Decreto legislativo - 30/07/1999 - n. 286 art. 1 - Princìpi generali del controllo interno.Princìpi generali del controllo interno. 1. Le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della rispettiva autonomia, si dotano di strumenti adeguati a: a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile); b) verificare l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione); c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza); d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico). 2. La progettazione d'insieme dei controlli interni rispetta i seguenti princìpi generali, obbligatori per i Ministeri, applicabili dalle regioni nell'ambito della propria autonomia organizzativa e legislativa e derogabili da parte di altre amministrazioni pubbliche, fermo restando il principio di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, di qui in poi denominato "decreto n. 29": a) l'attività di valutazione e controllo strategico supporta l'attività di programmazione strategica e di indirizzo politico-amministrativo di cui agli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto n. 29. Essa è pertanto svolta da strutture che rispondono direttamente agli organi di indirizzo politico-amministrativo. [Le strutture stesse svolgono, di norma, anche l'attività di valutazione dei dirigenti direttamente destinatari delle direttive emanate dagli organi di indirizzo politico-amministrativo, in particolare dai Ministri, ai sensi del successivo articolo 8] (1); b) il controllo di gestione e l'attività di valutazione dei dirigenti, fermo restando quanto previsto alla lettera a), sono svolte da strutture e soggetti che rispondono ai dirigenti posti al vertice dell'unità organizzativa interessata; c) l'attività di valutazione dei dirigenti utilizza anche i risultati del controllo di gestione, ma è svolta da strutture o soggetti diverse da quelle cui è demandato il controllo di gestione medesimo; d) le funzioni di cui alle precedenti lettere sono esercitate in modo integrato; e) è fatto divieto di affidare verifiche di regolarità amministrativa e contabile a strutture addette al controllo di gestione, alla valutazione dei dirigenti, al controllo strategico. 3. Gli enti locali e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del presente decreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti l'ordinamento finanziario e contabile. 4. Il presente decreto non si applica alla valutazione dell'attività didattica e di ricerca dei professori e ricercatori delle università, all'attività didattica del personale della scuola, all'attività di ricerca dei ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca. 5. Ai sensi degli articoli 13, comma 1, e 24, comma 6, ultimo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, le disposizioni relative all'accesso ai documenti amministrativi non si applicano alle attività di valutazione e controllo strategico. Resta fermo il diritto all'accesso dei dirigenti di cui all'articolo 5, comma 3, ultimo periodo. [ 6. Gli addetti alle strutture che effettuano il controllo di gestione, la valutazione dei dirigenti e il controllo strategico riferiscono sui risultati dell'attività svolta esclusivamente agli organi di vertice dell'amministrazione, ai soggetti, agli organi di indirizzo politico-amministrativo individuati dagli articoli seguenti, a fini di ottimizzazione della funzione amministrativa. In ordine ai fatti così segnalati, e la cui conoscenza consegua dall'esercizio delle relative funzioni di controllo o valutazione, non si configura l'obbligo di denuncia al quale si riferisce l'articolo 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.] (2) (1) Lettera modificata dall'articolo 30, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. (2) Comma abrogato dall'articolo 30, comma 4, lettera b), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. InquadramentoIl d.lgs. n. 286/1999 costituisce il testo normativo fondamentale in materia di controlli interni della pubblica amministrazione. La rubrica di tale provvedimento legislativo annuncia l'ambizioso proposito nutrito dal Legislatore, che è quello di procedere al riordino ed al potenziamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, in attuazione della delega conferita dall'art. 11 della l. n. 59/1997. Muovendo verso questo traguardo, il d.lgs. n. 286/1999 ha effettivamente riorganizzato il sistema dei controlli interni, esaltandone il valore ed abrogando la precedente disciplina sulla verifica dei risultati di gestione prevista dall'art. 20 del d.lgs. n. 29/1993. Sono quattro le forme di controllo interno introdotte dal d.lgs. n. 286/1999: 1) il controllo di regolarità amministrativa e contabile (i cui caratteri sono stati fortemente innovati dal successivo d.lgs. n. 123/2011); 2) il controllo di gestione; 3) la valutazione della dirigenza (la cui disciplina è poi confluita nel d.lgs. n. 150/2009); 4) il controllo strategico. Si tratta di controlli chiaramente affidati ad organi costituiti nell'ambito delle stesse amministrazioni controllate e che, come tali, si distinguono dai controlli c.d. «esterni», cioè demandati ad organi che non fanno parte della struttura organizzativa dei soggetti sottoposti ai controlli medesimi. La combinazione delle due tipologie di controllo innanzi richiamate (interno ed esterno) risulta indispensabile per la tutela della sana e corretta gestione delle risorse pubbliche. Al riguardo è significativo che la «Dichiarazione di Lima sui principi guida del controllo delle finanze pubbliche» del 1977, approvata all'esito del IX Congresso dell'Organizzazione Internazionale delle Istituzioni Superiori di Controllo (International Organisation of Supreme Audit Institutions — INTOSAI, di cui fanno parte tutte le Istituzioni Superiori di controllo dei Paesi partecipanti all'ONU), abbia definito nei seguenti termini il «controllo» (complessivamente inteso): «Il controllo è principio immanente all'amministrazione delle finanze pubbliche poiché la gestione dei fondi pubblici è fiduciaria. Il controllo non è fine a se stesso, bensì rappresenta una componente indispensabile di un sistema di regole che deve evidenziare tempestivamente le deviazioni dalla norma e le violazioni dei principi di legalità, di efficienza, di efficacia ed economicità dell'amministrazione finanziaria, in modo da consentire tempestivamente: l'applicazione di provvedimenti correttivi nei casi specifici; il riconoscimento della propria responsabilità da parte dell'organo responsabile; il risarcimento dei danni o l'adozione di provvedimenti che rendano in futuro impossibile, o perlomeno estremamente difficile, la ripetizione di tali violazioni». In questo contesto, il ruolo dei controlli interni nelle dinamiche dell'azione amministrativa risulta di primaria importanza, poiché esso è funzionale al raggiungimento (da parte di ciascuna amministrazione, nel perseguimento della propria missione istituzionale) dei seguenti obiettivi generali, considerati fondamentali dalla stessa Organizzazione Internazionale delle Istituzioni Superiori di Controllo (INTOSAI): a) l'esecuzione di operazioni in modo ordinato, economico, efficiente ed efficace; b) l'adempimento degli obblighi di responsabilità; c) il rispetto delle leggi e dei regolamenti che siano nella specie applicabili; d) la salvaguardia delle risorse pubbliche da perdite, usi impropri e danni (cfr. INTOSAI, Guidelines for Internal Control Standards for the Public Sector). A tanto deve aggiungersi il seguente rilievo, particolarmente adatto al nostro sistema di giustizia contabile: la corretta e puntuale esecuzione dei controlli interni risulta di primaria importanza sia per prevenire fenomeni di mala gestio, sia per far emergere eventuali fattispecie di danno erariale; proprio in quest'ultimo contesto, poi, l'utilità dei controlli interni va a maggior ragione apprezzata nella misura in cui essi consentono di stanare fenomeni di doloso occultamento del danno erariale, evitando così che taluni fatti di cattiva amministrazione giungano alla cognizione degli Organi giurisdizionali della Corte dei Conti con notevole ritardo rispetto alla loro concreta verificazione. Per un approfondimento del tema relativo al doloso occultamento del danno erariale si rinvia al Capitolo dedicato alla “Responsabilità amministrativo–contabile”. Premesso quanto innanzi in linea generale, il presente lavoro si propone di studiare innanzitutto i caratteri della disciplina custodita nell'art. 1 del d.lgs. n. 286/1999, rubricato «Principi generali del controllo interno» (paragrafo 2). L'ampia prospettiva che offre il citato art. 1, poi, consente qui di sviluppare ulteriori considerazioni in merito all'intero impianto normativo proposto dal d.lgs. n. 286/1999. Sicché in questa sede verranno pure approfonditi i quattro seguenti argomenti: a) gli strumenti del controllo interno contemplati dall'intero Capo II del d.lgs. n. 286/2009 negli artt. 7, 8 e 9 (paragrafo 3); b) il legame tra i controlli interni di cui al d.lgs. n. 286/1999 e il controllo esterno demandato alla Corte dei conti in ordine all'adeguatezza dei controlli medesimi, sancito dall'art. 3 del d.lgs. n. 286/1999 (paragrafo 4); c) i controlli interni negli enti locali, ai sensi degli artt. 147 e ss. del d.lgs. n. 267/2000 (paragrafo 5); d) il controllo esercitato dalla Corte dei conti sul funzionamento del sistema dei controlli interni negli enti locali, ex art. 148 del d.lgs. n. 267/2000 (paragrafo 6). Da ultimo, verrà affrontato il tema relativo allo svolgimento dei controlli interni nel periodo dell'emergenza sanitaria da COVID 19 e i riflessi che in questa materia produce il recentissimo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (c.d. P.N.R.R.), che sollecita le singole amministrazioni ad eseguire gli opportuni controlli sulla regolarità delle procedure e delle spese e ad adottare tutte le misure necessarie a prevenire, correggere e sanzionare le irregolarità e gli indebiti utilizzi delle risorse, con il fine di prevenire le frodi, i conflitti di interesse ed evitare il rischio di doppio finanziamento pubblico degli interventi (paragrafo 7). Il sistema dei controlli interni: tipologie di controllo e principi generaliCome anticipato nel precedente paragrafo 1, le quattro tipologie di controlli interni individuate dall'art. 1 del d.lgs. n. 286/1999 sono: 1) il controllo di regolarità amministrativa e contabile (art. 2 del d.lgs. n. 286/1999); 2) il controllo di gestione (art. 4 del d.lgs. n. 286/1999); 3) la valutazione del personale con incarico dirigenziale (originariamente prevista dall'art. 5 del d.lgs. n. 286/1999, successivamente abrogato dall'art. 30, comma 4, lett. b), del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, a decorrere dal 30 aprile 2010); 4) il controllo strategico (art. 6 del d.lgs. n. 286/1999). Affidando al commento dei rispettivi articoli di riferimento l'esame degli aspetti procedurali dei suddetti controlli interni, preme in questa sede evidenziare come ciascuno di essi sia funzionale al raggiungimento di una specifica finalità, espressamente individuata nell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 286/1999. Nel dettaglio, si rileva quanto segue. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile è teso a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa. L'ampiezza delle riferite finalità comporta che il controllo in esame comprenda le seguenti verifiche: la verifica della conformità degli atti alle norme legislative e regolamentari applicabili, alle norme statutarie ed ai principi contabili di riferimento; la verifica della regolarità della contabilità e della relativa documentazione a sostegno; la verifica di cassa; la verifica della conformità ai principi di «corretta amministrazione» della gestione economica e finanziaria dell'ente controllato. Si tratta, dunque, di un controllo di «legalità sostanziale» (e non meramente formale), che comporta anche una valutazione della proficuità economico-finanziaria degli atti di gestione (v. allegato 17 del d.P.R. 27 febbraio 2003, n. 97, recante il «Regolamento concernente l'amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla l. n. 70/1975»). Il controllo di gestione è invece diretto a verificare l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati. Argomentando dall'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 286/1999, la Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, ha posto in evidenza come per le amministrazioni dello Stato tale controllo di gestione supporti la funzione dirigenziale, con la conseguenza che, attraverso di esso, «è possibile misurare la capacità dei dirigenti di conseguire i risultati assegnati, rilevando i costi della gestione con l'ausilio di indicatori specifici predefiniti da ogni singola pubblica amministrazione» (C. conti, sez. Autonomie, delib. n. 13/2018/FRG). La valutazione del personale con incarico dirigenziale mira viceversa a valutare, appunto, le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale. La disciplina di tale forma di controllo, originariamente prevista dall'art. 5 del d.lgs. n. 286/1999, è poi confluita nel d.lgs. n. 150/2009 (artt. 9 e ss.), il cui art. 30, comma 4, lett. b), ha abrogato il citato art. 5 del d.lgs. n. 286/1999 a decorrere dal 30 aprile 2010. Invero, nel dare attuazione alla l. n. 15/2009 (in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), il predetto d.lgs. n. 150/2009 ha introdotto una riforma organica della disciplina del pubblico impiego, intervenendo in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche, oltre che in materia di dirigenza pubblica, di valorizzazione del merito, di promozione delle pari opportunità, di responsabilità disciplinare e di contrattazione collettiva (art. 1, comma 1, d.lgs. n. 150/2009). Il controllo strategico, infine, è rivolto a valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. In relazione al predetto controllo strategico la Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, ne ha rilevato «la natura di controllo di efficacia, che si svolge attraverso indicatori elaborati dall'organo interno preposto al fine di coadiuvare i processi decisionali di vertice», quale «strumento di supporto per gli organi politici al vertice di ogni singola pubblica amministrazione» (C. conti, sez. Autonomie, delib. n. 13/2018/FRG). Dopo aver individuato le diverse tipologie di controllo interno e le specifiche finalità di ognuna di esse, l'art. 1 del d.lgs. n. 286/1999 enumera i principi generali che devono guidare le amministrazioni pubbliche al momento di progettare il proprio sistema dei controlli interni. Tali principi sono obbligatori per i Ministeri, sono estesi anche alle Regioni (che li applicano nell'ambito della propria autonomia organizzativa e legislativa) e sono derogabili da parte di altre amministrazioni pubbliche, ferma restando però l'osservanza del principio della necessaria distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e tra attuazione e gestione dall'altro lato (art. 3 del d.lgs. n. 29/1993, poi trasfuso nell'art. 4 del d.lgs. n. 165/2001). Le disposizioni recate dal d.lgs. n. 286/1999non si applicano invece alla valutazione dell'attività didattica e di ricerca dei professori e ricercatori delle università, all'attività didattica del personale della scuola, all'attività di ricerca dei ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca (art. 1, comma 4, d.lgs. n. 286/1999). Agli enti locali e alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura è infine consentito di adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del medesimo d.lgs. n. 286/1999, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti l'ordinamento finanziario e contabile. Da quanto esposto risulta dunque chiaro che il d.lgs. n. 286/1999 delinea un sistema di controlli interni mutevole (in quanto adattabile alle molteplici esigenze e alle differenti caratteristiche delle specifiche amministrazioni pubbliche), nel quale il controllo diventa uno «strumento di valutazione non solo della legittimità, ma anche dell'efficienza, dell'efficacia e della economicità dell'attività amministrativa, in modo che i responsabili di quest'ultima possano fornire ausilio agli organi di indirizzo politico nella scelta delle decisioni da assumere»; pertanto, «la ratio della riforma può rinvenirsi nell'organizzazione di un sistema di controlli interni ad ogni singola amministrazione idonei a verificare il raggiungimento degli obiettivi assegnati alla dirigenza amministrativa dal vertice politico, nonché a misurare la capacità della stessa di utilizzare le risorse disponibili per conseguire tali obiettivi, ottenendo anche un riscontro circa l'adeguatezza degli obiettivi stabiliti (e delle risorse impegnate) a soddisfare i bisogni della collettività interessata» (C. conti, sez. Autonomie, delib. n. 13/2018/FRG). Concludendo sui profili generali del sistema dei controlli interni di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 286/1999, si ritiene opportuno richiamare l'attenzione sulle disposizioni recate dai commi 5 e 6 del medesimo art. 1. In particolare, il comma 5 stabilisce che le disposizioni relative all'accesso ai documenti amministrativi non si applicano alle attività di valutazione e controllo strategico (v. artt. 13, comma 1, e 24, comma 6, della l. n. 241/1990): come rilevato dalla dottrina, tali controlli sono «essenzialmente legati a scelte politico-amministrative, che, per evidenti ragioni di riservatezza, impediscono l'ostensione dei risultati» (Lombardi, 199). Il comma 6 (poi abrogato dal d.lgs. n. 150/2009 a decorrere dal 30 aprile 2010) stabiliva che «gli addetti delle strutture che effettuano il controllo di gestione, la valutazione dei dirigenti e il controllo strategico riferiscono sui risultati dell'attività svolta esclusivamente agli organi di vertice dell'amministrazione, ai soggetti, agli organi di indirizzo politico-amministrativo individuati dagli articoli seguenti, a fini di ottimizzazione della funzione amministrativa. In ordine ai fatti così segnalati, e la cui conoscenza consegua dall'esercizio delle relative funzioni di controllo o valutazione, non si configura l'obbligo di denuncia al quale si riferisce l'art. 1, comma 3, della l. n. 20/1994». Facendo leva proprio sul disposto del suddetto comma 6, la dottrina ha individuato le differenze intercorrenti tra il controllo di regolarità amministrativa e contabile e gli altri tipi di controllo interno di cui al d.lgs. n. 286/1999: il primo è «preordinato alla garanzia di un'azione immune da vizi, a presidio del valore della legalità, che si configura come controllo di natura repressiva e, unico tra i controlli interni, determina l'obbligo di denuncia alla Corte dei conti della riscontrata irregolarità (arg. art. 1, comma 6); quello di gestione, strategico e la valutazione dei dirigenti sono pensati in funzione dell'ottimizzazione delle scelte di politica pubblica o dell'azione amministrativa nel suo complesso» (Schlitzer, 335-336). Ricostruiti i tratti salienti della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 286/1999 in materia di controlli interni, risulta allora chiaro come a tale decreto vada riconosciuto «il merito di aver dato effettiva attuazione alle numerose istanze di rinnovamento che, nel corso degli anni novanta, hanno prodotto una serie di principi organizzativi diretti a ridisegnare l'intero sistema della Pubblica amministrazione senza mai trovare il modo di tradurli in concrete linee operative di controllo gestionale diffusamente applicate sul territorio. L'introduzione di metodi di valutazione comparativa dei costi, previsti dal d.lgs. n. 29/1993, le procedure di verifica della programmazione e gestione del bilancio, richiamate dal d.lgs. n. 77/1995, i sistemi di carattere informativo-statistico per la valutazione dei risultati, voluti dalla l. n. 59/1997, hanno trovato nel d.lgs. n. 286/1999 la loro più completa espressione, assorbiti nell'ambito di quattro tipologie di controllo interno finalizzate alla corretta determinazione degli obiettivi, alla esaustiva tenuta della contabilità analitica e alla precisa rilevazione delle informazioni» (C. conti, sez. Autonomie, delib. n. 13/2018/FRG). Gli strumenti del controllo internoIl Capo II del d.lgs. n. 286/1999 è interamente dedicato agli strumenti del controllo interno. In particolare vengono in rilievo le disposizioni contenute negli artt. 7, 8 e 9 che, per ragioni di sistematicità, si sceglie di richiamare in questa sede. L'art. 7 del d.lgs. n. 286/1999, rubricato «Compiti della Presidenza del Consiglio dei Ministri», è stato abrogato, a decorrere dal 2 marzo 2007, dall'art. 6 del d.P.R. n. 315/2006, contenente il «Regolamento recante riordino del Comitato tecnico-scientifico per il controllo strategico nelle amministrazioni dello Stato». Il primo comma della norma stabiliva in particolare che «Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è costituita una banca dati, accessibile in via telematica e pienamente integrata nella rete unitaria della pubblica amministrazione, alimentata dalle amministrazioni dello Stato, alla quale affluiscono, in ogni caso, le direttive annuali dei Ministri e gli indicatori di efficacia, efficienza, economicità relativi ai centri di responsabilità e alle funzioni obiettivo del bilancio dello Stato». Il secondo comma della disposizione prevedeva invece che, «Per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico nelle amministrazioni dello Stato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri si avvale di un apposito comitato tecnico scientifico e dell'osservatorio di cui al comma 3. Il comitato è composto da non più di sei membri, scelti tra esperti di chiara fama, anche stranieri, uno in materia di metodologia della ricerca valutativa, gli altri nelle discipline economiche, giuridiche, politologiche, sociologiche e statistiche. Si applica, ai membri del comitato, l'art. 31 della l. n. 400/1988, e ciascun membro non può durare complessivamente in carica per più di sei anni. Il comitato formula, anche a richiesta del Presidente del Consiglio dei Ministri, valutazioni specifiche di politiche pubbliche o programmi operativi plurisettoriali». Infine, il terzo comma stabiliva che «L'osservatorio è istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è organizzato con decreto del Presidente del Consiglio. L'osservatorio, tenuto anche conto delle esperienze in materia maturate presso Stati esteri e presso organi costituzionali, ivi compreso il CNEL, fornisce indicazioni e suggerimenti per l'aggiornamento e la standardizzazione dei sistemi di controllo interno, con riferimento anche, ove da queste richiesto, alle amministrazioni pubbliche non statali». L'art. 8 del d.lgs. n. 286/1999, rubricato «Direttiva annuale del Ministro», è interamente dedicato alla «direttiva annuale» prevista dall'art. 14 del d.lgs. n. 29/1993: in particolare, tale disposizione stabilisce che la direttiva in parola costituisce il documento base per la programmazione e la definizione degli obiettivi delle unità dirigenziali di primo livello. In aggiunta la norma specifica che, in coerenza ad eventuali indirizzi del Presidente del Consiglio dei Ministri, e nel quadro degli obiettivi generali di parità e pari opportunità previsti dalla legge, la direttiva identifica i principali risultati da realizzare, in relazione anche agli indicatori stabiliti dalla documentazione di bilancio per centri di responsabilità e per funzioni-obiettivo, e determina, in relazione alle risorse assegnate, gli obiettivi di miglioramento, eventualmente indicando progetti speciali e scadenze intermedie. La direttiva, inoltre, avvalendosi del supporto dei servizi di controllo interno di cui all'art. 6 del d.lgs. n. 286/1999, definisce altresì i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e valutazione dell'attuazione. Il successivo comma 2 dell'art. 8, infine, prevede che il personale che svolge incarichi dirigenziali ai sensi dell'art. 19, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 29/1993, eventualmente costituito in conferenza permanente, fornisce elementi per l'elaborazione della direttiva annuale. Da ultimo, si precisa che il predetto art. 14 del d.lgs. n. 29/1993 è stato abrogato dall'art. 72, comma 1, lett. t), del d.lgs. n. 165/2001: sicché il relativo contenuto è confluito nell'art. 14 del d.lgs. n. 165/2001 che, per vero, ne ha profondamente innovato i caratteri. L'art. 9 del d.lgs. n. 286/1999 disciplina il c.d. «sistema informativo-statistico unitario» che, ai sensi dell'art. 17, comma 1, lett. a), della l. n. 59/1997, funge da supporto per tutte le articolazioni organizzative del Ministero nello svolgimento sia del controllo di gestione sia del controllo strategico. Il comma 1 della norma spiega che si tratta in particolare di un sistema idoneo alla rilevazione di grandezze quantitative a carattere economico-finanziario, la cui struttura è basata su una banca dati delle informazioni rilevanti ai fini del controllo e sulla predisposizione periodica di una serie di prospetti numerici e grafici (sintesi statistiche) di corredo alle analisi periodiche elaborate dalle singole amministrazioni. Il secondo comma della disposizione, invece, chiarisce che «I sistemi automatizzati e le procedure manuali rilevanti ai fini del sistema di controllo, qualora disponibili, sono i seguenti: a) sistemi e procedure relativi alla rendicontazione contabile della singola amministrazione; b) sistemi e procedure relativi alla gestione del personale (di tipo economico, finanziario e di attività- presenze, assenze, attribuzione a centro di disponibilità); c) sistemi e procedure relativi al fabbisogno ed al dimensionamento del personale; d) sistemi e procedure relativi alla rilevazione delle attività svolte per la realizzazione degli scopi istituzionali (erogazione prodotti/servizi, sviluppo procedure amministrative) e dei relativi effetti; e) sistemi e procedure relativi alla analisi delle spese di funzionamento (personale, beni e servizi) dell'amministrazione; f) sistemi e procedure di contabilità analitica». Il rapporto tra i controlli interni e quello esterno della Corte dei contiL'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 286/1999 si occupa di adeguare l'organizzazione delle strutture di controllo della Corte dei conti al sistema dei controlli interni introdotto dallo stesso d.lgs. n. 286/1999. Tale intervento si pone «in evidente continuità logica con quello operato con la l. n. 20/1994 (come modificata dal d.l. n. 543/1996 convertito dalla l. n. 639/1996), la quale aveva già significativamente trasformato l'assetto dei controlli esterni intestato alla Corte dei conti in una funzione di generalizzato controllo successivo sulle pubbliche gestioni, che andava ben al di là del limitato controllo sulla gestione del bilancio dello Stato espressamente previsto in Costituzione» (C. conti, sez. Autonomie, delib. n. 13/2018/FRG). In particolare, il citato art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 286/1999 attribuisce alla Corte dei conti, nell'esercizio dell'autonomia finanziaria, organizzativa e contabile sancita dall'art. 4 della richiamata l. n. 20/1994, il potere di determinare il numero, la composizione e la sede tanto dei propri organi adibiti a compiti di controllo preventivo su atti o successivo su pubbliche gestioni, quanto degli organi di supporto. In conseguenza degli interventi normativi di cui alla l. n. 20/1994 e al d.lgs. n. 286/1999, dunque, alla Corte dei conti risultano intestati tre compiti di fondamentale importanza. In primo luogo, il compito di garante imparziale dell'equilibrio economico finanziario del settore pubblico, mediante relazioni al Parlamento sui grandi aggregati di finanza locale e su politiche di settore. In secondo luogo, il compito di valutare l'economicità, l'efficienza e l'efficacia delle gestioni amministrative, anche mediante l'instaurazione di un rapporto collaborativo (consistente nell'indicare alle amministrazioni le misure necessarie o opportune per elevare la qualità del prodotto amministrativo). In terzo luogo, il compito di verificare l'adeguatezza e la completezza dei controlli interni mediante il perfezionamento delle tecniche e degli indicatori necessari a rilevare i risultati di gestione, nonché mediante l'esercizio del potere di richiedere agli organi di controllo interno atti e notizie, ovvero di disporre ispezioni e accertamenti diretti. I controlli interni negli enti localiFino alla riforma attuata con il d.l. n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 213/2012 i controlli interni nell'ambito degli enti locali sono stati disciplinati esclusivamente dall'art. 147 del d.lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL). Nella formulazione ante riforma del 2012, tale disposizione riproduceva sostanzialmente il sistema dei controlli interni tracciato dal d.lgs. n. 286/1999, demandando agli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa, il compito di individuare strumenti e metodologie idonei a: 1) garantire, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa; 2) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati; 3) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; 4) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. Ai sensi del suddetto art. 147 TUEL, poi, l'organizzazione dei controlli interni da parte degli enti locali doveva rispettare il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione (ex artt. 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del d.lgs. n. 29/1993, e successive modificazioni ed integrazioni) ma poteva essere effettuata anche in deroga agli altri principi di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 286/1999. Nel 2012 il sistema dei controlli interni, come delineato dall'originario art. 147 TUEL, ha tuttavia subìto uno stravolgimento per effetto delle novità introdotte dall'art. 3, comma 1, lett. d), del d.l. n. 174/2012 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 213/2012), il quale, per un verso, ha esteso la portata dei controlli previsti dal d.lgs. n. 286/1999 e, per altro verso, ne ha introdotto di nuovi (il controllo sugli equilibri finanziari, quello sugli organismi partecipati dagli enti locali e il controllo sulla qualità dei servizi offerti). Più nel dettaglio, il Legislatore della riforma ha sostituito integralmente il predetto art. 147 TUEL con un apparato normativo composto da un «nuovo» art. 147 TUEL e dagli artt. 147-bis, 147-ter, 147-quater e 147-quinquies TUEL. Da questo riformato quadro legislativo emerge un sistema dei controlli interni negli enti locali articolato in controllo di regolarità amministrativa e contabile (artt. 147, comma 1, e 147-bis TUEL); controllo di gestione (art. 147, comma 2, lett. a), TUEL); controllo strategico (artt. 147, comma 2, lett. b), e 147-ter TUEL); controllo sulle società partecipate non quotate (artt. 147, comma 2, lett. d), e 147-quater TUEL); controllo degli equilibri finanziari della gestione (artt. 147, comma 2, lett. c), e 147-quinquies TUEL) e controllo della qualità dei servizi erogati dagli enti locali sia direttamente che attraverso organismi gestionali esterni (art. 147, comma 2, lett. e), TUEL). Non essendo questa la sede opportuna per approfondire la disciplina recata dai richiamati artt. 147-bis, 147-ter, 147-quater e 147-quinquies TUEL in ordine ai singoli controlli interni negli enti locali (la cui disciplina sarà in ogni caso richiamata, ove pertinente, nel corso del commento dei successivi articoli del d.lgs. n. 286/1999), qui si ritiene in ogni caso opportuno evidenziare gli obiettivi espressamente individuati dal «nuovo» art. 147 TUEL, al cui raggiungimento sono finalizzati i controlli medesimi. In particolare, si osserva quanto segue. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile mira a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa. Il controllo di gestione è teso a verificare l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi correttivi, il rapporto tra obiettivi e azioni realizzate, nonché tra risorse impiegate e risultati. Il controllo strategico è diretto a valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e degli altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti. Il controllo sulle società partecipate non quotate è funzionale a verificare la redazione del bilancio consolidato, nonché l'efficacia, l'efficienza e l'economicità degli organismi gestionali esterni dell'ente. Il controllo degli equilibri finanziari della gestione è indirizzato a garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, della gestione dei residui e della gestione di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica determinati dal patto di stabilità interno, mediante l'attività di coordinamento e di vigilanza da parte del responsabile del servizio finanziario, nonché l'attività di controllo da parte dei responsabili dei servizi. Il controllo della qualità dei servizi monitora, come è desumibile dalla definizione del medesimo controllo, la «qualità dei servizi» erogati sia direttamente che mediante organismi gestionali esterni, con l'impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell'ente. La disciplina dei controlli interni contenuta nell'art. 147 TUEL è completata dalla previsione secondo cui il controllo sulla efficacia, efficienza ed economicità degli organismi gestionali esterni all'ente, nonché il controllo sulla qualità dei servizi erogati dall'ente locale (sia direttamente che attraverso organismi gestionali esterni) si applicano solo agli enti locali con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di prima applicazione, a 50.000 abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015 (art. 147, comma 3, TUEL). Peraltro, in linea con la previgente normativa, pure con la riforma del 2012 il Legislatore ha avvertito l'esigenza di contemperare la materia dei controlli interni con l'autonomia normativa e organizzativa attribuita agli enti locali: questi ultimi possono disciplinare i controlli interni nell'ambito della loro autonomia, a condizione che sia sempre rispettato il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, anche in deroga agli altri principi di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 286/1999 (art. 147, comma 4, TUEL). In ultimo, il Legislatore contempla la possibilità, già prevista dall'art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 286/99, di istituire, attraverso apposita convenzione, uffici unici per i controlli interni tra più enti (art. 147, comma 5, TUEL). Concludendo sulla disciplina del sistema dei controlli interni negli enti locali, è possibile dunque affermare che la riforma attuata con il d.l. n. 174/2012 si pone nel solco degli interventi legislativi animati dall'intento di dare concreta esecuzione al principio dell'equilibrio di bilancio sancito espressamente dagli artt. 81 e 97, comma 1, Cost., come modificati dalla l. cost. n. 1/2012. In quest'ottica, il sistema dei controlli interni negli enti locali, originariamente progettato con lo scopo di valutare l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa, dopo la riforma del 2012 si estende anche alla verifica del rispetto dell'equilibrio di bilancio da parte delle pubbliche amministrazioni locali (Scognamiglio, 162-163). Il controllo della Corte dei conti sui controlli interni negli enti localiL'art. 148 TUEL attribuisce alla Corte dei conti in sede di controllo il compito di verificare il funzionamento dei controlli interni negli enti locali ai fini del rispetto delle regole contabili e dell'equilibrio di bilancio degli enti medesimi. Attualmente il controllo esterno da parte della Corte dei conti avviene con cadenza annuale (in conseguenza delle modifiche apportate all'art. 148, comma 1, TUEL dal d.l. n. 91/2014 convertito in l. n. 116/2014); prima del 2014, invece, tale controllo era effettuato semestralmente. Allo scopo di consentire alla Corte dei conti di espletare il controllo de quo, il Sindaco (relativamente ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti), o il presidente della provincia, avvalendosi del direttore generale, quando presente, o del segretario negli enti in cui non sia prevista la figura del direttore generale, trasmette annualmente alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sul sistema dei controlli interni, adottato sulla base delle linee guida deliberate dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti e sui controlli effettuati nell'anno. Il medesimo referto è, altresì, inviato al presidente del consiglio comunale o provinciale. Ai sensi dell'art. 148, comma 4, TUEL, poi, nell'ipotesi in cui le verifiche condotte dalla Corte dei conti in sede di controllo si concludano nel senso della mancata approvazione degli strumenti di controllo ovvero nel senso dell'inadeguatezza dei medesimi strumenti, la stessa Corte (questa volta, in sede giurisdizionale) irroga agli amministratori responsabili la condanna ad una sanzione pecuniaria da un minimo di cinque fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione, fermo restando quanto previsto dall'art. 1 della l. n. 20/1994 (in materia di responsabilità amministrativo-contabile) e dai commi 5 e 5-bis dell'art. 248 TUEL (in tema di sanzioni irrogabili, rispettivamente, ad amministratori e collegi dei revisori ritenuti responsabili del verificarsi del dissesto finanziario dell'ente locale). La fattispecie di cui all'art. 148, comma 4, TUEL è qualificata sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza contabile come ipotesi di responsabilità sanzionatoria (Di Marco, 770). In particolare, la giurisprudenza contabile evidenzia che, trattandosi di disposizione di carattere sanzionatorio, essa deve essere considerata di stretta interpretazione, con la conseguenza che, in ossequio al principio di tassatività, la sanzione ivi prevista non può trovare applicazione oltre i casi espressamente considerati dall'art. 148, comma 4, TUEL, sia con riferimento ai destinatari della sanzione sia in ordine alla condotta imputabile (C. conti, sez. giur. Sicilia, n. 438/2020). Dal riconosciuto carattere sanzionatorio derivano poi delle importanti conseguenze in relazione al profilo soggettivo della responsabilità. Secondo il Giudice contabile, infatti, «non sembra plausibile sostenere – a meno di non voler trasformare la fattispecie contestata in una forma di responsabilità oggettiva o di interpretare il principio di continuità amministrativa, invocato dall'accusa, in chiave esattamente contraria al principio di responsabilità di mandato canonizzato dalla più recente giurisprudenza costituzionale – che lo stato di deficitarietà organizzativa, di confusione amministrativa e contabile e di conclamato dissesto finanziario, che gli organi oggi chiamati in giudizio hanno dovuto fronteggiare all'atto dell'insediamento [...], possano essere irrilevanti quali circostanze impeditive o comunque pregiudizievoli rispetto all'azione propulsiva finalizzata alla corretta implementazione dei controlli interni, la cui omissione viene ad essi rimproverata, quanto meno ai fini della valutazione concernente l'intensità dell'elemento soggettivo (colpa grave)» (C. conti, sez. giur. Sicilia, n. 438/2020). Sicché, in sostanza, il carattere sanzionatorio della norma non esclude la necessità che in giudizio debba fornirsi la prova (almeno) della colpa grave del soggetto responsabile. Concludendo sulla fattispecie di cui all'art. 148, comma 4, TUEL è necessario sottolineare che, in applicazione dell'art. 52, comma 4, del d.lgs. n. 174/2016 (Codice di giustizia contabile), qualora dalle verifiche condotte sul funzionamento dei controlli interni dovesse emergere la mancata approvazione degli strumenti di controllo ovvero l'inadeguatezza dei medesimi, tale negativo riscontro è fatto oggetto di un'apposita segnalazione, da parte della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti, alla Procura contabile per l'eventuale attivazione dello speciale rito previsto dall'art. 133 del Codice di giustizia contabile, appunto rubricato «Giudizio per l'applicazione di sanzioni pecuniarie». Si rinvia al Capitolo dedicato alla «responsabilità amministrativo-contabile» per l'ulteriore approfondimento del tema. Questioni applicative.1) Come incidono sul controllo interno l'emergenza sanitaria da COVID 19 e il P.N.R.R.? L'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19 ha costretto le pubbliche amministrazioni a confrontarsi, inaspettatamente, con eventi improvvisi e imprevedibili che hanno avuto importanti ripercussioni sulla finanza pubblica e, più in generale, sugli equilibri di bilancio delle stesse pubbliche amministrazioni. Nella convinzione che «per affrontare la complessità, l'estensione e le criticità di tale situazione emergenziale, un contributo significativo, sotto il profilo finanziario e gestionale», possa «essere fornito dal sistema di controllo interno di ciascuna Amministrazione», la Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, ha emanato apposite «Linee di indirizzo per i controlli interni durante l'emergenza da COVID-19» (delib. n. 18/SEZAUT/2020/INPR). Come si legge nelle predette Linee-guida, «in tale contesto – che ha finito per alterare tutti i processi di gestione del rischio esistenti – le varie componenti del sistema integrato di controllo interno [...] sono chiamate a non affidarsi esclusivamente ai principi ed alle prassi anteriormente vigenti e seguite, in quanto ciò potrebbe comportare un indebolimento dei controlli in alcune aree, aumentando la probabilità che si verifichino nuovi rischi in altre. Appare necessario, invece, che dette strutture si dotino di adeguati strumenti (organizzativi, informatici e metodologici) per fornire idonee risposte alle sfide dell'emergenza, modificando sostanzialmente, se del caso, l'approccio ai controlli sotto svariati profili (programmazione dei controlli, procedure di lavoro, aree di controllo, metodologie). Solamente con tale supporto le Amministrazioni potranno operare in modo efficace e rispondere in modo tempestivo alle emergenze attuali e future». La centralità dei controlli interni nell'ottica della risposta all'emergenza sanitaria da COVID-19 trova conferma anche nel recentissimo «Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza» (c.d. P.N.R.R.) predisposto dall'Italia nell'ambito del programma «Next Generation EU» (NGEU) adottato dall'Unione Europea. Nel P.N.R.R. elaborato dall'Italia si chiarisce espressamente che ciascuna amministrazione responsabile dell'attuazione degli interventi rientranti nello stesso P.N.R.R. «effettua i controlli sulla regolarità delle procedure e delle spese e adotta tutte le misure necessarie a prevenire, correggere e sanzionare le irregolarità e gli indebiti utilizzi delle risorse. Le stesse adottano tutte le iniziative necessarie a prevenire le frodi, i conflitti di interesse ed evitare il rischio di doppio finanziamento pubblico degli interventi. Esse sono inoltre responsabili del recupero e della restituzione delle risorse indebitamente utilizzate, ovvero oggetto di frode o doppio finanziamento pubblico. Gli atti, i contratti ed i provvedimenti di spesa adottati dalle Amministrazioni responsabili dell'attuazione degli interventi sono sottoposti agli ordinari controlli di legalità ed ai controlli amministrativo-contabili previsti dalla legislazione nazionale applicabile». Da quanto innanzi esce rinforzato il ruolo dei controlli interni nelle dinamiche dell'azione pubblica, giacché essi costituiscono uno strumento essenziale per garantire la migliore tutela dell'interesse pubblico. BibliografiaDi Marco, Le verifiche sul funzionamento dei controlli interni, in Gribaudo, Patumi, I Controlli della corte dei Conti sugli enti territoriali e gli altri enti pubblici, Santarcangelo di Romagna, 2020, 770 ss.; Lombardi, Il sistema dei controlli amministrativi e contabili, in Ferrari, Madeo (a cura di), Manuale di contabilità pubblica, Milano, 2019, 199; Schlitzer, Trattato di contabilità pubblica, tomo I, Il nuovo sistema dei controlli, Napoli, 2021, 335-336. |