Decreto Legge - 25/03/2020 - n. 19 art. 4 - Sanzioni e controlli1Sanzioni e controlli1 1. Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all'articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 2, ovvero dell'articolo 3, e' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 1.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall'articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanita', di cui all'articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l'utilizzo di un veicolo la sanzione prevista dal primo periodo e' aumentata fino a un terzo2. [2. Nei casi di cui all'articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v), z) e aa), si applica altresi' la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attivita' da 5 a 30 giorni.]34 3. Si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili. Per il pagamento in misura ridotta si applica l'articolo 202, commi 1, 2 e 2.1, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, sono irrogate dal Prefetto. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all'articolo 3 sono irrogate dalle autorita' che le hanno disposte. Ai relativi procedimenti si applica l'articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 5.6 [4. All'atto dell'accertamento delle violazioni di cui al comma 2, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l'organo accertatore puo' disporre la chiusura provvisoria dell'attivita' o dell'esercizio per una durata non superiore a 5 giorni. Il periodo di chiusura provvisoria e' scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione .]78 5. In caso di reiterata violazione della disposizione di cui al comma 1, la sanzione amministrativa e' raddoppiata [e quella accessoria e' applicata nella misura massima] 9.10 6. Salvo che il fatto costituisca violazione dell'articolo 452 del codice penale o comunque piu' grave reato, la violazione della misura di cui all'articolo 1, comma 2, lettera e), e' punita ai sensi dell'articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7. 7. Al primo comma dell'articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, le parole «con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire 40.000 a lire 800.000» sono sostituite dalle seguenti: «con l'arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l'ammenda da euro 500 ad euro 5.000»11. 8. Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla meta'. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507. 9. Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell'interno, assicura l'esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia, del personale dei corpi di polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. Al personale delle Forze armate impiegato, previo provvedimento del Prefetto competente, per assicurare l'esecuzione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 e' attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza. Il prefetto assicura l'esecuzione delle misure di contenimento nei luoghi di lavoro avvalendosi anche del personale ispettivo dell'azienda sanitaria locale competente per territorio e dell'Ispettorato nazionale del lavoro limitatamente alle sue competenze in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro 12. [1] Per l'applicazione del presente articolo, vedi l'articolo 11, comma 2, del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito con modificazioni dalla Legge 19 maggio 2022, n. 52. [2] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 22 maggio 2020, n. 35, in sede di conversione. [3] Comma abrogato dall'articolo 21, comma 5-octies, lettera a), del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15. [4] A norma dell'articolo 21, comma 5-decies, del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15, i procedimenti amministrativi non ancora conclusi, per i profili relativi all'irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie di cui al presente comma, sono definitivamente interrotti e nei giudizi pendenti si intende cessata la materia del contendere relativamente alle domande aventi ad oggetto le sanzioni amministrative accessorie. Se l'impugnazione ha ad oggetto le sole sanzioni amministrative accessorie, il giudizio è estinto e le spese sono compensate. [5] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 22 maggio 2020, n. 35, in sede di conversione. [6] A norma dell'articolo 21, comma 5-decies, del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15, i procedimenti amministrativi non ancora conclusi, per i profili relativi all'irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie di cui al presente comma, sono definitivamente interrotti e nei giudizi pendenti si intende cessata la materia del contendere relativamente alle domande aventi ad oggetto le sanzioni amministrative accessorie. Se l'impugnazione ha ad oggetto le sole sanzioni amministrative accessorie, il giudizio è estinto e le spese sono compensate. [7] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 22 maggio 2020, n. 35, in sede di conversione e successivamente abrogato dall'articolo 21, comma 5-octies, lettera a), del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15. [8] A norma dell'articolo 21, comma 5-decies, del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15, i procedimenti amministrativi non ancora conclusi, per i profili relativi all'irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie di cui al presente comma, sono definitivamente interrotti e nei giudizi pendenti si intende cessata la materia del contendere relativamente alle domande aventi ad oggetto le sanzioni amministrative accessorie. Se l'impugnazione ha ad oggetto le sole sanzioni amministrative accessorie, il giudizio è estinto e le spese sono compensate. [9] Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, della Legge 22 maggio 2020, n. 35, in sede di conversione e successivamente modificato dall'articolo 21, comma 5-octies, lettera b), del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15. [10] A norma dell'articolo 21, comma 5-decies, del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15, i procedimenti amministrativi non ancora conclusi, per i profili relativi all'irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie di cui al presente comma, sono definitivamente interrotti e nei giudizi pendenti si intende cessata la materia del contendere relativamente alle domande aventi ad oggetto le sanzioni amministrative accessorie. Se l'impugnazione ha ad oggetto le sole sanzioni amministrative accessorie, il giudizio è estinto e le spese sono compensate. [11] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 22 maggio 2020, n. 35, in sede di conversione. [12] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 22 maggio 2020, n. 35, in sede di conversione. InquadramentoDi particolare rilievo, nell'economia del d.l. 19/202019, la disciplina sanzionatoria applicabile per l'inosservanza delle misure di cui agli articoli precedenti recata dall'articolo 4. Un profilo d'immediato interesse per tutti i cittadini, considerato che ognuno di noi destinatario di una o più misure e che è di conseguenza esposto, appunto, alle sanzioni per l'inosservanza. Il d.l. n. 6/2020 aveva sanzionato l'inosservanza delle misure limitative attraverso una disposizione dal seguente tenore, contenuta nell'art. 3, comma 4: «salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale». Tale disposizione viene ora abrogata e sostituita con la previsione di sanzioni essenzialmente amministrative. Il nuovo illecito amministrativo punitivo di cui all'art. 4, comma 1, d.l. n. 19/2020Ad essere sanzionata, dall'art. 4, comma 1 del d.l. n. 19/2020, è l'inosservanza delle «misure di contenimento di cui all'articolo 1, comma 2, individuate e applicate» nei d.P.C.M., nelle ordinanze regionali e nelle ordinanze adottate dai Sindaci nel rispetto delle prescrizioni statali. Sotto questo profilo, va segnalata un'incongruenza che potrebbe dar luogo a lacune sotto il profilo sanzionatorio, giacché nell'ambito delle fonti di produzione prese in considerazione dal legislatore non rientrano le ordinanze che il Ministro della Salute può adottare nelle more dell'adozione dei d.P.C.M. in casi di estrema necessità ed urgenza per situazioni sopravvenute, previste dall'art. 2, comma 2. Il precetto, infatti, rinvia esclusivamente al comma 1 dell'art. 2, e non anche al comma 2 della medesima disposizione, e il principio di legalità richiamato dall'art. 1 della l. n. 689/1981 non consente interpretazioni analogiche. L'inclusione, invece, delle ordinanze del Sindaco tra le fonti di produzione, invece, deriva dal fatto che il precetto rinvia in toto all'art. 3, e quindi sia al comma 1, che fa riferimento all'ordinanza regionale, sia al comma 2, che invece richiama i provvedimenti dei Sindaci. Risultano, tuttavia, espressamente escluse, ai sensi dell'art. 3 comma 2, le ordinanze contingibili ed urgenti adottate dai Sindaci in contrasto con le misure statali; la norma, peraltro, sanziona con l'inefficacia del provvedimento la violazione di tali limiti, ma il riferimento è improprio, giacché dovrebbe discutersi non di «inefficacia» ma piuttosto di «illegittimità» per violazione di legge (Ruga Riva, 232). La scelta del legislatore, probabilmente, si giustifica con la volontà di escludere ab origine che il provvedimento del Sindaco possa avere un qualche effetto, che, invece, avrebbe laddove si considerasse – come dovrebbe essere secondo le categorie generali – meramente illegittimo, essendo noto che un provvedimento amministrativo viziato produce comunque i suoi effetti finché non viene quantomeno sospeso dal giudice amministrativo. In altri termini, l'art. 4 comma 1 d.l. 19/2020 opera un rinvio mobile e pro futuro – come, del resto, già accadeva in relazione al reato oggetto di depenalizzazione – ad atti amministrativi predeterminati quanto alla fonte di produzione (d.P.C.M. o ordinanza regionale o ordinanza del Sindaco) ed al contenuto di massima (nelle materie elencate all'art. 1 comma 2). È mantenuta, rispetto alla fattispecie penale di cui all'art. 3 comma 4 del d.l. 6/2020, la clausola di riserva, che fa salva l'ipotesi in cui il medesimo fatto storico costituisca reato. Si tratta, innanzitutto, di quei casi che, già all'indomani dell'entrata in vigore del d.l. 6/2020, erano stati individuati come assorbenti, in termini di sovrapponibilità strutturale della fattispecie e di disvalore penale del fatto, rispetto al reato di cui all'art. 3 comma 4. Si fa riferimento, in particolare, all'ipotesi prevista dal combinato disposto degli artt. 438 e 452 c.p., laddove la condotta di inosservanza delle misure adottate per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 integri gli estremi del delitto di c.d. epidemia colposa. A seguito della depenalizzazione, inoltre, nella clausola di riserva deve ritenersi inclusa l'ipotesi specifica di reato disciplinata dall'art. 4,comma 6 d.l.19/2020 (su cui torneremo infra), i.e. la condotta di inosservanza dell'ordine di restare in quarantena per i soggetti affetti da Covid-19. Il precetto dell'illecito amministrativo in commento si ricava per relationem, esso sanzionando il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all'art. 1 comma 2 del medesimo decreto, salvo quella di cui alla lett. e, la cui violazione, come anticipato, costituisce reato. Secondo la regola generale di cui all'art. 3, comma 1 l. n. 689/1981, il nuovo illecito amministrativo può essere realizzato sia con dolo sia con colpa. Il rimprovero dell'agente presuppone la conoscenza o quanto meno la conoscibilità della misura inosservata, cioè del provvedimento che la dispone; l'errore incolpevole sul fatto esclude la responsabilità (art. 3, comma 2 l. n. 689/1981). La responsabilità è altresì esclusa, ai sensi dell'art. 4 l. n. 689/1981, quando il fatto (ad es. l'allontanamento dall'abitazione) sia commesso per stato di necessità (per evitare il pericolo di un danno grave alla persona propria o altrui: ad es., per acquistare un farmaco o per soccorrere una persona in pericolo, se non esistono alternative alla violazione della misura disposta dall'autorità). Sempre in base all'art. 4 l. n. 689/1981, potranno venire in rilievo, quali cause di giustificazione del fatto, la legittima difesa, l'adempimento di un dovere e l'esercizio di una facoltà legittima: purché, si intende, doveri e facoltà siano invocabili nonostante le misure limitative adottate sulla base del decreto-legge in esame; sempre che, in altri termini, quelle misure non limitino anche e proprio i doveri e le facoltà che diversamente potrebbero venire in rilievo come cause di giustificazione. Da ultimo, in base all'art. 5 della l. n. 689/1981 è configurabile il concorso di persone nell'illecito amministrativo, con la conseguenza che ciascuno dei concorrenti sarà sottoposto alla relativa sanzione. È prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 400 a 3000 euro, raddoppiata in caso di reiterazione della «medesima disposizione». L'espressione, infelice, si presta a una duplice lettura: quella che ravvisa la reiterazione in caso di violazione dell'art. 4, comma 1 (la «disposizione» che configura l'illecito), quale che sia la misura di contenimento inosservata; quella, restrittiva e nel dubbio preferibile, che invece riferisce il concetto di «disposizione» alla misura di contenimento e, pertanto, interpreta la reiterazione come una sorta di ‘recidivà specifica. La tutela giurisdizionale nei confronti del provvedimento applicativo della sanzione amministrativaOccorre soffermarsi brevemente, infine, sui profili di tutela giurisdizionale avverso l'ordinanza con la quale la P.A. applica le sanzioni amministrative previste dalla normativa in esame, che potrà formare oggetto di opposizione entro trenta giorni ai sensi dell'art. 6del d.lgs. n.150/2011. L'autorità competente sarà il giudice di pace del luogo dove è stata commessa la violazione ove sia irrogata la sola sanzione amministrativa pecuniaria, mentre sarà il Tribunale del medesimo luogo laddove invece sia applicata anche la sanzione accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività o, se ritenuta applicabile, della confisca. Il fatto che l'illecito amministrativo in esame consiste nella violazione di provvedimenti amministrativi implica che l'autorità giurisdizionale, laddove ravvisi l'illegittimità delle «misure di contenimento» violata dal trasgressore possa disapplicare il provvedimento amministrativo che le aveva adottate e, per l'effetto, revocare l'ordinanza ingiunzione; ciò, tuttavia, può avvenire soltanto per vizi di legittimità e non di merito, e quindi per le tradizionali figure dell'incompetenza, della violazione di legge (anche solo procedimentale) e dell'eccesso di potere e non per mere ragioni di inopportunità. La disapplicazione sarà possibile anche se il d.P.C.M. o il provvedimento regionale o del Sindaco non sia stato impugnato innanzi al giudice amministrativo, mentre resta radicalmente preclusa laddove vi sia una pronuncia di quest'ultimo che affermi la legittimità della misura di contenimento. L'esercizio di tale potere non potrà, tuttavia, essere officioso ma richiede una specifica censura da parte del soggetto sanzionato, in virtù del principio della domanda, formulata nel termine decadenziale sopra indicato. Anche sotto i profili della tutela giurisdizionale si colgono le conseguenze pratiche della scelta del legislatore di procedere con la depenalizzazione, dovendosi osservare che la sanzione penale viene applicata direttamente dall'autorità giudiziaria, con la quale colui che si pone contro l'ordinamento ha un contatto immediato, mentre nel sistema delle sanzioni amministrative la sanzione è applicata dalla P.A. con un procedimento meno garantito e il contatto con il giudice è soltanto successivo e rimesso alla diligenza del trasgressore nel rispettare un rigido termine di decadenza. In secondo luogo, laddove l'inottemperanza alle misure di contenimento avesse continuato ad essere prevista come reato (come previsto dall'abrogato art. 3, comma 4, d.l. n. 6/2020), nel relativo procedimento penale il giudice sarebbe stato tenuto a verificare d'ufficio la legittimità del d.P.C.M. o del provvedimento regionale o sindacale, a prescindere da una specifica censura di illegittimità da parte dell'imputato; doglianza, che, come si è vista, è invece necessaria in sede di opposizione all'ordinanza con cui viene applicata la sanzione amministrativa. Un altro aspetto in cui si colgono le conseguenze pratiche della depenalizzazione è quella della prova dell'illecito, non solo perché, come si è visto, per quel che concerne l'elemento soggettivo opera una sorta di inversione dell'onere probatorio, ma anche su un piano più generale. Invero, avanti al giudice civile che conosce dell'opposizione il verbale di accertamento redatto dagli agenti accertatori ha valenza probatoria privilegiata, in quanto, essendo redatto da un pubblico ufficiale, è un atto pubblico che fa piena prova dei fatti che l'agente accertatore attesta aver compiuto ed essere avvenuti in sua presenza nonché delle dichiarazioni rese dalle parti, fino a querela di falso; questo si risolve in una semplificazione probatoria per la P.A., che ha pur sempre l'onere di dimostrare la fondatezza della sua pretesa sanzionatoria. Tale semplificazione, invero, non vi è in un giudizio penale, giacché la prova della responsabilità penale dell'imputato si forma in contraddittorio tra le parti, e i verbali di accertamento non hanno alcuna valenza probatoria privilegiata, ma sono considerati alla stregua di qualsivoglia documento, il cui contenuto narrativo dovrebbe essere confermato dagli agenti accertatori in sede testimoniale. Sempre a proposito dell'aspetto probatorio, nel giudizio civile di opposizione a sanzione amministrativa, l'eventuale autocertificazione nella quale il trasgressore spiega le ragioni del proprio spostamento può essere considerata prova legale soltanto per quel che riguarda le dichiarazioni a lui sfavorevoli, potendo aver valenza di confessione stragiudiziale. Per quanto riguarda, invece, il contenuto favorevole, sarà liberamente apprezzabile dal giudice, e avrà scarsa valenza probatoria, in virtù del principio per cui nessuno può precostituire una prova a favore di se stesso. Ancora una volta, tale valenza di prova legale non sarebbe riconosciuta, invece, in un giudizio penale, laddove lo scritto resterebbe pur sempre liberamente apprezzabile dal giudice a livello di qualsiasi documento, sia per quel che riguarda le dichiarazioni rese contra se, sia per quanto riguarda, invece, i fatti favorevoli. I rapporti tra il nuovo illecito amministrativo e altri illeciti.Per quanto riguarda i rapporti con altri illeciti, l'art. 4, comma 1 si apre con la clausola «salvo che il fatto costituisca reato». Ciò rende inapplicabile la disciplina generale di cui all'art. 9l. n.689/1981, secondo cui quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale. Il nuovo illecito amministrativo, pertanto, non sarà applicabile quando il fatto sanzionato – cioè l'inosservanza delle misure di contenimento – integri un reato: è il caso della nuova contravvenzione prevista dall'art. 4, comma 6 del decreto-legge, come si dirà subito, per l'inosservanza della quarantena da parte di chi sia risultato positivo al virus. L'illecito amministrativo potrà invece concorrere con i reati configurabili a fronte della commissione di fatti diversi connessi all'inosservanza delle misure di contenimento (ad es., le lesioni colpose, l'omicidio colposo, l'epidemia colposa, ovvero, nei limiti in cui siano configurabili, i reati di falso). Per evitare il fallimento precoce del nuovo illecito amministrativo – a fronte della clausola di cui si è detto –, il legislatore nell'art. 4, comma 1 ha escluso espressamente l'applicabilità dell'art. 650c.p. e di «ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità». È stato così fugato ogni dubbio, stabilendo che l'inosservanza delle misure di contenimento non possa integrare le contravvenzioni di cui agli artt. 650 c.p. e 260 r.d. 1265/1934. La formulazione della disposizione sembrerebbe peraltro escludere altresì il concorso con altre sanzioni amministrative previste da leggi attributive di poteri per ragioni di sanità, tanto ad enti statali quanto a enti locali, comprese le ragioni (Gatta). La nuova contravvenzione di «inosservanza della quarantena»A una nuova figura di reato è affidata la prevenzione e la repressione dell'inosservanza di una sola delle misure limitative disciplinate dal decreto-legge, ritenuta meritevole di un regime sanzionatorio differenziato e ben più rigoroso in ragione del massimo grado del pericolo che essa comporta, per la salute pubblica e per l'effettività dell'azione di contrasto dell'epidemia in corso. Il disposto del comma 6 dell'art. 4 d.l. 19/2020, sancisce la rilevanza penale – salvo che il fatto costituisca il più grave reato di epidemia colposa ai sensi degli artt. 438 e 452 c.p. – della condotta di violazione del «divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus». La misura è disciplinata dall'art. 2, comma 1 lett. e ) del decreto-legge. Non integra invece la contravvenzione in esame – bensì l'illecito amministrativo di cui si è detto – l'inosservanza della «quarantena precauzionale» prevista quale misura limitativa dall'art. 2, comma 1, lett. d) del decreto-legge per i soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che sono rientrati dall'estero. Il legislatore, ribadendo una scelta infelice sotto il profilo del drafting normativo, ha individuato la sanzione attraverso un rinvio quoad poenam, questa volta all'art. 260r.d. n.1265/1934, come modificato dall'art. 4, comma 7 del d.l. n. 19/2020. È stata infatti contestualmente inasprito il trattamento sanzionatorio per il ‘redivivò reato contravvenzionale previsto dal testo unico delle leggi sanitarie del 1934, punito ora con l'arresto da 3 a 18 mesi e l'ammenda da 500 a 5000 euro. La comminatoria delle pene congiunte dell'arresto e dell'ammenda esclude la possibilità dell'oblazione. Tale condotta, dunque, per ragioni non dissimili da quanto già detto supra in relazione all'art. 650 c.p., integra un'autonoma fattispecie di reato – il fatto tipico emerge distintamente dalla lettura congiunta dell'art. 4 comma 6 e dell'art. 1, comma 2 lett. e) del d.l. n. 19/2020 – che richiama solo quoad poenam l'art. 260 r.d. 1265/1934. Peraltro, è appena il caso di sottolineare che la pena edittale del reato da ultimo menzionato, originariamente punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire 40.000 a lire 800.000, è stata contestualmente modificata con quella dell'arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l'ammenda da € 500,00 ad € 5.000,00, per effetto del comma 7 dell'art 4 d.l. 19/2020. Si ritiene, infatti, sussistente un rapporto di specialità per specificazione tra la fattispecie di cui all'art. 4,comma 6 del d.l.19/2020 e quella di cui all'art. 260r.d. n.1265/1934. Peraltro, il principio di determinatezza della fattispecie penale appare pienamente rispettato, atteso che vi è una selezione ex ante sia del comportamento penalmente rilevante sia, soprattutto, dei soggetti destinatari del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora: i.e. le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus; ciò che consente altresì di definire la contravvenzione in parola quale reato proprio. Resta esclusa, come detto, dall'area di rilevanza penale la condotta di inosservanza della quarantena precauzionale imposta a soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che rientrano da aree ubicate al di fuori del territorio italiano (art. 1, comma 2 lett. d). Trattandosi di contravvenzione, potrà essere commessa con dolo o anche solo con colpa, il tentativo non sarà punibile, e la recidiva non sarà configurabile. Si tratta di un reato di pericolo per la salute pubblica, configurato nella forma del reato di pericolo astratto; un pericolo che si fonda su una presunzione ragionevole perché sorretta da evidenze scientifiche ben note, quando si tratta dell'allontanamento dal luogo di isolamento di persona positiva al virus. Non dovrà pertanto essere accertato dal giudice il concreto pericolo causato da quella persona allontanandosi dall'abitazione. Ciò non toglie naturalmente che dovrà essere accertata a legittimità del provvedimento che dispone la misura (a tal proposito v. infra quel che si dirà a proposito della sostanziale mancanza di una base legale della quarantena). Quanto infine ai rapporti con altre figure di reato, la nuova contravvenzione trova applicazione salvo che il fatto integri un delitto colposo contro la salute pubblica (art. 452 c.p.) – compresa l'epidemia – o comunque un più grave reato (doloso o colposo che sia). Rispetto al delitto di epidemia, in particolare, la contravvenzione si pone in un rapporto di gravità progressiva, sotto il profilo dell'entità del pericolo per la salute pubblica. L'epidemia colposa (punita con la reclusione da 1 a 5 anni) sarà configurabile, in luogo della contravvenzione in esame, se e quando si accerti che la condotta dell'agente ha cagionato il contagio di una o più persone e la possibilità di una ulteriore propagazione della malattia rispetto a un numero indeterminato di persone. Requisito implicito della nuova fattispecie contravvenzionale è la legittimità della misura della quarantena, che il d.l. n. 19/2020. Per entrambi gli illeciti appena descritti (quello penale di cui alla lett. e e quello amministrativo di cui alla lett. d), in ogni caso, il precetto risulta integrato altresì da un'ulteriore fonte integrativa, non espressamente disciplinata dal d.l. n. 19/2020: il provvedimento di sottoposizione alla misura della quarantena, adottato dall'autorità sanitaria territorialmente competente. I profili di diritto intertemporale.L'abrogazione della contravvenzione di cui all'art. 3, comma 4 d.l. n. 6/2020 pone il problema della sorte da riservare ai fatti antecedentemente commessi. La ratio dell'intervento legislativo è evidentemente quella di rinunciare all'opzione penale, per non aggravare il carico giudiziario portandolo al collasso (si era, infatti, arrivati a contare, vigente l'art.3, comma 4, d.l. n.6/2020, circa 100.000 denunce), anche per l'effetto sinergico della forzata sospensione delle attività. Si è pertanto scelto di rinunciare alla pena – e soprattutto al processo penale – per affidare la risposta sanzionatoria a sanzioni amministrative, irrogate dal prefetto o dalle regioni (Natalini). Il legislatore era preoccupato sia di evitare il collasso del sistema giudiziario, a fronte di 100.000 denunce presentate in due settimane, sia di non lasciare impuniti gli autori delle violazioni: un esito, quest'ultimo, nefasto sotto il profilo della prevenzione generale, quanto mai importante nell'attuale situazione di emergenza. Il primo obiettivo è stato raggiunto attraverso un'impropria depenalizzazione; impropria perché non si è trasformato un reato in illecito amministrativo, ma si è abolito un reato e si sono introdotte, in sostituzione, un illecito amministrativo e una contravvenzione configurati in modo diverso rispetto all'originaria contravvenzione. Il secondo obiettivo è stato raggiunto attraverso una norma transitoria, contenuta nell'art. 4, comma 8, che rende applicabili retroattivamente le nuove sanzioni amministrative. Il testo della norma transitoria è il seguente. «le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli artt. 101 e 102 del d.lgs. n. 507/1999». L'improprio riferimento alle disposizioni «che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative» – improprio perché nessuna formale sostituzione vi è stata – è al nuovo illecito amministrativo, che potrà essere pertanto contestato ai 100.000 denunciati ai sensi dell'art. 650 c.p. (rectius, art. 3, comma 4 d.l. n. 6/2020). Il richiamo degli artt. 101 e 102 della legge di depenalizzazione del 1999 è operato ai fini della disciplina della trasmissione degli atti all'autorità amministrativa competente, da parte dell'autorità giudiziaria. In assenza di questa disciplina transitoria, il principio di irretroattività, operante anche per gli illeciti amministrativi punitivi, avrebbe impedito l'applicazione delle sanzioni del nuovo illecito amministrativo ai fatti commessi prima della sua introduzione. Ciò deve ritenersi pacifico, non solo per quanto disposto dall'art. 1 della l. n. 689/1981, ma ancor più per quanto affermato dalla Corte costituzionale (Corte cost. n.196/2010 eCorte cost. n.223/2018), che ha esteso la garanzia costituzionale del principio di irretroattività, di cui all'art. 25, comma 2 Cost. e all'art. 117, comma 1, Cost., in rapporto all'art. 7 Cedu, alle disposizioni che introducono (o inaspriscono) sanzioni amministrative di carattere afflittivo-punitivo, come quella in esame. Per evitare un'analoga censura, in occasione dell'intervento di depenalizzazione del 2016 (art. 8, comma 3, d.lgs. n. 8/2016) – che pure aveva previsto l'applicabilità retroattiva delle sanzioni amministrative introdotte al posto di quelle penali – era stata introdotta una regola che impediva l'irrogazione retroattiva di una sanzione amministrativa pecuniaria «per un importo superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato, tenuto conto del criterio di ragguaglio di cui all'art. 135 c.p.». Il d.l. n. 19/2020 pare ispirato a una analoga preoccupazione, prevedendo che la sanzioni applicate retroattivamente siano irrogate nella misura minima, ridotta della metà. Ciò significa che i fatti pregressi saranno sanzionati con 200 euro di sanzione amministrativa pecuniaria. La disciplina dell'art. 4, comma 8 d.l. n. 19/2020 è compatibile con il principio di irretroattività di cui all'art. 25, comma 2 Cost . se e nella misura in cui non comporti una punizione dell'agente più severa di quella al quale lo stesso avrebbe potuto andare incontro sulla base della legge vigente al tempo del fatto, e che era da lui prevedibile e calcolabile in quel momento (è questa, come si è detto, la logica alla base della norma transitoria del 2016, che il legislatore avrebbe potuto opportunamente richiamare). Ciò può dirsi in relazione alla sanzione amministrativa pecuniaria, non superiore (anche se di una manciata di euro) al massimo dell'ammenda prevista per l'art. 650 c.p., alternativamente all'arresto. Il rinvio all'art. 102 del d.lgs. n. 507/1999 comporta peraltro la previsione del pagamento in misura ridotta, entro i primi 60 giorni dalla notifica della contestazione, e la possibilità di ridurre ulteriormente l'importo della sanzione. Non senza peraltro prospettabili difficoltà operative, considerato che l'art. 16 l. n. 689/1981, a sua volta richiamato, dalla disciplina del 1999, commisura le riduzioni ai limiti edittali delle sanzioni amministrative – riduzione di un terzo del minimo e del doppio del massimo – mentre nel caso di specie è comminata, per le sanzioni retroattivamente applicabili, come si è detto, una sanzione fissa di 200 euro: un ulteriore profilo, quest'ultimo, di dubbia legittimità, in rapporto ai principi di uguaglianza e di proporzione (la medesima sanzione è comminata per violazioni di differente gravità) (Gatta). I dubbi di legittimità costituzionale della disciplina transitoria di cui all'art. 4, comma 8 d.l. n. 19/2020 sembrano invece diventare certezze – e la violazione dell'art. 25, comma 2 Cost. pare evidente – in rapporto alla sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività (commerciale, imprenditoriale, ecc.), la cui applicazione retroattiva sembrerebbe consentita dal generico riferimento alle «sanzioni», contenuto nella disposizione transitoria. Senonché un'interpretazione conforme a Costituzione esclude senz'altro una simile evenienza e deve indurre l'autorità amministrativa a non irrogare la predetta sanzione accessoria in relazione ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 19/2020. Validità temporale della nuova disciplina sanzionatoria.Una notazione finale, sempre nella prospettiva del diritto intertemporale, deve essere riservata ai riflessi del carattere emergenziale della disciplina penale introdotta dal d.l. n. 19/2020. La disciplina dell'art. 4, relativamente alla nuova figura di reato, all'inasprimento delle pene per la contravvenzione di cui all'art. 260 r.d. n. 1265/1934 e al nuovo illecito amministrativo, non ha carattere temporaneo. Il termine del 30 luglio 2020, contenuto nell'art. 1, comma 1, non è quello di vigenza delle disposizioni, men che meno penali, del decreto-legge; è il termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, entro il quale possono essere adottate le misure di contenimento dell'epidemia, la cui inosservanza integra gli illeciti, penali e amministrativo, configurati dall'art. 4. Ciò significa che dopo quel termine gli illeciti non potranno più essere commessi, mancando il presupposto per la loro integrazione, ma non significa che cesserà di essere in vigore la disciplina oggi introdotta per far fronte all'emergenza. E se anche un domani dovesse intervenire un'abrogazione della disciplina penale di nuovo conio, le norme incriminatrici, introdotte con una legge penale eccezionale ai sensi dell'art. 2, comma 5c.p. (un caso di scuola), sarebbero ultrattive. 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