorse (umane, finanziarie e materiali) assegnate ai soggetti responsabili della realizzazione degli obiettivi programmati. Il controllo strategico è preventivo quando consente di compiere la valutazione ex ante, sulla base delle informazioni già raccolte, a supporto della programmazione futura. È invece successivo, quando consiste nella mera verifica dei risultati emersi. La fase della valutazione preventiva della congruenza tra fini e scelte operative mira a ricostruire ipoteticamente l'ambiente in cui la scelta è maturata, con le circostanze conoscibili in quel momento. La scelta operativa sarà considerata congrua quando in base a questi elementi risulta adeguata al risultato profilato (Lombardi, 198). Ad ogni modo, la fase di analisi dei risultati ottenuti, preventiva o successiva che sia, permette di individuare i fattori ostativi al raggiungimento degli obiettivi operativi prescelti, secondo le scelte operative effettuate. Ciò consente di distinguere i casi nei quali le scelte operative fatte difettano, a monte, della necessaria adeguatezza al raggiungimento dell'obiettivo prefissato, dai casi nei quali il mancato raggiungimento dell'obiettivo è stato causato da fattori ulteriori e/o sopravvenuti che sono prevalsi sulle scelte (adeguate) originariamente effettuate. In tale ultimo caso si apre la successiva ed eventuale fase della necessaria individuazione dei rimedi per ridurre l'impatto negativo di tali fattori esterni e così operare l'autocorrezione. In questo si coglie l'essenza del controllo in esame che, al pari del controllo di gestione, ha la funzione di individuare le cause delle patologie dell'azione amministrativa e al contempo di stimolare il processo di autocorrezione all'interno delle amministrazioni. Rapporti tra controllo strategico e controllo interno di gestione (o direzionale)Il controllo strategico è diverso dal controllo di gestione (o direzionale), poiché quest'ultimo costituisce in verità il presupposto strumentale del controllo strategico, non solo dal punto di vista tecnico ma anche in termini di maturità gestionale. Il controllo strategico, anzi, nasce come risposta ai limiti del controllo di gestione, (quest'ultimo) più orientato al risultato di breve termine che al raggiungimento degli obiettivi strategici. In particolare, la differenza del controllo strategico da quello gestionale emerge dalla previsione della preventiva valutazione della congruenza tra fini e scelte operative. Tale valutazione, pur effettuata in seguito all'effettivo esercizio dei poteri di programmazione, mira a ricostruire ipoteticamente l'ambiente in cui la scelta è maturata, con le circostanze conoscibili in quel momento; sicché la scelta operativa sarà considerata congrua quando, in base a questi elementi, risulta adeguata al risultato profilato. Con l'analisi dei risultati ottenuti sarà infine possibile individuare i possibili fattori ostativi al raggiungimento degli obiettivi operativi prescelti con le scelte operative effettuate (Lombardi, 198). Il controllo strategico, invece, è finalizzato a verificare l'attuazione delle scelte effettuate nei documenti di programmazione dagli organi di indirizzo, al fine di dare un giudizio complessivo, sintetico e aggregato sulla performance della intera organizzazione (Scognamiglio, 164). Il controllo strategico ha dunque natura strettamente politica (si parla, infatti, di «valutazione delle scelte compiute in sede di attuazione dei programmi»), a differenza di quello direzionale che ha natura tecnico-operativa (definito quale «verifica dell'attuazione dei programmi»). Ulteriore carattere differenziale del controllo strategico rispetto al controllo gestionale è dato dalla circolarità, stante il costante scambio di informazioni tra il momento dell'elaborazione degli indirizzi e la loro successiva realizzazione (D'Orsogna, 543). Il coordinamento con il ciclo della performanceLa riforma del generale sistema dei controlli interni introdotta dal d.lgs. n. 286/1999 si è fin dall'inizio esposta a talune criticità, principalmente legate alla difficoltà di attuare i controlli medesimi. In particolare, le difficoltà del controllo strategico si palesarono nella mancata predisposizione di indicatori idonei a misurare la capacità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni quali risposte ai bisogni della collettività, nonché nella disarmonia tra la programmazione strategica e i contenuti della legge di bilancio. Il Legislatore è così intervenuto tramite il d.lgs. n. 150/2009 (cd. Decreto Brunetta) che, sul piano organizzativo, ha introdotto gli Organismi Indipendenti di valutazione e, sul piano funzionale, ha fornito gli obiettivi e i criteri di misurazione delle performance (ovvero dei contributi apportati da ciascun soggetto al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi dell'organizzazione), introducendo così il sistema della valutazione del personale attraverso i risultati ottenuti. Sulla disciplina dei controlli interni di cui al d.lgs. n. 286/1999 si è così innestato un sistema di monitoraggio, misurazione e valutazione della performance. La nuova normativa ha previsto il ciclo di gestione della performance, inteso come un processo autonomo di controllo gestionale, disarticolato in fasi di programmazione, misurazione, valutazione e rendicontazione. Il legislatore ha confermato la strumentalità del controllo di gestione rispetto ai sistemi di valutazione e controllo strategico. Tra le novità più rilevanti vi è l'istituzione, ad opera dall'art. 14 del d.lgs. n. 150/2009, degli Organismi Indipendenti di Valutazione (OIV), ai quali è stata affidata la competenza alla valutazione ed al controllo strategico. L'OIV è un organismo collocato esternamente rispetto agli uffici di diretta collaborazione del vertice politico, è indipendente tanto dal vertice politico, quanto dall'amministrazione, sebbene operi in essa. Si tratta di un'indipendenza funzionale e non strutturale. Esso ha sostituito nei Ministeri il Servizio di controllo interno (c.d. SECIN) e svolge, in aggiunta alle attività di controllo strategico di cui all'articolo in commento, ulteriori attività disciplinate dal d.lgs. n. 150/2009, dalla legge n. 190/2012 e dal d.lgs. n. 33/2013. Tra le principali competenze assegnate, l'OIV monitora il funzionamento complessivo del sistema di valutazione, della trasparenza e della integrità dei controlli interni, elaborando una apposita relazione annuale sullo stato di funzionamento riscontrato. L'OIV valida la Relazione sulla performance che, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. b), del d.lgs. 150/2009, le pubbliche amministrazioni devono adottare, entro il 30 giugno di ciascun anno; in siffatto documento vengono evidenziati, a consuntivo, con riferimento all'anno precedente, i risultati organizzativi e individuali raggiunti rispetto ai singoli obiettivi programmati e alle risorse, con rilevamento degli eventuali scostamenti. Secondo parte della dottrina, il decreto Brunetta ha avuto il merito di «accorciare la distanza» tra il modello ideale di valutazione delle pubbliche amministrazioni e il modello reale: laddove nel modello del d.lgs. n. 286/1999 l'attività valutativa era affidata ad un'ampia e forse eccessiva discrezionalità dell'amministrazione, la nuova valutazione ha assunto una configurazione specifica, caratterizzandosi per l'adozione di particolari atti, il piano della performance, il sistema di misurazione e valutazione e la relazione sulla performance (D'Alterio, 77); ha garantito la natura indipendente del controllore (l'OIV ha infatti un'indipendenza funzionale e non strutturale), poi rafforzata dal d.lgs. n. 74/2017 (adottato in attuazione di una delle varie deleghe previste dalla c.d. Riforma Madia) laddove si è introdotto il divieto di far parte dell'OIV per i dipendenti dell'amministrazione presso la quale opera l'Organismo stesso; infine, la riforma ha attribuito una particolare rilevanza ai risultati della valutazione, prevedendone effetti positivi (come l'erogazione delle premialità) ed effetti negativi (come l'irrogazione di sanzioni di licenziamento per scarso rendimento o le penalizzazioni ai fini della progressione della carriera) (D'Alterio, 78). Questioni applicative1) Sono accessibili gli atti del controllo strategico? I controlli amministrativi sono, in generale, estrinsecazione dell'attività amministrativa, in quanto sono esercitati da autorità facenti capo alla P.A. ed hanno ad oggetto atti o attività. Pertanto, occorre porsi la questione dell'esercizio da parte del cittadino del diritto di accesso a documenti che incorporano tale esternazione di attività amministrativa. L'art. 1, comma 5, del d.lgs. n. 286/1999esclude espressamente il diritto di accesso a documenti legati all'attività di valutazione e controllo strategico, in quanto trattasi di attività legata a scelte di carattere politico-amministrativo, per cui ragioni di riservatezza impediscono l'ostensione dei risultati del controllo strategico (Lombardi, 199). Invece, le altre tipologie di controllo interno sono assoggettabili al diritto di accesso procedimentale, in chiave difensiva, di cui all'art. 22 della l. n. 241/1990. 2) Sono impugnabili gli atti emessi all'esito del controllo strategico? La natura collaborativa del controllo strategico porta ad escludere l'autonoma impugnabilità degli atti emessi all'esito di tale verifica che, essendo atti interni, sono privi di efficacia diretta e immediatamente lesiva della sfera giuridica altrui (Caringella, 754; Garofoli, Ferrari, 1328). Le modalità di effettuazione del controllo strategico sono, quindi, sindacabili solo in via mediata, laddove confluiscano in un provvedimento amministrativo che ne recepisca le risultanze e che si riveli, poi, immediatamente e direttamente lesivo. Nel controllo strategico, la fase di individuazione dei possibili fattori ostativi al raggiungimento degli obiettivi prescelti permette di distinguere i casi in cui le scelte operative effettuate siano risultate inadeguate a monte, da quelli in cui il risultato sia stato frutto di un fattore esterno che ha inciso negativamente. Ciò consente di isolare le responsabilità individuali, dando vita talvolta a provvedimenti che irrogano una sanzione disciplinare o rimuovono il dirigente, oppure revocano un incarico. Quando detti provvedimenti sono conseguenza del risultato emerso a seguito del processo di analisi dei risultati di cui al controllo strategico, gli stessi assorbono l'atto interno di controllo; essendo direttamente e immediatamente lesivi, essi sono atti impugnabili. Riguardo poi all'individuazione del giudice competente, secondo le ordinarie regole di riparto della giurisdizione, le controversie sono devolute al giudice ordinario ove il controllo sia sfociato nell'adozione di un atto di gestione del rapporto di lavoro (ad esempio, una sanzione disciplinare), stante l'avvenuta privatizzazione del pubblico impiego. Viceversa, le controversie sono devolute alla giurisdizione amministrativa ove l'esito del controllo sia sfociato nell'adozione di un provvedimento amministrativo (oppure nella sua modifica o revoca) (Lombardi, 199). 3) Quali sono i caratteri del controllo strategico negli Enti Locali? Il processo di aziendalizzazione della P.A., che ha cambiato significativamente i sistemi di governance e di controllo, ha richiesto che il controllo strategico venisse attivato anche sulle realtà locali, stante il decentramento amministrativo e fiscale. La normativa dettata dal d.lgs. n. 286/1999 è stata recepita con maggior livello di dettaglio per gli enti locali dall'art. 147 del d.lgs. n. 267/2000 (cd. TUEL). Il Legislatore ha rimesso all'autonomia di ciascun ente locale la potestà di organizzare e d'individuare i sistemi di controllo interni più adatti al contesto gestionale nel quale l'ente opera, peraltro anche in deroga ai principi dettati dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 286/99, purché «secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione» (art. 147, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000) (Caringella, 754). Nello specifico, tale sistema di verifica è disciplinato dall'art. 147 -terdel d.lgs. n. 267/2000, che lo ha reso attualmente obbligatorio solo per gli enti di maggiori dimensioni demografiche, ovvero con popolazione superiore a 15.000 abitanti. L'art. 147-ter del TUEL prevede che l'ente locale, per verificare lo stato di attuazione dei programmi secondo le linee politiche, definisce metodologie di controllo strategico finalizzate alla rilevazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi predefiniti, degli aspetti economico-finanziari connessi ai risultati ottenuti, dei tempi di realizzazione rispetto alle previsioni, delle procedure operative attuate confrontate con i progetti elaborati, della qualità dei servizi erogati e del grado di soddisfazione della domanda espressa, degli aspetti socio–economici (art. 147-ter, comma 1, del TUEL) La prima fase di questo processo richiede la pianificazione, ovvero la definizione degli obiettivi che si intendono perseguire e che verranno poi raffrontati con le azioni realizzate, dando così sostanza alla seconda fase, quella del monitoraggio (Gribaudo, Patumi, 760). Gli obiettivi sono in nuce presenti nel programma elettorale del candidato alla carica di sindaco (ex art. 71 del TUEL), confluiscono poi nelle linee programmatiche dell'azione politica che il Sindaco presenta al Consiglio (ai sensi dell'art. 46 del TUEL) e sono più dettagliatamente indicati nel Documento Unico di Programmazione (DUP) (art. 170 del TUEL). Facendo riferimento alla fattispecie del controllo strategico, la Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, nella deliberazione n. 28/2014/INPR, ha precisato che il controllo strategico «impone il preliminare, graduale adeguamento dell'organizzazione della struttura e, quindi, la fissazione dei principali obiettivi, nonché la valutazione degli aspetti economico-finanziari e socio- economici connessi. In tale sede rilevano le risultanze dei controlli, ex ante ed ex post, tesi a verificare la conformità tra gli obiettivi strategici ed operativi dell'amministrazione e le scelte operate dai dirigenti, nonché la corrispondenza tra gestione delle risorse umane, allocazione di quelle finanziarie e amministrazione di quelle materiali». Anche per il controllo strategico negli enti locali il rilevamento di uno scostamento tra gli obiettivi programmati e i risultati raggiunti è funzionale ad operare l'autocorrezione del sistema, a revisionare la programmazione con l'assunzione di una rinnovata strategia che si presenti meglio orientata alla realizzazione dei risultati non ottenuti. «L'eventuale scostamento tra i risultati ottenuti e quelli previsti ha evidenti riflessi sulla politica dell'ente locale e deve innescare il riesame della programmazione tenendo conto delle scelte dei dirigenti e della adeguatezza delle risorse umane, finanziarie e materiali. Assumono rilevanza le percentuali di raggiungimento degli obiettivi, strettamente collegati all'entità dei bisogni soddisfatti e, soprattutto, alle delibere di ricognizione dei programmi, che danno conto del grado di realizzazione degli stessi. Sono infatti attribuiti alla competenza degli organi di vertice, quali il segretario e il direttore generale, che, oltre a predisporre sul punto la relazione del Sindaco, riferiscono anche al Consiglio e alla Giunta» (C. conti, sez. contr. Abruzzo, delib. n. 15/2018/VSGC). Da un punto di vista operativo, partecipano all'organizzazione del controllo in questione il segretario dell'ente locale, il direttore generale ove previsto, i responsabili dei servizi e l'unità di controllo. Quest'ultima, sotto la direzione del direttore generale (ove non previsto, del segretario comunale), elabora dei rapporti periodici, da sottoporre all'organo esecutivo e al consiglio per la successiva predisposizione di deliberazioni consiliari di ricognizione dei programmi (art. 147-ter, comma 2, del TUEL). Il controllo strategico negli enti locali consente così di supportare gli organi politici locali (il Sindaco, il Presidente della provincia, il Consiglio, la Giunta) nelle decisioni. Sul punto, la recente giurisprudenza contabile ha evidenziato che «Il controllo strategico è strettamente collegato all'attività di programmazione strategica e di indirizzo politico-amministrativo, di cui costituisce il presupposto fondamentale. L'attività di controllo strategico è finalizzata, infatti a verificare l'attuazione delle scelte effettuate nei documenti di programmazione degli organi di indirizzo. Attraverso la forma di controllo in esame si vuole dare un giudizio complessivo sintetico ed aggregato sulla performance dell'intera organizzazione» (C. conti, sez. contr. Emilia Romagna, delib. n. 106/2021/VSGC). BibliografiaCaringella, Manuale di Diritto amministrativo, Roma, 2021, 735; D'Alterio, Controllore ideale vs. controllore reale: lo stato dell'arte, in Aziendaitalia, 2021, n. 1, 76; D'Auria, Le mutazioni dei controlli amministrativi e la Corte dei Conti: a un quarto di secolo da una storica riforma, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2019, 3, 705; D'Orsogna, I controlli di efficienza, in F.G. Scoca, Diritto amministrativo, Torino, 2019, 447; Gribaudo, Patumi, I Controlli della corte dei Conti sugli enti territoriali e gli altri enti pubblici, Santarcangelo di Romagna, 2020, 761; Garofoli, Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Molfetta, 2020, 1312-1349; Lombardi, Il sistema dei controlli amministrativi e contabili, in G.F. Ferrari, Madeo, Manuale di contabilità pubblica, Milano, 175; Pozzoli, Strumenti di monitoraggio - Il controllo strategico. Passo avanti o battuta di arresto? in Aziendaitalia, 2000, 5, 230; Scognamiglio, La responsabilità amministrativa da assenza o inadeguatezza del sistema di controllo interno degli enti locali, in Bilancio, Comunità, Persona, 2021, n. 1, 163. |