Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 32 - (Fasi delle procedure di affidamento)12

Marco Giustiniani

(Fasi delle procedure di affidamento)12

[1. Le procedure di affidamento dei contratti pubblici hanno luogo nel rispetto degli atti di programmazione delle stazioni appaltanti previsti dal presente codice o dalle norme vigenti.

2. Prima dell'avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti, in conformità ai propri ordinamenti, decretano o determinano di contrarre, individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte. Nella procedura di cui all'articolo 36, comma 2, lettere a) e b), la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l'oggetto dell'affidamento, l'importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti 3.

3. La selezione dei partecipanti e delle offerte avviene mediante uno dei sistemi e secondo i criteri previsti dal presente codice.

4. Ciascun concorrente non può presentare più di un'offerta. L'offerta è vincolante per il periodo indicato nel bando o nell'invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione. La stazione appaltante può chiedere agli offerenti il differimento di detto termine.

5. La stazione appaltante, previa verifica della proposta di aggiudicazione ai sensi dell'articolo 33, comma 1, provvede all'aggiudicazione.

6. L'aggiudicazione non equivale ad accettazione dell'offerta. L'offerta dell'aggiudicatario è irrevocabile fino al termine stabilito nel comma 8.

7. L'aggiudicazione diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti.

8. Divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione deve avere luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario, purché comunque giustificata dall'interesse alla sollecita esecuzione del contratto . La mancata stipulazione del contratto nel termine previsto deve essere motivata con specifico riferimento all'interesse della stazione appaltante e a quello nazionale alla sollecita esecuzione del contratto e viene valutata ai fini della responsabilità erariale e disciplinare del dirigente preposto. Non costituisce giustificazione adeguata per la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto, salvo quanto previsto dai commi 9 e 11, la pendenza di un ricorso giurisdizionale, nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto. Le stazioni appaltanti hanno facoltà di stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione del contratto e dalla prosecuzione o sospensione della sua esecuzione.  Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l'aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. All'aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate. Nel caso di lavori, se è intervenuta la consegna dei lavori in via di urgenza e nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza, l'aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione dei lavori ordinati dal direttore dei lavori, ivi comprese quelle per opere provvisionali. Nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza, l'aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per le prestazioni espletate su ordine del direttore dell'esecuzione. L'esecuzione d'urgenza di cui al presente comma è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari 4.

9. Il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione.

10. Il termine dilatorio di cui al comma 9 non si applica nei seguenti casi:

a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o dell'inoltro degli inviti nel rispetto del presente codice, è stata presentata o è stata ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisione definitiva;

b) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all'articolo 54,nel caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all'articolo 55,nel caso di acquisto effettuato attraverso il mercato elettronico nei limiti di cui all'articolo 3, lettera bbbb) e nel caso di affidamenti effettuati ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettere a) e b) 5.

11. Se è proposto ricorso avverso l'aggiudicazione con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva. L'effetto sospensivo sulla stipula del contratto cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara incompetente ai sensi dell'articolo 15, comma 4, del codice del processo amministrativo di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n.104, o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari o rinvia al giudizio di merito l'esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all'immediato esame della domanda cautelare.

12. Il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva dell'esito positivo dell'eventuale approvazione e degli altri controlli previsti dalle norme proprie delle stazioni appaltanti.

13. L'esecuzione del contratto può avere inizio solo dopo che lo stesso è divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante ne chieda l'esecuzione anticipata, nei modi e alle condizioni previste al comma 8.

14. Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell'Ufficiale rogante della stazione appaltante o mediante scrittura privata; in caso di procedura negoziata ovvero per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro mediante corrispondenza secondo l'uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri 6.

14-bis. I capitolati e il computo estimativo metrico, richiamati nel bando o nell'invito, fanno parte integrante del contratto  7.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

[4] Comma modificato dall'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120.

[6] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

Inquadramento

L'evidenza pubblica. Il procedimento amministrativo che accompagna la conclusione dei contratti della P.A. è caratterizzato dalla c.d. evidenza pubblica.

La procedimentalizzazione dell'attività negoziale dei contraenti di diritto pubblico (e dei soggetti a questi equiparati) contrassegna uno dei profili di specialità del contratto (passivo) pubblico e risponde all'esigenza di assicurare; anche nell'ambito di un'azione amministrativa che va progressivamente a delinearsi secondo moduli privatistici; il perseguimento dell'interesse pubblico, nonché la parità di condizioni fra le possibili controparti contrattuali dell'amministrazione (Giustiniani; Fontana).

Nei rapporti negoziali fra privati vige un regime di assoluta libertà per quanto attiene alla scelta delle controparti e dei contratti da stipulare, senza la previsione di alcuna regola o dovere motivazionale; la fase precedente alla stipulazione contrattuale è del tutto irrilevante per l'ordinamento giuridico, fatti salvi gli obblighi di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c.

Così non è per quanto concerne i contratti di cui è parte la pubblica amministrazione, la quale è tenuta a seguire un dettagliato corpus di regole pubblicistiche per l'individuazione delle proprie controparti contrattuali.

Il procedimento di formazione del contratto pubblico è scandito da due diverse fasi, i) l'una regolata dal diritto pubblico e ii) l'altra riconducibile nell'alveo del diritto privato.

Si veda, per l'approfondimento della cosiddetta teoria del doppio grado, il commento all'art. 1, parr. nn. 8.1. e 9.3.

La fase pubblicistica delle procedure ad evidenza pubblica. La prima fase della formazione del contratto pubblico, ossia la fase c.d. pubblicistica, parte dalla determinazione della P.A. in ordine alla stipula di un contratto per il soddisfacimento di un proprio fabbisogno ed è destinata a sfociare nell'aggiudicazione del contratto medesimo.

Essa attiene essenzialmente alla selezione della controparte privata con cui concludere lo stipulando contratto.

In questa fase, la stazione appaltante «interviene spendendo un potere di selezione (appunto), il cui esercizio si snoda attraverso una procedura c.d. a evidenza pubblica, al fine di garantire l'individuazione del miglior offerente (dunque nell'interesse contabilistico ad un'efficiente collocazione delle risorse pubbliche), nonché a tutela dei valori della concorrenza e dell'imparzialità; e, perciò, nell'interesse dell'intera platea degli operatori economici appartenenti all'area economica in cui si inserisce il contratto da stipulare» (Gamberini, Giustiniani, 7-8).

L'evidenza pubblica è un modulo procedimentale applicabile tendenzialmente a ciascuna tipologia contrattuale, pur nella misura e con le modalità stabilite dalla legge (si pensi, ad esempio, ai contratti esclusi dall'ambito oggettivo di applicazione della disciplina di diritto pubblico).

Per quanto riguarda i contratti pubblici passivi, la procedura di formazione e conclusione degli stessi è disciplinata nei suoi tratti essenziali dagli artt. 32 e 33 del d.lgs. n. 50/2016, che contengono l'individuazione di una serie di passaggi procedimentali la cui disciplina viene al contempo esplicitata ed esplosa nelle successive disposizioni codicistiche (Giustiniani, Fontana).

In estrema sintesi, gli artt. 32 e 33, d.lgs. n. 50/2016, suddividono il procedimento di formazione del contratto pubblico nelle seguenti fasi:

i) adozione della determina (o decreto, o delibera) a contrarre e del bando di gara (o altro atto equipollente);

ii) definizione del perimetro dei partecipanti alla procedura di affidamento, seguita dall'individuazione del miglior offerente;

iii) adozione dell'atto di aggiudicazione, previa proposta di aggiudicazione e relativa verifica;

iv) sottoscrizione del contratto, una volta divenuta efficace l'aggiudicazione (a seguito della verifica del possesso dei requisiti prescritti dalla lex specialis di gara da parte dell'aggiudicatario) e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela;

v) eventuale approvazione del contratto e altri controlli eventualmente previsti dalle norme proprie dei singoli ordinamenti delle stazioni appaltanti o degli enti aggiudicatori, cui è subordinata l'efficacia del contratto.

In relazione alla strutturazione delle procedure ad evidenza pubblica, a carico della stazione appaltante si registra un duplice vincolo: i) per un verso, infatti, l'amministrazione è tenuta a procedimentalizzare la scelta del contraente, in ossequio tanto al diritto interno quanto al diritto eurounitario; ii) per altro verso, essa è tenuta a scegliere una delle procedure tipizzate dal Codice, in virtù del c.d. principio di tipicità delle procedure di selezione del contraente.

Nel diritto civile, la fase relativa all'individuazione della controparte contrattuale è retta da una serie di regole di comportamento, la cui violazione determina esclusivamente conseguenze di natura risarcitoria a carico del contraente che vi contravvenga; nel diritto dei contratti pubblici, al contrario, si assiste a una mutazione delle regole di comportamento in regole di validità, in quanto la violazione della disciplina (speciale) dettata dal d.lgs. n. 50/2016 non solo determina l'invalidità della procedura di evidenza pubblica svolta a monte, ma anche – nei casi e alle condizioni di cui agli artt. 121 e122c.p.a. (vedi il relativo commento) – il travolgimento del contratto stipulato a valle (Giustiniani, Fontana).

La ‘pubblicizzazione' della fase di scelta del contraente consente inoltre il potenziamento della tutela dei terzi non contraenti; se la selezione della migliore offerta seguisse moduli integralmente privatistici, il dogma dell'impermeabilità della posizione del terzo; a fronte della pattuizione inter alios acta; da garanzia diverrebbe causa di pregiudizio, posto che ne discenderebbe l'impossibilità di contestare la scelta operata dalla stazione appaltante (Gamberini, Giustiniani, 9).

Al contrario, l'applicazione del regime pubblicistico determina l'applicazione dello statuto del provvedimento amministrativo, per cui l'aggiudicazione (nella sua qualità di provvedimento amministrativo) diviene impugnabile ad opera dei terzi che si assumano lesi nella loro posizione giuridica di interesse legittimo pretensivo finalizzato all'ottenimento della commessa pubblica.

La fase privatistica a valle delle procedure ad evidenza pubblica. Terminata la macro-fase pubblicistica della procedura, i rapporti tra la P.A. e il contraente privato; relativamente all'esecuzione delle obbligazioni dedotte nel contratto; sono disciplinati dal diritto privato, secondo quanto confermato dall'art. 30, comma 8, d.lgs. n. 50/2016.

La fase pubblicistica può ritenersi conclusa con l'aggiudicazione della procedura ovvero, più propriamente, con l'esaurimento dei controlli sull'aggiudicazione ad opera della stazione appaltante.

In tale momento si rinviene il confine tra lo stadio propriamente pubblicistico, che vede l'amministrazione agire in qualità di autorità (ovverosia nell'esercizio del potere amministrativo), e lo stadio più propriamente privatistico.

Una volta esaurita la fase pubblicistica, l'amministrazione provvede alla stipulazione del contratto, a seguito della quale il soggetto pubblico e quello privato si trovano a essere posti su di un piano di parità, uniti da rapporti fondati sul binomio diritto soggettivo – obbligo, secondo la logica propria del diritto civile (Giustiniani; Fontana).

Il contratto pubblico, dopo la relativa stipula, assume una natura genuinamente privata (Caringella), atteso l'espresso rinvio dell'art. 30,comma 8, d.lgs. n. 50/2016, secondo cui alla stipula del contratto e alla fase esecutiva si applicano – per quanto non diversamente previsto – le disposizioni del codice civile.

L'art. 32 del Codice: una panoramica dei tratti essenziali delle fasi di formazione del contratto pubblico. In tale contesto, l'art. 32 del d.lgs. n. 50/2016 si occupa di disciplinare i tratti essenziali comuni a tutte le procedure di affidamento previste dal Codice.

Si tratta di una norma avente una significativa portata innovativa, in quanto sistematizza in maniera organica una serie di regole – alcune delle quali in precedenza non espressamente previste – che già si rinvenivano nella prassi applicativa delle stazioni appaltanti.

Le disposizioni contenute nell'articolo in commento, in altre parole, dettano regole tendenzialmente omogenee per le diverse procedure di selezione del contraente, che si impongono al rispetto di ciascuna stazione appaltante.

L'art. 32 del Codice costituisce la generalizzazione della disciplina vigente in tema di procedure a evidenza pubblica svolte dagli enti locali (Giustiniani; Fontana).

L'art. 192 del d.lgs. n. 267/2000, infatti, prevedeva che la stipulazione dei contratti fosse preceduta da un'apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa indicante:

i) il fine che con il contratto si intendeva perseguire;

ii) l'oggetto, la forma e le clausole ritenute essenziali del contratto;

iii) le modalità di scelta del contraente nonché le motivazioni che ne erano alla base.

La necessaria congruenza delle procedure di affidamento con la fase di programmazione degli acquisti.

Il primo comma dell'art. 32 prevede innanzitutto il principio della necessaria congruenza delle procedure di affidamento dei contratti pubblici con la preventiva programmazione degli acquisti di cui sono onerate le stazioni appaltanti, stabilendo che le procedure ad evidenza pubblica debbano avere luogo «nel rispetto degli atti di programmazione delle stazioni appaltanti previsti dal presente codice o dalle norme vigenti».

Fatte salve le eccezioni espressamente contemplate dal Codice (non sono affatto rari i casi in cui è possibile procedere ad acquisti non previsti in sede di programmazione), la legittimità delle procedure di affidamento presuppone la loro necessaria inclusione nella programmazione triennale dei lavori pubblici ovvero nel programma biennale degli acquisti di beni e servizi, o nei relativi atti di aggiornamento annuale (Caringella, Protto).

Si avvalora, in definitiva, l'esigenza di carattere finanziario – particolarmente avvertita nell'attuale congiuntura storica di particolare delicatezza per i conti pubblici – di evitare il più possibile una gestione improvvisata ed emergenziale degli acquisti delle pubbliche amministrazioni.

La determina a contrarre.

La procedura finalizzata alla stipula di un contratto pubblico ha inizio con la determina (o decreto, o delibera) a contrarre.

Tale atto costituisce un provvedimento amministrativo di tipo gestionale che, ai sensi dell'art. 32, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, deve essere adottato dalle stazioni appaltanti prima dell'avvio di una procedura di affidamento di una commessa pubblica e nel rispetto degli atti di programmazione eventualmente previsti dal medesimo codice o dalla normativa vigente (Fontana).

Più precisamente, la determina a contrarre deve essere adottata i) dopo lo svolgimento di eventuali consultazioni preliminari di mercato, ii) dopo gli avvisi di preinformazione e iii) prima dell'avvio formale della procedura di selezione del contraente (Caponigro).

Si tratta, dunque, di una manifestazione di volontà che si pone in rapporto di diretta strumentalità con il contratto e che ne costituisce l'indefettibile presupposto.

È l'atto che chiude la fase preliminare della procedura ad evidenza pubblica, con cui l'amministrazione i) definisce gli elementi essenziali del contratto che si è determinata a stipulare, ii) esterna le ragioni di pubblico interesse che hanno fondato la decisione, iii) individua il tipo di procedura che intende seguire e iv) indica quale criterio di selezione delle offerte intende utilizzare.

Più precisamente, la determina a contrarre deve riportare i seguenti contenuti:

i) gli elementi essenziali del futuro contratto;

ii) i criteri di selezione del contraente (ossia la tipologia di procedura di gara che sarà utilizzata);

iii) i criteri di selezione delle offerte (ossia il criterio di aggiudicazione che sarà utilizzato tra quelli previsti dall'art. 95, d.lgs. n. 50/2016).

Con specifico riferimento ai contratti di cui all'art. 36, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 50/2016 (ossia con riferimento ai contratti di importo inferiore a 40.000 euro), il legislatore ha previsto che la stazione appaltante possa procedere ai relativi affidamenti direttamente tramite la determina a contrarre o altro atto equivalente, inserendo al suo interno, «in modo semplificato, l'oggetto dell'affidamento, l'importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti».

Ai sensi del d.l. n. 76/2020, la determina a contrarre (o altro atto equivalente) può essere utilizzata anche per gli affidamenti diretti i) dei lavori di importo superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro e ii) dei servizi e delle forniture di importo compreso tra 40.000 euro e 75.000 euro, consentiti temporaneamente fino al 31 dicembre 2021.

Come si è anticipato, se da un lato la determina a contrarre può essere considerata l'avvio della procedura di stipula del contratto pubblico, dall'altro lato non costituisce propriamente l'atto formale di avvio della procedura di selezione del contraente, posto che si tratta di un atto tendenzialmente privo di rilevanza esterna e, dunuqe, non è normalmente impugnabile in quanto a carattere endoprocedimentale (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro I, n.713/2021).

Del resto, anche il Comunicato del Presidente ANAC del 20 maggio 2020 – seppur al limitato fine di perimetrare l'ambito temporale di applicazione dell'esenzione dal pagamento della contribuzione all'Autorità disposta per aiutare le imprese nelle difficili contingenze economiche legate all'emergenza sanitaria da Covid-19; ha chiarito che per «avvio della procedura» si deve intendere la data di pubblicazione del bando di gara oppure, nel caso di procedure senza previa pubblicazione di bando, la data di invio della lettera di invito a presentare l'offerta.

Sempre con riferimento ai contratti sotto-soglia, la determina a contrarre è l'atto deputato a contenere e a motivare l'eventuale deroga che la stazione appaltante intenda operare rispetto al principio di rotazione nell'affidamento dell'appalto (USAI).

Nel resto dell'articolato del Codice si rinvengono disposizioni che specificano ulteriormente i contenuti della determina a contrarre così come individuati dall'articolo in commento.

A titolo esemplificativo:

i) ai sensi dell'art. 71, qualora la P.A. intenda derogare al contenuto di un bando-tipo predisposto dall'ANAC, la deroga dovrà essere puntualmente motivata all'interno della determina a contrarre;

ii) ai sensi dell'art. 63, comma 1, qualora la pubblica amministrazione opti per la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, è imposto già in sede di determina a contrarre un onere di adeguata motivazione circa la scelta operata; tale onere non può essere ritenuto applicabile con riferimento alle procedure avviate nel periodo di tempo intercorrente tra la data di entrata in vigore del d.l. n. 76/2020 e il 31 dicembre 2021, posto che il decreto 'Semplificazioni' ha previsto, in via temporanea, la possibilità di utilizzo generalizzato della procedura negoziata senza bando anche in assenza delle condizioni legittimanti di cui all'art. 63 del Codice.

La determina a contrarre è un atto amministrativo i) a natura programmatica, ii) a rilevanza esclusivamente interna, iii) avente come unico destinatario l'organo legittimato ad esternare la volontà dell'ente e pertanto iv) inidoneo a produrre effetti verso terzi (Fontana).

Sulla base di tale assunto, parte della giurisprudenza ha affermato la non immediata impugnabilità della determina a contrarre e la revocabilità ad nutum della medesima, essendo essa un atto meramente endoprocedimentale e pertanto, di regola, inidoneo a costituire in capo ai terzi posizioni di interesse qualificato (cfr. T.A.R. Sicilia Catania I, n.1565/2020;T.A.R. Campania Napoli VIII, n.7018/2018; T.R.G.A. Trento I, n. 53/2017).

A livello teorico, è, tuttavia, possibile individuare alcune ipotesi in cui già l'adozione della determina a contrarre concretizza una lesione della sfera giuridica del privato, rendendo così esperibile una impugnativa giurisdizionale finalizzata ad ottenerne l'annullamento.

Si consideri, ad esempio, il caso in cui la determina a contrarre contenga una scelta procedurale che determini una chiusura (anche solo potenziale) del mercato, come la previsione di un affidamento con procedura negoziata ovvero di un affidamento diretto (T.A.R. LazioRomaII-ter, n. 8010/2018).

Sul punto, è stato ritenuto che «la scelta di ricorrere a trattativa privata per l'assegnazione di un servizio è sindacabile sotto il profilo del rispetto dei presupposti che legittimano la stazione appaltante ad adottare tale procedura in luogo di quelle più confacenti ai principi comunitari e nazionali di individuazione del contraente privato nei contratti della Pubblica Amministrazione» (Cons. St. VI, n.2955/2008).

In tale contesto, per radicare la legittimazione ad impugnare la determina si ritengono sufficienti la qualifica di operatore economico e l'appartenenza al settore cui si riferisce lo stipulando contratto, essendo tale appartenenza idonea a differenziare (sotto il profilo della legittimazione attiva) la posizione del ricorrente da quella del quisque de populo.

La determina a contrarre, nella sua natura non propriamente provvedimentale quanto piuttosto ‘endoprocedimentale', non produce effetti all'esterno della stazione appaltante. La sua funzione, infatti, attiene essenzialmente alla corretta assunzione di impegni di spesa da parte dell'Amministrazione nell'ambito del controllo e della gestione delle risorse finanziarie dell'ente pubblico, esaurendo gli effetti all'interno dell'Amministrazione stessa (cfr.T.A.R. Calabria Catanzaro I, n.713/2021).

Sotto altro profilo, già con la determina a contrarre può generarsi una posizione giuridica qualificata (con effetti, quindi, non solo 'interni') nei casi in cui la determinazione degli elementi essenziali del contratto e dei criteri di selezione non venga assolta dal (successivo) bando di gara, ma anticipatamente dalla stessa determina a contrarre, come avviene in particolare nelle procedure negoziate senza bando: ove la determina a contrarre disponga il ricorso a tale tipologia di procedura, essa si pone quale ultimo atto che precede e autorizza l'attività di contrattazione, è pertanto idonea a provocare una diretta lesione nella sfera giuridica di terzi e può, quindi, essere impugnata in via diretta (cfr.T.A.R. Sicilia Catania I, n.1565/2020;T.A.R. Lazio Roma III-quater, n.3663/2012).

La revoca della determina a contrarre è idonea a travolgere tutti i successivi atti della procedura di gara (Giustiniani; Fontana).

La selezione dei partecipanti e delle offerte.

L'art. 32, comma 3, d.lgs. n. 50/2016 prevede che «la selezione dei partecipanti e delle offerte» avvenga «mediante uno dei sistemi e secondo i criteri previsti dal presente codice».

Per quanto concerne i ‘sistemi' di aggiudicazione, le diverse procedure tipizzate dal Codice sono elencate all'art. 59 e più esaustivamente disciplinate nei successivi articoli, ai cui commenti si rinvia.

In questa sede, basti ricordare che il ‘catalogo' di cui all'art. 59 del Codice prevede le seguenti procedure di aggiudicazione:

i) la procedura aperta;

ii) la procedura ristretta;

iii) la procedura competitiva con negoziazione;

iv) il dialogo competitivo;

v) la procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara;

vi) il partenariato per l'innovazione.

Il d.lgs. n. 50/2016 ha confermato l'esclusione dall'elenco delle «procedure per l'individuazione degli offerenti», dei c.d. accordi quadro (art. 54) e dei c.d. sistemi dinamici di acquisizione (art. 55), che costituiscono altrettanti strumenti per giungere all'affidamento di commesse pubbliche.

Se tale esclusione appare corretta con riferimento ai sistemi dinamici di acquisizione, che costituiscono una particolare modalità di svolgimento di procedure aperte, residuano forti dubbi circa la correttezza dell'esclusione degli accordi quadro.

Sembra infatti riduttivo parificare tali accordi a una mera modalità di svolgimento di procedure aperte o ristrette, dovendosi al contrario considerarli – per la specificità della disciplina – vere e proprie procedure autonome di selezione dei contraenti privati (Giustiniani, Fontana).

Considerazioni ancora diverse devono essere riservate al c.d. «project financing», che costituisce una specifica modalità per l'affidamento di concessioni di lavori pubblici.

In forza del principio di tassatività delle procedure di gara, il ‘catalogo' delle procedure previste dal Codice (invero ben più ampio di quello contenuto nel solo art. 59, d.lgs. n. 50/2016, posto che in numerose altre disposizioni codicistiche si rinviene la previsione di altre procedure di selezione lato sensu intese) deve considerarsi tassativo, con la conseguenza che le stazioni appaltanti non potranno adottare procedure diverse da quelle previste ex lege (Giustiniani, Fontana).

Per quanto concerne invece i « criteri » di aggiudicazione (menzionati dal terzo comma dell'articolo in commento insieme ai « sistemi »), essi sono esaustivamente disciplinati all'art. 95 del Codice, al cui commento si rinvia.

In questa sede, basti ricordare che il predetto articolo attribuisce alla stazione appaltante la facoltà di scelta fra due distinti criteri:

i) il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (miglior rapporto qualità-prezzo);

ii) il criterio del prezzo più basso (maggior ribasso rispetto all'importo posto a base d'asta).

L'indicazione è di tipo tassativo.

L'unico elemento di ‘eccentricità' del sistema è dato dal settimo comma dell'art. 95, secondo cui l'elemento relativo al costo «può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi».

L'offerta: termine di vincolatività e principio di unicità

L'offerta è l'atto negoziale di diritto privato, avente la natura giuridica di proposta contrattuale, con cui un operatore economico formula le condizioni economiche o tecnico-economiche alla stregua delle quali egli è disposto a concludere l'affidando contratto pubblico.

Nelle procedure aperte, l'offerta cumula in sé i connotati della domanda di partecipazione; viceversa, nelle procedure diverse da quelle aperte, la presentazione dell'offerta sarà logicamente e cronologicamente successiva alla domanda di partecipazione e all'accoglimento della domanda medesima (Giustiniani; Fontana).

L'articolo in commento non offre indicazioni sulla forma e sul contenuto delle offerte, limitandosi solamente – al comma 4 – i) a indicare per quanto tempo un'offerta deve ritenersi vincolante per l'operatore economico che l'ha presentata e ii) a enunciare il c.d. principio di unicità dell'offerta.

Con riferimento al primo profilo, ai sensi dell'art. 32, comma 4, d.lgs. n. 50/2016, l'offerta vincola l'operatore economico che l'ha presentata per il periodo indicato nel bando ovvero, in mancanza di esplicita indicazione, per il periodo di centottanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione.

Nella vigenza del d.l. n. 76/2020 (c.d. ‘decreto Semplificazioni'), si pone il problema di coordinare questo termine con le disposizioni ivi previste le quali; seppur temporaneamente; introducono dei 'tetti massimi' di durata delle procedure di gara (Giustiniani; Fontana).

Più precisamente, nelle procedure che saranno avviate nel lasso temporale intercorrente tra l'entrata in vigore del d.l. n. 76/2020 e il 31 dicembre 2021 e fatti salvi i casi di sospensione disposta per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, l'aggiudicazione dovrà intervenire:

i ) entro due mesi dall'adozione dell'atto di avvio del procedimento per importi fino a 150.000 euro;

ii ) entro quattro mesi dall'adozione dell'atto di avvio del procedimento per importi compresi tra 150.000 euro e le soglie di rilevanza comunitaria;

iii ) entro sei mesi dall'adozione dell'atto di avvio del procedimento per importi soprasoglia.

Il mancato rispetto di tali termini (così come la mancata tempestiva stipula del contratto e il tardivo avvio di esecuzione dello stesso) potrà essere valutato ai fini della responsabilità erariale del RUP, qualora sia a quest'ultimo imputabile.

Qualora, invece, il ritardo sia addebitabile all'operatore economico, costituirà causa di esclusione dalla procedura ovvero di risoluzione ipso iure del contratto eventualmente già stipulato.

Si segnala, sul punto, che il decreto ‘Semplificazioni' riconduce l'avvio delle procedure di affidamento non già alla pubblicazione del bando di gara, ma all'adozione della determina a contrarre o di altro atto ad essa equivalente, contrariamente – ad esempio – rispetto all'orientamento dell'ANAC espresso dal Comunicato del Presidente del 20 maggio 2020.

Con riferimento al secondo profilo, l'art. 32, comma 4, d.lgs. n. 50/2016, prevede che ciascun concorrente non possa presentare più di un'offerta.

Il principio di unicità dell'offerta, in altre parole, impone ai partecipanti alle procedure ad evidenza pubblica di concorrere con un'unica proposta economica o tecnico-economica, eccezion fatta – ovviamente – per quelle procedure di tipo straordinario in cui è consentito agli operatori concorrenti di affinare le proprie offerte, sino a presentare una offerta finale e definitiva (si consideri, ad esempio, la fattispecie del dialogo competitivo).

Ciascun operatore economico partecipante ad una gara pubblica non potrà, quindi, concorrere con una pluralità di offerte dal contenuto differente, non potendosi consentire che sia la stazione appaltante a scegliere tra le molteplici opzioni prospettate in violazione del principio che impone la par condicio di tutti gli offerenti (cfr. T.A.R. Lazio Roma III, n.5264/2018).

Più precisamente, il principio di unicità dell'offerta è posto a presidio – da un lato – del buon andamento, dell'economicità e della certezza dell'azione amministrativa, per evitare che la stazione appaltante sia costretta a valutare plurime offerte provenienti dal medesimo operatore economico, tra loro incompatibili, e che perciò venga ostacolata nell'attività di individuazione della migliore offerta, e – dall'altro – a tutela della par condicio dei concorrenti, poiché la pluralità delle proposte attribuirebbe all'operatore economico maggiori possibilità di ottenere l'aggiudicazione o comunque di ridurre il rischio di vedersi collocato in posizione deteriore, a scapito dei concorrenti fedeli che hanno presentato una sola e univoca proposta corrispondente alla prestazione oggetto dell'appalto, alla quale affidare la loro unica ed esclusiva chance di aggiudicazione. La presentazione di un'unica offerta capace di conseguire l'aggiudicazione, infatti, è il frutto di un'attività di elaborazione nella quale ogni impresa affronta il rischio di una scelta di ordine tecnico, che la stazione appaltante rimette alle imprese del settore, ma che comporta una obiettiva limitazione delle possibilità di vittoria (T.A.R. LombardiaMilano II, n.837/2021).

Qualora si consentisse a un operatore economico di presentare più di un'offerta, de facto si attribuirebbero ad esso maggiori possibilità di conseguire l'aggiudicazione dell'appalto, ledendo non solo il principio di parità di trattamento, ma anche quello (costituzionalmente tutelato) di buon andamento della pubblica amministrazione.

La violazione di siffatto principio non può ritenersi sanabile dalla circostanza che, in presenza di due diverse proposte contenute nella medesima offerta, la stessa sia stata ricondotta ad unità dalla commissione disponendo l'esclusione di una delle soluzioni proposte. In tale ipotesi, infatti, il rispetto della par condicio sarebbe degradato a circostanza meramente eventuale, la cui verificazione finirebbe per discendere in maniera aleatoria dall'operato – a valle; della commissione giudicatrice, laddove invece la par condicio va assicurata a monte attraverso l'esclusione della stessa possibilità di presentazione di duplici offerte o di plurime proposte nell'ambito della medesima offerta, la cui inammissibilità non può che condurre all'esclusione dalla gara del concorrente che le abbia formulate (cfr. Cons. St. V, n.3946/2014).

L'aggiudicazione.

L'art. 32 dedica all'aggiudicazione i commi 5, 6 e 7.

L'aggiudicazione è un atto amministrativo che si pone a chiusura della fase pubblicistica della procedura di gara, ossia della fase in cui l'amministrazione, nell'esercizio del proprio potere amministrativo, individua la migliore controparte negoziale.

La formalizzazione della scelta operata dalla stazione appaltante, prima della sottoscrizione del contratto, è richiesta dal diritto eurounitario come forma di garanzia nei confronti dei terzi non aggiudicatari (Giustiniani; Fontana).

L'atto di aggiudicazione deve essere tenuto distinto dal successivo contratto e deve essere reso conoscibile in modo tale da essere suscettibile di impugnativa in sede giurisdizionale (Corte Giust. UE, 29 ottobre 1999,C-81/98;Corte Giust. UE, 11 gennaio 2005,C-26/03).

Ciò per neutralizzare il rischio che un'impugnativa sull'aggiudicazione implicita sottesa alla sottoscrizione del contratto possa essere sterilizzata, nelle sue prospettive di tutela (anche in forma specifica), proprio dal fatto che il contratto sia stato ormai stipulato se non, addirittura, già compiutamente eseguito.

La proposta di aggiudicazione (ex aggiudicazione provvisoria)

Il d.lgs. n. 50/2016 ha introdotto significative modifiche rispetto alla previgente scansione procedimentale dell'aggiudicazione dei contratti pubblici.

Secondo l'impostazione delineata dall'art. 11 del previgente d.lgs. n. 163/2006, infatti, l'aggiudicazione costituiva un atto complesso che si articolava in due fasi e atti distinti, ossia i) l'aggiudicazione provvisoria (adottata dal seggio di gara) e ii) l'aggiudicazione definitiva.

Al contrario, ild.lgs. n.50/2016 ha eliminato la dicotomia aggiudicazione provvisoria aggiudicazione definitiva, strutturando la fase conclusiva del procedimento amministrativo come segue:

i) all'esito delle operazioni di gara, viene presentata una proposta di aggiudicazione in favore del miglior offerente (v. art. 32, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016);

ii) la proposta di aggiudicazione viene verificata da parte degli uffici competenti della stazione appaltante;

iii) in caso di esito positivo della verifica, la proposta di aggiudicazione viene approvata dalla stazione appaltante, che provvede ad emanare l'aggiudicazione tout court (ex ‘aggiudicazione definitiva', v. art. 32, comma 5, e art. 33, d.lgs. n. 50/2016).

Nonostante l'introduzione della nuova locuzione “proposta di aggiudicazione” in luogo della precedente “aggiudicazione provvisoria” possa apparire rilevante ai soli fini definitori, essa presuppone un'importante novità sostanziale.

Il d.lgs. n. 50/2016 sembra infatti aver fatto proprie le posizioni dottrinarie e giurisprudenziali sviluppatesi attorno all'instabilità dell'aggiudicazione provvisoria (cfr. ex multisCons. St. IV, n.1512/2015;Cons. St. III, n.5877/2014), positivizzando con ancora maggiore incisività rispetto al passato la sua natura di atto meramente endoprocedimentale, ad effetti instabili e interinali, per tale ragione inidonei a produrre una lesione effettiva e definitiva della posizione giuridica soggettiva degli operatori economici non aggiudicatari.

La proposta di aggiudicazione si pone quindi:

i) rispetto al sub-procedimento rappresentato dalla fase valutativa delle offerte condotta dal seggio di gara, quale atto conclusivo della fase medesima;

ii) rispetto al procedimento ad evidenza pubblica considerato nel suo complesso, quale atto meramente endoprocedimentale e pertanto privo della ‘vis autoritativa' necessaria a rendere definitiva la scelta del contraente (Giustiniani; Fontana).

Dopo che sia intervenuta la proposta di aggiudicazione, prima di procedere all'aggiudicazione (per tale intendendosi il provvedimento che il previgente d.lgs. n. 163/2006 qualificava come ‘aggiudicazione definitiva'), la stazione appaltante è tenuta ad aprire ed espletare un sub- procedimento finalizzato alla verifica e all'approvazione della proposta, ai sensi dell'art. 32, comma 5, d.lgs. n. 50/2016.

Successivamente all'adozione della proposta, si apre quindi una fase di verifica finalizzata non solo a vagliare la legittimità degli atti della procedura di affidamento, bensì anche a bilanciare la compatibilità degli esiti della gara (anche qualora in sé legittimi) con l'interesse pubblico perseguito dalla stazione appaltante.

In merito alla disciplina della fase di verifica della proposta di aggiudicazione, si rinvia al commento relativo all'art. 33.

L'aggiudicazione c.d. definitiva

L'aggiudicazione costituisce il provvedimento conclusivo della fase pubblicistica di selezione del contraente.

Con tale atto, la stazione appaltante esprime in modo definitivo la propria scelta in ordine all'an dell'affidamento del contratto, nonché in relazione all'identificazione della propria controparte contrattuale.

Al pari del precedente art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 163/2006, l'art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016 chiarisce espressamente che il rapporto di rilevanza privatistica sorge esclusivamente con la sottoscrizione del contratto e non già con la mera aggiudicazione, che pertanto non può essere ritenuta equipollente rispetto al perfezionamento dell'accordo negoziale di diritto privato.

Ciò in quanto tale disposizione stabilisce inequivocabilmente che l'aggiudicazione del contratto «non equivale ad accettazione dell'offerta», rinviando quindi la formazione del vincolo negoziale al successivo momento della stipula, pur precisando che l'offerta dell'aggiudicatario deve ritenersi irrevocabile per un periodo di sessanta giorni, salvo che il bando o l'invito ad offrire indichino un termine diverso, ovvero che la stazione appaltante e l'aggiudicatario medesimo abbiano concordato un differimento.

L'efficacia dell'aggiudicazione e la verifica dei requisiti dell'aggiudicatario

Ai sensi dell'art. 32, comma 7, d.lgs. n. 50/2016, l'aggiudicazione diviene efficace solo a seguito della positiva verifica del possesso dei requisiti di partecipazione da parte dell'aggiudicatario.

La disciplina codicistica prevede, quindi, che a prescindere dalla circostanza che l'atto di aggiudicazione venga emesso prima o dopo il sub-procedimento di verifica dei requisiti, lo stesso non possa divenire efficace prima dell'avvenuta comprova dei requisiti medesimi.

L'adempimento in parola si inserisce nella fase conclusiva della procedura e incide in modo diretto sull'esito operativo della procedura medesima, condizionando l'efficacia dell'aggiudicazione al positivo controllo dell'affidabilità dell'aggiudicatario e accertando, di conseguenza, la possibilità di stipulare o meno il contratto (cfr. Cons. St., Ad. plen., n.10/2014).

Invero, nella prassi dell'attività negoziale delle pubbliche amministrazioni – con riferimento ai contratti sottosoglia; è frequente che queste ultime procedano alla stipula nelle more del sub -procedimento di verifica dei requisiti, prevedendo l'eventuale esito negativo di tale verifica quale condizione risolutiva espressa del contratto.

Una delle questioni che hanno ruotato attorno al sub-procedimento in parola è quella relativa alla natura giuridica dell'atto nel quale si compendia l'attività di verifica.

Rispetto a tale atto, è possibile escludere che lo stesso rivesta una sorta di autonomia funzionale nell'ambito del procedimento di gara e che, conseguentemente, possa essere caratterizzato da diretta ed autonoma lesività rispetto alla posizione giuridica pretensiva vantata dal soggetto aspirante all'aggiudicazione.

In altre parole, l'atto di verifica non assume una valenza provvedimentale autonoma, in quanto è adottato a gara ormai conclusa, nell'ambito di un sub-procedimento con esito meramente integrativo dell'efficacia dell'aggiudicazione ed al solo fine della stipulazione del contratto con l'offerente, già definitivamente selezionato (Giustiniani, Fontana).

Sul punto, il Consiglio di Stato; seppur nella vigenza del previgente d.lgs. n. 163/2006, ma con conclusioni che restano valide anche sotto la vigenza del d.lgs. n. 50/2016; è stato chiaro nel ritenere che l'atto conclusivo della procedura di gara è sempre e comunque l'aggiudicazione, rispetto alla quale l'esito positivo della verifica del possesso dei requisiti costituisce una mera condizione di efficacia; diversamente opinando, l'aggiudicazione stessa verrebbe ad assumere diversa valenza provvedimentale (e lesività) a seconda che la verifica de qua sia stata o meno espletata; come pure può accadere; prima dell'aggiudicazione medesima: ciò, evidentemente, urterebbe contro la logica complessiva del sistema normativo in esame (cfr. Cons. St. IV, n.1516/2012).

Sebbene sia l'aggiudicazione (definitiva) “l'unico atto conclusivo della procedura selettiva in relazione al quale sorge un immediato onere di impugnazione da parte dei concorrenti non aggiudicatari”, si ritiene che il concorrente non aggiudicatario; ma utilmente collocato in graduatoria – abbia comunque interesse a sindacare in sede giurisdizionale la regolarità dello svolgimento dell'attività di verifica, a patto che abbia già proposto impugnazione avverso l'atto di aggiudicazione (cfr. Cons. St. V, n.726/2018).

Al tempo stesso, qualora l'esito di tale verifica sia negativo, esso porterà all'esclusione dell'originario aggiudicatario e potrà quindi essere autonomamente impugnato da quest'ultimo.

Non è condivisibile l'orientamento giurisprudenziale (minoritario) secondo cui gli esiti della verifica sarebbero impugnabili soltanto dopo che sia intervenuta la comunicazione relativa all'avvenuta stipula del contratto (Cons. St. V, n.1953/2017).

I c.d. termini di stand-still

Lo stand-still in generale.

La scissione fra la fase pubblicistica (che si conclude con il provvedimento di aggiudicazione) e quella privatistica (di cui la stipulazione del contratto costituisce il momento iniziale) è stata resa maggiormente evidente dal profondo solco di confine tracciato dal d.lgs. n. 53/2010, in recepimento della direttiva n. 2007/66/CE (c.d. direttiva ricorsi).

In tale occasione, infatti, il legislatore ha previsto un duplice termine dilatorio – c.d. stand stillprima del cui decorso le stazioni appaltanti non possono procedere con la stipula del contratto.

Tali termini sono oggi disciplinati all'art. 32, commi 9, 10 e 11, d.lgs. n. 50/2016.

Si tratta di termini dilatori preposti a garantire il diritto ad un esercizio utile della tutela giurisdizionale dei privati di fronte ad una aggiudicazione reputata illegittima (Caringella, Giustiniani).

Il primo termine dilatorio per la stipula del contratto pubblico.

In primo luogo, i contratti pubblici non possono essere stipulati prima che siano decorsi trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione.

Tale termine è stato così coordinato con quello prescritto per la presentazione di ricorsi giurisdizionali avverso l'aggiudicazione (ridotto, appunto, da sessanta a trenta giorni dall'art. 120 c.p.a.), così da garantire l'effettività della tutela al terzo non aggiudicatario, a prescindere dal tempestivo pronunciamento cautelare del giudice amministrativo.

In altre parole, il legislatore ha inteso coordinare i profili sostanziali e processuali dell'aggiudicazione, assicurando che il momento negoziale del rapporto tra soggetto pubblico e soggetto privato non possa intervenire prima dell'inoppugnabilità dell'aggiudicazione medesima; di qui, appunto, la maggiore lunghezza del termine di stand still rispetto a quello di decadenza per la presentazione del ricorso al giudice amministrativo (Giustiniani, Fontana).

L'espletamento delle operazioni di verifica dei requisiti di partecipazione alla gara d'appalto «può essere compiuto nel periodo di stand still, e ciò non vale ad inficiare l'aggiudicazione definitiva dell'appalto, trattandosi di adempimento che condiziona l'efficacia dell'aggiudicazione medesima ai soli fini della stipulazione del contratto» (cfr. T.A.R. Liguria II, n.220/2014).

Lo stand still è un impedimento temporaneo alla stipulazione del contratto, che opera ex lege per trentacinque giorni, a prescindere dalla proposizione o meno di ricorsi giurisdizionali. È uno spatium deliberandi lasciato ai concorrenti, per valutare se proporre o non ricorso giurisdizionale, con la garanzia che, se ricorrono, non saranno pregiudicati da una stipulazione già avvenuta.

Del resto, sebbene sia vero che la stipulazione del contratto non priva a priori il ricorrente terzo della tutela specifica, nondimeno la possibilità di subentro resterebbe subordinata alla previa dichiarazione di inefficacia del contratto, la quale, secondo quanto previsto dagli artt. 121 e 122 c.p.a., non è conseguenza automatica dell'annullamento in sede giurisdizionale dell'aggiudicazione.

Il termine di stand still trova alcune eccezioni, il cui perimetro applicativo è stato significativamente esteso a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 (Fischione).

Più precisamente, ai sensi dell'art. 32, comma 10, il termine dilatorio per la stipula del contratto non trova applicazione:

i) se a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o di inoltro degli inviti nel rispetto delle prescrizioni del Codice, risulti essere stata presentata o comunque essere stata ammessa una sola offerta e non siano state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito, ovvero se queste impugnazioni risultino già respinte con decisione definitiva;

ii) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro;

iii) nel caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione;

iv) nel caso di acquisto effettuato attraverso il mercato elettronico;

v) nelle ipotesi di affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mediante affidamento diretto;

vi) nelle ipotesi di affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro per i lavori, o alle soglie di rilevanza comunitaria per le forniture e i servizi.

Un ulteriore elemento di novità recato dal nuovo Codice è rappresentato dalla possibilità per le stazioni appaltanti di disporre l'immediata esecuzione del contratto in via d'urgenza – senza quindi dover rispettare il termine di stand-still – qualora vi sia la necessità di rimediare a situazioni oggettivamente imprevedibili, consistenti nella sussistenza di un pericolo per persone, animali o cose, nonché per l'igiene, la salute pubblica e il patrimonio artistico e culturale, o comunque in tutti i casi in cui la mancata esecuzione immediata provocherebbe un danno all'interesse pubblico sotteso all'indizione della gara.

Il secondo termine dilatorio per la stipula del contratto pubblico.

Così inquadrato il primo termine di stand still, l'art. 32, comma 11, d.lgs. n. 50/2016, dispone inoltre che, ove sia proposto ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare, il contratto non possa essere stipulato dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado, ovvero la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare, fatta salva la previsione per cui il periodo di stand-still automatico è comunque destinato a protrarsi fino all'adozione di tali provvedimenti, ove successiva.

Per rendere operativo il secondo stand-still c.d. processuale, qualora la stazione appaltante fruisca del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, il ricorso introduttivo del giudizio deve essere notificato; oltre che al domicilio ex lege presso l'Avvocatura; anche alla stazione appaltante nella sua sede reale, in data non anteriore alla notifica presso l'Avvocatura (art. 120, comma 4, c.p.a.).

L'effetto sospensivo cessa qualora, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiari incompetente ovvero fissi con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari ovvero ancora rinvii al giudizio di merito l'esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all'immediato esame della domanda cautelare.

La ratio dell'introduzione del secondo termine di stand-still (invero solo eventuale, in quanto connesso alla presentazione di un ricorso giurisdizionale) risiede nella evidente considerazione per cui il solo stand-still ex art. 32, comma 9, del Codice, non sarebbe idoneo ad assicurare piena tutela al concorrente non aggiudicatario.

Infatti, ove non fosse prevista la sospensione ex lege della facoltà di stipulare il contratto a seguito della proposizione del ricorso, la stazione appaltante ben potrebbe, nelle more del giudizio (o della sola pronuncia cautelare), procedere alla sottoscrizione dell'accordo negoziale, una volta decorsi i citati trentacinque giorni (Giustiniani, Fontana).

Il termine massimo per la stipula del contratto pubblico.

La descritta suddivisione logico-temporale tra la fase pubblicistica e quella privatistica della formazione del contratto pubblico è ancor più chiara se si considera che l'art. 32, comma 8, d.lgs. n. 50/2016, prevede un termine massimo (sessanta giorni) entro il quale deve essere stipulato il contratto una volta divenuta efficace l'aggiudicazione definitiva: in pratica, un meccanismo esattamente opposto a quello degli obblighi di stand-still.

Qualora la sottoscrizione non avvenga entro tale termine (ovviamente se un diverso termine non sia stato indicato nella lex specialis o comunque concordato con l'aggiudicatario, ovvero se non siano intervenute pronunce sospensive del giudice amministrativo), l'aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo e « recedere » dal contratto.

La terminologia utilizzata dal legislatore lascia quantomeno perplessi. Non si vede, infatti, come l'aggiudicatario possa ‘recedere' da un contratto che non è ancora stato stipulato.

Ciò posto, al di là delle scelte lessicali poco felici del legislatore, tale disposizione è stata concepita dal legislatore nell'interesse del privato, il quale è così garantito da eventuali inadempimenti e/o ritardi della stazione appaltante nel porre in essere e nel condurre le procedure per giungere alla sottoscrizione del contratto (Giustiniani, Fontana).

In altre parole, a fronte del ritardo della stazione appaltante, l'aggiudicatario ottiene lo scioglimento da qualsiasi vincolo e, di conseguenza, la possibilità di cercare nuove opportunità sul mercato.

In queste ipotesi all'aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate.

Tuttavia, se è intervenuta la consegna dei lavori in via di urgenza nel caso di lavori, ovvero se si è dato avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza nel caso di servizi e forniture, l'aggiudicatario ha diritto (nel caso di lavori) al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione dei lavori ordinati dal direttore dei lavori, ivi comprese quelle per opere provvisionali, ovvero (nel caso di servizi e forniture) al rimborso delle spese sostenute per le prestazioni espletate su ordine del direttore dell'esecuzione.

Ai sensi dell'ultimo inciso dell'art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, l'esecuzione d'urgenza è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio, storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari.

Il termine di sessanta giorni decorrenti per la stipula del contratto è stato reso maggiormente cogente dal d.l. n. 76/2020, che è intervenuto sul corpo dell'art. 32, comma 8, d.lgs. n. 50/2016, prevedendo che la mancata stipula entro tale termine possa essere fonte di responsabilità erariale e disciplinare per il dirigente preposto, senza che eventuali differimenti possano essere giustificati dalla semplice pendenza di un ricorso giurisdizionale nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto, fatto salvo quanto previsto dai commi 9 e 11 del medesimo art. 32 in tema di stand still.

Il d.l. n. 76/2020 ha altresì attribuito alle stazioni appaltanti la facoltà di stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione del contratto e dalla prosecuzione o sospensione della sua esecuzione.

A livello sostanziale – nel periodo di ‘limbo' che si genera tra il momento di efficacia dell'aggiudicazione e quello di stipula del contratto – rimane da chiarire quale sia la situazione giuridica vantata dall'aggiudicatario nei confronti della stazione appaltante.

In altri termini, non è chiaro se l'aggiudicatario vanti un diritto soggettivo alla sottoscrizione del contratto (simile a quello di colui che abbia sottoscritto un contratto preliminare), ovvero un interesse legittimo di natura pretensiva, connesso al bene della vita costituito – appunto – dalla stipula del contratto (Giustiniani, Fontana).

Qualora tale posizione fosse qualificata in termini di diritto soggettivo, si dovrebbe ritenere applicabile l'azione giudiziaria costitutiva di cui all'art. 2932 c.c.; pertanto, in tal caso sarebbe astrattamente possibile per l'aggiudicatario adire l'autorità giudiziaria al fine di ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto non stipulato.

Al contrario – qualora tale posizione giuridica fosse qualificata alla stregua di un interesse legittimo pretensivo e in assenza di specifici strumenti disciplinati dal Codice mediante cui l'aggiudicatario possa ottenere la stipula del contratto – andrebbe verificata l'esperibilità della c.d. azione contro il silenzio ex art. 117, c.p.a., finalizzata ad ottenere una condanna della P.A. alla sottoscrizione del contratto relativo alla commessa aggiudicata (Giustiniani, Fontana).

La dottrina maggioritaria ritiene corretta la tesi per cui sarebbe configurabile; in capo all'aggiudicatario; unicamente una posizione giuridica di interesse legittimo pretensivo, con conseguente impossibilità di ricorso al rimedio dell'azione costitutiva di cui all'art. 2932 del c.c.

La questione nasce dal fatto che il dato normativo testuale, per l'eventualità in cui il contratto non sia stipulato entro il termine di sessanta giorni, si occupa soltanto dell'ipotesi in cui l'aggiudicatario abbia interesse a sciogliersi dal vincolo, contemplando quale reazione tipica all'inerzia della P.A. un meccanismo di recesso attivabile dall'aggiudicatario, senza nulla prevedere in ordine alla diversa ipotesi in cui quest'ultimo intenda far valere l'opposto interesse alla prosecuzione del programma negoziale avviato con l'amministrazione (Comporti).

Tale vuoto normativo insiste proprio su quella delicata linea di confine tra la conclusione pubblicistica del procedimento di selezione del contraente e la formalizzazione privatistica del vincolo contrattuale, venendosi così a creare la paradossale situazione di un aggiudicatario a cui la dottrina maggioritaria riconosce unicamente un interesse legittimo pretensivo alla stipula del contratto, sebbene il conseguimento del bene della vita a cui aspira (ossia la formalizzazione del rapporto contrattuale) possa avvenire non già attraverso l'esercizio di un potere amministrativo (che la P.A. ha ormai definitivamente consumato, fatto salvo l'eventuale esercizio dei poteri di autotutela) ma con un atto di natura privatistica (Comporti).

In tale contesto, secondo l'opinione prevalente e in maniera invero un po' barocca, la possibilità di sanzionare l'inosservanza da parte della stazione appaltante del termine massimo di stipula del contratto sarebbe garantita ipotizzando l'attivazione; da parte dell'aggiudicatario che vi abbia interesse; di un sub -procedimento volto a radicare in capo alla P.A. un obbligo giuridico di provvedere che, ove non adempiuto, possa essere sanzionato dal giudice amministrativo anche mediante la nomina di un commissario ad acta (T.A.R. Sicilia Palermo III, n.1477/2017).

La stipula del contratto pubblico.

All'esito del corretto espletamento di tutte le fasi descritte, ossia dopo aver i) adottato l'aggiudicazione definitiva e ii) verificato il possesso dei requisiti di partecipazione da parte dell'aggiudicatario – fatto salvo l'intervento di contenziosi che abbiano comportato la sospensione ovvero addirittura l'annullamento dell'aggiudicazione; la stazione appaltante procede alla stipula del contratto, nel rispetto degli obblighi di stand-still e del termine massimo di stipula esaminati nei paragrafi precedenti.

L'art. 32, comma 14, del d.lgs. n. 50/2016 impone dei precisi requisiti formali per la sottoscrizione dell'atto negoziale tout court.

Il contratto pubblico deve dunque essere stipulato, a pena di nullità, i) con atto pubblico notarile informatico, ovvero ii) in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, iii) in forma pubblica amministrativa a cura dell'Ufficiale rogante della stazione appaltante o iv) mediante scrittura privata.

Nelle ipotesi di procedura negoziata ovvero per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro, il contratto può essere anche concluso «mediante scambio di corrispondenza secondo l'uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri».

Ai sensi del combinato disposto tra gli artt. 32, comma 12, e33, comma 2, d.lgs. n.50/2016, l'efficacia del contratto sottoscritto resta comunque subordinata alla condizione sospensiva dell'esito positivo dell'eventuale approvazione e degli altri controlli eventualmente previsti dalle disposizioni proprie delle stazioni appaltanti.

In estrema sintesi, il contratto stipulato è soggetto all'eventuale approvazione dell'organo competente secondo l'ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto del termine ivi previsto, decorrente dal ricevimento del contratto da parte dell'organo competente.

In mancanza, il termine è pari a trenta giorni.

Il termine in esame è interrotto dalla richiesta di chiarimenti o documenti e inizia nuovamente a decorrere da quando i chiarimenti o documenti pervengano all'organo richiedente.

Una volta che siano decorsi i termini previsti dai singoli ordinamenti ovvero; in mancanza di espressa previsione; quello ope legis di trenta giorni, il contratto si intende approvato.

Ai sensi dell'art. 32, comma 13, d.lgs. n. 50/2016, l'esecuzione del contratto non può avere inizio prima che lo stesso sia divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante o l'ente aggiudicatore ne abbiano richiesto l'esecuzione anticipata d'urgenza.

Il comma 14-bis dell'art. 32 precisa infine che «i capitolati e il computo estimativo metrico, richiamati nel bando o nell'invito, fanno parte integrante del contratto».

Problemi attuali: la controversa natura giuridica del bando; questioni sostanziali e processuali.

Il bando di gara è l'atto amministrativo generale che contiene le regole che l'amministrazione predispone per disciplinare la procedura ad evidenza pubblica, vincolando sé stessa e gli aspiranti partecipanti alla loro osservanza.

Il Codice dei contratti ha ridimensionato la discrezionalità che l'amministrazione può esercitare in sede di redazione delle clausole del bando. Al fine di agevolare l'operato delle stazioni appaltanti ed uniformare le procedure di gara, l'art. 71 del d.lgs. n. 50/2016 prevede un obbligo di adeguamento dei bandi di gara ai bandi tipo predisposti dall'ANAC. Le stazioni appaltanti nella determinazione a contrarre devono motivare espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo.

La duplice anima, pubblicistica e privatistica, della procedura ad evidenza pubblica ha sollevato non pochi interrogativi in ordine alla natura giuridica del bando.

Il nodo gordiano della natura giuridica del bando.

Per una prima impostazione, di stampo privatistico, il bando sarebbe equiparabile ad una proposta al pubblico irrevocabile ovvero, per una tesi più recente, ad un invito ad offrire.

Per un diverso indirizzo, invece, di matrice pubblicistica, preferito dalla giurisprudenza maggioritaria, il bando sarebbe un atto amministrativo il cui scopo non è soltanto quello di manifestare la volontà contrattuale della P.A. ma anche quello di avviare e regolare la fase procedimentale preordinata all'accertamento dell'offerta.

A lungo si è anche discusso sulla natura normativa o amministrativa del bando di gara.

La qualificazione dei bandi di gara quali atti normativi volti a dettare la disciplina di gara nei confronti della generalità indistinta dei concorrenti, comporta la possibilità per il g.a. di disapplicare le clausole del bando, pur in assenza di una loro formale impugnazione, al pari dei regolamenti. Tale impostazione, rimasta isolata, non ha avuto seguito nella giurisprudenza amministrativa che pacificamente ormai ritiene che il bando sia un atto amministrativo generale.

Questa qualificazione comporta rilevanti conseguenze. La più importante è quella della immediata impugnabilità delle clausole «escludenti». Dall'altro lato, ci si interroga, sulla necessità o meno, per il soggetto che aspira ad ottenere l'aggiudicazione di una commessa pubblica, di inoltrare la domanda di partecipazione alla procedura quale condizione essenziale per l'impugnazione del bando.

La questione dell'immediata impugnabilità del bando di gara: da Ad. plen. n. 1/2003 a Ad. plen. n. 4/2018

Il problema della immediata impugnabilità dei bandi di gara era stato risolto dalla storica sentenza dell'Adunanza Plenaria del Cons. St. n. 1/2003.

In quell'occasione, a fronte di orientamenti non univoci, la Plenaria ha provveduto a fare chiarezza ribadendo la validità delle tradizionali posizioni giurisprudenziali che delimitano l'ambito oggettivo dell'onere di immediata impugnazione del bando con riferimento a quelle sole prescrizioni che siano tali da precludere ex se, in modo certo, la partecipazione dell'interessato alla procedura concorsuale, unicamente in tali ipotesi riconoscendosi l'attualità dell'interesse a ricorrere.

Solo in tali casi la lesione alla sfera giuridica del soggetto è attuale e concreta dal momento che ciò che viene pregiudicato è l'interesse alla partecipazione alla procedura di gara.

Ne discende che, in deroga alla regola generale che con riguardo agli atti amministrativi generali richiede la congiunta impugnazione dell'atto applicativo, il singolo partecipante potrà procedere all'impugnazione del solo bando di gara nei limiti sopra esposti.

Di recente la questione si è riproposta per il mutato quadro normativo conseguente all'entrata in vigore del Codice dei contratti.

Diverse pronunce del giudice amministrativo avevano messo in discussione la persistente attualità della sentenza n. 1/2003. Con ordinanza7 novembre 2017, n. 5138, la Terza Sezione del Consiglio diStato, ha sollecitato un nuovo intervento dell'Adunanza Plenaria con riguardo ai casi di immediata impugnazione del bando di gara, specie con riferimento alle clausole concernenti la definizione del criterio di aggiudicazione.

Nei casi di immediata impugnazione del bando, la III sezione ha richiesto altresì il chiarimento sull'ulteriore profilo attinente alla necessità o meno della previa presentazione della domanda di partecipazione alla gara, da parte del ricorrente, quale condizione di ammissibilità del ricorso.

Secondo l'impostazione tradizionale la domanda di partecipazione costituirebbe un elemento indispensabile per qualificare l'interesse a ricorrere del ricorrente, differenziandolo da quello del quisque de populo.

Per un diverso indirizzo, invece, l'impugnazione del bando non richiederebbe, ai fini della sua ammissibilità, tale preventivo adempimento ogni qualvolta, quest'ultimo, si presenti come un mero formalismo giuridico, mirando il ricorrente a censurare proprio una clausola del bando idonea a determinare comunque la sua esclusione dalla procedura.

Il Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. plen., n. 4/2018) ha confermato il proprio precedente arresto del 2003 ritenendo che né la giurisprudenza successiva né il mutato quadro normativo siano tali da giustificare un ripensamento in materia.

Permane, inoltre, la considerazione secondo cui non rivestirebbero carattere escludente le clausole del bando relative al criterio di aggiudicazione del contratto (questione su cui principalmente si fondava la rimessione alla Plenaria).

Secondo il Supremo Consesso infatti, l'art. 95 del d.lgs. n. 50/2016, sebbene esprima un indiscutibile favor per il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, non configura un interesse direttamente tutelabile davanti al g.a., dal momento che, versandosi nella fase iniziale della procedura, non vi sarebbe né prova né indizio della circostanza che l'impugnante certamente non sarebbe prescelto quale aggiudicatario.

La necessaria presentazione di una domanda di partecipazione per l'impugnazione degli atti procedurali.

La Plenaria ha anche chiarito che la partecipazione del ricorrente alla gara rileva quale condizione legittimante l'impugnazione delle clausole del bando che non abbiano portata escludente. La Plenaria ha poi ribadito il consolidato orientamento secondo il quale l'operatore del settore che non abbia presentato domanda di partecipazione alla gara non è legittimato a contestare le clausole di un bando di gara che non rivestano nei suoi confronti portata escludente, precludendogli con certezza la possibilità di partecipazione: e ciò, sia con riferimento alla previgente legislazione nazionale in materia di contratti pubblici, che nell'attuale quadro normativo.

Si è ritenuto che non sussistessero ragioni per mutare orientamento, tenuto conto che:

a) la presentazione di una domanda di partecipazione alla gara non sembra imporre all'operatore del settore alcuno spropositato sacrificio;

b) in alcun modo la detta domanda di partecipazione può pregiudicare sul piano processuale il medesimo, tenuto conto della consolidata giurisprudenza secondo cui (Cons. St. III, n.2507/2016;Cons. St. V, n.5438/2017) «nelle gare pubbliche l'accettazione delle regole di partecipazione non comporta l'inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura che fossero, in ipotesi, ritenute illegittime, in quanto una stazione appaltante non può mai opporre ad una concorrente un'acquiescenza implicita alle clausole del procedimento, che si tradurrebbe in una palese ed inammissibile violazione dei principi fissati dagli artt. 24, comma 1, e 113 comma 1, Cost., ovvero nella esclusione della possibilità di tutela giurisdizionale».

c) la situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, è ricollegabile unicamente alla partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione: la procedura cui non si sia partecipato è res inter alios acta e non legittima l'operatore economico ad insorgere avverso la medesima (Cons. St., Ad. plen., n.4/2011;Cons. St., Ad. plen., n.9/2014).

Secondo la Corte di Giustizia Europea (sentenza 28 novembre 2018, C. 328/2017 ) è conforme al diritto UE la normativa nazionale che impedisce agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell'amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d'appalto alla quale essi abbiano deciso di non partecipare a causa delle ridotte possibilità di successo provocate dalla disciplina di gara restrittiva della concorrenza.

Il giudice del rinvio (il T.A.R. Liguria) aveva rilevato che, secondo l'interpretazione dei requisiti procedurali della legittimazione e dell'interesse ad agire accolta anche dalla Corte costituzionale (Corte cost. n.245/2016), sarebbe inammissibile il ricorso proposto dall'impresa che non abbia partecipato alla gara quando non fosse assolutamente certo, ma soltanto altamente probabile l'esito negativo della procedura per effetto della strutturazione della gara,

La possibilità di accedere alla tutela giurisdizionale sarebbe, a questa stregua, sistematicamente subordinata alle forche caudine della partecipazione alla gara che comporta di per sé rilevanti oneri, e ciò persino nel caso in cui l'impresa intendesse contestarne la legittimità per essere la gara stessa eccessivamente restrittiva della concorrenza.

La Corte di Giustizia spegne gli entusiasmi garantistici del giudice ligure, pervenendo alla conclusione che la normativa nazionale, nell'esplicazione dell'autonomia che spetta agli Stati membri nel campo schiettamente processuale, può legittimamente subordinare il diritto di impugnare gli atti di gara all'onere della rituale partecipazione alla procedura.

I giudici della Corte richiamano, a suffragio dell'assunto, la direttiva n. 89/665, per cui gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso siano accessibili «per lo meno» a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle disposizioni nazionali che attuano tale diritto (in tal senso, sentenze del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C230/02, EU:C:2004:93, punto 25, e del 5 aprile 2016, PFE, C689/13, EU:C:2016:199, punto 23).

Secondo la giurisprudenza della Corte, quindi, gli Stati membri non sono tenuti a rendere dette procedure di ricorso accessibili a chiunque voglia ottenere l'aggiudicazione di un appalto pubblico, ma hanno facoltà di esigere che la persona interessata sia stata o rischi di essere lesa dalla violazione da essa denunciata.

I quattro temperamenti alla regola della necessità della domanda.

La citata giurisprudenza europea e nazionale (vedi ancheCorte cost. n.245/2016) rimarca, tuttavia, che esistono temperamenti al rigore di siffatto sbarramento aprioristico.

È infatti «ius receptum» la regola pretoria per cui l'interesse e la legittimazione ad agire possono essere eccezionalmente riconosciuti a un operatore economico che non abbia presentato alcuna offerta, in quattro casi in cui la condizione della presentazione di una domanda di partecipazione si atteggerebbe a onere manifestamente eccessivo, ossia nelle «ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta».

Si tratta di casi in cui, come di recente ribadito dà Cons. St. V, n. 441/2020, la lesione lamentata consegue – in via immediata e diretta, e non soltanto potenziale e meramente eventuale –, alle determinazioni dell'amministrazione e all'assetto di interessi delineato dagli atti di gara, in relazione a profili del tutto indipendenti dalle vicende successive della procedura e dai correlati adempimenti.

Inoltre, i motivi immediatamente escludenti devono avere natura oggettiva e non inerire meramente a pretese situazioni soggettive, ascrivibili a un giudizio meramente individuale di non convenienza della commessa.

È corretto, allora, che solo in tali evenienze peculiari il diritto di proporre ricorso sia riconosciuto a un operatore che non ha presentato alcuna offerta, in quanto, al di fuori di situazioni esorbitanti in cui l'onere si appalesa irragionevole e sproporzionato alla contestazione che si vuole muovere e al risultato in astratto conseguibile, non si può considerare eccessiva la richiesta che quest'ultimo dimostri che le clausole del bando rendevano impossibile la formulazione stessa di un'offerta.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la CGE risponde che «sia l'art. 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia l'art. 1, paragrafo 3, della direttiva n. 92/13 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell'amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d'appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l'appalto in questione.

Tuttavia, rimane il principio secondo cui la decisione va presa caso per caso da parte del giudice amministrativo, sulla base dell'effettiva impossibilità di partecipazione ad una procedura».

Si legge così, a conclusione della sentenza, che «spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l'applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.».

La turbata libertà di scelta del contraente: il problema dei c.d. «bandi fotografia»

Quello della predisposizione del bando è un momento delicatissimo della procedura. Sia perché gli errori in fase di redazione si riverberano inevitabilmente sulla validità degli atti successivi, sia perché (questione più grave) il momento della predisposizione del bando può orientare in modo artificioso l'esito della gara (Rovelli, cap. 2).

A tal proposito occorre rammentare che l'art. 353-bis c.p. sanziona chiunque, sulla scorta delle medesime condotte indicate dal precedente art. 353; quindi con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti; turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione. Identico è il bene giuridico tutelato rispetto a quello oggetto della fattispecie di cui all'art. 353 c.p. (turbata libertà degli incanti).

La disposizione è diretta a colpire i comportamenti che, incidendo illecitamente sulla concorrenza, mettono a repentaglio l'interesse dell'amministrazione a poter contrarre con il miglior offerente.

È il «momento» della tutela che è differente. Nel caso dell'art. 353 c.p. occorre già l'esistenza di una gara, comunque denominata; nel caso dell'art. 353-bis c.p. la tutela è anticipata alla fase precedente al bando, quando il bando o altro atto equivalente non sia ancora stato adottato. La ratio dipende dalla consapevolezza che gli interessi meritevoli di tutela possono essere lesi non solo da condotte successive ad un bando il cui contenuto sia stato determinato nel pieno rispetto della legalità, ma anche da comportamenti precedenti, in grado di avere influenza sulla formazione di detto contenuto.

Il delitto previsto dall'art. 353-bis c.p., è costruito, come reato di pericolo.

L'azione consiste, dunque, nel turbare mediante atti predeterminati il procedimento amministrativo di formazione del bando, allo scopo di condizionare la scelta del contraente. Poiché il condizionamento del contenuto del bando è il fine dell'azione, è evidente che il reato si consuma indipendentemente dalla realizzazione del fine medesimo. Per integrare il delitto, dunque, non è necessario che il contenuto del bando venga effettivamente modificato in modo tale da condizionare la scelta del contraente, né, a maggior ragione, che la scelta del contraente venga effettivamente condizionata.

È sufficiente, invece, che si verifichi un turbamento del procedimento amministrativo (o dei procedimenti amministrativi), ossia che la correttezza della procedura di predisposizione del bando sia messa concretamente in pericolo (Cass. pen. VI, n. 29267/2018).

Per la Corte di Cassazione, l'esistenza dell'accordo collusivo diretto ad influire sul normale svolgimento del procedimento può essere dedotta sulla base di elementi indiziari quali i rapporti pregressi tra le parti, la falsa prospettazione dei presupposti per l'adozione di una procedura in deroga, l'affidamento diretto dell'incarico senza previo interpello di altri operatori, la proroga del contratto oltre i limiti di legge (Cass. pen. VI, n.15849/2019).

A prescindere dall'utilizzo di mezzi fraudolenti, «confezionare un bando su misura» è illegittimo. Può quindi verificarsi che non sussista il delitto di cui all'art. 353-bis ma che, comunque, il bando sia invalido. In questo caso sussiste l'onere d'immediata impugnazione del bando al fine di contestare clausole impeditive dell'ammissione alla gara, o anche solo impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, ovvero che rendano ingiustificatamente più difficoltosa, per i concorrenti, la partecipazione alla gara.

In altre parole, nel caso in cui si lamenti che molteplici clausole della legge di gara siano state ritagliate su misura per favorire l'aggiudicazione in capo ad una determinata impresa, attraverso una articolata disciplina che impone oneri di partecipazione e caratteristiche dell'offerta tali da snaturare i principi di concorrenzialità, dando luogo al cosiddetto «bando-fotografia», l'operatore che si ritenga leso ha l'onere di immediata impugnazione in applicazione dei principi statuiti dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di stato.

Questioni applicative

1) L'aggiudicatario ha il diritto soggettivo o solo l'interesse legittimo alla stipulazione del contratto?

Come si è osservato nel par. 9 precedete e rilevato nel commento all'art. 1 (parr. 9.3. e 9.4.) la lettura forte della dicotomia procedimento amministrativo-negoziazione privata porta anche la prevalente giurisprudenza a escludere non solo che l'aggiudicazione sia un contratto (bilaterale, claudicante o patto di opzione o «pactum de contrahendo»), ma anche che dia luogo ex lege a un vincolo bilaterale, o anche solo unilaterale, alla futura stipulazione. Dopo l'aggiudicazione viene quindi in rilievo in capo al vincitore solo un interesse legittimo, tutelabile ai sensi degliarticoli31 e117c.p.a. (cfr. T.A.R. Lazio II, n.12400/2015, secondo cui dopo l'aggiudicazione il privato è titolare di un interesse legittimo pretensivo a stipulare e di uno oppositivo a conservare l'aggiudicazione). C'è comunque, in capo alla P.A. un dovere amministrativo di assumere una determinazione formale, la cui violazione consente l'azione innanzi al g.a. per ottenere una pronuncia che, a seguito del rito del silenzio, costringa la P.A. a definire il procedimento. Vedi, amplius, il commento all'art. 32.

IL T.A.R. Lazio ha osservato che lo iato temporale intercorrente tra l'aggiudicazione definitiva, momento conclusivo, come detto, della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, e la stipulazione del contratto, momento iniziale del rapporto negoziale tra la stazione appaltante ed il contraente scelto, è stato tradizionalmente considerato una «zona grigia» in cui le posizioni giuridiche soggettive assumono una natura al limite tra l'interesse legittimo ed il diritto soggettivo. Una volta esclusa dall'art. 11, comma 7, del codice dei contratti pubblici l'idoneità dell'atto di aggiudicazione ad instaurare una relazione negoziale tra stazione appaltante e privato aggiudicatario, la quale sorge solo per effetto della stipulazione, l'aggiudicazione ha esclusivamente natura di provvedimento amministrativo ampliativo della sfera soggettiva del destinatario che, per effetto della stessa, così come diviene titolare di un interesse legittimo oppositivo alla sua conservazione, diviene al contempo titolare di un interesse legittimo pretensivo alla stipulazione del contratto, sicché nessuna posizione di diritto soggettivo a detta stipula può essere riconosciuta all'impresa aggiudicataria.

In tale direzione, le Sezioni Unite Civili dellaCorte di Cassazione, con sentenza n.391/2011, hanno rappresentato che nelle procedure connotate da concorsualità aventi ad oggetto la conclusione di contratti da parte della pubblica amministrazione spetta al giudice amministrativo la cognizione dei comportamenti ed atti assunti prima dell'aggiudicazione e «nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto», tra tali atti essendo compreso anche quello di revoca della aggiudicazione stessa (principio formulato da Cass. n.27169/07 e confermato nelle successive decisioni n. 10443/08, n. 19805/08 e n. 20596/08).

Il supremo giudice della giurisdizione ha chiarito che, nella fattispecie al suo esame, non essendo stato stipulato alcun contratto a seguito dell'aggiudicazione, pur prevedendosene la stipula entro 90 giorni, la posizione dell'attrice «rimaneva quella di titolare di un interesse legittimo».

In ragione di tali concordi orientamenti giurisprudenziali, la SestaSezione del Consiglio di Stato ha ritenuto, con sentenza n.1781/2014, in una fattispecie di silenzio serbato dall'amministrazione su diffida per la stipulazione di contratto di compravendita immobiliare che la stipulazione del contratto rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.

In conclusione, le controversie concernenti la legittimità di atti o comportamenti afferenti a procedure di evidenza pubblica assunti non solo prima dell'aggiudicazione, ma anche nel successivo spazio temporale compreso tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto rientrano nella giurisdizione amministrativa perché attengono all'esercizio di potestà amministrativa sottoposto a norme di carattere pubblicistico, a fronte del quale la posizione giuridica dell'interessato ha consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo in quanto la stazione appaltante, sia pure intervenuta l'aggiudicazione, conserva sempre il potere di non procedere alla stipulazione del contratto in ragione di valide e motivate ragioni di interesse pubblico.

Sulla base di tali considerazioni, può ritenersi che il termine per la stipulazione del contratto; di sessanta giorni dalla raggiunta efficacia a seguito della positiva verifica dei requisiti prescritti in capo all'aggiudicatario; è dispositivo e derogabile e, laddove la stipulazione non avvenga in tale termine, all'aggiudicatario è riconosciuto, da un lato, il diritto potestativo a sciogliersi da ogni vincolo senza il diritto ad alcun indennizzo (salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate), dall'altro, ove l'aggiudicatario intenda conseguire il contratto, la possibilità di ricorrere avverso il silenzio innanzi al giudice amministrativo ovvero di impugnare in sede di giurisdizione generale di legittimità innanzi a detto giudice eventuali atti di autotutela.

In definitiva, l'aggiudicazione della gara individua senz'altro l'operatore economico che potrà stipulare il contratto d'appalto, ma non genera una posizione di diritto soggettivo, atteso che; pur concludendo la fase centrale del procedimento, la c.d. «procedura ad evidenza pubblica», in cui si individua il «giusto» contraente dell'amministrazione; si pone all'interno del più ampio procedimento di affidamento dell'appalto, che inizia con la determina a contrarre e si conclude con la stipulazione del contratto, solo a seguito e per l'esecuzione del quale sorgono posizioni di diritto soggettivo.

In tale prospettiva, rilevato che l'istanza dell'aggiudicatario, più che avviare un procedimento ad istanza di parte, può essere qualificata come una sollecitazione alla conclusione del procedimento avviato dalla stazione appaltante per l'affidamento dell'appalto, ricorre l'obbligo di provvedere ai sensi dell'art. 2 l. n. 241/1990.

2) Quanto va svolta la verifica delle specifiche tecniche nell'appalto di fornitura standardizzata?

Secondo T.A.R. Bologna I, n. 88/2021 , pur nell'ambito della diversa funzione svolta tra gli atti-fonti della gara, esiste tra gli stessi una gerarchia differenziata, con prevalenza del contenuto del bando di gara (o della lettera d'invito), mentre le disposizioni del capitolato speciale possono soltanto integrare, ma non modificare le prime).

Sulla base di questa premessa, il Tribunale rimarca che in sede di gare per l'affidamento di un appalto di fornitura standardizzata di cui all'art. 95, comma 4, d.lgs. n. 50/2016, a differenza della verifica delle condizioni di capacità e di idoneità soggettiva dei concorrenti da effettuarsi prima del contratto, la verifica delle specifiche tecniche va svolta in sede esecutiva, con la produzione e/o l'acquisizione dei beni dopo la stipula del contratto. Ha chiarito il T.A.R. che ai sensi dell'art. 32, comma 7, d.lgs. n. 50/2016 l'aggiudicazione diventa efficace dopo la verifica del possesso dei requisiti, da intendersi come requisiti generali o morali (art. 80, d.lgs. n. 50/2016) o speciali (art. 83, d.lgs. n. 50/2016) posseduti dal concorrente. È noto che i requisiti di partecipazione fanno esclusivo riferimento a condizioni di capacità e idoneità degli offerenti mentre i criteri di valutazione a elementi specifici dell'offerta (e non degli offerenti) in relazione al progetto da realizzare (Cons. St. III, n.1635/2019). Ciò premesso, nessuna norma del vigented.lgs. n.50/2016 prevede invece una fase di verifica sulle specifiche tecniche ovvero su campioni rappresentativi del prodotto offerto, si che tale verifica può e deve svolgersi di norma; salvo diversa previsione nella lex specialis; in sede esecutiva.

Bibliografia

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