L'assicurato ha diritto alla rifusione delle spese di lite sostenute per resistere all'azione del danneggiato

Michele Liguori
14 Luglio 2022

La clausola inserita in un contratto di assicurazione della R.C., la quale stabilisca che l'assicurato non ha diritto alla rifusione delle spese sostenute per legali o tecnici non designati dall'impresa di assicurazione, è una clausola che deroga in pejus all'art. 1917, comma 3, c.c. e di conseguenza è nulla ai sensi dell'art. 1932 c.c.
Massima

La clausola inserita in un contratto di assicurazione della R.C., la quale stabilisca che l'assicurato, se convenuto dal terzo danneggiato, non ha diritto alla rifusione delle spese sostenute per legali o tecnici non designati dall'impresa di assicurazione, è una clausola che deroga in pejus all'art. 1917, comma 3, c.c. e di conseguenza è nulla ai sensi dell'art. 1932 c.c.

Il caso

Un ingegnere - cui era stato commissionato da una società appaltatrice il progetto esecutivo delle opere di manutenzione straordinaria di vari edifici scolastici - assumendo di non aver ricevuto il corrispettivo dovutogli per l'opera professionale prestata chiede ed ottiene dal Tribunale di Busto Arsizio un decreto ingiuntivo.

La società appaltatrice propone tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo, deduce che il progetto esecutivo era affetto da molteplici vizi e carenze a causa delle quali aveva sostenuto ulteriori spese per correggere i suddetti errori progettuali e, pertanto, spiega domanda riconvenzionale al fine di ottenere sia la riduzione del corrispettivo dovuto al professionista in considerazione dei suddetti vizi progettuali, sia la condanna del professionista alla rifusione delle spese sostenute per sanarli.

Il professionista chiede ed ottiene l'autorizzazione a chiamare in causa la propria impresa di assicurazione della R.C.

Questa, costituitasi in giudizio, resiste, nega la responsabilità del proprio assicurato e, comunque, eccepisce l'inefficacia del contratto di assicurazione.

Il Tribunale di Busto Arsizio con sentenza 20/12/2017 n. 1924:

  • accoglie l'opposizione;
  • condanna il professionista sia a restituire alla società appaltatrice parte del compenso già ricevuto, sia a risarcirle il danno da inadempimento;
  • condanna l'impresa di assicurazione a tenere indenne il professionista dalle pretese della società appaltatrice limitatamente alla condanna al risarcimento del danno e al netto della franchigia contrattualmente prevista;
  • compensa integralmente tra tutte le parti le spese di lite.

Il professionista propone appello avverso tale sentenza con il quale, tra l'altro, deduce l'omessa pronuncia sulla sua domanda di condanna dell'impresa di assicurazione a rifondergli le spese di resistenza e, cioè, quelle sostenute per contrastare la pretesa risarcitoria della società appaltatrice, ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.c.

La Corte di Appello di Milano con sentenza 31 ottobre 2019 n. 4369 rigetta l'appello e rileva che:

  • l'assicurato non può pretendere dall'impresa di assicurazione la rifusione delle spese di resistenza in virtù della clausola contrattuale che esclude la rifusione di tali spese nel caso in cui l'assicurato si avvalga di avvocati o periti non da essa designati;
  • tale patto è valido alla luce delle previsioni di cui all'art. 1917, comma 3, c.c. in quanto tale norma è derogabile per volontà delle parti.

Il professionista propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un solo motivo con il quale lamenta la violazione dell'art. 1917 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

Con tale motivo lamenta, sostanzialmente, che:

  • la clausola contrattuale, secondo cui l'impresa di assicurazione “non riconosce spese sostenute dall'assicurato per legali o tecnici che non siano da essa designati” deve ritenersi nulla per contrarietà all'art. 1917, comma 3, c.c.;
  • il giudice di appello erroneamente ha ritenuto che tale norma fosse derogabile per volontà delle parti.

La Suprema Corte con sentenza 5 luglio 2022 n. 21220:

  • accoglie il motivo di ricorso;
  • cassa la sentenza impugnata;
  • rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

La questione

La clausola inserita in un contratto di assicurazione della R.C., la quale stabilisca che l'assicurato, se convenuto dal terzo danneggiato, non ha diritto alla rifusione delle spese sostenute per legali o tecnici non designati dall'impresa di assicurazione, è una clausola che deroga in pejus all'art. 1917, comma 3, c.c. e di conseguenza è nulla ai sensi dell'art. 1932 c.c.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte rileva che:

  • l'art. 1917, comma 3, c.c. dispone che le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato contro l'assicurato sono a carico dell'impresa di assicurazione;
  • tale norma non pone condizioni al diritto dell'assicurato di ottenere il rimborso delle suddette spese di lite di resistenza.

La Suprema Corte rileva ancora che:

  • l'art. 1932, comma 1, c.c. a sua volta dispone che la disposizione dell'art. 1917, comma 3, c.c. non può essere derogata se non in senso più favorevole all'assicurato;
  • la clausola contrattuale che subordina la rifusione delle spese di lite di resistenza sostenute dall'assicurato al placetdell'impresa di assicurazione è una deroga in pejus all'art. 1917, comma 3, c.c. e, pertanto, è nulla;
  • le spese di lite di resistenza sostenute dall'assicurato sono affrontate nell'interesse comune delle parti contrattuali;
  • esse “costituiscono perciò spese di salvataggio ai sensi dell'art. 1914 c.c., e sono soggette alla regola che ne subordina la rimborsabilità al fatto che non siano state sostenute avventatamente (art. 1914 c.c., comma 2, il quale non è che una applicazione particolare del generale principio di cui all'art. 1227 c.c., comma 2)”;
  • il relativo accertamento costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non compiuto nel caso in esame.

Osservazioni

La decisione in commento, seppur stringata, è senz'altro condivisibile per la soluzione prospettata in relazione alla questione affrontata, è perfettamente in linea con la legge e la giurisprudenza di legittimità e pone rimedio, come sovente accade, alle aberranti decisioni di merito.

DECISIONE PERFETTAMENTE IN LINEA CON LA LEGGE

La decisione è perfettamente in linea con la legge. Queste le ragioni.

L'art. 1339 c.c. dispone: Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti”.

Tale norma, pertanto:

  • prevede espressamente che in caso di clausole contrattuali contrarie o difformi a norme imposte ex lege e, quindi, a quelle imperative ed inderogabili le prime sono sostituite di diritto dalle seconde nel contratto;
  • costituisce una limitazione dell'autonomia contrattuale che appare costituzionalmente legittima in quanto volta ad impedire che l'esercizio dell'attività economica si ponga in contrasto con l'utilità sociale di cui all'art. 41 Cost.

L'art. 1374 c.c. a sua volta dispone: Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità”.

Tale norma, pertanto, pone il principio generale, non derogabile, dell'integrazione del contratto in base alla legge.

L'art. 1419, comma 2, c.c. a sua volta dispone: La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”.

Tale norma, pertanto, prevede espressamente che le clausole contrattuali contrarie o difformi a norme imperative ed inderogabili:

  • non compartano la nullità dell'intero contratto;
  • sono sostituite di diritto da norme imperative.

L'art. 1914, commi 1 e 2, c.c. - applicabile anche in tema di assicurazione di R.C. professionale e, quindi, quale fonte integrativa di quanto previsto nella polizza di R.C. professionale - a sua volta dispone:

L'assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno.

Le spese fatte a questo scopo dall'assicurato sono a carico dell'assicuratore, in proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro, anche se il loro ammontare, unitamente a quello del danno, supera la somma assicurata, e anche se non si è raggiunto lo scopo, salvo che l'assicuratore provi che le spese sono state fatte inconsideratamente”.

Tale norma, pertanto:

  • al primo comma impone all'assicurato l'obbligo di salvataggio e, cioè, di fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno;
  • al secondo comma prevede espressamente che le spese di salvataggio sostenute dall'assicurato sono a carico dell'impresa di assicurazione.

L'art. 1917 c.c. - applicabile anche in tema di assicurazione di R.C. professionale e, quindi, quale fonte integrativa di quanto previsto nella polizza di R.C. professionale, ai primi due commi prevede e disciplina l'obbligazione principale dell'impresa di assicurazione della R.C. - che può definirsi tale in quanto corrispondente all'essenza stessa del contratto di assicurazione della responsabilità civile - e concerne, rispettivamente:

  • la rifusione, da parte dell'impresa di assicurazione, ex art. 1917, comma 1, c.c., di tutto quanto l'assicurato-danneggiante deve pagare al terzo danneggiato e, quindi, comprende anche le spese processuali che l'assicurato-danneggiante deve rimborsare al terzo danneggiato vittorioso che costituiscono una componente del danno da risarcire e di cui l'assicurato dev'esserne tenuto indenne dall'impresa di assicurazione;
  • il pagamento diretto, da parte dell'impresa di assicurazione, ex art. 1917, comma 2, c.c., di tutto quanto l'assicurato-danneggiante deve pagare al terzo danneggiato.

Tale ultima norma (art. 1917 c.c.) al terzo comma, invece, prevede e disciplina l'obbligazione accessoria dell'impresa di assicurazione della R.C. che trova il suo necessario presupposto nell'obbligazione principale (prevista e disciplinata dall'art. 1917, commi 1 e 2, c.c.), ma ha un oggetto diverso perché, corrispondendo all'interesse dell'assicurato-danneggiante (comune anche all'impresa di assicurazione) di difendere la propria sfera giuridico-patrimoniale dall'azione del terzo, riguarda (e prevede) il rimborso, da parte dell'impresa di assicurazione, delle spese sostenute dall'assicurato-danneggiante per resistere all'azione del danneggiato nei limiti di un “quarto della somma assicurata e, quindi, anche oltre il suddetto limite del massimale.

Tali spese di lite di resistenza:

  • non sono una conseguenza del fatto illecito, contrattuale o extracontrattuale, dell'assicurato;
  • non rientrano, pertanto, nelle spese di lite di soccombenza;
  • rientrano, invece, nel genus delle spese di salvataggio, previste e disciplinate dal richiamato art. 1914 c.c., in quanto sostenute per un interesse comune all'assicurato ed all'impresa di assicurazione.

La giurisprudenza, proprio partendo da tali princìpi, ne ha fatto logicamente derivare che, trattandosi di obbligazioni oggettivamente distinte (quella principale ed accessoria), l'adempimento di ciascuna di esse può essere chiesto congiuntamente dall'assicurato-danneggiante con un'unica domanda giudiziale (com'è avvenuto nel caso in esame), oppure disgiuntamente con due distinte domande, riferite, appunto, ad oggetti diversi.

Ciò comporta che se l'assicurato-danneggiante convenuto in giudizio dal danneggiato resiste alla domanda e chiama in causa la propria impresa di assicurazione della R.C. (secondo quanto l'art. 1917, comma 4, c.c. gli consente di fare) può legittimamente chiedere la condanna dell'impresa di assicurazione:

  • all'adempimento della sola obbligazione principale (manleva o garanzia, ex art. 1917, comma 1, c.c. ovvero pagamento diretto, ex art. 1917, comma 2, c.c.), riservandosi di perseguire all'occorrenza in altro successivo giudizio al fine di chiedere l'adempimento dell'obbligazione accessoria (in tale ipotesi il giudice non potrebbe liquidare d' ufficio le spese sostenute dall'assicurato-danneggiante per contraddire la domanda del danneggiato, perché verrebbe a pronunziare su una domanda non proposta, incorrendo così in extrapetizione dal momento che l'art. 91 c.p.c., gli consente di pronunziare d'ufficio, in base alla soccombenza, solo sulle spese giudiziali relative alle domande che dinanzi a lui siano state proposte);
  • all'adempimento congiunto dell'obbligazione principale (manleva o garanzia, ex art. 1917, comma 1, c.c. ovvero pagamento diretto, ex art. 1917, comma 2, c.c.) e di quella accessoria (pagamento delle spese di resistenza), ex art. 1917, comma 3, c.c.

L'art. 1932 c.c. a sua volta dispone: Le disposizioni degli articoli […] 1914 secondo comma […] 1917 terzo e quarto comma […] non possono essere derogate se non in senso più favorevole all'assicurato”.

Tale norma, pertanto, prevede espressamente a tutela del contraente debole le disposizioni innanzi trascritte che prevedono che:

  • le spese di salvataggio sostenute dall'assicurato sono a carico dell'impresa di assicurazione (art. 1914, comma 2, c.c.);
  • le spese di lite di resistenza dell'assicurato per resistere all'azione del danneggiato sono a carico dell'impresa di assicurazione (art. 1917, comma 3, c.c.);
  • l'assicurato, convenuto in giudizio dal danneggiato, ha il diritto di chiamare in causa l'impresa di assicurazione (art. 1917, comma 4, c.c.);

sono inderogabili se non in senso più favorevole all'assicurato.

La Suprema Corte, nel caso in esame, ha correttamente rilevato che la clausola contrattuale che subordina la rifusione delle spese di lite di resistenza sostenute dall'assicurato al placet dell'impresa di assicurazione è una deroga in pejus all'art. 1917, comma 3, c.c. e, pertanto, è nulla.

DECISIONE PERFETTAMENTE IN LINEA CON LA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

La decisione è, altresì, perfettamente in linea con la giurisprudenza di legittimità.

Questa, infatti, ha costantemente e condivisibilmente affermato (senza alcuna presunzione di esaustività o completezza) che:

  • “in materia di assicurazione della responsabilità civile, l'assicurato ha diritto di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore delle spese processuali che è stato costretto a rifondere al terzo danneggiato (c.d. spese di soccombenza) entro i limiti del massimale, in quanto costituiscono una delle tante conseguenze possibili del fatto illecito, nonché delle spese sostenute per resistere alla pretesa di quegli (c.d. spese di resistenza), anche in eccedenza rispetto al massimale purché entro il limite stabilito dall'art. 1917 c.c., comma 3, in quanto, pur non costituendo propriamente una conseguenza del fatto illecito, rientrano nel “genus” delle spese di salvataggio (art. 1914 c.c.) perché sostenute per un interesse comune all'assicurato ed all'assicuratore; le spese di chiamata in causa dell'assicuratore non costituiscono invece nè conseguenza del rischio assicurato, nè spese di salvataggio, bensì comuni spese processuali soggette alla disciplina degli artt. 91 e 92 c.p.c. (Cass. 5/5/2021 n. 11724; conf. Cass. 31/8/2020 n.18076; Cass. 4/5/2018 n. 10595);
  • “Il soggetto che abbia stipulato un'assicurazione contro i rischi della responsabilità civile, se convenuto in giudizio dal terzo danneggiato, ha diritto alla rifusione da parte del proprio assicuratore delle spese sostenute per contrastare la pretesa attorea, sussistendo tale diritto sia nel caso in cui la domanda di garanzia venga accolta sia nel caso in cui resti assorbita, e può essere negato soltanto in due ipotesi: quando manchi o sia inefficace la copertura assicurativa (circostanza che spetta al giudice accertare anche incidentalmente); quando le spese di resistenza sostenute dall'assicurato siano state superflue, eccessive o avventate (Cass. 23/2/2021 n. 4786);
  • “il contratto di assicurazione della responsabilità civile ha per effetto di obbligare l'assicuratore a tenere indenne l'assicurato delle spese di resistenza (art. 1917 c.c., comma 3). Tale obbligo, in quanto espressamente previsto dalla legge, costituisce un effetto naturale del contratto (art. 1374 c.c.), ed è inderogabile dalle parti, se non in senso più favorevole all'assicurato (art. 1932 c.c., comma 1). L'obbligo dell'assicuratore della responsabilità civile di rivalere l'assicurato delle spese di resistenza, in quanto effetto naturale del contratto, ha la medesima estensione dell'obbligo di tenere indenne l'assicurato delle conseguenze patrimoniali dei fatti illeciti da lui commessi. Il primo di tali obblighi, pertanto, si estenderà o ridurrà a seconda del crescere o ridursi del secondo” (Cass. 9/2/2021 n. 3011);
  • “in tema di rimborso delle spese di resistenza, non ha rilevanza il fatto che la presenza dell'assicurato in giudizio non sia stata causata da una posizione difensiva dell'assicurazione. Le spese legali per affrontare il processo prescindono da tale circostanza processuale mutevole, e sono dovute oggettivamente quale rimborso per il fatto stesso di aver dovuto affrontare un processo causato dal fatto dell'assicurato” (Cass. 13/5/2020 n. 8896);
  • “a norma dell'art. 1917 c.c., comma 3, l'assicuratore della responsabilità civile è obbligato a tenere indenne l'assicurato delle spese di difesa erogate per resistere all'azione del danneggiato(nei limiti fissati in tale disposizione e anche in caso di contraria clausola di polizza, stante l'invalidità della medesima, ai sensi dell'art. 1932 c.c.). Tale obbligo opera, peraltro, pure indipendentemente dalla stipulazione di un patto di gestione della lite, giacché è fondato sulla attualità della domanda del terzo danneggiato e sul perseguimento di un risultato utile per entrambe le parti, interessate nel respingerla” (Cass. 23/5/2019 n. 14107);
  • “nell'assicurazione della responsabilità civile le spese di resistenza sostenute dall'assicurato per resistere alla pretesa del terzo danneggiato sono dovute in aggiunta al massimale ed entro il limite di cui all'art. 1917 c.c.; le spese di soccombenza sostenute dall'assicurato a favore del terzo danneggiato sono dovute per intero nei limiti del massimale; le spese di resistenza relative al rapporto tra assicuratore ed assicurato (anche nel giudizio di esecuzione) sono sempre dovute in aggiunta al massimale (Cass. 5/5/2016 n. 9091);
  • “nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicurato ha diritto a due garanzie: (a) essere tenuto indenne dalle pretese risarcitorie del terzo (art. 1917 c.c., comma 1); (b) ottenere la rifusione delle spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato (spese di resistenza: art. 1917 c.c., comma 3) […] La seconda delle suddette garanzie (rimborso delle spese di resistenza) ha fonte e natura diverse dalla prima. Ha ad oggetto il rimborso di una perdita pecuniaria, e non la manleva dalle conseguenze d'un fatto illecito; costituisce un'assicurazione contro le perdite pecuniarie e non un'assicurazione di responsabilità; non presuppone la commissione di alcun illecito aquiliano da parte dell'assicurato; le due garanzie di cui si discorre, infine, non sono tra loro dipendenti, e la seconda può sussistere anche se manchi la prima, come nel caso in cui la domanda proposta dal terzo danneggiato verso l'assicurato venga rigettata. La diversità delle due garanzie non consente di applicare al credito dell'assicurato per spese di resistenza, di cui all'art. 1917 c.c., comma 3, le regole dettate per l'indennizzo dovutogli ai sensi dell'art. 1917 c.c., comma 1. Solo rispetto a quest'ultimo, infatti, che presuppone una richiesta risarcitoria da parte del terzo, è concepibile l'effetto sospensivo di cui all'art. 2952 c.c., comma 4 e la necessità che il credito del terzo divenga liquido, affinché l'assicurato possa esercitare a sua volta il suo diritto all'indennizzo verso l'assicuratore. Per esercitare il diritto alla rifusione delle spese di resistenza, per contro, l'assicurato non ha ovviamente necessità di attendere alcuna richiesta da parte di terzi; il suo diritto può essere fatto valere nel momento stesso in cui sorge il debito dell'assicurato di pagamento dell'onorario al legale, e quindi al più tardi al momento di ultimazione della prestazione professionale; infine, per definizione il debito dell'assicurato verso il legale è di pronta liquidazione, essendo regolato dalla tariffa forense. Ne consegue che, essendo il debito dell'assicurato verso i legali che l'hanno assistito liquido ed esigibile a partire dal momento di esecuzione dell'incarico professionale, è da tale momento che l'assicurato può far valere il suo diritto alla rifusione delle spese di resistenza” (Cass. 29/2/2016 n. 3899);
  • “nell'assicurazione per la responsabilità civile, la costituzione e difesa dell'assicurato, giustificata dall'instaurazione del giudizio da parte di chi assume di aver subito un danno, è svolta anche nell'interesse dell'assicuratore, ritualmente chiamato in causa, in quanto finalizzata all'obbiettivo ed imparziale accertamento dell'esistenza dell'obbligo di indennizzo. Pertanto, anche nel caso in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo che ha promosso l'azione, l'assicuratore è tenuto a sopportare le spese di lite dell'assicurato, nei limiti stabiliti dall'art. 1917 c.c.., comma 3. Nell'assicurazione della responsabilità civile, sulle somme dovute dall'assicuratore all'assicurato in adempimento dell'obbligo di manlevarlo, ai sensi dell'art. 1917 c.c. vanno corrisposte anche le spese giudiziali sostenute dall'assicurato per resistere all'azione del danneggiato” (Cass. 14/2/2013 n. 3638; conf. Cass. 9/11/2020 n. 24983; conf., in dottrina, M. Liguori, Commentario al Codice delle Assicurazioni. R.C.A. - Tutela legale, Collana Tribuna Major, La Tribuna di Piacenza, II Ed., 2009, commento sub art. 144, par. II, pag. 505 e segg.).

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